Sant’Ambrogio

Ho letto quasi con stupore che finalmente è riconosciuto come bene immateriale dell’UNESCO il canto lirico italiano.

Sono quattrocento anni perlomeno che si canta in italiano in tutto il mondo e non credevo fosse necessario avere questo riconoscimento , mi pareva una cosa ovvia e naturale.

Mi è sembrata una strana forma di burocrazia , un incasellamento ma a leggere la soddisfazione degli addetti ai lavori forse la formalità porterà dei frutti pratici , perlomeno lo spero.

Domani è il 7 dicembre e si apre la stagione della Scala e ovviamente saremo tutti davanti alla tv, noi vecchi melomani , per questo rito nel quale ci toccherà subire anche i commenti più o meno esatti sulla trama , sui costumi, su l’opera e su tutto quello che trionfalisticamente si narrerà sulla serata .

Un ennesimo Don Carlo , ho già scritto che mi piace di più con l’atto di Fontainebleau, ma un amico al telefono mi ha detto : già dura quattro ore! E pazienza , d’altra parte si sostiene che questo sia il vero , l’autentico e originale perché rivisitato da Verdi !

Come se non avesse rivisitato , per motivi più o meno pratici , anche altre sue splendide creature.Ma si sa , c’è chi ha il gusto filologico di aggiungere tre note a Butterfly e con questo farla apparire grande operazione culturale.

Devo ammettere che , a parte tutte le stramberie registiche , avevo molto apprezzato l’originale francese visto a Parigi qualche anno fa nel quale alcune aggiunte molto politiche avevano portato altro valore alla terribile scena tra Filippo e il Grande Inquisitore.

Mi pare di poter dire che veramente di un simile capolavoro non si dovrebbe mai buttare via niente.

Una volta , tanti anni fa , anche io in pompa magna , ho partecipato al rito ambrosiano . Il bello è che mi ricordo molto bene il palco , le toilettes eleganti ( c’era ancora qualche gioiello vero in giro ) molto meno mi ricordo dell’opera : era una Carmen scura scura , ma io ero troppo eccitata dal contorno mondano , cose del mondo di ieri  oserei dire ,parafasando Stefan Sweig.

Meno quattro

Un frammento rubato dal primo atto della prova generale mi ha provocato un brivido , sarà che il sor Giacomo è sempre quel grande mago dell’anima che conosciamo, ma credo che Claus Guth abbia avuto molto coraggio nel destrutturare la favola di Gozzi e da quel poco che ho capito , abbia cercato di scarnificare la storia per portarla al suo significato umano primigenio.

Sono già in modalità : aprire il trolley , guardare il meteo e sperare. 

Tutte le paure del mondo perché non ci siano scioperi , “nevoni “o altre allerte meteo eccezionali.

Vienna mi aspetta , ormai mi muovo più raramente e sono molto contenta perché so che troverò molti cari amici e amiche e mi aspettano un paio di giorni musicali così che mi serva di nutrimento per questo digiuno musicale in questa mia città molto povera di cultura e di musica.

Ho anche un piccolo impegno : comprare una Sachertorte  per un figlio che l’ha richiesta .

Mi fermo qui , ho tempo per divagare ancora su quel misterioso  “poi  Tristano “ che molto ha incuriosito i colti e meno colti che hanno ipotizzato sulla fine dell’opera.

L’emiro bianco

C’è qualcosa di anacronistico nelle foto del meeting di Dubai : tra occidentali incravattati , uomini e donne regolamentari in giacca e cravatta spiccano gli sceicchi arabi : con quel cencio bianco in testa che sta in precario equilibrio sorretto , si fa per dire , dalla coroncina nera , sembrano sempre in maschera eppure sono ormai i veri potenti della terra,-

Ricordo una mia crociera negli Emirati ( idea scema di cui mi pentii immediatamente ) all’arrivo nel primo Emirato mi colpirono i serissimi funzionari in bianco : dal camicione usciva il Rolex al polso ,la Mont Blanc nel taschino e i RayBan sul naso.

Tutti i segni del consumismo occidentale portati come stemmi del loro potere  solo che non so bene per quale burocratico intralcio non ci facevano uscire dall’aeroporto mentre noi vedevamo dietro i vetri i nostri pulmann col nome della compagnia di navigazione che ci aspettavano.

Ci volle il mio spirito da leader di gruppo e il mio pidgeon english per convincerli a farci passare  , era notte fonda e capii tutt’a un tratto che non bastavano il petrolio a fiumi , i segni del progresso e l’aria dittatoriale a cambiare quei beduini in occidentali tanto che bastava fare due passi dietro gli splendidi grattaceli per ritornare nell’assolato deserto da cui erano venuti a cammello solo qualche decennio prima. 

Loro sono ancora lì , con i loro camicioni immacolati mentre gli operai che costruiscono i loro avveniristici segni del potere sono segregati nelle bidonville e sono tutti rigorosamente in tuta blu.

Egiziani , pakistani , cingalesi  e tutti dormono nelle bidonville impolverate e caldissime.

Intanto l’Occidente vecchio e malato si divide ancora su tutto mentre loro sono addirittura diventati gli arbitri e i mediatori di tutte le nostre sanguinose guerre , i vincitori di tutte le gare internazionali e i padroni dei nostri futuri destini.

Mi correggo , dei destini degli uomini di domani ,perché fortunatamente io me ne andrò prima di vedere questo ennesimo sberleffo della storia con comparse vestite da sceicchi come in un classico veglione di carnevale.

La grande Maria

Inizio dicembre , un furioso vento di libeccio , ma qui si chiama garbì, raffiche che fanno sbattere anche i pensieri.

Cento anni fa nasceva Maria Callas , il miracolo di una voce che accompagnò , seducendomi per sempre , la mia vita di melomane.

Avevo quindici , sedici anni e al Comunale di Firenze per me lei fu Violetta , Lucia , Elvira ….per sempre.

Ancora adesso quando sento la sua voce , magari mentre guido in macchina o cambiando la stazione di una radio se mi arriva inconfondibile quel suo canto unico , intimo e irripetibile ho come un  brivido di sospensione.

Lei “era “ quello che cantava , gli agiografi dicono che fosse la sua anima greca , i musicologi che era una perfetta macchina musicale dotata di un sublime orecchio e di una ferrea volontà di studiosa , quello che l’hanno divinizzata e magari non l’hanno mai sentita davvero , la definiscono comunque  “divina”.

Aveva quel carisma raro , che ho trovato solo un’altra volta nella mia vita di spettatrice  e chi mi legge sa benissimo di chi parlo ,  di inghiottire la scena entrando in palcoscenico.

C’era solo lei , ogni suo  gesto era naturale , si annullava nel ruolo e pareva  che tutto fosse così spontaneo da sembrare impossibile che potesse essere frutto di studio metodico  e attento .

Immolarsi nel personaggio , perdersi e diventare tutt’uno con le sue eroine e noi a soffrire e gioire insieme, finché abbiamo potuto condividere il miracolo della sua voce unica.

Sarebbero cento anni oggi , dal giorno della sua nascita .

E’ vissuta troppo poco sulla scena , icona assoluta del suo tempo , bellissima e raffinata quando ormai il suo misterioso strumento si stava appannando , per me sempre quella signora imponente  che mi rivolse la parola in camerino al Comunale 

Era ancora avvolta nelle sue vesti di Elvira dei Puritani , ricordo il velluto e il visone del suo splendido costume.

Non mi ricordo cosa mi disse , ero imbambolata e commossa per il fatto che la mia madrina , viola del Maggio , mi avesse portato da lei.

Ricordo la sua voce gentile , veneta e melodiosa , un colpo al cuore che ho ancora dentro di me , una visione stupenda , carissima magica Maria.

A proposito di Asmik

Tra pochi giorni la Grigorian debutterà nel ruolo di Turandot e ho voluto ascoltare la presentazione della nuova messinscena di Vienna , ovviamente l’attesa era tutta nel finale , quando sono arrivati i protagonisti.

Kaufmann il solito fiume in piena e lei graziosamente educata e silente , parla in inglese e aspetta curiosa che il direttore artistico le traduca i lunghi discorsi di Jonas .

So quanto sia grande la sua arte , è di pochi giorni fa la conferma della sua eccezionalità nella Salome di Amburgo e vederla così rispettosa e calma mi ha confermato , se ce n’era bisogno , che quando uno è grande non ha bisogno di tante parole .

A questo proposito , ricercando un file che non trovavo più sul computer ho trovato una perla che la riguarda ( e quella volta non sapevo proprio chi fosse .)

Si trattava del Trittico , all’Opera di Roma  straordinaria messinscena di Michieletto e lei era nel secondo cast.

Riporto l’intero paragrafo che la riguarda : prendo fiato ( avevo  pianto le mie lacrime sulla fine di Suor Angelica ) e vado a salutare una giovane cantante che avevo apprezzato ad Ancona nel Falstaff. ….Scopro così che la straordinaria protagonista Asmik Grigorian è davvero incinta, pallida e stremata mi ringrazia , anche se credo che il suo italiano sia molto ancora abbastanza scarso, è bella e mi ricorda un po’ la Opolais , ma con molto più volume, brave davvero queste baltiche!

Questo lo scrivevo nell’aprile del 2016, molto prima dei suoi successi salisburghesi , era sconosciuta , ma già mi aveva fatto piangere .

Mefistofele a Roma

ll Teatro dell’Opera di Roma ha inaugurato la stagione con il Mefistofele di Arrigo Boito, opera un tempo molto amata e da un po’ di tempo considerata , abbastanza a ragione , un reperto molto datato di una stagione lontana nel gusto corrente.

Ovviamente si cerca di modernizzarla  attraverso trovate registiche e riletture anche se il mito di Faust , come ho scritto già a caldo , aveva avuto già molte rivisitazioni musicale.

Mi domando allora se forse non sia il caso , visto il pastiche del libretto di trovare il coraggio di rimetterlo in scena all’antica : col diavolo dotato di corna regolamentari così che la sua aria del fischio gli consenta tutti gli svolazzi del mantello utili alla bisogna , con il dottore/ filosofo seduttore che alla fine si pente e torna in gloria , magari non nella casa di matti che ho visto ieri  ( peraltro copiata di sana pianta da quella del Bayeriche di qualche anno fa ).

Dalla Damnation di Berlioz al doctor Faustus di Busoni , passando per il più banale Faust di Gounod troppi spettacoli sono passati sotto i ponti della scena operistica per non provare tutto il fastidio e l’irritazione che si prova vedendo la messinscena di Simon Stone che stavolta non ci ha proprio preso e mi dispiace perché avevo molto amato per esempio la sua città morta di Korgold. 

Cosa si salva dalla prima romana : sicuramente Maria Agresta , sempre più splendida sia come cantante che come attrice , la sua aria “ l’altra notte in fondo al mare” è sicuramente il punto più alto della sua interpretazione.

Salvo anche Mariotti che cerca di cavare dalla partitura raffinatezze e riletture come pure Ciro Visco alle prese con un organico corale davvero cospicuo.

Dove casca l’asino è nell’abbondanza di “rumori fuori scena “ attese incongrue tra le scene e alcune amenità registiche davvero sconcertanti .

Si va dalle palline colorate ai soldati (?) in mimetica tra le colonne volutamente ironiche della scena di Venere , ma forse si dovrebbe spiegare al provocatore che certe provocazioni non provocano proprio un accidente di niente.

Buona la prestazione del tenore Joshua Guerrero ,che ha voce ma non sa recitare e nella norma il diavolone di John Reya , abbiamo visto di meglio , anche recentemente.

Nell’insieme una prima molto modesta , a parte i commenti pomposamente esaltanti del commentatore televisivo di turno.

Il commento migliore quello di De Cataldo nel primo intervallo , almeno lui sapeva davvero quello che stava dicendo.

Una frase infelice

Con cinismo crudele ho sentito Pietro Senaldi , direttore di un giornale Libero che di libero certamente non ha il pensiero, dire una cosa orribile relativamente alla manifestazione spontanea e grandissima che ha visto migliaia di giovani radunarsi un tutte le piazze d’Italia.

Per sminuirne la portata ha detto che si trattava di una specie di moda e che se fosse avvenuta tre mesi fa sicuramente anche l’assassino di Giulia Filippo Torretta ci avrebbe partecipato come tutti gli studenti che ci sono andati.

Come dire , ma a mia avviso ha detto quasi una bestemmia ,che le masse giovanili non  erano spinte da un senso civico talmente diffuso da diventare una marea , ma che  si sia trattato di un episodio da inquadrare in un pomeriggio di sabato , tanto per fare una passeggiata tra amici.

Voleva dire una cosa riduttiva , forse il suo cinismo è stato talmente mostruoso che neanche i conduttori del programma hanno saputo ribellarsi.

Invece io non ci ho dormito, come è possibile non capire che questo efferato delitto ha fatto tanto male ai ragazzi che non immaginavo mostri tra i loro compagni di studi.

La marea si è mossa guidata dalle parole della sorella di Giulia , Elena ,quella fortissima e pallida ragazza che come Antigone non accetta il silenzio sull’orrore e chiede con forza una totale presa di coscienza perché finalmente il pensiero patriarcale predominante sia cancellato con la forza della cultura che vuole parità dei generi e che finalmente si cominci a pensare che non è più accettabile la sopraffazione del maschio dominatore. 

Se Senaldi pensa ancora che anche Torretta avrebbe potuto partecipare alla manifestazione , oltre ad offendere la memoria della sua vittima ,non ha capito che si è trattato un punto di svolta per la coscienza collettiva e che nessuno , perlomeno lo credo e lo spero sia andato in piazza per riempire le ore vuote di un pomeriggio di festa.

Una orribile pubblicità

Una donna un po’ affannata e già stanca perché probabilmente aveva già apparecchiato la tavola  e poi alla fine del pranzo dovrà anche sparecchiare e riordinare il tutto si appresta a tirare fuori un arrosto dal forno.

Si asciuga anche il sudore dalla fronte e si avvia verso la sala da pranzo : una bella tavolata di parenti che tutt’a un tratto si trasforma ai suoi occhi nei supernoti cuochi che pubblicizzano di tutto : dal detersivo alla padella antiaderente e la rimproverano coralmente di non avere messo abbastanza animo e  sentimento nella preparazione del cibo .Il colpo di grazia glielo da un ragazzino che le dice con fare sprezzante : è così che si impatta un arrosto !?

Sgomento della povera donna , a seguire le pubblicità infausta di un programma di cucina che non voglio neanche nominare.

Ebbene , nel giorno della giornata mondiale contro la violenza verso le donne quel pubblicitario  che l’ha pensata ,quelli che gliela hanno pagata , nonchè Sky che la passa tranquillamente sui suoi canali mi dimostrano che ancora abbiamo molta strada da fare se  su tutti  i fronti dobbiamo ancora  far capire agli uomini che un simile messaggio non vogliamo e non dobbiamo più subirlo , neanche in uno spot pubblicitario.

Se siamo ancora a questo punto hai voglia a dire che non si dovrà più subire nessuna offesa e nessuno sgarbo quando si ha ancora il coraggio di propinarci una simile storiella , addirittura a fini pubblicitari.

Propongo a un pubblicitario intelligente di aggiungere una coda inattesa : la signora si gira , va verso la finestra e getta giù l’arrosto con tutta la pirofila , poi si allontana sorridente levandosi il grembiule e sbattendo la porta.

Alla faccia di tutti i cretini che ancora non hanno capito che ci siamo stufate davvero e che certe pubblicità se le devono rimangiare con tutto il condimento che resta!

Razzismo musicale

Le dame ferraresi e i nobili albanesi , cito il Da Ponte del  Così fan tutte per iniziare una riflessione sul ruolo che lo straniero , il diverso specie se esotico serviva per  essere preso a pretesto in maniera molto divertente  in tempi lontani nei quali era permesso di tutto e infatti si usavano certi esotismi per prenderli in giro nei libretti. 

Pensiamo ai poveri turchi del Ratto dal serraglio,nel  libretto di Christoph Bretzner  che non ci fanno una gran bella figura,come i magrebini nel nel divertente libretto di Angelo Anelli dell’Italiana in Algeri.

Non sempre il pubblico ci fa caso a quello che viene cantato anche perché non sempre risulta ben chiaro il testo che spesso non è tanto intellegibile.

Ma quando il Moro ( che forse era un cognome veneziano , ma che è stato sempre tinto di nerofumo ), il geloso Otello esclama furioso “forse siam qui tra i saraceni? O la turchesca rabbia è in voi trasfusa?” anche Boito non ci va giù leggero in quanto a razzismo. Sicuramente nelle parole di Boito se ne  trova un bell’esempio peraltro messo in bocca ad uno straniero anche se al soldo della Repubblica di Venezia.

Nel meraviglioso mondo della lirica per nostra fortuna non esiste la cancel culturedi gran voga negli USA, qui si cantano serenamente situazioni che alla luce di certi revisionismi appaiono addirittura impossibili se ascoltate attentamente ai giorni nostri.

Ma la turchesca furia un po’ mi fa sempre sobbalzare e meno male che quando si ascolta la musica  alle parole gli americani non ci si fanno troppo caso.

Infine per chiudere mi fa venire un certo brivido “ quell’orgoglio musulmano sepolto è in mar.”

Con i tempi che corrono …..

Della cultura patriarcale

Due anni fa le amiche di un sindacato mi avevano chiamato perché le aiutassi a montare uno spettacolo tratto da Ferite a morte di Serena Dandini. Ho una       qualche esperienza di regie teatrali e ci abbiamo lavorato insieme  per qualche mese..

Ne era venuto fuori un reading di forte impatto ( scelta di musiche e luci , qualche accorgimento di mestiere ) e come si dice in gergo lo spettacolo ha girato per la regione , con grande orgoglio delle lettrici/ attrici per caso.

Purtroppo il tema non si è risolto col nostro contributo , anzi in qualche modo si è acutizzato e i femminicidi sono cronaca quasi quotidiana.

Risentire , lette dai volti noti della tv le stesse storie che a forza di insegnare alle non- attrici avevo quasi imparato a memoria  mi fa una certa impressione.

La cultura patriarcale che tanto disturba la nostra Presidente del consiglio se gliela nomini perché lei forse è convinta davvero di esserne liberata ed è invece il classico caso “del dito e la luna” seguita a produrre mostruosità anche solo verbali in uomini incapaci di leggersi davvero dentro.

Un elegante e colto commentatore ha fatto un lungo sproloquio per raccontarci che lui “aborrisce la violenza e che non deve chiedere mai!” A lui le donne gliela danno volentieri e se rifiutano non pensa di ucciderle , ma si allontana discretamente.

Bravo , ma ha mai riflettuto davvero sul suo rapporto con le donne “direttrici d’orchestra” che lo lasciano perplesso , sulle donne che letteralmente lo servono nella vita quotidiana , sul suo non risolto rapporto familiare ( ci ha scritto un bellissimo libro che ho letto e apprezzato) , sul suo essere incapace di leggersi fino in fondo e di essersi assolto da ogni sospetto di sessismo.

Sarà che sono abbastanza vecchia da avere ormai decantato le mille forme di discriminazione che hanno accompagnato anche la mia vita per non sapere che anche tutte le battaglie che le donne hanno vinto negli ultimi cinquanta anni non sono bastate a cambiare l’atteggiamento di fondo che porta gli uomini , tutti, a considerare le donne spesso come rivali e mai come compagni di strada.

Da sante a puttane siamo sempre qualcosa di diverso , la parità di carriera , salariale , progettuale vale solo per le eccellenze.

Una volta circolava tra noi vecchie femministe una frase emblematica : quando una incapace assurgerà a cariche prestigiose avremo davvero raggiunta l’eguaglianza .

Per adesso abbiamo ancora bisogno di esser più brave dei nostri compagni , abbiamo bisogno di studiare di più e meglio . Il rischio poi è quello di essere ammazzate se arrivi prima a laurearti del tuo fragile , irrisolto compagno.

Parliamone ancora

Un commento educato di una sconosciuta mia lettrice del blog che mi legge in traduzione ( grazie Malgozada ) e non condivide la mia osservazione sulla mancanza di regia nell’Otello di Vienna portando  a sua tesi l’dea che Kaufmann abbia cambiato l’interpretazione del personaggio in modo differente seguendo le diverse regie –

Ho avuto la fortuna di vedere il suo Otello di Londra dal vivo , poi quello di Monaco e quello napoletano e posso dire con sicurezza che lui ha sempre interpretato Otello in modo uguale a se stesso e lo dico con la sicurezza di chi lo segue amichevolmente da anni e qualche volta ne ha parlato col diretto interessato nel backstage.

Il suo personaggio lo ha sicuramente costruito insieme all’amico Pappano e poi con Petrenko lo ha affinato  approfondendone   la psiche ma sempre rigorosamente seguendo il filo musicale che parte dalla partitura e mai , dico mai influenzato dalle regie , con le quali in alcuni casi semmai ha polemizzato.

Se l’amica lettrice pensa che i costumi , bellissimi quelli di Londra , problematici quelli di Monaco e innovativi quelli di Napoli possano avere influito sulla sua interpretazione si sbaglia di grosso .

Mai il rigoroso tenore tedesco ,ed è la sua forza , ha ceduto sulla linea musicale , si possono sovrapporre gli audio delle performance e ci si accorgerà che sono sempre uguali i suoi acuti , i suoi pianissimo , le sua pause eloquenti.

La mancanza forte di regia viennese appartiene piuttosto alla filosofia del teatro, d’altra parte quasi ovunque nel mondo della lirica anche a livelli alti si riducono i giorni di prove e se i cantanti sono importanti arrivano addirittura negli ultimi giorni .

Diverso è il caso degli allestimenti nuovi , per i quali i tempi di prova sono necessariamente più lunghi e accurati ,ma non era questo il caso della ripresa viennese.

Oserei dire che nel caso in questione “ l’abito non fa il monaco “ per citare un noto proverbio , semmai mi piace apprezzare lo sforzo di Jonas per il suo non aumentare troppo di peso con l’aumentare degli anni , infatti non ha bisogno di stare sempre in camicione e il suo momento migliore , esteticamente ,lo abbiamo quando in camicia e pantaloni nel terzo atto ricorda ancora il Cavaradossi d’antan.

Otello

Ho finalmente visto l’Otello di Vienna , era notte fonda quando ho finalmente trovato il tempo per ascoltarlo serenamente.

Come al solito Vienna punta sulla qualità delle voci e anche questa volta ha puntato in alto , sicuramente al massimo ,perlomeno per quanto riguarda i due protagonisti maschili. 

Sapevo che non era una messinscena mirabile dal punto di vista della regia, ognuno ha cantato da par suo in un ruolo ormai fatto proprio da tempo con tutti i limiti teatrali che una scelta simile comporta.

Modesta scenografia , abbastanza classica per non scontentare il Melomane Medio , costumi un po’ discutibili e spesso neanche tanto donanti e soprattutto una direzione d’orchestra  non eccelsa , altrimenti anche in tempi recenti abbiamo potuto godere di ben altre raffinate interpretazioni musicali.

Ovviamente Jonas Kaufmann ormai è Otello , il personaggio lo ha talmente introitato da permettersi anche di scordarsi di non arrotondare le erre , tanto in terra d’Austria non se ne accorge nessuno ,ma la sicurezza con cui affronta l’impervia tessitura è da leone vincente , anche a occhi chiusi è stato un godimento ascoltarlo.

Ugualmente direi del sodale Tezier , ormai non hanno neanche tanto bisogno di provare insieme , è un sodalizio cementato da una lunga frequentazione e amicizia , semmai per il bravissimo baritono oserei qualche modesta critica interpretativa , ma si sa quando non c’è regia ognuno ripete il suo personaggio nel proprio cliché.

Un gradino sotto la Sorensen , gran voce ma la sua Desdemona non mi ha provocato i brividi necessari per renderla quella donna ferita e offesa che in altri allestimenti , con altre cantanti aveva ottenuto una vibrazione maggiore.

Di notte , quando il mio diavoletto critico è più vivace avevo notato qualche banalità di troppo , tipo la pelliccia di Otello sul bavero del mantello ( a Cipro!), qualche inutile passeggiata in attesa di riprendere la battuta ma ho anche apprezzato un giovane Cassio di sicura voce e presenza e una Emila forte e sicura.

Poi via via che cresce l’angoscia e la musica di Verdi prende il sopravvento Kaufmann diventa davvero quel Leone di Venezia sconfitto e piegato dal perverso gioco diabolico che lo fa vittima di sé stesso.

Grazie alla preziosissima amica che mi consente di apprezzare la visione grazie alle sue mirabili capacità di registrazione , avevo rinunciato al biglietto che avevo , mi devo accontentare di questa preziosissima registrazione e a presto perchè se tutto andrà bene , mi aspetta la principessa di gelo e spero proprio di sentirla dal vivo.