Orsi e cinghiali

Il primo orso che ho visto dal vivo era nel fossato di un castello sotto il ponte levatoio a Ceski Krumlow.

Se ne stava triste e accuciato , ma quando si è mosso mi ha fatto davvero impressione per la sua mole poderosa.

Poi ho visto gli orsi alla catena dei girovaghi in Romania , anche loro tristi e sporchi.

Pensandoci bene capisco perché l’orso sia così frequente nelle favole : si erge in piedi e allora è tanto più grande di un uomo , immagine terrificante e incombente.

Il suo posto è la foresta dove semmai è l’uomo l’ospite che entra nell’habitat naturale del plantigrado e se gli capita l’incontro con l’animale deve solo sperare che non sia la femmina che sta accudendo i cuccioli perché allora l’incontro può essere davvero pericoloso.

E’ andata molto male a quel giovane trentino che correndo nel bosco e tagliando la strada nel folto di un sentiero nel grande orso si è imbattuto senza volerlo fare intenzionalmente , una vita spezzata per quel destino incrociato del Fato che ti fa essere nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Da questo fatto tragico farne una stupida battaglia ideologica : animalisti contro  inflessibili rigorosi abbattitori c’è la via di mezzo, ovvia e da praticare come pare sia stato fatto anche in Italia nel Parco Naturale d’Abruzzo.

Vivo in una zona di pericoloso e sovraddimenzionato ripopopolamento di cinghiali , bisogna andare piano la notte sulla strada del Monte Conero perché si rischia di fare un frontale con un animale molto grosso , ci sono persone che ci hanno rimesso la carrozzeria della macchina e altri che in moto ci hanno rimesso molto di più.

Ma abbiamo imparato a stare molto attenti e ad andare piano in certi attraversamenti pericolosi nell’ora del tramonto.

Però mi ha fatto tenerezza incontrare mamma cinghiale con i suoi cuccioli al seguito attraversarmi la strada a passo lento mentre io stavo ferma in macchina in attesa che si allontanassero pacificamente.

Mary Quant

Me la ricordo bene la mia prima minigonna , ero molto giovane , ma dato che ero già una signora sposata l’averla adottata mi sembrò un atto di ribellione anche più provocatorio .

Seguirono nell’ordine , e per contraccolpo , le gonnone lunghe tipo zingara accattona e poi addirittura gli Hot pant’s !

La moda di quegli anni lontani , proprio iniziando da Mary Quant e poi da Courreges era molto fantasiosa e a ripensarla oggi era ancora molto elegante ed equilibrata nei volumi.

La stilista inglese sicuramente rappresentò un vento di novità che la accostano alla musica dei Beatles , al 68’ francese , ad un vento di gioventù che in Italia arrivò con il giusto ritardo che le mode allora ci mettevano nel camminare attraverso i giornali dedicati .

Fu un fenomeno di costume che partì allora e che credemmo portasse davvero una speranza di libertà per tutti.

Ho cercato invano tra le mie foto ingiallite una mia immagine in mini. Non ne ho trovate nessuna perché quella volta le foto si facevano soprattutto in vacanza : neve in inverno e in costume d’estate .

Mi manca perciò la documentazione personale  ,ma non è un gran male .Neanche io mi riconosco tanto nelle immagini di quel periodo.

La stilista inglese se ne è andata alla ragguardevole età di 93 anni, una volta sarebbe sembrato un vero record , oggi comincia ad essere un tempo molto più diffuso ma non saprei dire che questo allungamento della vita porti sicure gioie e non invece un appesantimento della memoria , quando nelle foto del tempo che fu ti accorgi di essere l’unica sopravvissuta del gruppo.

Un mito

Quante volte avrò rivisto Pretty Woman? Sicuramente tutte quelle che in momenti di tristezza per ragioni serie sono entrata nel tunnel dell’evasione come terapia , tanto le favole piacciono da zero a novant’anni ( e oltre)  dico io, ma lo diceva anche Collodi a proposito  del suo Pinocchio.

Ho scoperto di ripetere in coro con mia nipote la famosa frase : “Quella gran c**o di cenerentola “ e di godere ogni volta che Julia Roberts torna nella boutique di lusso che non l’aveva voluta servire e chiedere alla commessa allibita : voi lavorate su commissione ? 

E dopo l’ammissione della sventurata aggiungere  : Big mistrake! La sua esclamazione in lingua originale , perché in effetti dopo averlo visto millemila volte in italiano ormai mi diverto di più a vederlo in lingua originale.

Non doveva nascere così perfetto il piccolo film cui non credeva neppure il protagonista , poi la favola ha preso il sopravvento e il portiere d’Hotel fata benigna ha contribuito alla creazione del capolavoro involontario.

C’è anche per noi melomani il contentino lirico con La traviata in forma molto americana , ma  “l’intorcinamento” delle budella della escort intelligente ci conferma quanto di vero e di universale ci sia nel capolavoro verdiano.

Succede con Pretty woman quello che era successo con Casablanca , ma questo forse riguarda una generazione precedente , quella del  bianco e nero e del Play it again Sam….

A pensarci bene sono due storie che riguardano due epoche diverse . 

In comune hanno solo il fatto di avere la lunghezza giusta , senza l’elefantiasi dei film di oggi . 

Quando “la brevità gran pregio “ , non la commenta solo Rodolfo nella Bohème.

Loggiato degli Innocenti

In piazza Santissima Annunziata a Firenze c’è il bellissimo Loggiato degli Innocenti decorato con i tenerissimi tondi robbiani dei bambini in fasce.

Sono “ gli innocenti” che venivano lasciati anonimamente dalle madri in quella ruota che per prima Firenze istituì tanti secoli fa.

A Firenze infatti il cognome Degli Innocenti è diffuso da sempre , come peraltro è diffuso a Napoli il cognome Esposto e la derivazione Esposito che hanno la stessa matrice di quello fiorentino.

Se a Milano agli albori del terzo millennio hanno pensato a qualcosa di simile alla antica ruota fiorentina è solo una cosa buona e che ne abbiano usufruito “ solo “ tre madri  in  tanti anni è segno che non è stata pubblicizzata a dovere quando fu creata.

E qui mi fermo perché la parola pubblicizzata non va intesa come cassa di risonanza per un evento sofferto e segreto come quello che ha spinto una mamma sicuramente disperata a metterci dentro una sua creatura tanto amata da darle nome e raccomandazioni per il suo futuro.

Malissimo ha fatto il primario a pubblicizzare l’evento con appello pietistico alla mamma autrice del gesto : con quello che resta per sempre nel web un giorno quel bambino potrebbe sapere anche troppo del suo abbandono , quando ormai grande  ( e mi auguro sereno ) in una famiglia che lo crescerà come proprio e con l’amore che cresce nella consuetudine di una vita raccolta al suo sorgere, potrà andare a ricercare quella sua vicenda che in teoria potrebbe anche non sapere mai.

L’adozione è un atto bellissimo e generoso, difficile  come è difficile talvolta anche il crescere dei figli propri , lasciamo alla sfera privata  questa storia dai risvolti umanamente difficili .

Spero vivamente che la stampa non cerchi di raccontare il seguito della vicenda che doveva restare nel silenzio e nell’anonimato .

Brillare semmai di quella luce che illumina i deliziosi bambini in fasce dei Della Robbia che si illuminano al tramonto di una luce celestiale come celestiale è la vita che deve rinascere anche nell’abbandono.

Pablo Casals

Nel mare vastissimo dell’offerta di film sui vari canali ci si può perdere , magari si passano lunghi minuti a cercare un film che attiri la curiosità , ma poi magari si finisce per tornare su vecchi film già visti in passato.

Ma quello che mi è capitato in un giorno vuoto di Pasquetta è stata la scoperta di un docufilm , oggi si direbbe un byopic il cui titolo mi ha incuriosito : Pao , la força d’un silenci.

In catalano e con i sottotitoli ,ma quasi non ce n’era bisogno , racconta senza enfasi la scelta di Pablo Casals , forse in il più grande violoncellista al mondo , di non suonare più nella sua amata Spagna perché governata da una dittatura fascista .

Allo stesso modo e con lo stesso rigore non suonò più in Italia fascista e nella Germania nazista .

Si ritirò in un piccolo paese francese dietro le cui montagne sapeva esserci la sua patria , ma con rigorosa coerenza non andò neppure negli USA perché non condannavano il fascismo europeo.

Dal suo rifugio continuò ad aiutare i fuorusciti , gli esuli e ogni contributo che versavano ammiratori lontani lui ne faceva offerte per tutti quelli che politicamente fuggiaschi chiedevano il suo aiuto.

Il film non è un capolavoro , la voce fuori campo e il pretesto di un allievo come voce narrante sono abbastanza ingenui , ma raramente si ha la possibilità di sapere perché ancora oggi , ogni anno in quel paesino sotto i Pirenei si svolge un festival importante dedicato a Pablo Casals.

Il Festival fu creato nel 1950 e si può trovare il programma su Internet : si svolge a Prades nei Pirenei orientali nei prossimi mesi di luglio e agosto.

Se fossi più giovane avrei davvero tentata l’avventura di andarci .

Se non altro per rendere omaggio , oltre al grande musicista , all’uomo rigoroso che a modo suo combattè senza esitazioni il fascismo in tutte le sue forme.

In Italia oggi ce ne sarebbe ancora bisogno di persone come lui.

Il Selfie

Tra le tante forme di decadenza civile ce n’è una particolare :

il selfie con sfondo naturalistico e/o con soldato In garitta utilizzato come un soldatino di piombo.

Stupenda è risultata la reazione della guardia reale a Londra davanti a Buckingam Palace.

La turista che si avvicina e mette addirittura la testa attaccata al milite , il sorriso grullo che vorrebbe immortalato, la reazione improvvisa del “soldatino di piombo” che era vero , la faccia impaurita della turista , impaurita ma anche seccata per la reazione inattesa.

Siamo ormai tutti più o meno schiavi del nostro telefono e anche io ne approfitto quel minimo che  mi consente di fissare l’immagine di un momento felice , ma dato che ho il braccio corto e la mia tecnica è davvero scarsa generalmente mi limito a fotografare : il “cogli l’attimo” di un arcobaleno , di un tramonto sul mare , di una rosa che sboccia.

Un tempo , ma davvero sembra tanto tempo fa , ridevo dei turisti giapponesi a Venezia che sul vaporetto fotografavano tutto il Canal Grande e di sicuro però non lo vedevano se non attraverso l’obbiettivo della loro macchina fotografica.

In questi giorni di Pasqua nei quali milioni di turisti si sono riversati nei nostri bellissimi paesi e città d’arte non sono sicura che tutti abbiano davvero visto quello che i loro telefoni inquadravano.

Se guardiamo i social di sicuro sappiamo che tutti hanno fotografato tutto , ma i selfie con il prezioso monumento o il panorama mozzafiato ,quelli mi mettono un po’ di tristezza.

Forse  sbaglio io , ma in certi casi penso sia meglio non contaminare la bellezza assoluta con la propria faccia in primo piano.

Non sempre se ne avvantaggia il confronto.

PESAH

Giornata di Passaggio la Pasqua cristiana , si passa dal simbolico passaggio del mar Rosso ebraico , al passaggio dalla morte alla vita di Gesù, la Resurrezione , momento chiave della fede cristiana.

Cosa rimane oggi del momento più importante su cui si basa una Fede che , sulla carta, ha ancora tanti fedeli sparsi per il mondo?

Mentre per il Natale , la nascita divina , ancora si riesce a sentire un sentimento vero , ammantato di tenerezza e di simboli felici (la ricostruzione tramite il presepe, lo scintillio dell’albero carico di luci )

per la Pasqua i segni esterni sono davvero pochi , tanto che si dice quasi un luogo comune : Natale con i tuoi Pasqua con chi vuoi.

Infatti l’Esodo o il passaggio lo si vede nella grande transumanza vacanziera , nelle vetrine addobbate dalle uova pasquali , dalle montane di colombe , anche molti invendute causa crisi economica, nei supermercati.

Restano i riti del triduo pasquale trasmessi dalla televisione , qualche rito folcloristico in Spagna , un po’ più di gente alla Messa , 

ma neanche poi tanta.

Quello che invece aumenta è il numero di messaggi augurali sui social , su WhatsApp, su Messenger.

Grande abbondanza di foto simboliche con fiori , prati e animali e per i colti eleganti riproduzioni di celebri tele e pale d’altare.

Tutto lì , la Resurrezione raccontata con un click.

Per fortuna stasera potrò ascoltare la Seconda di Mahler  , guarda caso detta Resurrezione .Forse in quell’ascolto troverò il momento di riflessione che mi potrà aiutare a ricercare nel profondo dell’anima quella briciola di speranza che alimenta sotto una flebile traccia un ricongiungimento dell’anima con il trascendente.

….. seconda parte

…..seria a metà

Quando Wagner si mette al lavoro sul T. ha già scritto le prime due opere senza grande successo e si rivolge a un tema della tradizione germanica dei Minnesänger che ritroverà in seguito con maggiore soddisfazione nei Maistersinger.

Qui ancora il materiale è meno raffinato , ma gli sgorga tanta musica felice che ritroveremo soprattutto nell’Ouverture e nei mirabili cori.

La zampata del leone la tirerà fuori nei due bellissimi pezzi forti finali ( il canto di Wolfram e soprattutto nel Romerzälhung di Heinrich.) ma nell’insieme l’opera è un fiasco parigino che Wagner non dimenticherà tanto facilmente.

La storia del cantore stanco del monte di venere ( la parte per il tutto) la si capisce, vuole tornare a casa ..perché  anche  il troppo sesso stanca , evidentemente.

Ma è malmesso  perché la pura Elisabetta ( che poi diventerà pure la santa di Ungheria) chiede troppa purezza e i cantori in gara per lei ,liricamente spirituali lo fanno annoiare.

Il caro T. non regge a tanta spiritualità e sbotta di brutto , scandalizzando l’intera corte di Turingia.

Va via reprobo! E dato che per caso passano di lì i pellegrini , che vada a Roma a chiedere il perdono che però il Papa non gli darà a meno che il suo bastone secco da pellegrino non tornasse a fiorire e questo miracolo lo assolverebbe.

Ovviamente il miracolo avviene anche per l’intercessione della purissima Elisabetta che di questo muore..


Fin qui la storia , ma poi c’è di mezzo Castellucci a cui devo ancora perdonare un Parsifal bolognese con il boa bianco che esce dall’orecchio di Nietzche!

Qui l’immaginifico regista , convinto che gli spettatori siano scemi ci deve spiegare tutto a modo suo: contorcimenti sexi di anime lascive, arciere con la joli poitrinedesnuda così che si seguono con apprensione le freccie invece di ascoltare in pace la musica, poi in un crescendo di tuniche bianche dei cantori (che col girovita un po’ abbondante non dona,) da insozzare al povero protagonista incatramato , fino al finale mortuario con cadaveri che putrefanno via via con gran carrelli che girano , mentre i cantanti al proscenio per fortuna non si distraggono per tutto lo scarrellare sul fondo fino alla perla ultima: i nomi dei cantanti sui sarcofagi mentre si sfarina la polvere dei loro resti mortali.

Per me i cantanti alla fine si facevano pure mentalmente gli scongiuri.

A botta calda

Premessa importante : Jonas Kaufmann è in perfetta forma e canta il “suo” Tannhäuser , come aveva già fatto con  Tristano , con la sua mirabile tecnica e con il suo modo italiano di affrontare Wagner che forse lascia perplessi i nostalgici dell’ Heldertenor puro ma che sono invece una componente importante del suo fascino e del suo successo planetario.

Dobbiamo anche convenire che Kaufmann pensa giustamente che Tannhäuser sia un uomo normale e gli altri siano  tutti un po’ matti con la storia della purezza e della religione e questa è la sua personalissima chiave di lettura .

Se accettiamo questo dato di partenza poi ne consegue qualche perplessità per la tenuta complessiva dello spettacolo.

Cominciamo con la regia di Castellucci che ha momenti di suggestione e altri un po’ meno seducenti , per non dire banali.

Chiaro che stiamo parlando di uno spettacolo notevole per mezzi e grandiosità cui giova di sicuro il boccascena immenso , ma la chiave di lettura è quantomeno esotica e allora dove stanno i Minnesänger e la Turingia d’antan?

Non che rimpianga le regie realistiche ma un Wagner prima maniera , con un’opera che alterna pagine mirabili ad altre meno incisive finisce per perdere la sua omogeneità se non è supportato perlomeno musicalmente.

Aggiungiamo Andris Nielsen con i tempi discutibili che impone a un’orchestra non brillantissima si hanno i risultati che ascoltiamo.

Mi spiace non essere allineata con gli entusiasti , numerosi , che mi attorniavano a teatro , ma dal Festival di Salisburgo mi aspetto qualcosa di più.

Niente da dire invece su tutta la compagnia di canto : dal già citato in premessa grandissimo Jonas , al perfetto Zepperfield , alla deliziosa Marlis Petersen , a Geherahrer che canta tutto in chiave liederistica , alla Bell che nella breve parte di Venus fa un po’ rimpiangere la Garancia , ma tutto sommato se la cava , ai Menestrelli di gran lusso e forse sprecati per così poca parte.

La riflessione prosegue domani , per stasera mi fermo qui.

PS. posso avere sbagliato qualche grafia o nome , non ho avuto il tempo di controllare

Domenica delle Palme

Si parla sempre di se stessi anche quando si usa genericamente la terza persona , ma stavolta voglio proprio parlare di me anche  perché  in un certo senso ancora una volta parlo di musica .

Da anni , cioè da quando lessi che sir Alec Guinness , cattolico , la mattina della domenica leggeva in chiesa stufo di sentire bistrattare le Letture ,mi  offrii anch’io di farlo dato che insegnavo dizione ai ragazzi del teatro scuola.

Non ho mai smesso  e così ieri sono andata tranquillamente all’Ambone per leggere il Passio.

Generalmente mi affidavano quella parte , genericamente definita Folla in cui si leggono tante piccole parti ma mai avevo avuto l’onere di leggere il ruolo del Cronista .

Ieri no , ero io  Cronista , la lettura così drammaticamente avvincente non l’avevo mai vissuta e la cosa straordinaria era che mentre leggevo sentivo la Passione secondo Matteo di Johan Sebastian Bach nelle orecchie e ne seguivo interiormente la musica Mi sono emozionata e addirittura sbagliata più volte , generalmente sono molto professionale quando leggo in pubblico e poi l’uditorio delle otto e mezzo di mattina non era di quelli che mettono soggezione.

Sono stata travolta , come forse mai , da quel racconto così drammatico e così reale come se lo sentissi per la prima volta . 

E’ stato come se mi stesse cadendo addosso tutta la tristezza del mondo , tutta la tragedia incarnata nella figura umana del Cristo.

Le figure parallelamente emergenti di Giuda e di Pietro , il traditore pentito e il codardo mentitore risaltano specularmente nel grande racconto immortale.

La musica di Bach nelle orecchie , l’emozione nella voce ; quando sono tornata nel mio banco  ero ancora tremante.

Nel prendere l’ulivo benedetto dal cesto davanti all’altare ho preso il rametto più piccolo , un segno di pace minuscolo come minuscola è ormai la Fede di noi tutti in questo mondo.

Le case dei vecchi

Ho deciso di congratularmi con la vecchia signora che ha combattuto e vinto per tornare a casa sua dopo che l’avevano mandata in una Casa di riposo contro la sua volontà.

Ho seguito la storia perché in qualche modo mi riguarda anche se come dice un proverbio della bassa marchigiana.

Non si sa dove dorme lu’ lepre ..”  come a dire che non sappiamo del nostro futuro.

Non potendo per nostra fortuna leggere il proprio domani , sempre più corto , una cosa certa la so; vivere fino a quando è possibile tra le proprio memorie , magari con il proprio gatto , in mezzo alle foto e ai libri che ci furono cari fa parte di un tramonto dolce e accettabile.

Vedo  sui social , perché sì ,anche i vecchi stanno sui social, quanto amore ci sia nelle foto delle case di chi è ormai fuori dal mondo del lavoro , di chi ha più tempo anche per coltivare le piante anche solo di un terrazzino.

Mi ha sempre fatto paura lo sradicamento magari dovuto ad agenti drammatici esterni come guerre e terremoti , quando la propria casa non c’è più , ma non giustifico se non in casi in cui ormai ci è indifferente dove si vada ,a trovare l’allontanamento da ciò che in ultima analisi è il riassunto della propria vita.

Leggo che in Germania i vecchi , chiamiamoli così con il loro nome, vanno volentieri in case di riposo dove possono coltivare ancora amicizie o rinnovarne di nuove con coetanei per combattere il grande nemico di tutti che è la solitudine .

Forse le loro case di riposo sono più accoglienti , forse la loro mentalità meno sentimentale della nostra accetta più volentieri una risposta razionale .

Per adesso continuo a sperare come  la signora di Camaiore che la tigna possa aiutarmi in questo desiderio finale.

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Conto alla rovescia

Mancano pochi giorni alla mia partenza per Salisburgo e mi arriva il richiamo dell’albergo per la conferma , sorrido all’idea che ci sia bisogno di ricordarmi l’appuntamento , in realtà non vedo l’ora di tornare in quella ricchissima piccola città e non voglio pensare che potrebbe anche essere l’ultima volta.

Come un caso poche sere fa il solito canale musicale ha rimandato in onda il Romenzälung del concerto di Dresda del 2013.

Mi ha fatto ha una certa tenerezza rivedere Jonas nel periodo di massima magrezza , con l’apparecchio ai denti e qualche pensiero personale nella testa.

Ci stanno inondando di foto di scena della prova generale , mi dicono gli informati che qualcosa è cambiato nell’allestimento di Romeo Castellucci che non vidi a Monaco ma che in realtà non mi aveva per niente convinto.

Del regista italiano avevo visto un Parsifal a Bologna e anche in quel caso non ne uscii del tutto soddisfatta .

Ma sappiamo che l’ex Sovrintendente di Monaco ora a Salisburgo ama le regie “originali” che qualche volta sono bellissime e qualche volta ..un pò meno.

Ho già cominciato a scrivere di questa opera che nell’ordine cronologico Jonas Kaufmann avrebbe dovuto cantare prima del Tristano.

Così vuole l’ordine consueto della lirica , ma sappiamo che anche con le opere italiane il Nostro si è permesso salti in avanti e indietro a suo piacimento e soprattutto a sua insindacabile capacità professionale e musicale.

Resta solo da fare la valigia , ma quella per scaramanzia la preparo la sera prima della partenza.