Viaggiare lento

Sono da una settimana sotto le pale del ventilatore , controlli della pressione , letture e un po’ di tv ogni tanto.

Ieri alla vista di un servizio Freccia Rossa Napoli Pompei ho avuto la visione di me che arranco dal binario 2 dopo quattro ore , più il ritardo endemico, verso l’uscita di Termini a un chilometro perlomeno di distanza.

Da Ancona a Roma è una strana odissea: l’amministratore delegato delle Ferrovie pensa anche a un modo di viaggiare “lento” per godersi il panorama italiano di rara beltade.

Non deve inventarsi nulla , qualche volta andando a Roma posso anche fermarmi a prendere il caffè a casa del capostazione di Giuncano ( fonti del Clitunno) , tanto quel tratto di ferrovia a binario unico aspetta da sempre che passi il treno che viene dalla direzione opposta.

Da sempre i politici di turno promettono il raddoppio Ancona Roma , poi si sono anche inventati che si scende a Falconara perché il treno dirotta per Rimini e noi dobbiamo prendere il bus per tornare a casa tanto seguitiamo a non protestare mai e neppure i nostri rappresentanti un Parlamento lo hanno fatto , quando ne abbiamo avuti-

Le Marche , queste sconosciute :

in questi giorni di super caldo sui siti metereologici c’è scritto Rimini e poi più sotto Pescara , non abbiamo neppure la soddisfazione di esistere eppure stamani il termometro segnava 37 gradi alle 11 in Via Martiri della Resistenza.

Torno sotto il ventilatore che è meglio. 

Uno stop

Succede nella vita un giorno di essere richiamati alla propria condizione precaria.

Un segnale del corpo che avvisa quanto sia labile il meccanismo che lo fa camminare quotidianamente..

Un inciampo a ricordare che se si crede di essere ancora in piena forma in realtà si è in cammino verso qualcosa di più fragile che  si manifesta attraverso un   chiaro segnale di debolezza.

Il blog tace perché in realtà l’autore delle piccole note è senza fiato e qualcosa si è forse ( spero momentaneamente ) rotto.

Spero di recuperare la curiosità che mi consentiva di mettermi alla tastiera con la voglia di commentare qualcosa per i miei lettori.

Devo riprendere fiato.

Rivedere La forza

Un pomeriggio vuoto , un gran temporale estivo e violento mi fa cambiare programma , resto a casa e non ho voglia di leggere .

Finito da poco un libro non ho fretta di cominciare il prossimo che mi aspetta sul comodino.

Una strana idea , non ho mai più rivista quella Forza vista a Londra nell’ormai lontano 2019.

Ne avevo anche scritto molto e prima di mettermi a scrivere questo post ho controllato quello che avevo visto dal vivo ormai cinque anni fa.

Non cambierei una virgola sulla valutazione che feci , ma rivedere sullo schermo del computer , a distanza così ravvicinata i cantanti fa una certa impressione perché il giudizio diventa spietato per tutti 

ma non per uno  , l’unico e davvero ultraterreste Jonas Kaufmann che sembra non cantare , sembra non recitare : è Alvaro che si muove nel pasticciatissimo plot che Pappano aveva voluto integrale e mi accorgo che l’opera è anche  troppo lunga , francamente i tagli di Monaco l’avevano abbellita e non poco.

Penso che sia difficile spiegare il miracolo di una interpretazione così naturale , così poco studiata ( sembra davvero un De Niro della lirica), cerco di analizzare la mia valutazione che vorrei fosse meno di fans ma più distaccata .

Non ci riesco perché il suo modo di stare in scena , sicuramente dovuto alla sua serietà e preparazione non basta a farne quel fenomeno che ho avuto la fortuna di seguire ormai da tanti anni e che con tenacia ho anche portato qui ,nella città di Corelli perché ricevesse il meritato riconoscimento di erede del grandissimo tenore italiano.

Sono stata tre ore abbondanti seduta davanti al pc. , il temporale è finito , mi sono alzata un po’ anchilosata e contenta di avere avuto , ma non ne ho assolutamente bisogno , la conferma di avere rivisto un interprete speciale .

Sono molto orgogliosa di me , che quel fenomeno unico seguo da tanti anni e per quelle poche energie che mi restano , di poterlo seguire ancora fino a che ce la farò.

Una foto

Ho cambiato la foto sul salvaschermo del computer perché non mi piaceva più vedere l’aiuola di casa con il bel cedro e la mimosa .

Sono morti entrambi e anche se si deve sempre pensare che in fondo si trattava solo di piante mi è restata dentro una tristezza sottile.

Per trovare una foto nuova che mi piacesse ho fatto tante prove , fiori , piante , panorami , mare poi alla fine ho trovato la foto giusta e non ho realizzato subito ( dottor Freud aiutami tu ) che era come un messaggio in bottiglia.

La foto l’avevo fatta al ritorno da uno dei miei viaggi musicali , sicuramente da Monaco che resta comunque il mio unico ub di riferimento e oltre l’ala dell’aereo che  sta atterrando sulla pista dell’aeroporto di Falconara di vede distintamente il monte Conero con il suo caratteristico profilo di balena e davanti adagiata sui colli Ancona con casa mia abbastanza visibile tra i puntini bianchi delle case lontane.

Per tanti motivi : l’età e la salute ho ridotto moltissimo i miei viaggi ma evidentemente l’inconscio vorrebbe ancora volare , la foto scelta oltre a essere bella racconta molto di quello che magari non dico ma che sicuramente penso.

Parafrasando un libro che andava di moda qualche anno fa la potrei intitolare : Voglia di volare .

L’odio

Diciotto anni fa un film ci aveva già raccontato quello che stava covando la Francia di quei Diritti sui quali noi europei avevamo basato perlomeno per due secoli i nostri comportamenti civili.

La Haine , questo era il titolo originale del film aveva già pesantemente descritto  quello che bolliva nelle banlieue, quelle periferie ghetto in cui erano stati ammassati come in riserve indiane i francesi delle ex colonie , in generale i magrebini i quali avevano inorgoglito la grandeur sportiva dei Bleus … mi ricordo un mondiale di calcio in cui correvano agili e veloci i francesi dalla pelle scura esaltando orgogliosamente le masse .

Oggi la Francia brucia , ma è un fuoco che già covava dentro da anni ,ogni tanto ne coglievamo i preoccupanti segnali ed è stata una escalation di violenza e di prevaricazioni che ha portato la civilissima terra d’Oltralpe in una tragica situazione che assomiglia davvero a una guerra civile .

Ma non mi preoccupa tanto l’ondata di violenza di quei minorenni che incendiano e distruggono con furore i simboli del paese civile quando il   sorgere simmetricamente le bande di estrema destra  che porteranno  , quelle davvero , ad un rigurgito di stampo fascista perché di questo realisticamente si tratta.

Lo avevano capito gli artisti : ho cominciato questa mia piccola riflessione con la citazione di un film , ma non è stato il solo , ce ne sono stati altri e tanti libri e tanti intellettuali avevano segnalato la pericolosità di questa terribile spaccatura che si sarebbe verificata nel paese.

Un segnale davvero preoccupante è leggere che la colletta di fondi per la difesa del poliziotto omicida supera ben cinque volte quella che è stata fatta per l’aiuto alla famiglia del ragazzo ucciso.

Ma se la Francia piange non è che in Italia le cose vadano meglio .

Si dice che non abbiamo la stessa drammatica situazione , mi permetto di aggiungere : per ora……

Applausi e peluches

Non so quando fu la prima volta , se fu un gesto spontaneo o se 

non sapendo più pregare o cantare coloro che assistevano al funerale all’uscita della bara dalla chiesa batterono le mani , come fosse una festa.

Ormai è diventato un rito diffuso e orribile , più la morte è stata tragica , più si ricorre a questo estremo saluto ingiustificato : le vittime di femminicidi , i bambini uccisi dalle macchine in corsa , i morti per caso .

Peggio ancora è il pellegrinaggio di passanti con fiori sul luogo del crimine , del delitto o della morte accidentale .

Credo che tutto sia cominciato con la morte di Lady Diana quando il tappeto di fiori cominciando dai cancelli di Buckingham Palace invase tutti i viali circostanti.

Da allora non c’è tragico evento che non porti  i devoti o non , con fiori e  disegni a tappezzare i marciapiedi del dolore .

In mezzo a tanta inutile dimostrazione di pietà ad uso dei fotografi e delle tv ci sono i più ridicoli e demenziali omaggi : i peluches.

Mi sono spesso domandata se li avevano in casa e per non buttarli nella spazzatura  i dolenti per caso li riciclavano sul marciapiede o se , preda al momento emotivo di partecipazione non andassero addirittura a comprarli.

E’ un atteggiamento collettivo che non riesco a condannare perché di sicuro la componente pagana nasconde una vicinanza al lutto che però diventa sempre più spesso una ostentazione povera di 

quel senso del sacro che dovrebbe trovarsi più giustamente nel silenzio e nella preghiera.

Ovviamente alla fine del rito non mancano i palloncini che volano in cielo , pericolosissimi perché poi ì pesci  se li mangiano e muoiono soffocati dalla plastica , ma questa fu una delle tanti petizioni contro l’inquinamento che lascò il tempo che trovava.

Mi aspetto commenti scandalizzati , contumelie e accuse di mancanza di sensibilità.

Mi meraviglierei se non arrivassero.

Werther a Waterloo

Memore di una meravigliosa messinscena del Wether di Massenet a Parigi nel lontano 2010 avevo deciso di non andare a Londra perché ero convinta che i miracoli non si ripetono.

Qualche dubbio sull’età matura di Kaufmann anche se avevo pensato a una chiave di lettura più goethiana , cioè più vicino alle tristezze dell’autore invecchiato del bestseller , il tenore è uomo colto e poi fidavo della sua capacità di entrare nel personaggio come quasi nessuno sa fare , infatti ne avevo addirittura scritto  un ipotetico  pezzo su questa chiave di lettura dello spettacolo.

 Quando mi sono resa conto che addirittura si trattava della stessa messinscena , con gli stessi costumi ,ho cominciato ad avere qualche dubbio in più.

Poi ci si è messa l’aria di Londra  ( che non fa sempre bene alle corde vocali ) , qualche critica malevola , ma si sa che i critici sono spesso dei musicisti falliti , una replica nella quale non si aggancia la camera di Werther sul palcoscenico e il poveretto è costretto a morire sulla porta della casa di Charlotte , per fare desistere il povero Jonas che cantava con fatica e gettare le armi , arrendendosi a quella che in termini eleganti si chiama sfortuna.

Mi dispiace per tutte le persone che erano andate a Londra per sentire il loro beniamino ( io ero andata pure a NewYork per sentirlo nel ruolo!) ma ho nel mio carnet tutta una lista di appuntamenti mancati e Londra è una delle sedi più gettonate per le delusioni.

Ricordo a memoria una Carmen con sostituto modesto e soprattutto una tragica spedizione al Barbican  con il momento drammatico di avere appreso nel cuore della notte della defezione causata dal solito  cold.

Nessun dubbio sulla capacità di ripresa del Nostro , anche se comincio a guardare con una certa preoccupazione il mio biglietto per la Liederabend di Monaco.

Tutti i cantanti ( soprattutto quelli bravi ) sono fragili , si ha sempre un brivido qualche attimo primo dell’alzarsi del sipario per la visione terribile dell’uomo in  grigio che viene ad annunciare la ferale novella , è capitato tante volte , forse fa parte del fascino delle stelle.

Il mito della pizza

Mette allegria la scoperta di un affresco pompeiano: incredibile e perfetta si riconosce l’antenata della odierna pizza sull’elegante vassoio , col calice di vino , il melograno e la frutta secca.

A volere essere pignoli per essere una pizza gli mancano la mozzarella e i pomodori  solo perché  che duemila anni fa non erano ancora stati importati nel bel paese.

Ma la forma inequivocabile della focaccia rotonda con i bordi rialzati è una bella pizza , magari condita con elementi strani per i gusti di oggi anche se mi è successo a Monaco di Baviera , convinta che si trattasse di una pizza con le patate  ( che mi piace moltissimo ) al primo morso mi sono accorta che si trattava di una pizza all’ananas!

Devo dire che discretamente e senza farmi accorgere l’ho buttata in elegante contenitore per spazzatura , non volevo offendere il pizzaiolo bavarese.

Tornando a Pompei penso che doveva essere un signore allegro quell’anfitrione che aveva commissionato l’affresco ,sicuramente gli piaceva mangiare e ricevere ospiti fino a richiedere all’ignoto pittore la descrizione delle delizie della sua tavola.

A conferma che si trattava davvero dell’antenata della pizza a Pompei hanno anche trovato dei forni in tutto molto simili a quelli che ancora oggi servono per sfornare il cibo napoletano che si è diffuso in tutto il mondo.

C’è tutta una letteratura sul mitico piatto povero , ci sono pizzerie  ovunque e fra tante storie intorno a questo cibo semplice e meraviglioso mi piace ricordare uno dei tanti modi tutti partenopei che si usavano una volta : la pizza a otto: la mangi oggi e la paghi tra otto giorni….la miseria e la fantasia intrecciate tra i vicoli di Napoli.

Transgender

Ammetto di non sapere niente dei drammi e delle difficoltà di vita di chi non è nato o nata in quella che chiamiamo la parte giusta né mi ero mai posto il problema se non pensando che dal punto di vista delle libertà individuali ho grande rispetto per le scelte di tutti , ma un film particolare che mi è capitato di vedere in un afoso pomeriggio alla ricerca di qualcosa di interessante nella rete estiva quando si vedono quasi esclusivamente repliche di tutti i programmi mi ha permesso di entrare in un mondo sconosciuto attraverso un film bellissimo che invito tutti a vedere .

Il film  non è recentissimo , premio Oscar al miglior film straniero qualche anno fa , è di un regista cileno :Sebastian Leilo e si intitola Una donna fantastica.

Sembra all’inizio una banale storia d’amore , poi un malore che si trasforma in  tragedia ci fa lentamente scoprire che i protagonisti della storia non erano quello che sembravano e lentamente e quasi con stupore ci accorgiamo che la donna del titolo è una persona particolare ( una sconcertata ex moglie del morto la definisce una chimera ) e si entra in un mondo in cui crudelmente scattano tutti i pregiudizi sociali nei confronti di chi è o non è quello che sembra.

Non sapendo niente del film anche io ho vissuto la storia con lo strano disagio che mi provocava quel personaggio normalissimo e tanto diverso , esplicativa è l’inquadratura in cui  si guarda allo specchio le parti intime e noi vediamo solo il solo il volto di una persona , quella che lei è.

L’interprete ha un nome femminile , ma è un transgender lei stessa , solo facendo delle ricerche poi ho capito perché mi domandassi anche io il perché di questa figura sospesa che pur nella sua normalità non riuscivo ad inquadrare correttamente.

Il regista racconta una storia semplice che si potrebbe anche definire la ricerca della elaborazione di un lutto , ma è molto di più : una strana finestra che mi si è aperta su un mondo che credevo mi fosse indifferente , certe volte anche il cinema ci può aiutare a capire la vita .

Corsi e ricorsi

Come andrà a finire questo “non colpo di stato” in Russia non lo sappiamo , sappiamo però che non è una novità una bella congiura  al Kremlino , non è una storia inedita e straordinaria.

Amante come sono del melodramma , ovviamente anche di quelli storici di Mussorski , mi pare di sapere già tutto . 

Basta sfogliare i libretti :dalla Kovanchina al Boris Gudonov è sempre stato un congiurare e un tiranneggiare con largo uso di veleni e tradimenti incrociati.

Quel grande immenso paese sembra destinato a rinnovare continuamente la sua storia ed è in fondo un mistero che le grandi menti che hanno generato i capolavori classici che tutto il mondo ha amato non siano state capaci di correggere il senso tragico della Storia che inesorabile ripete i suoi errori.

C’è come una tragica frattura tra la grande letteratura russa e l’immenso popolo sperso nel grande paese .

I tiranni si sono alternati ai tiranni , le congiure alle congiure , i dissidenti sempre imprigionati , avvelenati , persi nella Siberia .

Mi domando se sia proprio impossibile seminare uno straccio di democrazia , magari modesta e corrotta da quelle parti.

Ogni tanto un pezzettino dell’impero si ribella : ci ha provato la Georgia , poi l’Ukraina e qualche lontana landa asiatica , ma la grande Russia con tutti gli annessi ancora resiste .

Eppure i ragazzi di Mosca sono vestiti come i ragazzi di Berlino , i media ci sono , i social magari soffocati resistono.

Cosa manca per fare un vero salto nel mondo occidentale?

Forse , mentre stavo scrivendo mi è balenata una strana idea in testa .

Che sia la grande anima russa che ancora ha il sopravvento sul nostro peraltro poco invidiabile mondo democratico?

In silenzio

Amo il mio nome da quando il destino mi ha portato sulle rive dell’Adriatico , certamente non fu pensando a questo mare che mi fu dato ma lo scoprii quando lo individuai nel suono che lo ricorda e soprattutto quando giovanissima in Croazia mi accorsi che lo stesso mare che qua di fronte si chiama Jadran  e generava lo stesso nome di donna : Jadranka.

Anche in Romania Adrian e Adriana sono nomi diffusi , lo ritrovo quasi dappertutto nei Balcani ma da qualche giorno ho nel cuore una visione : quel barcone affondato davanti a Pilos , in fondo al Peloponneso si chiamava Adriana e mi stringe il cuore pensare a quella bara in fondo al bellissimo mare greco piena di creature che niente di più avevano chiesto alla vita che un futuro dignitoso per sé e per i propri figli e per i quali affidandosi ad una barca stracarica erano partiti sicuramente con il cuore stretto ma con la speranza di un ipotetico e vago avvenire migliore .

Laggiù in fondo giace Adriana , forse non si saprà mai dove e chi le dette quel nome , ma il destino le ha riservato il ruolo tragico di essere l’ultimo sacro luogo per quei seicento ( ma chi sa quanti erano veramente ) che in lei sono rinchiusi.

Fluttueranno  i capelli di quei bambini mossi dalle acque profonde ?

Agiteranno le braccia quelle madri che li stringevano al petto?

Era calmo quel giorno il mare , liscio e sicuro , ma erano arrivati allo stremo da giorni senz’’acqua da bere , sotto il sole cocente .

L’idea folle di un traino , non si dice “corda” ( in barca le corde non ci sono!) si trattò di una cima sicuramente , ma sicuramente fu errore maldestro di una guardia costiera greca che non valutò il rischio di una operazione demenziale.

D’altra parte i greci sanno navigare da isola a  isola , il mare lo conoscono ma non sono certamente i più capaci soccorritori utili in certe imprese .

La colpa è tanto diffusa da risultare impossibile da trovare , intanto l’Adriana laggiù nel fondo dell’azzurro mare tanto amato culla nel silenzio profondo le vittime di un mondo  ipertecnologizato che  non sa rispondere ai poveri della terra che chiedono asilo per continuare a vivere. 

Il giorno dopo

Ieri prima prova dell’esame di maturità , oggi le interviste ai ragazzi all’uscita delle scuole : risposta unanime : Quasimodo non lo avevamo neanche fatto.

In questa ingenua risposta , neanche tanto scandalosa sta tutto il fallimento di una scuola nozionistica , arretrata e assolutamente non all’altezza dei tempi in cui si dovrebbe valutare il grado di maturità dei giovani all’indomani della loro scelta successiva di vita .

Non lo avevamo fatto ! come se neanche fosse mai entrato nelle loro teste un verso addirittura abusato …ed è subito sera ..o se non avessero studiato , magari alle medie ..e come potevamo noi cantare 

Sono versi più che noti , abusati , e il fatto che il non avere “fatto” Quasimodo oltre che un fallimento scolastico è la riprova che la nostra scuola non forma cittadini e , salvo rare eccezioni che comunque ci sono sempre , non consente alle giovani menti di spaziare libere nel mondo della conoscenza.

Il tema storico , si doveva affrontare Cavour , ma quest’anno non lo abbiamo fatto! Ecco di nuovo questo indice di sapere misurato con un metro inutile ,non certamente formativo per una conoscenza di cittadini maturi.

Pare che i  temi siano affidati ad un algoritmo , unico segno di modernità ministeriale: cervelli all’ammasso  direbbe mia madre vecchia maestra d’un tempo.

Lontani dalla politica , spersi nelle loro adolescenziali angosce , quelle davvero ci sono sempre state , oggi i giovani davanti alla prima banale prova di vita dimostrano ,non il loro fallimento , ma quello di un sistema formativo incapace di consegnare le giovani menti ad un grado di maturità necessario per dare loro gli strumenti necessari per affrontare il mondo reale che li circonda.

E’ la solita storia del pastore …ma anche questo è arabo per i giovani , ogni anno si ripete un rito inutile , coraggio ragazzi .

Oggi avrete la seconda prova , andrà più o meno bene , ma sarà ininfluente ai fini di valutare davvero il vostro grado di maturità.

Proposta minima : cominciamo a cambiargli il nome a questo esame superfluo , chiamiamolo test del cittadino .

Magari cominciando dai fondamentali si potrebbe arrivare a sondare davvero la capacità di verificare la minima conoscenza del mondo che andranno ad affrontare.