Dalla Siria

Sono paesi  bellissimi quelli del  medio Oriente dal quale ero attirata e che ho avuto la fortuna di visitare in tempi lontani.

L’albero di Natale che metto davanti alla vetrata in salotto appoggia su un vecchio kilim un po’ liso che comprai ad  Aleppo , era da restaurare perché un po’ mangiato forse dai topi e il venditore alzò una tenda per farmi vedere i bambini per terra , al lavoro  , che lo avrebbero restaurato.

Lo pagammo in anticipo e tre mesi dopo ci arrivò  in un pacchetto di tela di sacco che già di per sé sembrava un capolavoro.

Sopra c’era scritto “Gift” e dimostrò che la fiducia è sempre ben ripagata quando è ben riposta.

Ripercorro i nomi di quelle bellissime città siriane :Damasco Latakia ,Homs e mi ricordo quanto mi aveva colpito la civiltà e l’eleganza di quella gente antica.

Nella tristezza infinita che provoca la grande tragedia del terribile terremoto che non guarda i confini politici ma colpisce senza pietà ignorando i confini politici una notizia cattiva mi fa molto male.

Il dittatore siriano Baschar Al Assad non permette che arrivino gli aiuti nella zona curda controllata dai ribelli al suo regime e addirittura la figlia diciannovenne che vive placidamente e nel lusso a Londra posta sui suoi social l’invito a non mandare aiuti ai curdi ribelli.

La Natura meravigliosa e crudele al tempo stesso sta ricoprendo quasi con pudore con un candido manto di neve lo scempio provocato dalla furia della Terra , ma non basta a nascondere la crudeltà di certe orribili scelte politiche che un dittatore senza umana coscienza porta avanti nei confronti di quella povera minoranza che ha avuto il torto di nascere nella parte sbagliata di quel paese antichissimo.

Ancora un Abschied

Non ho cambiato canale ieri sera , un pò per pigrizia e molto perché non volevo vedere altre immagini della terribile tragedia che ha colpito quella parte della Siria a cavallo con la Turchia.

Avevo come quasi ogni sera ascoltato i miei due amici dell’Almanacco e senza alzare gli occhi ho riconosciuto la “voce”” inconfondibile di Kaufmann che aveva attaccato il primo Lied del Canto della terra .

Conosco quel video che immortalò una serata memorabile alla Philharmonie di Berlino , il centenario della morte di Gustav Mahler e benché amassi in modo differente l’esecuzione dei sei Lieder ( ho sempre trovato molto debole la parte cantata da Sophie Von Otter ) ma quando ho rivisto la faccia ispirata del mio adorato Claudio Abbado , all’epoca già sofferente di quel male che quattro anni dopo lo avrebbe portato via da tutti noi suoi fedeli seguaci , ho proseguito con emozione l’ascolto di una musica per me sublime.

Inutile dire di nuovo che secondo me sicuramente nacque in Kaufmann quella sera l’idea di un prezioso progetto che lo avrebbe portato qualche anno dopo a incidere da solo l’intera “quasi sinfonia “in una memorabile tournée di due sole tappe : Vienna e Parigi e all’incisione del prezioso Cd che ne era stato la motivazione.

Ho ascoltato in religioso silenzio i Berliner seguendo la magica bacchetta di Abbado e devo dire che all’ultimo ewig stavo piangendo.

Ho allora preso il mio Iphone dove preziosamente è caricato il Cd kaufmanniano e mi sono messa all’ascolto praticamente senza interruzione.

Salta all’orecchio ( non so se si può dire così) la differenza di suono tra i Wiener e i Berliner , laddove il suono si fa più morbido , cioè a Vienna , si incide più spigolosamente a Berlino .

Diversa bacchetta , ma è soprattutto il suono diverso dell’orchestra che mi ha colpito.

Ero presente a Parigi nella seconda e ultima tappa della prestigiosa tournée e per fortuna ne esiste anche una registrazione fatta da un grande ladro di capolavori e stamani ho completato il mio ricordo guardando l’Abschied cantato con voce maschile .

Peraltro facendo delle ricerche avevo anche scoperto che Bruno Walter riteneva la possibilità di voci maschili forse anche più compatibili con il testo poetico d’ispirazione. 

Nel video , talvolta traballante si vede però con quanta musicale intensità Kaufmann segua il percorso musicale : la sua testa si muove all’unisono con i suoni , nel finale lirico il miracolo dei sette ewig si ripete …e commuove.

Ho il Cd con una preziosa dedica personale , credo che se un giorno Jonas ripensasse al Canto della terra farei follie per risentirlo, ma la magia della mano sinistra di Abbado che vola alta sullo sfumato finale forse solo il divino Petrenko oggi sarebbe capace di riprodurla.

Butto la l’idea ..visto mai che qualcuno raccolga il suggerimento.

La sciabolata artica

Oggi , 5 febbraio , la metereologa di turno in tv annuncia con aria  drammatica l’arrivo della “ sciabolata artica” .

Tradotto banalmente, farà un po’ più freddo nei prossimi giorni , forse potrebbe anche vedersi volteggiare qualche fiocco di neve in pianura .

Non c’è bisogno di sfogliare gli annali , basta andare un po’ più indietro nelle foto del telefono e si potranno vedere suggestiva foto di neve anche dalle mie finestre , il mese di febbraio è fatto proprio così, ma da quando siamo inondati di previsioni e dati ad ogni ora c’è l’urgenza di drammatizzare anche i naturali eventi stagionali.

L’enfasi con cui si raccontano le notizie ha uno sgradevole risvolto perché nell’ansia di raccontare tutto con toni drammatici si finisce per appiattire le notizie davvero drammatiche raccontandole con la stessa enfasi delle notizie più banali.

Ha in sé qualcosa di assurdo il passaggio tra le notizie , devo dire che nell’informazione italiana , peraltro mediamente pregevole confrontata a quelle che ogni tanto mi capita di vedere , non ha la qualità spesso scadente di omologhi programmi d’oltralpe , ma sulle News siamo ancora drammaticamente imbattibili.

L’alto e il basso : il dramma e la commedia si mescolano con effetto straniante . il sublime lo si raggiunge quando , dopo le guerre e le stragi si passa al calcio : in quel caso i toni si fanno epici e cavallereschi , sulla retorica calcistica non ci batte nessuno.

Solo ci permettiamo qualche volo pindarico sul coté meteorologico.

Quando ripenso alle composte signorine “buonasera” della vecchia tv in bianco e nero ho l’ennesima conferma che è pericoloso vivere troppo a lungo.

All’ironia segue spesso lo sconforto , adesso becchiamoci la “sciabolata artica “ , passiamo poi alla politica nel mondo.

Il tocco magico di Michele Mariotti

Con grande successo ha  debuttato Aida all’Opera di Roma e le recensioni si soffermano  soprattutto sulla mirabile direzione di Michele Mariotti , una preziosa scoperta del lato intimistico del “grand opera” verdiano .

Ebbene io quella straordinaria capacità dell’illustre maestro pesarese l’avevo scoperta già qualche anno prima  ed esattamente quando a Parigi , in piena pandemia dirigendo col volto nascosto addirittura dalla mascherina mi aveva regalato , per la prima volta  un’Aida tutta rivolta al dramma psicologico , al fuoco delle passioni , al triangolo fatale.

L’allestimento era quanto di più imbecille si potesse immaginare , Aida era una marionetta addirittura doppiata da una povera Rodsvanoski costretta a cantare praticamente quasi in playback, ma la sublime musica verdiana , nella elegante e intelligente versione di Mariotti riscattava quello che si vedeva in scena.

Dopo appena un anno , forse perchè la pandemia aveva dato una breve tregua , o almeno così credevamo , Sfephane Lissner ha avuto il coraggio di chiamare un prestigioso cast a Napoli e in Piazza Plebiscito , con una messinscena en espace , ho assistito di nuovo al miracolo Mariotti.

Il Vesuvio davanti , la luna alle spalle e la musica di Verdi , quella magica musica di sottili incanti è scaturita di nuovo dalla sua bacchetta.

Avevo già scritto che quella era stata la migliore Aida della mia vita e non è un caso che tutt’e due le volte Radames fosse Jonas Kaufmann.

In alto volavano i pochi aerei di quei giorni magri , scoppiettavano pure i mortaretti dei ragazzi napoletani irriverenti , ma la calda serata napoletana resterà nel mio cuore anche per tanti altri motivi affettivi..

Non ditemi però che solo adesso a Roma si è scoperto il lato intimo di Aida : Michele Mariotti ce l’aveva già regalata da un pezzo.

L’aspirante Youtuber

La lettura  di un interessante articolo sul criptico mondo delle criptovalute porta alla riflessione sul valore del lavoro come concreta strada per guadagnarsi il pane .

Pare che attraverso giochi di plus valenze da computer a computer si possa moltiplicare il denaro senza spendere per questo “ il sudore della fronte”.

Che poi le garanzie di successo non siano così certe e che alla fine il rischio di vedere annullati i guadagni sia dietro la porta non cambia il senso di questa posizione ideologica : si può guadagnare senza impegno e senza sforzo : una degenerazione terminale del pensiero umano.

Molte sono le strade che sembrano affascinare le nuove generazioni attraverso “mestieri “ nuovi al punto da sembrare frutto di un pensiero alternativo e privo di valori un tempo antichi.

Per spiegare lo sconcerto di quanto in qui esposto prendo l’esempio da un piccolo episodio , una storia di bambini che un tempo avrebbe fatto sorridere.

Quando nel secolo scorso di domandava a un bambino cosa vuoi fare da grande la fantasia infantile di scatenava tra “Il pompiere o l’ammiraglio” , tutte le strade sembravano valide nel gioco futuro.

Ho domandato ad un bambino poco tempo fa : cosa vuoi fare da grande e lui serissimo mi ha risposto : lo youtuber !

In un primo momento non ho neppure ben capito cosa volesse dire poi mi hanno spiegato che un ragazzino , attraverso un filmino per lo più idiota e forse divertente può arrivare a migliaia di visitatori e che attraverso queste sciocche storielle si possono davvero guadagnare molti soldi , anche a livello mondiale attraverso la ovvia copertura pubblicitaria che segue il successo delle suddette stories.

Non è il caso di inorridire , chiaramente la risposta ha il peso delle omologhe risposte d’i un tempo : restano sogni d’infanzia.

Ma il pericolo che oggi si pensi in termini così lontano dall’umano sentire di un tempo segna una linea invalicabile tra ciò che si considera onesto frutto del pensiero e quello che indica la corruzione del pensiero medesimo.

AIDA in tv

La visione in streaming dell’Aida di Vienna non ha deluso le aspettative , anzi ha confermato alcune cose fondamentali che vale la pena sottolineare.

Primo che Jonas Kaufmann è un grande professionista nonché uno dei rari casi di tenore intelligente che riesce a dare spessore anche ad un personaggio come Radames che di spessore proprio non ne ha , vale la pena vedere i suoi minimi gesti , sicuramente non in partitura, nei quali cerca di “umanizzare” il guerriero  ( la stretta di mano nascosta con Aida , l’aggiunta di un mino- audio di rabbia nei confronti di Amneris.

Inoltre ha una sua aura carismatica , dono raro e prezioso , quando è in scena si mangia tutti gli altri.

Da il meglio nei momenti intimi anche se purtroppo la sua voce si perde nei momenti di massa , la sua eccezionalità non è sicuramente nell’ampiezza di voce nel qual caso si appoggia alla sua tecnica perfetta.

Secondo che Anna Netrebko ha una voce mirabile ma la sua recitazione ricorda quella   John Wayne  ( col cappello e senza cappello) e la sua spavalda bravura ad allungare gli acuti non è che giovi all’interpretazione. Oltre tutto talvolta scivola anche sull’intonazione .

Terzo che Alina Garança è una mirabile Amneris , grande sempre e sempre in parte , una prova da manuale che conferma , se ce ne fosse bisogno , il suo perfetto stato di grazia attuale.

Bella e seducente , una tigre disperata , avendola vista dal vivo rivederla nella controscena in cui ascolta disperata l’accusa dei sacerdoti attaccata alle griglie illuminate del palcoscenico , la sua interpretazione è da brividi. Il suo vagare in scena , il suo correre vagando per tutto il palcoscenico trasmette anche a noi spettatori tutta l’angoscia del  personaggio .. e poi che voce!

Quarto che Luca Salsi è una sicurezza , un professionista perfetto , la conferma che i baritoni italiani non sono secondi a nessuno , grande è la tradizione che confermano in tutto il mondo.

Ora però mi tocca anche parlare della messinscena che tutto sommato regge meglio in streaming. Tutto quel luccichio , tutta quella latta dorata ci riportano indietro ma funzionano meglio che dal vivo e anche le danze sembrano avere un loro perché.

Ma la perla vera , quella che mi ha riportato al classico una Notte all’opera dei fratelli Marx è lo splendido particolare del suonatore di buccina con occhiali e spartitino davanti.

Un frame da Oscar! Non sono l’unica ad averlo notato e forse nella fretta di mandare in tv lo spettacolo non hanno ripassato bene i pezzi da montare, infatti c’è solo una prima volta , poi scompare nell’onta imperitura del prestigioso teatro.

Per chiudere cito ancora una volta Kaufmann che nella conversazione con Barbara Rett ricorda che spesso i teatri si accontentano di un nome prestigioso e per il resto non guardano tanto per il sottile. 

Qui i nomi prestigiosi erano abbondanti , su qualche particolare si poteva pure risparmiare , mica tutti sono delle linci come me!

Niente di nuovo sul fronte occidentale

All’Ovest niente di nuovo era un libro che stava nella libreria di casa, un libro molto popolare che mio padre amava , ma era un libro di guerra e a me i libri di guerra non piacevano , non mi interessavano e mi facevano un po’ paura .

Scritto da Erich Maria Remarque , titolo originale  “Im Western nichts Neues” il grande libro pacifista fu un  grande successo editoriale  che finì letteralmente al rogo con l’avvento di Hitler.

Fu anche un film americano di Milestone e neanche quello andai a vedere , seguitavo a non amare oltre ai  libri anche i film di guerra , anche se parlavano di una guerra per me lontana : la Grande guerra del 14/18.

Ieri mi sono fatta coraggio , avevo letto che il film tedesco , un nuovo remake del famoso libro ( 9 candidature agli Oscar , 1 al Golden Globe ,14 candidature Bafta ed è già stato premiato agli European film Award) era visibile su una nota piattaforma e ho cominciato a guardarlo ripromettendomi di chiudere la tv se proprio non ce l’avrei fatta a guardarlo.

Durante la proiezione ogni tanto mi dicevo : basta! Ora spengo.

Talmente  e duro crudele nel suo svolgimento quasi documentaristico da desiderare spesso di chiudere gli occhi.

Ma l’ho visto fino all’ultima inquadratura col cuore stretto e la speranza che invece questo film tedesco duro e difficile venga visto da tutti coloro i quali pensano che  la guerra sia una cosa lontana da cui guardarsi senza pensare da dove nascono i conflitti , come si sviluppano e che cosa significano per l’umanità.

La Grande Guerra , anche se sappiamo che ce ne fu una anche più grande dopo appena vent’anni ,provocò quattro milioni di morti , un’intera generazione in Europa fu falcidiata.

Il libro abbastanza infedele al romanzo aggiunge alla storia personale del soldato Baumer il risvolto , diciamo così , storico ,che riguardò la follia dei generale e degli Stati maggiori e ci rende anche più chiaro i tanti perché che provocarono la guerra e accenna con grande amarezza anche a ciò che sarebbe successo poi a coloro da quell’inferno sarebbero tornati dal fronte.

Una didascalia finale ci avverte che grande parte di quella carneficina si svolse tra le terre di confine tra la Francia e la Germania , praticamente tra persone che avevano avuto frequentazione di popoli  fraternamente vicini , pochi chilometri contesi e raccontati in un contesto di orrore in cui di rosso c’è solo il sangue che colora il fango grigio delle battaglie.

In questi giorni , nei quali una guerra a noi così tanto vicina si svolge con modalità ancora novecentesche nel cuore della vecchia Europa ,credo sia molto utile la visione di questo film che raccomando ai miei lettori , anche se chiedo a molti la forza e il coraggio di vederlo fino alla fine.

Di museo in museo

Ho la fortuna di avere amici più giovani che amano andare per Musei . 

per qualche anno li ho lasciati andare via, tanto , dicevo , ormai ho visto tutto  !

Ma esiste anche la gioia di rivedere  , ripercorrere sale viste tanto tempo prima , riscoprire con occhi diversi quel piccolo Holbein , magari ignorato quella lontana prima volta.

Ce l’ho fatta e in buona compagnia ho rivisto un  giorno alll’Albertina la collezione permanente Bartliner con  una mostra Da Monet a Picasso.

Mi sono fotografata quasi tutto e poi , per non dimenticare ,mi sono anche fatta un elenchino di quello che mi ha colpito di più, direi una Salome di Picabia e un paio di Chagall , da mettere in  salotto , come giudicava i quadri un vecchio amico mio polacco.

Il giorno dopo una quasi total immersion alla KunstHistorisches .

Credevo di esserci stata da pochi anni e poi di sala in sala , riflettendo ho capito che certe tele le avevo viste più o meno cinquant’anni fa e devo dire che l’occhio in qualche modo si fa contemporaneamente più lento  ma  capace di entrare in particolari affascinanti forse o anche di più dell’intera tela.

Ho riso davanti ad un famoso quadro fiammingo che racconta la lussuria  o meglio il decadimento di una vita promiscua in cui tutto si mescola  e tutto diventa semplice e familiare.

Poi il giochino di riconoscere gli autori senza andare a leggere la spiegazione , facilissimo con la grande pittura italiana e anche se non si vince niente diverte la soddisfazione di avere azzeccato il nome dell’autore .

In fondo è un po’ lo stesso quando alla radio si aspetta la fine di un concerto per sapere se si è capito di chi era la musica.

Ammetto però di essere andata decisamente in overdose , anche se uscendo nel freddo ho detto ai cari amici : la prossima volta alla Leopoldina , mi raccomando.

Al Musikverein

Forse perché era lunedì sera , forse perché faceva molto freddo Sicuramente mentre mi avviavo lentamente verso la prestigiosa sala di musica pensavo che non ci sarebbe stata tanta gente.

L’edificio illuminato , già una piccola discreta folla in attesa e mancava un’ora allo spettacolo , ho cominciato a pensare che mi ero sbagliata circa la partecipazione del pubblico.

In realtà venire ad ascoltare un evento così straordinario come il concerto di Danil  Trifonov era di enorme richiamo in una città musicalmente raffinata e abituata a tutto come è Vienna.

Basta dire che quasi di fronte c’era Pappano che dirigeva l’Orchestra di Santa Cecilia e che in  giro c’erano balletti e opere per ogni tipo di gradimento.

Per me comunque entrare in quella magica sala dorata di stucchi è già una gioia e appena il velocissimo e trasognato pianista  vestito come un travet appena uscito dal lavoro ha posato le mani sulla tastiera ho capito di essere dentro una sorta di magia.

Un raffinatissimo programma che cominciava con  un Kinderalbum di 24 pezzi di Tschiaikowskij. Una musica trasognata , incantevole.

Poi una Fantasia di Schumann , tutta un’altra potenza di suono , tre tempi e fortunatamente il mio pessimo tedesco è abbastanza sufficiente per capire la descrizione dei tempi.

Boato finale , in sala tanti , tantissimi giovani , un abbraccio caloroso al pianista che è  sgattaiolato via trasognato.

Seconda parte che comincia con un Mozart che non  mi pare neanche Mozart : fantasia C-moll , nessun birignao mozartiano , mi riprometto di cercare il pezzo che magari suonato diversamente non è così prezioso.

Senza darci il tempo di battere le mani  e molti anche i piedi, ha attaccato Ravel : tre poemi per piano tratti da Gaspard de la nuit , strepitosi.

Ultimo pezzo , una Sonata di Skrjabin con boato finale del pubblico in delirio-

Poi lui ci ha fatto anche un bellissimo bis , ahimè non ne so il titolo , una ossessiva musica  delicatissima , forse una Wiegenlied , impalpabile ed eterea dopo tanta violenza e vigore sulla tastiera.

Ho capito di avere assistito ad un concerto epocale  o , come ha scritto una persona presente , trascendentale in quella magica sala che ha raccolto ,credo, tutta la più grande musica dei due ultimi secoli.

Tutto sommato..

Quello che conta è che ho fatto un bellissimo piccolo viaggio.

Sono tornata ( mancavo dal 2019 ) a Vienna , ho viaggiato con amici , ho rincontrato amici, ho visto mostre e musei . 
Ho ascoltato musica meravigliosa.

Ero partita con tante paure : il freddo soprattutto  ( mi ero dotata anche di ben due colbacchi residui della mia vita in montagna) ,ho dovuto recuperare la facilità che avevo un tempo nella preparazione del bagaglio e soprattutto ho sconfitto l’idea di non esser più all’altezza di cavarmela come una volta.

E invece provo solo la nostalgia perché è durato troppo poco.

Mi sembra un sogno ripensare che ieri sera camminavo sul bel tappeto rosso della sala dell’opera di Vienna , che mi sono persa nelle belle sale del grande museo di arte antica , che mi sono aggirata in quei caffè tipici viennesi , caldi e affollati , dai mitici nomi di Cafè Mozart e  Cafè dell’Opera .

Adesso ripercorrerò pezzo a pezzo questo mini-viaggio , intanto per prima cosa  mi riprometto di non chiudere il trolley nell’armadio : come diceva quel titolo : La vita è altrove .

Capitolo primo : la musica

Dovrei cominciare col piagnisteo della defezione di Kaufmann , ma non me la sento proprio .In definitiva un po’ me l’aspettavo .

Troppo persistenti le velate critiche alla non perfetta forma del grande tenore , troppe le esperienze  ( anche viennesi ) di illustri “sòle” per non prendermela abbastanza allegramente.

L’Aida vecchiotta e quasi inguardabile , specialmente nei primi due atti si è comunque riscattata al mio orecchio quando la grande musica verdiana del terzo e quarto atto ha preso il sopravvento sulla forma spettacolo.

Eppoi le due divine c’erano ancora e c’era un Luca Salsi in formissima .

La grande attesa da parte mia era di vedere la Garança nel debutto in Amneris e devo dire che l’attesa non è stata delusa .

Mai visto interpretare (ah! la famosa parola scenica) ha preso il sopravvento : bellissima , sempre in parte , mai un attimo di uscita dal ruolo .

Una donna innamorata , delusa , combattiva e infine dolorosamente vinta ha meritato la oceanica ovazione alla fine della sua drammaticissima controscena sul “Radames discolpati!”.

Perfetta e preziosa la voce della Netrebko , un’Aida addirittura quasi bionda, attaccata a il proscenio ,quasi una reincarnazione di Francesca Bertini , canta divinamente , ma non ci crede nessuno alla sua disperazione.

Che dire del Radames -cover: conoscevamo già i suoi limiti di tremulo ,la vociona ce l’ha , il fisico medio non è offensivo ai miei occhi ,dciamo che  se l’è cavata . Il resto è silenzio , Certo che sulla Fatal pietra ci potevano essere ben altri brividi , ma ci consoleremo con il video che generosamente il grande malato ci ha concesso di apprezzare in streaming.

Ma devo dire che a cominciare dall’amico Luca Salsi tutto il cast era all’altezza del grande evento che sicuramente non ha deluso le attese di chi ha considerato questa prima stagionale un evento abbastanza storico per il grande teatro di stato.

Ho anche assistito , grazie alla prenotazione procuratami dalla carissima amica viennese , ad un incontro di presentazione del libro Voices del duo Cerletti/Vogt.

Oltre la immutabile e professionalissima Barbara Rett c’erano anche i simpaticissimi protagonisti di Bohème : Sorensen e Bernheim.

Che lei fosse simpatica , disinvolta e allegra lo sapevo già , che lui sia molto più carino dal vivo e molto elegante l’ho scoperto ora.

Una botta di mondanità in più.

Di Daniel Trifonov parlerò a parte.

La giornata della memoria

Non sono ebrea e non sono una sopravvissuta ai Lager ma raccolgo volentieri l’invito di Edith Bruck , una scrittrice ungherese  sopravvissuta all’Olocausto ormai da tanti anni italiana ,che ha passato più di sessanta anni della sua vita girando per le scuola a raccontare la Shoa ai ragazzi.

L’invito di Edith Bruck è quello di continuare a testimoniare con forza la verità di quello che è davvero avvenuto e che piano piano nella memoria collettiva rischia di diventare come un vecchio film in bianco e nero , magari da premiare in un festival e poi da accantonare come una triste favola nera neanche davvero avvenuta.

Ero una ragazzina quando a Firenze mio padre mi portò a vedere in un cinema appena riaperto dopo la liberazione da parte delle forze alleate un terribile documentario girato dai registi americani che si fecero giornalisti e testimoni di quello che videro arrivando nei campi di sterminio disseminati in tutta l’Europa .

Avevo vent’anni quando mio cognato ebreo mi mise in mano un libro  sconvolgente : Lo sterminio degli ebrei del Poniakowski e credo quindi di avere il dovere, da persona ormai tanto avanti negli anni di testimoniare con consapevolezza quello che fu l’estremo orrore che attraversò l’Europa quando ero una bambina cristiana che viveva a Firenze  e che niente vide personalmente ma che ebbe la possibilità di documentarsi sia vedendo i terribili documentari che leggendo i libri giusti nell’età della ragione.

Ho anche il dovere di scandalizzarmi e di indignarmi quando un magistrato assolve “ perché il fatto non costituisce reato” una donna che  si è fatta fotografare a Predappio durante una oscena marcia in ricordo di Mussolini indossando una Tshrt nera con la scritta Auschwitzland come se fosse una cosa spiritosa.

E’ una china pericolosa quella di ostentare simili orribili memorie come fossero battute di spirito , equivale a mascherarsi da SA durante una ricevimento di addio al celibato.

Finchè avrò un briciolo di forza sarà mio dovere raccontare quello che ho saputo , testimoniare quello che ho visto e raccontare ai giovani quello che ho letto. Non solo il 25  gennaio , ma tutti i giorni in cui incontrando dei giovani, mi sarà concesso di parlare in memoria di tutti coloro che ormai non ci sono più.

C’è Aida e Aida

 

Ovviamente l’Aida a Vienna non sarà mai così affascinante come l’Aida all’Arena di Verona.

Questo lo sanno anche le star radunate per l”evento” clamoroso e se qualche critico pignolo lo fa notare ciò non toglie un grammo al grande evento superstar.

Ma Vienna ha dalla sua il fascino della città piena di fascino , a Vienna si respira musica in ogni strada, Vienna è quella magica atmosfera che ha incantato nel tempo tutti coloro che ci sono arrivati per qualunque motivo, quindi messi in preventivo tutti i difetti che questa messinscena può avere si parte lo stesso con la speranza , questa si, che a qualcuno dei big in scena non arrivi il raffreddore , peraltro prevedibile visto che a gennaio da quelle parti nevica.

C’è anche da dire che le opere più interessanti in città non le si vedono allo Stadtsoper , piuttosto all’An der Wien ,o anche in altri teatri minori, nel grande teatro ho ricordi di  modeste edizioni di tanti capolavori , ma so anche che la grande macchina cambia il cartellone ogni sera e con disinvoltura ricicla gli allestimenti che cadono a pezzi con grande stile.

Se poi si aggiunge la gioia di ritrovare  una cara amica viennese , se si ha una sera in più per godere di musica anche al Musikverein , avvenga qualunque cosa , la felicità è sempre a portata di mano.

Forse il Radames migliore lo potei sentire in una caldissima estate in Piazza Plebiscito a Napoli , forse la migliore Netrebko la ascoltai in una brutta edizione di Onegin , sicuramente mi farà venire la pelle d’oca la Garança al debutto nel ruolo più appssionato, forse Luca Salsi ha altre frecce al suo arco che non in Amonasro.

Va tutto bene , si parta con gioia e speranza: Wien , Wien arriviamo!