Lo chiamavano Gesù

Palestinese della Galilea, ebreo,  povero figlio di un falegname , questo era il giovane uomo ribelle al potere costituito che finì la sua vita tragicamente , condannato alla morte di croce , la morte dei malfattori.

La sua fine non molto  diversa da quella dello schiavo romano Spartacus che finì anche lui crocifisso insieme ai suoi sodali e si racconta che la fila di croci arrivasse da Roma fino a Capua.

Ma dopo la morte di Jeushua , in italiano Gesù , i suoi seguaci non morirono e circa cinquanta anni dopo la sua morte cominciarono a scrivere le cronache di quella vita straordinaria e del messaggio rivoluzionario che quell’uomo aveva lasciato dietro di sé.

Cominciò Matteo  e poi seguirono , una ventina di anni dopo anche Luca e Marco ,che scrisse probabilmente sotto influenza di Pietro.

Passati cento anni ne scrisse Giovanni dall’isola di Patmos dove si era rifugiato e scrisse anche uno strano libro esoterico intitolato l’Apocalisse.

In verità ne scrissero anche molti altri ma quella  nel frattempo era diventata una nuova religione , soprattutto grazie ad un certo Saulo ( o Paolo di Tarso ) che aveva fissato attraverso delle lettere piene di un forte messaggio quelle che oggi possiamo definire le linee guida di un grande pensiero : il  Cristianesimo.

Questi sono i libri che oggi chiamiamo canonici , i prime tre sinottici e il quarto , quello più astratto nei contenuti che si chiamò gnostico.

Tutti presero il nome di Vangeli , annuncio o anche buona novella .

Messi alla fine della Bibbia ne costituirono un corpo unico che così arrivò alla cifra complessiva di settantacinque libri: vecchio e nuovo Testamento.

Questa è una tesina da catechista e l’ho scritta apposta per fare capire quanto semplice possa essere la nostra fede perduta.

Perché il vero messaggio è nella nostra ricerca del sovrannaturale , nella paura della morte che non riusciamo a concepire con il nostro pensiero umano e allora cerchiamo attraverso la Resurrezione il vero passaggio ( in ebraico si chiame Pesah) ,quel misterioso evento che conforta le nostre menti deboli.

Si chiama Fede e come insegnavo ai ragazzi del catechismo non è un pensiero che abbiamo conquistato ,ma una ricerca che ogni giorno rinnoviamo nella speranza di una luce che qualche volta vediamo e più spesso cerchiamo invano nei nostri giorni terreni.

L’importanza delle masse

Esce nelle sale cinematografiche un film che racconta la figura di Enrico Berlinguer negli ultimi giorni della sua vita.

Lo straordinario protagonista Elio Germano in una bella intervista , nella quale umilmente non accetta complimenti solo per il suo ruolo  fa notare all’intervistatore che l’allora segretario del Partito comunista italiano era circondato da tutta una squadra di compagni preparati e consapevoli del ruolo di dirigenza che svolgevano all’interno di un grande partito popolare .

Ma soprattutto ci tiene a dire che c’era un terzo protagonista : la massa popolare che si mobilitava quando la società chiedeva l’impegno di quei protagonisti e che accorrevano al voto , agli scioperi ed in ogni momento di grande mobilitazione , anche quando lo Stato veniva offeso nelle sue trame terroristiche .

Le masse popolari erano la forza di un paese giovane e questo faceva la differenza in anni in cui il terrorismo si affacciava minacciosamente a indebolire la libertà appena conquistata da una democrazia che si riconosceva per la prima volta in un dettato costituzionale importante .

Oggi non è più così , serpeggia in Europa e non solo, il seme perverso del suprematismo che prende forme diverse ma che ha in sé il pericolo che generarono il fascismo in Italia e poi  il nazionalsocialismo in Germania e il franchismo in Spagna.

Credevamo di essercene liberati e invece in forme diverse ma ugualmente pericolose queste destre si riappropriano del potere in paesi magari lontani fra di loro ,ma che hanno in comune alcune avvisaglie analoghe .

Si può cominciare banalmente dal rifiuto dei vaccini , dal minimizzare o non credere al cambiamento climatico ,si vogliono ristabilire valori religiosi che poi in realtà non trovano riscontro nelle società mature e ampliamente laicizzate che esprimono una lontananza siderale dai segni oscurantisti che queste forze rappresentano.

Non si va più a votare , un senso di stanchezza spegne le speranze di chi aveva bene in mente una scala di valori che è andata persa in tempo.

I segni ci sono tutti , quando si risveglierà , se mai si risveglierà e attraverso quali forme potrà riemergere il senso che portò le masse popolari a riscattare la vera libertà che in Europa stiamo perdendo ?

Autunnale

L’autunno si illumina di arancio , ancora sugli alberi nelle vecchie strade di campagna  si vedono i coloratissimi frutti : i cachi.

Nella mia testa però quei frutti che amo si chiamano in un altro modo , in Toscana quando ero bambina li chiamavo con un misterioso nome : diosperi.

C’è poi un altro nome poetico per lo stesso frutto e in  questi giorni mi gira per la testa una poesia di Franco Scataglini  e sono andata a ricercarla nel mio piccolo settore poesia , dietro le mie spalle , sullo scaffale in alto.

Ne volevo parlare e mi sono messa a fare la ricerca , giorni di festa vuoti e così ho scoperto l’arcano del misterioso nome toscano :

è il nome scientifico di un  albero che da anche il nome al frutto : albero originario del Giappone . Diospyros kaki , ecco trovata la chiave del mistero!

La raffinatezza linguistica toscana recupera il nome scientifico e in qualche modo richiama esoticamente anche il nome dialettale marchigiano della poesia : frutti loti.

Cachi , diosperi , loti  : tre modi per raccontare un frutto dolcissimo e antico che la mamma ci comprava nel breve periodo autunnale in cui comparivano anche nelle ceste fuori dalla bottega dell’ortolano . Diceva che facevano bene perché contenevano le vitamine come tutti i frutti arancioni e aveva ragione , anche se a quei tempi non si era così informati parossisticamente dei valori nutrizionali dei cibi.

Ed ecco la dolce poesia in antico vernacolo anconetano che prende il titolo da un sonetto di Jacopo da Lentini;

E per un frutto piace tutto un orto

La pazienza de i orti

Dietro a le reti lasche.

Arbori e ciafi morti:

cassette, pelli, fiasche.

Però ‘na luce splende

In quei grovigli imoti:

sopra’n ramo s’acende,

rotondi , i frutti loti.

Ancora tu Jonas

Credo che questo grand tour pucciniano di Jonas Kaufmann sia stato un successo ben meritato e ci sono state eroiche amiche che ne hanno voluto seguire anche quattro o cinque tappe.

Inizialmente anche io avevo pensato di farci una serata ma quando poi scoprii che l’unica data comoda per me era Monaco e a Monaco non c’era la mia amata Maria ho desistito.

Certo che in compagnia della soprano italiana con la quale Kaufmann aveva già diviso più volte il palcoscenico , (ammazzandola sempre in scena!, ) hanno avuto un valore aggiunto : il valore di una vecchia amicizia e stima professionale che va aldilà delle stesse note , ripetute per tante sere fino al punto che una sera ( lo riferisce una amica fedele ) anche a Jonas sia scappato un Viva Puccini! che forse avrebbe valso quanto tutto un viaggio.

Maria è leggera leggera ed è volata spesso in alto tra le braccia del tenore facendomi sorridere di tenerezza.

In privato mi aveva scritto : ero convinta di vederti a Vienna… 

Non ce l’ho fatta , per me Vienna è complicata per arrivarci e mi sono riservata un solo viaggio con il cambio a Monaco . 

Ci sarò , almeno lo spero , in gennaio , quando una ennesima volta 

Nedda cadrà pugnalata da Canio , spero solo che non sarà l’ultima

volta in cui si riformerà la coppia.

Del Cd che ha dato origine al giro però io ho amato soprattutto il brano del Tabarro perché la particina del marinaio Luigi non è da protagonista ma l’arte dei due interpreti , in questo caso con Armin Grigorian , ne fanno un cult in mezzo a tante altre pregevoli arie.

Quello che ancora mi colpisce è l’immutato fascino del tenore che in anni lontani ci fece impazzire per la voce , l’arte e la bellezza; oggi che forse di arte ne ha anche di più per fortuna ci resta la documentazione di tutto il resto . Guardare per credere :La fanciulla del West di Vienna del 2014 , quando ridendo disse che nessun altro tenore sarebbe stato capace di entrare a nascondersi in un armadio così piccolo!

Io che c’ero , però vedevo che ogni tanto apriva uno spiraglio nella porta perché rischiava di soffocare.

Filosofia della nostalgia

Una buona metà dei paesi che ho visitato nella mia lunga vita non si possono più visitare :  ci sono le guerre , i pericoli o addirittura la distruzione di importanti monumenti per i quali avevo fatto il viaggio.

Un esempio per tutti : la grande ruota di Homs in Syria e adesso leggo il rischio che corrono le splendide rovine di Baalbek in Libano.

Anche in Libia si andava solitari e felici , si dormiva nelle tende nel Sahara e ci succedevano anche tante avventure alle quali andavamo incontro consapevoli che non tutti gli accompagnatori erano fidati e serenamente si dormiva in alloggi precari.

L’altra metà , quella che ancora per fortuna si può visitare  i visitatori la vedono mischiati alla folla dei turisti che invadono vecchie rovine e monumenti famosi e francamente non so quale delle due calamità sia la peggiore.

Leggo di un amico che rimpiange la sua lontana visita a Istambul , anche io entrai nella meravigliosa piscina sotteranea vicino al Gran Bazar grati a un ragazzino che ci faceva lume con una specie di torcia artigianale o quando si poteva entrare a Santa Sofia che era ancora una chiesa , poi tornandoci , la trovai moschea e adesso so che non è niente di tutto questo , solo un museo da visitare mettendosi in fila alle entrate.

La scorsa estate ho visto una bella mostra a Monaco alla Lambach haus dal titolo suggestivo : la Istambul di Pamuk. Vedevo gli occhi disinteressati di mia nipote , una ragazza attenta e colta ,ma ho fatto fatica a spiegarle che quegli oggetti , quelle foto ingiallite , quell’atmosfera medio orientale erano un chiaro messaggio per me che non solo avevo letto tutto Pamuk , ma che avevo vissuto quelle atmosfere come quando volli andare a cena al Pera Palace , ormai vecchissimo negli arredi ma che mi rappresentava un’epoca di libri e incontri che avevano avuto luogo in quelle sale.

Ormai ho fatto il mio “ giro della prigione “ e ne sono contenta , il mio mondo è scomparso , forse sono scomparsi anche i valori che conteneva , non è colpa del nuovo turista al quale va tutta la mia simpatia ma quello screenscht della mia memoria non lo potrà mai rivedere , le mie atmosfere se ne sono andate con me.

Anniversario

Sono passati cinquanta anni , ma Pier Paolo Pasolini è ancora più vivo che mai nella memoria di chi lo aveva amato nei suoi scritti , nelle sue poesie , nei suoi film.

Ricordo quella mattina di novembre quando la radio trasmise la notizia , sembrava incredibile e ad un tempo  assurdamente tanto realistica da non sembrare vera .

Era la fine di un suo film : quando cominciammo a vedere le foto del corpo straziato del poeta nel fango , tra le baracche di quel luogo disadorno ci sembrava davvero che fosse la scena di un set .

Il mistero che circondò la verità sulla sua fine , chi furono i mandanti veri , chi volle chiudere la bocca di quel grande intellettuale che gridava forte dalle pagine del Corriere della sera “IO SO” .

Era una voce troppo scomoda e quel terribile vaticinio che accompagnò la sua ultima intervista suona ancora valido nelle nostre orecchie.

Lo ha commemorato con un grande affresco sulla Tv7 Aldo Cazzullo , un vero servizio pubblico fatto da una televisione privata ci dice quanto siamo messi male politicamente .

Il suo ultimo libro incompiuto , Petrolio , è forse la chiave che ispira maggiore sgomento e le pagine mancanti . scomparse nel nulla, urlano più di tutto quello che il poeta aveva raccolto nel tempo per quella ricerca sul male nero del nostro paese che bene si intonava al titolo viscido che aveva voluto dare ai suoi appunti.

Una persona che fu a me molto cara e che aveva militato nelle fila della Brigata partigiana Osoppo Friuli mi aveva raccontato la tragica storia della malga Porzus , la stessa brigata nella quale combatté e morì il fratello più giovane di PPP, ;  erano partigiani giovani , ragazzi liceali e credevano in un futuro che ancora oggi stentiamo a vedere nel nostro paese attraversato com’è da strani rigurgiti nostalgici.

Per quanto mi riguarda , nella mia piccola fetta di memoria , il compito di ricordare fino a ché avrò voce quello che ancora non è il nostro paese : una vera democrazia compiuta.

Neve

Forse il mio sogno più bello è sciare in un luminoso mattino e scendere giù dal rifugio della Tofana : mi sistemo le racchette , premo sugli attacchi e parto felice .

Conosco tutte le curve  del percorso , non sono mai stata una spericolata ma la sensazione di libertà , la gioia dello scricchiolio della neve sfiorata dagli sci , ecco forse questo è il momento più bello dei mei ricordi felici.

Quando ho saputo della morte della bella giovane discesista caduta tragicamente in Val Senales mi si è chiuso il cuore , penso che tutti avevamo sperato che ce la facesse e poi ho anche pensato che fra tutte le morti crudeli che colpiscono i giovani in questi giorni infausti a lei il destino ha serbato una morte meno atroce , una morte di quelle che una volta erano riservate ai beniamini degli dei .

Non ho mai affrontato la velocità , anzi la mia conquista era stata quella di sciare bene , anche su piste difficili , sapendo contenere il controllo del mio mezzo, ce la facevo a scendere dallo schuss , curva su curva e solo alla fine mi liberavo di slancio , ce l’avevo fatta!

La giovanissima discesista si allenava , stava per cominciare la stagione agonistica e penso alla sua felicità di ricominciare a scendere con vento in faccia con  la gioia di essere tornata nel suo mondo agonistico.

La montagna che regala tante gioie a chi la ama può essere anche tanto crudele con i suoi appassionati , il rischio qualche volta scelto per passione può essere anche tanto pericoloso , ma  io quando sogno di essere felice sogno ancora di fare una bella sciata in neve fresca.

So che la sorella della sfortunata discesista seguiterà a correre anche per lei e sono sicura  che il suo spirito la accompagnerà fedelmente . 

Tutti gabbati

Mi fanno ridere quelli che non vanno sui social per non essere spiati e poi vanno a fare una corsetta al parco col misuratore dei passi o una gita in bicicletta con l’attrezzo che indica il tempo trascorso in sella e con questi semplici strumenti sono praticamente nudi davanti a chi vuole scoprire i vizi e le virtù di ogni vita .

Quando leggo elenchi pazzeschi di persone spiate nei loro conti in banca e nelle loro faccende private penso chi ci sia anche qualche Vip dispiaciuto per non essere abbastanza importante da essere spiato. 

Personalmente penso al vecchio proverbio “male non fare , paura non avere” , resta però la sensazione sgradevole che nessuno è ormai libero neppure in casa sua.

Infatti recentemente mi è successa una cosa ridicola e ne ho parlato sul mio blog perché anche la libertà di espressione è controllata per cui mi hanno cancellato un post semplicemente perché il censore Fb ha letto una parola che evidentemente sta in una lista nera .

La cosa assurda è che invece in rete il mio post è restato tranquillo nello spazio di mia proprietà , quello per cui pago il mio diritto a pubblicare.

Mi raccontava un elegante signore a Milano che non riusciva a completare una parola considerata pericolosa in un suo privatissimo whatsup . 

Viene voglia di sorridere davanti a tanta imbecillità manifesta , ma è un riso amaro perché piano piano il grande fratello si sta allargando sulle nostre teste e ben sappiamo che le menti deboli , quelle per intenderci che erano già influenzate dalla rete televisiva privata , quella che la mia sarta a Cortina teneva accesa tutto il giorno , che di fatto  permise la conquista del berlusconismo in tempi ormai lontani. 

Brogli elettorali all’ordine del giorno , faticano a esprimere il pensiero le piccole nazioni satelliti della ex URSS , in tempo di elezioni si dubita di tutto , ogni risultato potrebbe essere manipolato .Forse la democrazia potrà essere salvata solo attraverso una forte coscienza culturalmente avanzata .

E‘ l’unica speranza che ci resta.

Allestimenti idioti

C’è un limite a tutto e nonostante ogni sforzo di alla ricerca disperata di un  perché non sono riuscita a capire la ragione di fondo che ha spinto due disgraziati registi a massacrare il Don Carlo come sono riusciti a Vienna e ben due volte di seguito.

Si diceva “ repetita iuvant “ , in questo caso mi pare che la ripetizione di un delitto non giovi affatto alla riuscita dell’operazione.

Premesso che amo moltissimo il Don Carlo o Don Carlos alla francese , li amo tutt’e due , soprattutto nella versione completa in cinque atti sennò mi manca sempre Fontainebleau.

Ma la visione del recente Don Carlo , versione italiana in quattro atti messa in scena a Vienna è talmente demenziale che non sono riuscita ad andare oltre la metà del secondo atto.

L’idea balzana , per non dire cretina , di mettere in scena tutto in laboratorio di costumi ,o forse si trattava di un laboratorio scientifico nel quale riesumare preziosi reperti da maneggiare con i guanti ?

non ha un senso al mondo e costringe i cantanti , che magari poverini sono anche bravi , a cantare con i manichini accanto .

Loro vestiti miseramente in abiti odierni e i pupazzi dietro e magari nella mente malata del regista ( russo ) ancora alberga la folle idea che mettere i doppi in scena sia qualcosa di originale?

Forse non basta che l’operazione abbia poco successo di pubblico , penso sia ora passata che anche i cantanti , molti sono all’apice della carriera si rifiutino categoricamente di essere messi in berlina in queste situazioni .

Non mi pare che basti dire : mi pagano e mi accontento del cachet .

Mi sembra che ne vada anche della loro dignità professionale.

Va pensiero

Piccola stagione lirica di Ancona , con lieve progresso perlomeno del calendario : non si è inaugurata  quando si va ancora al mare e il secondo titolo sarà addirittura a dicembre  . Piccolo passo avanti con il solito miracolo di Vincenzo De Vivo che fa la moltiplicazione dei pani con i pochissimi soldi a disposizione.

Nabucco ,e devo confessare a mio disdoro che non sono appassionata del primo Verdi  , ma mi spiegano ogni volta che dovrei sentirlo diretto ..e qui la sfilza dei grandi nomi del passato che non mi cambiano il convincimento che Va pensiero a parte non riesco ad emozionarmi , ci sento sempre dentro il lambrusco  ,ma è colpa mia.

Fatta la premessa che mi attira gli strali verdiani devo dire che è stato un Nabucco interessante , direi fuori dai canoni attuali “ poveri ebrei con i  cappottoni”.

All’inizio ho pensato alle figurine Liebig , una stilizzazione antica e al contempo estremamente moderna  : un colloquio con il regista , Mariano Baudoin ,simpaticissimo napoletano mi ha confermato quello che avevo percepito : ha realizzato lo spettacolo come una specie di oratorio  o meglio come una sacra rappresentazione paesana .

Quindi stacchi precisi sulle scene , una certa aria da statue di cera di paese e si si entra nel mood ci si diverte  anche molto.

Ottime voci , per lo più giovani e mi piace citarli tutti a cominciare dal Nabucco di Ernesto Petti , lo Zaccaria maestoso di Nicola Ulivieri e lo squillante Ismaele di Alessandro Scotto Di Nuzio .

Brave e sicure l’Abigaille di Rebeka Lokar e la Fenena di Irene Savigliano .

Ma devo dire davvero “ bene gli altri” perché il livello generale è stato davvero ottimo.

Quando ormai di fronte ad oscene regie pseudo intellettualistiche si completa il giro e si ritorna all’antico sicuro a mio avviso si fa un notevole passo avanti .

Va pensiero

Piccola stagione lirica di Ancona , con lieve progresso perlomeno del calendario : non si è inaugurata  quando si va ancora al mare e il secondo titolo sarà addirittura a dicembre  . Piccolo passo avanti con il solito miracolo di Vincenzo De Vivo che fa la moltiplicazione dei pani con i pochissimi soldi a disposizione.

Nabucco ,e devo confessare a mio disdoro che non sono appassionata del primo Verdi  , ma mi spiegano ogni volta che dovrei sentirlo diretto ..e qui la sfilza dei grandi nomi del passato che non mi cambiano il convincimento che Va pensiero a parte non riesco ad emozionarmi , ci sento sempre dentro il lambrusco  ,ma è colpa mia.

Fatta la premessa che mi attira gli strali verdiani devo dire che è stato un Nabucco interessante , direi fuori dai canoni attuali “ poveri ebrei con i  cappottoni”.

All’inizio ho pensato alle figurine Liebig , una stilizzazione antica e al contempo estremamente moderna  : un colloquio con il regista , Mariano Baudoin ,simpaticissimo napoletano mi ha confermato quello che avevo percepito : ha realizzato lo spettacolo come una specie di oratorio  o meglio come una sacra rappresentazione paesana .

Quindi stacchi precisi sulle scene , una certa aria da statue di cera di paese e si si entra nel mood ci si diverte  anche molto.

Ottime voci , per lo più giovani e mi piace citarli tutti a cominciare dal Nabucco di Ernesto Petti , lo Zaccaria maestoso di Nicola Ulivieri e lo squillante Ismaele di Alessandro Scotto Di Nuzio .

Brave e sicure l’Abigaille di Rebeka Lokar e la Fenena di Irene Savigliano .

Ma devo dire davvero “ bene gli altri” perché il livello generale è stato davvero ottimo.

Quando ormai di fronte ad oscene regie pseudo intellettualistiche si completa il giro e si ritorna all’antico sicuro a mio avviso si fa un notevole passo avanti .

Straussiana

Milano ha scoperto Petrenko , per la verità io lo conoscevo già e lo amavo per i tanti anni in cui ho potuto godere della sua arte quando era direttore a Monaco di Baviera e ieri sera sorridevo al pensiero ricordando i meravigliosi ascolti che mi ha regalato.

Invece per quanto riguarda il meraviglioso Rosekavalier io ci avevo messo un po’ a capirlo , ricordo il mio primo Kavaler e Venezia alla Fenice e non ci avevo capito nulla anche se ero rimasta folgorata dalla bellezza della musica.

Poi molti Cavalieri avevo inseguito nel mondo , riuscendo anche a vedere l’antico allestimento di Otto Schenk.

Questo che abbiamo visto a Milano era già un po’ triste al debutto a Salisburgo e lo è ancora  di più e forse anche un po’ precocemente datato.

Ma la magia musicale che sgorga dalle braccia incantate di Petrenko valeva comunque il viaggio.

Il magico testo di von Hofmannsthal già di per sé un capolavoro letterario trova una perfetta simbiosi nella musica , ci sono infatti delle frasi ormai entrate nel mio cuore :.. cerca la neve dell’anno passato, potrà cavalcare al mio fianco, non l’ho neppure baciato….

Sintesi di parole e musica di una perfezione sublime fino al mitico ja,ja finale che qualche volta è capitato a ciascuno di ripetere.

Petrenko cesella ogni pensiero , ogni intermittenza del cuore ed è un vero godimento vedere le sue mani alzarsi ad evocare i suoni.

Dei cantanti , alcuni già ascoltati nei rispettivi ruoli , ho amato più di tutti la Sophie di Sabine Devielhe , altissimo livello della Stoyanova , grande musicalmente anche se le è sempre mancato un po’ di allure e sempre più Barone Ochs Gunter Groissbock anche se gli anni , ahimè, passano per tutti.

Forse il meno convincente per me è la protagonista del titolo Kate Lindsey  . il suo Octavian perfetto fisicamente mi pare manchi di morbidezza nella voce e lo si coglie soprattutto nel sublime terzetto finale, quello che se non ricordo male , fu addirittura eseguito durante le esequie di Strauss.

Pensavo durante l’ascolto , spesso a occhi chiusi per cogliere meglio la bellezza del fraseggio musicale che l’opera forse non è neppure di facile allestimento , infatti per me resta inimitabile quella di Baden Baden del 2009 ( e non perché c’era un particolare cantante “italiano” molto caro al mio cuore ) ma perché quel cast e la qualità della direzione sono raramente eguagliabili.

Comunque è stata una bellissima serata scaligera , ho scambiato anche due parole con un mitico amico di web ( e non solo.)

Il Cavaliere della rosa mi ha regalato anche questo.