Le due facce

Le due facce della bugia : quello che un tempo rivelavano i grandi ritratti rinascimentali oggi lo racconta la fotografia . ma il risultato è lo stesso-

Il volto minaccioso di Trump nella foto segnaletica del carcere si direbbe un ritratto d’autore e si ha il sospetto che lo sia , per la sapiente direzione delle luci , per lo sguardo feroce  e viene da pensare che il protagonista la foto se la sia fatta fare “ prima “ della vera segnaletica tanto che ormai è già su magliette , tazzine e gadget vari , troppo velocemente per i tempi minimi necessari alla diffusione mediatica .

Ma gli servirà davvero ? A parte i beoti seguaci dell’America profonda che si identificano in lui per trovare in sé una forza che probabilmente non hanno , la foto è pericolosa per quello che dice davvero: un bandito e un tiranno che vuole mettere paura . 

Ma forse la paura ce l’ha anche lui se poi un seppur improbabile ravvedimento globale non gli permettesse di risalire alla gloria presidenziale ; allora come potrebbe arrivare a darsi la grazia ?

L’altro volto bugiardo , occhio basso , sguardo sfuggente e lampi di odio nel ritratto di Putin che annuncia la dolorosa scomparsa del fastidioso capo dei “musicisti” in puro stile Coppola .

Che poi Prigozin sia scomparso davvero o che si sia dileguato nel misterioso secondo aereo con destinazione Baku conta poco.

La Wagner è senza il suo capo ,  i mercenari allo sbando e forse questo qualcosa potrebbe cambiare nel misterioso scacchiere russo e nelle “operazione speciale” ukraina.

Ma le immagini raccontano molto di quello che l’occhio asettico delle telecamera ci dice : anche questo uomo potente , questo despota non è più tanto sicuro sul suo trono di Tzar autoproclamato-

Probabilmente se i due ritratti li avesse fatti un grande pittore del Rinascimento il risultato sarebbe stato anche più chiaro.

Per Toto

Sono un po’ stufa di questa caldissima estate in cui ne succedono di ogni sia a me che e ai miei amici più cari . 

Stamani , per dire l’ultima ,ho avuto anche un incidente di macchina .per fortuna finito con molti disagi ma nessuna conseguenza grave.

Ma non è di questo che oggi voglio scrivere e non voglio neanche fare il solito “ coccodrillo” in memoria ma il ricordo allegro di una serata a Leningrado nel 1984 mi porta a ricordare festosamente Toto Cotugno.

Eravamo in allegra compagnia curiale , avvocati di tutta Italia in un locale , molto molto russo e lo “sciampaskoi “correva a fiumi.

E’ stato allora che un ufficiale in divisa dondolando tra i tavolini si è avvicinato al palco dell’orchestrina e imbracciato il microfono  come un kalashnikov,  guardandomi con occhi dolci da ubriaco mi ha cantato : “lasciatemi cantare perché sono un italiano … seguito dal coro che per potenza  poteva essere quello dell’intera Armata Rossa e che lo ha seguito calorosamente.

La voce di Toto Cotugno era stato il sottofondo di tutto il nostro viaggio , ovunque ci fermavamo i tovarish non avevano altro modo per comunicare con noi , la voce roca del nostro cantante un po’ snobbato dalle nostre parti era veramente un divo in URSS.

A me tutto sommato la canzone un po’ piaceva per quel verso : “un partigiano per Presidente “, con i tempi che corrono quasi quasi mi viene voglia di versare una lacrimuccia per quell’Italia lontana e che fatico tanto a riconoscere in questi giorni così angosciosi.

Intanto l’attuale Tzar elimina i nemici come al tempo di Boris Gudonov , con buona pace di chi ancora crede che in Russia nei secoli le cose siano cambiate.

Il lato oscuro

Leggo una notizia assurda : un delirante tedesco in Turingia dove la AFD è forte ( sarà un caso che è forte nella ex DDR?) vuole reintrodurre le classi differenziali nella scuola e mi ha riportato tanto indietro nella memoria quando la mia mamma maestra lottava per abolirle.

Erano dei terribili ghetti in cui i bambini ribelli , vivaci oppure semplicemente meno dotati , si dicevano scemi, stavano tra di loro e questo non li portava certamente a migliorare la loro preparazione o il loro reinserimento e mi ricorda anche quella terrificante operazione nazista che si chiamava Ausmerzen e Marco Paolini ne fece un racconto : lo intitolò Vite indegne d essere vissute.

Cercatelo , si  trova su YouTube.

Poi leggo di un generale che a proprie spese pubblica un libro , non lo nomino e non nomino il titolo del libro che già purtroppo si vende bene su Amazon .

Sicuramente quell’ufficiale è convinto delle sue idee , quello che mi preoccupa è il fatto che ci siano persone che si credono perbene lo comprano perché ne condividono gli aberranti pensieri.

Il razzismo non è un pensiero nuovo  , ha sempre abitato la mente dei paurosi del nuovo , del diverso.

Spero che questo “caso” letterario sia una di quelle notizie che servono a riempire i giornali in agosto ma il nocciolo vero è che in realtà gli omofobi , i retrogradi , i nega- tutto siano come al solito una nascosta maggioranza italiana che scappa fuori appena si sente giustificata dal comportamento di chi si fa portabandiera delle loro farneticazioni .

Si aprono botole di orrore nel pensiero , la menti accaldate esultano .Spero solo sia una ventata di calore , osservo semmai che in Spagna sono molto più bravi a reggere la calura.

Stavolta passo

Non ne ho proprio avuta voglia : non sarò a Verona stasera , per la prima volta hanno prevalso tutta una serie di fattori che in passato sarebbero stati da me considerati ridicoli .

Il gran caldo che è tornato violento , la fatica di prendere il treno , la banalità del programma .

Eppure sono tre cantanti amici , sarebbe stato facile per me anche andarle a salutarli,  ma per dire cosa ?

Che sono bravi lo so da un pezzo , che il concerto andrà benissimo , una volta tanto a Verona non c’è neppure quel rischio acquazzone  che aggiunge un certo thrilling alla serata, ma un piccolo episodio sanitario che mi è successo ai primi di luglio mai ha fatto scattare una strana molla , l’ultima di una serie di molle che si sono rotte .

Leggo sui social i nomi delle fedelissime in viaggio , unico dispiacere perché poteva essere l’occasione per portare loro il mio ultimo piccolo libro-cronaca su Jonas.

Niente passeggiata sul Liston , niente saluto alla Gasdia , niente aperitivo in  festosa compagnia.

Non è pienissima l’Arena e un amico mi ha detto che ci sarebbe anche andato , ma è una giornata terribile di contro-esodo da bollino rosso sulle strade , forse anche questo ha fermato un po’ di persone , perlopiù sagge e anziane abbastanza da evitare le code in autostrada.

Buon divertimento a tutti , io aspetto la ZDF in settembre , sicuramente meno emozionante ma più comodo ascolto e visione.

Se qualche anima buona mi racconterà cose meravigliose vorrà dire che mi pentirò amaramente , ma l’ultimo viaggio a Monaco ,l’ultimo sgarbo mi aveva fatto veramente colmare il vaso.

Forse questa in fondo è l’amara verità . non ho più voglia di rischiare di essere presa in giro all’ultimo momento.

Piazza del Campo

Solo una persona ignorante , ma ignorante davvero , può dire che il Palio di Siena sia un evento che richiama turisticamente :
ci è riuscita quella inqualificabile mezza-signora che siamo costretti a subire addirittura come ministro.

Da un paio di anni la Sette che sta diventando sempre più una televisione intelligente regala anche agli sprovveduti spettatori che niente sanno delle tradizioni , delle furibonde rivalità , delle storie secolari di una città ferrigna e incantata , gioiello della mia terra di Toscana  il racconto di una corsa unica e violenta  tanto che mi basta seguire l’evento in televisione per respirare quell’aria antica   e vivace per sentirmi ancora un po’ a casa mia , anche se da fiorentina con Siena non ho sempre avuto dei rapporti facilissimi.

Quel morello nero sul Drappellone era sembrato uno strano segno a chi di segni segreti si nutre e in effetti in quei minuti al cardiopalma nei quali si sono svolti i tre giri della piazza del Campo si è visto di tutto con  alla fine la vittoria del cavallo scosso dell’Oca e chissà come sarà felice Gianna Nannini!.

Perché in quella strana e irripetibile corsa è il cavallo che vince , non il fantino. A lui vanno gli onori e i canti di ringraziamento in Duomo.

I cavallI del Palio non sono dei purosangue , sono degli incroci in parte inglesi e in parte arabi , snelli e nervosi e anche chi li monta sono dei fantini particolari , molti di loro vengono dalla Sardegna.

Ma per quanto i contradaioli spendano e curino i loro   animali è poi la sorte che deciderà tutto : le accoppiate , gli ingressi in  campo , l’ordine tra i canapi.

Un evento affascinante , cara ministra , storico , antico e anche un po’ crudele : tutto meno che un evento turistico , signora mia!

Renata Scotto

ll mio ricordo personale di Renata Scotto è legato a una sua non mirabile regia di Madama Butterfly al Teatro delle Muse di Ancona.

La elegante signora con la quale scambiai un deferente saluto ormai non cantava più , ma portava ancora con sé l’aura di grande soprano che era stata.

Ricordo che accennai a quando l’avevo più volte ascoltata a Firenze , lei che al Maggio Musicale Fiorentino era di casa , soprattutto da quando la Divina era emigrata a Milano e da noi non c’ era tornata più.

Mi ha fatto anche piacere leggere un omaggio che le ha reso Jonas Kaufmann , le era dovuto perché con lui era stata generosa di elogi e ricordo che in una lontana intervista in Russia aveva detto che le dispiaceva davvero non aver cantato con lui e aveva aggiunto con un sospiro artistico : hai l’età di mio figlio.

Gli disse anche che la sua voce le ricordava quella di un violoncello e lui l’aveva poi citata spesso quella frase , evidentemente gli era piaciuta davvero.

E’  stata una grande professionista , intelligentemente si trasferì al Met dove ebbe quei trionfi che alla Scala le negavano  anche con cattiveria chiamandola “la teiera “ per quel suo vezzo di cantare spesso con le mani sui fianchi.

Un repertorio vastissimo , e verso la fine della carriera anche con incursioni  non banali verso titoli meno frequentati da sempre nei teatri italiani.

Se ne è andata , credo e spero serenamente , nella sua casa di Savona.

Un altro prezioso tassello della memoria gloriosa dei melomani che se ne va .

A Portonovo

Il vecchio pescatore Franco che porta in offerta al vescovo  i pesci nella cesta , i quattro orgogliosi vegliardi con le insegne della Confraternita e poi la processione in mare  con il gesto della memoria ,la modesta corona per i caduti, tutto un cerimoniale tanto antico e con una folla di fedeli che nessuno si aspettava così numerosa.

Mi sono fatta il regalo di andare alla Messa nella chiesetta di Portonovo nel giorno dell’Assunta , che poi sarebbe ferragosto ma anche le Ferie Augustee , insomma la festa di mezzagosto .

Mi lamento spesso di vivere lontana da quel mondo della musica che amo e che mi taglia fuori perché in questa lontana provincia dell’impero non ci sono collegamenti decenti col resto del mondo.

Stamani però . mentre ascoltavo le cicale sui pini , col vento che faceva frusciare l vecchi ulivi che circondano la magica chiesa medioevale ho pensato che questa nostra marginalità è un bene prezioso , il regalo di chi sopravvive di una regione nascosta.

La baia di Portonovo è ormai la spiaggia di Ancona e stamani mentre la batana di Franco filava sotto i colpi vigorosi di remo con a bordo il vescovo e il sindaco guardavo con un sorriso quel bellissimo incontro tra il residuo di sacro e la folla di bagnanti che salutava tra lo stupito e il divertito la modesta processione marina.

Dobbiamo ad alcuni volentierosi l’organizazione , che hanno fatto tutto perbene : sistemando le sedie , apparecchiando l’altare , improvvisandosi coro con l’aiuto di tre suorine con una chitarra .

A dieci chilometri scarsi da casa , la vera ricchezza che forse neanche ci meritiamo consapevolmente.

Post Covid

Domenica mattina alla Messa . Lo sguardo si abbassa per terra e mi accorgo che ci sono ancora le frecce a indicare il percorso per allontanarsi dall’altare dopo la Comunione.

Quei segni sono ancora lì , come un pallido segno e ad un tratto mi ricordo il lungo periodo nel quale le chiese erano addirittura chiuse , tutto fermo in una strana silenziosa primavera.

Poi lentamente le chiese si sono riaperte ed eravamo tutti nascosti dietro le nostre maschere e le nostre paure.

Ricordo i gesti di chi si portava dietro la boccettina di disinfettante e si puliva le mani continuamente , ricordo il gesto del sacerdote che l’ostia te la gettava sulle mani senza toccarle ma soprattutto mi ricordo la perdita del gesto di pace che ci scambiavamo .

“Scambiatevi un gesto di pace” è diventato ed è rimasto “scambiatevi un segno di pace”  e ci troviamo tutti fare gesti più o meno allargati e sembriamo comparse tipo regna Elisabetta quando faceva ciao con la manina.

Diverso e bellissimo fu quando la prima volta , tanti anni prima in Sant’Agostino a Vienna una cordiale signora austriaca mi aveva preso alla sprovvista stringendomi vigorosamente la mano dicendomi : Freude!

Mi era piaciuto di più del nostro più o meno biascicato : pace ! ed ero contenta quando avendolo ben imparato anch’io lo ripetevo nella mia amata chiesa : L’Alte Peter di Monaco.

Per un certo verso la pandemia sembra già un  ricordo lontano  , un brutto sogno collettivo e invece nel profondo dell’anima resta un segno forte che non ci ha insegnato nulla della nostra precarietà umana.

Solo il segno di pace è cambiato e anche quello mi pare che non sia cambiato in meglio.

Tutto il mondo è paese

Ho vissuto una piccola esperienza negativa a Monaco di Baviera e avevo scritto un post per raccontarla , poi lo avevo cancellato temendo di essere fraintesa e considerata razzista.

Raccontando a un allibito nipote la storia lui mi ha invitato addirittura a scriverla ad un giornale tedesco, anche perché lui con una società tedesca ci lavora.

Si parla molto in questo periodo del cartello o corporazione dei taxi in Italia , ebbene qualcosa di molto simile esiste anche nella civilissima Baviera :
arrivata stanchissima a Monaco dopo un lungo viaggio in treno e sotto ,un peraltro graditissimo forte temporale ,esco dalla Hauptbahnohf, molti taxi in fila  : stranamente una specie di boss mi indica di non prendere il primo e io salgo su quello indicato , do l’indirizzo del solito albergo e il tassista in inglese mi dice: no tassametro , venti euro , anzi addirittura venti dollari.

Io dico no , conosco la tariffa e la distanza , spendo sempre dodici euro ,lui ribatte  “molto traffico “ e alle mie insistenze apre lo sportello , mi butta fuori dal taxi e mi tira dietro anche il trolley, minacciandomi e dicendo che tanto tutti gli altri taxi avrebbero chiesto la stessa  cifra .

In quel momento mi accorgo che , non ci avevo fatto caso prima sono tutti più o meno magrebini . Ormai sono fradicia e arrabbiata e allora alzo la voce e dico chiamo Polizei!.

Ed è stato  allora che dal fondo della fila vedo un tassista dal chiaro aspetto bavarese che mi fa cenno di andare da lui.

Mi accoglie e si scusa per quello che mi è successo , mi dice testualmente che alla stazione quel gruppo ha preso praticamente la gestione degli arrivi.

Si scusa  di nuovo , mi porta all’albergo ovviamente col tassametro che indica i soliti dodici euro che ho sempre pagato.

Purtroppo però anche lui ha un piccolo difetto : non gli funziona il POS .  Non riconosco più la mia Germania , come diceva il libraio di Friburgo nel Lessico familiare di Natalia Ginsburg. 

San Lorenzo

Ieri mattina , come ogni anno da quando ne ho memoria mi recito i bellissimi versi di Pascoli e quando arrivo alla fine : ..e tu cielo dall’alto dei mondi sereno infinito immortale … mi commuovo e mi sento anche un po’ vecchia scema.

Ma ho un amico , tanto più giovane di me , che vive lontano in una stupenda isola che quella poesia sul suo profilo la mette tutta e finisce che ci scambiamo un saluto , un ricordo della nostra lontana frequentazione e amicizia.

Chi dice che i social sono solo stupidi e pericolosi strumenti per idioti non sa invece quanto si può essere vicini attraverso il banale strumento che diventa nelle mani di chi li usa con intelligenza un modo di sentirsi vicini anche quando la vita e le sue conseguenze ci portano a vivere materialmente lontani.

I giovani si servono soprattutto di Istagram , a me serve per avere notizie di figli e nipoti , così come un tempo si mandavano  le cartoline oggi si posta qualcosa così si fa sapere dove sono , come stanno , se si divertono.

Io lo uso poco anche perché, confesso , non ho ben capito come usarlo correttamente, non tutto riesce alla Silver fox , come affettuosamente mi chiama il tecnico del negozio nel quale vado per i miei problemi ed acquisti.

Torno ai social e alla bella compagnia dei miei amici disseminata in tutto il mondo , quando poi per caso ci incontriamo fisicamente diventa un ritrovarsi molto allegro , specie quando avviene nel foyer di un teatro.

Si ,perché un filo comune ci tiene : tutti o quasi siamo dei melomani e melomani anche un po’ selettivi , confesso.

Ho anche una regola alla quale mi attengo scrupolosamente , anche se qualche volta mi sfugge un commento politico : cerco di non confondere i temi anche se so benissimo che selettivamente ci siamo già scelti anche nelle idee e nei riferimenti culturali.

Insomma , quando al mattino mi affaccio sulla rete so di avere davvero una bella compagnia da salutare.

Un segreto

E’ importante capire quanto fosse difficile applicare quello che Giuseppe Verdi indicava agli interpreti delle sue opere : recitar cantando.

Sembra una formula , una indicazione registica ed è invece l’essenza di quello che fu il fascino di intere generazioni che vissero la novità del melodramma come emozione intima e come esperienza di vita.

Se è difficile cantare ricordando le parole lo diventa anche di più se si deve andare a tempo , rispettare le entrate , seguire lo spartito e coordinarsi con gli altri interpreti.

Intonare i propri ingressi , muoversi con naturalezza , difficilissimo un tempo , oggi più naturale perché spesso c’è anche l’occhio impietoso della telecamera.
Cantando guardare il Maestro che da l’avvio senza farlo vedere , deve essere una specie di strano sguardo obliquo , una percezione  che fa essere credibili i personaggi da interpretare.

Una fatica mostruosa alla quale si aggiunge anche il fatto di cantare in varie lingue e non sempre il/la cantante è di lingua madre nel ruolo da fare vivere in scena.

Insomma se si chiede naturalezza e credibilità ad un attore di prosa questo si moltiplica enormemente per i cantanti lirici.

Entrare nel personaggio , farci soffrire dei suoi dolori , gioire delle sue gioie , fremere dei suoi tormenti.

Dimenticavo : risparmiare la voce per quello che c’è da cantare dopo , saggiamente calibrare la propria prestazione , non soffrire negli abiti scomodi , spesso troppo pesanti per il caldo delle luci del palcoscenico.

Segreti per arrivare vivi alla fine ( anche se poi tocca morire in scena) non ce ne sono o meglio ce n’è uno solo : amare il proprio lavoro , credere in se stessi , studiare tantissimo prima di affrontare un ruolo nuovo.

Che sappiano fare bene tutte queste cose ne conosco pochissimi e quei pochissimi e pochissime sono nel mio cuore , sappiano che io li amo per tutti i sacrifici che fanno per me , perché io creda a loro quando vestono le vesti dei loro personaggi e li amo perché mi fanno dimenticare tutte le fatiche che fanno per farmi godere della loro difficilissima arte.

Non faccio nomi perché chi mi legge sa benissimo di chi parlo.

Tristezze

Uno scrittore , inviato da un grande quotidiano , torna in Ukraina e improvvisamente risveglia la memoria appiattita dal passaggio delle notizie di una guerra così tanto vicina a noi dalle prime pagine , era il 24 febbraio di un anno fa , alle seconde e terze pagine.

Ogni tanto una foto straziante , un servizio al  Tg delle sera con le solite immagini viste e riviste.

La sensibilità media si addormenta  : Tszaporija . Donbass , Kherzon ormai sono nomi noti , quasi musicali che non ci risvegliano più l’orrore di una guerra di invasione e di un popolo che la vive nel quotidiano cercando di sopravvivere alla follia.

Forse solo le immagini dello scempio alla Cattedrale di Odessa o il ricordo della famosa scalinata su cui correva la carrozzina del film di Eisenstein ci fanno ancora pensare che la follia di Putin non è cosa che non ci riguardi da vicino.

Izmail è una citta sulla riva sinistra del  Danubio, a destra c’è la Romania e una città ,Tulcea con un grande cantiere navale , basta l’errore di un drone e la guerra ci arriva in casa perché la Romania è nella Nato.

Ma le notizie scivolano dalla prima alla seconda , poi alla terza pagina e ci si addormenta tranquilli anche se Navalny , l’uomo che aveva osato sfidare politicamente e democraticamente il despota del Cremlino , dopo essere miracolosamente sopravvissuto alla classica forma di eliminazione dell’avversario tramite avvelenamento è stato di nuovo condannato ad altri diciannove anni di carcere duro.

L’Europa protesta  , gli Usa protestano ma intanto il grano non parte più dai porti del Mar Nero e le popolazioni povere dell’Africa avranno un motivo in più per mettersi in marcia nel deserto per cercare di raggiungere un minimo di speranza di vita in un altrove che spesso si tramuta in un miraggio di morte.

ll povero vecchio papa stanco parla ai giovani con una voce sempre più debole alla folle sventolanti di Lisbona , mai ho sentito così inutili i suoi appelli di pace , una droga per ignoranti festosi.