PESAH

Giornata di Passaggio la Pasqua cristiana , si passa dal simbolico passaggio del mar Rosso ebraico , al passaggio dalla morte alla vita di Gesù, la Resurrezione , momento chiave della fede cristiana.

Cosa rimane oggi del momento più importante su cui si basa una Fede che , sulla carta, ha ancora tanti fedeli sparsi per il mondo?

Mentre per il Natale , la nascita divina , ancora si riesce a sentire un sentimento vero , ammantato di tenerezza e di simboli felici (la ricostruzione tramite il presepe, lo scintillio dell’albero carico di luci )

per la Pasqua i segni esterni sono davvero pochi , tanto che si dice quasi un luogo comune : Natale con i tuoi Pasqua con chi vuoi.

Infatti l’Esodo o il passaggio lo si vede nella grande transumanza vacanziera , nelle vetrine addobbate dalle uova pasquali , dalle montane di colombe , anche molti invendute causa crisi economica, nei supermercati.

Restano i riti del triduo pasquale trasmessi dalla televisione , qualche rito folcloristico in Spagna , un po’ più di gente alla Messa , 

ma neanche poi tanta.

Quello che invece aumenta è il numero di messaggi augurali sui social , su WhatsApp, su Messenger.

Grande abbondanza di foto simboliche con fiori , prati e animali e per i colti eleganti riproduzioni di celebri tele e pale d’altare.

Tutto lì , la Resurrezione raccontata con un click.

Per fortuna stasera potrò ascoltare la Seconda di Mahler  , guarda caso detta Resurrezione .Forse in quell’ascolto troverò il momento di riflessione che mi potrà aiutare a ricercare nel profondo dell’anima quella briciola di speranza che alimenta sotto una flebile traccia un ricongiungimento dell’anima con il trascendente.

….. seconda parte

…..seria a metà

Quando Wagner si mette al lavoro sul T. ha già scritto le prime due opere senza grande successo e si rivolge a un tema della tradizione germanica dei Minnesänger che ritroverà in seguito con maggiore soddisfazione nei Maistersinger.

Qui ancora il materiale è meno raffinato , ma gli sgorga tanta musica felice che ritroveremo soprattutto nell’Ouverture e nei mirabili cori.

La zampata del leone la tirerà fuori nei due bellissimi pezzi forti finali ( il canto di Wolfram e soprattutto nel Romerzälhung di Heinrich.) ma nell’insieme l’opera è un fiasco parigino che Wagner non dimenticherà tanto facilmente.

La storia del cantore stanco del monte di venere ( la parte per il tutto) la si capisce, vuole tornare a casa ..perché  anche  il troppo sesso stanca , evidentemente.

Ma è malmesso  perché la pura Elisabetta ( che poi diventerà pure la santa di Ungheria) chiede troppa purezza e i cantori in gara per lei ,liricamente spirituali lo fanno annoiare.

Il caro T. non regge a tanta spiritualità e sbotta di brutto , scandalizzando l’intera corte di Turingia.

Va via reprobo! E dato che per caso passano di lì i pellegrini , che vada a Roma a chiedere il perdono che però il Papa non gli darà a meno che il suo bastone secco da pellegrino non tornasse a fiorire e questo miracolo lo assolverebbe.

Ovviamente il miracolo avviene anche per l’intercessione della purissima Elisabetta che di questo muore..


Fin qui la storia , ma poi c’è di mezzo Castellucci a cui devo ancora perdonare un Parsifal bolognese con il boa bianco che esce dall’orecchio di Nietzche!

Qui l’immaginifico regista , convinto che gli spettatori siano scemi ci deve spiegare tutto a modo suo: contorcimenti sexi di anime lascive, arciere con la joli poitrinedesnuda così che si seguono con apprensione le freccie invece di ascoltare in pace la musica, poi in un crescendo di tuniche bianche dei cantori (che col girovita un po’ abbondante non dona,) da insozzare al povero protagonista incatramato , fino al finale mortuario con cadaveri che putrefanno via via con gran carrelli che girano , mentre i cantanti al proscenio per fortuna non si distraggono per tutto lo scarrellare sul fondo fino alla perla ultima: i nomi dei cantanti sui sarcofagi mentre si sfarina la polvere dei loro resti mortali.

Per me i cantanti alla fine si facevano pure mentalmente gli scongiuri.

A botta calda

Premessa importante : Jonas Kaufmann è in perfetta forma e canta il “suo” Tannhäuser , come aveva già fatto con  Tristano , con la sua mirabile tecnica e con il suo modo italiano di affrontare Wagner che forse lascia perplessi i nostalgici dell’ Heldertenor puro ma che sono invece una componente importante del suo fascino e del suo successo planetario.

Dobbiamo anche convenire che Kaufmann pensa giustamente che Tannhäuser sia un uomo normale e gli altri siano  tutti un po’ matti con la storia della purezza e della religione e questa è la sua personalissima chiave di lettura .

Se accettiamo questo dato di partenza poi ne consegue qualche perplessità per la tenuta complessiva dello spettacolo.

Cominciamo con la regia di Castellucci che ha momenti di suggestione e altri un po’ meno seducenti , per non dire banali.

Chiaro che stiamo parlando di uno spettacolo notevole per mezzi e grandiosità cui giova di sicuro il boccascena immenso , ma la chiave di lettura è quantomeno esotica e allora dove stanno i Minnesänger e la Turingia d’antan?

Non che rimpianga le regie realistiche ma un Wagner prima maniera , con un’opera che alterna pagine mirabili ad altre meno incisive finisce per perdere la sua omogeneità se non è supportato perlomeno musicalmente.

Aggiungiamo Andris Nielsen con i tempi discutibili che impone a un’orchestra non brillantissima si hanno i risultati che ascoltiamo.

Mi spiace non essere allineata con gli entusiasti , numerosi , che mi attorniavano a teatro , ma dal Festival di Salisburgo mi aspetto qualcosa di più.

Niente da dire invece su tutta la compagnia di canto : dal già citato in premessa grandissimo Jonas , al perfetto Zepperfield , alla deliziosa Marlis Petersen , a Geherahrer che canta tutto in chiave liederistica , alla Bell che nella breve parte di Venus fa un po’ rimpiangere la Garancia , ma tutto sommato se la cava , ai Menestrelli di gran lusso e forse sprecati per così poca parte.

La riflessione prosegue domani , per stasera mi fermo qui.

PS. posso avere sbagliato qualche grafia o nome , non ho avuto il tempo di controllare

Domenica delle Palme

Si parla sempre di se stessi anche quando si usa genericamente la terza persona , ma stavolta voglio proprio parlare di me anche  perché  in un certo senso ancora una volta parlo di musica .

Da anni , cioè da quando lessi che sir Alec Guinness , cattolico , la mattina della domenica leggeva in chiesa stufo di sentire bistrattare le Letture ,mi  offrii anch’io di farlo dato che insegnavo dizione ai ragazzi del teatro scuola.

Non ho mai smesso  e così ieri sono andata tranquillamente all’Ambone per leggere il Passio.

Generalmente mi affidavano quella parte , genericamente definita Folla in cui si leggono tante piccole parti ma mai avevo avuto l’onere di leggere il ruolo del Cronista .

Ieri no , ero io  Cronista , la lettura così drammaticamente avvincente non l’avevo mai vissuta e la cosa straordinaria era che mentre leggevo sentivo la Passione secondo Matteo di Johan Sebastian Bach nelle orecchie e ne seguivo interiormente la musica Mi sono emozionata e addirittura sbagliata più volte , generalmente sono molto professionale quando leggo in pubblico e poi l’uditorio delle otto e mezzo di mattina non era di quelli che mettono soggezione.

Sono stata travolta , come forse mai , da quel racconto così drammatico e così reale come se lo sentissi per la prima volta . 

E’ stato come se mi stesse cadendo addosso tutta la tristezza del mondo , tutta la tragedia incarnata nella figura umana del Cristo.

Le figure parallelamente emergenti di Giuda e di Pietro , il traditore pentito e il codardo mentitore risaltano specularmente nel grande racconto immortale.

La musica di Bach nelle orecchie , l’emozione nella voce ; quando sono tornata nel mio banco  ero ancora tremante.

Nel prendere l’ulivo benedetto dal cesto davanti all’altare ho preso il rametto più piccolo , un segno di pace minuscolo come minuscola è ormai la Fede di noi tutti in questo mondo.

Le case dei vecchi

Ho deciso di congratularmi con la vecchia signora che ha combattuto e vinto per tornare a casa sua dopo che l’avevano mandata in una Casa di riposo contro la sua volontà.

Ho seguito la storia perché in qualche modo mi riguarda anche se come dice un proverbio della bassa marchigiana.

Non si sa dove dorme lu’ lepre ..”  come a dire che non sappiamo del nostro futuro.

Non potendo per nostra fortuna leggere il proprio domani , sempre più corto , una cosa certa la so; vivere fino a quando è possibile tra le proprio memorie , magari con il proprio gatto , in mezzo alle foto e ai libri che ci furono cari fa parte di un tramonto dolce e accettabile.

Vedo  sui social , perché sì ,anche i vecchi stanno sui social, quanto amore ci sia nelle foto delle case di chi è ormai fuori dal mondo del lavoro , di chi ha più tempo anche per coltivare le piante anche solo di un terrazzino.

Mi ha sempre fatto paura lo sradicamento magari dovuto ad agenti drammatici esterni come guerre e terremoti , quando la propria casa non c’è più , ma non giustifico se non in casi in cui ormai ci è indifferente dove si vada ,a trovare l’allontanamento da ciò che in ultima analisi è il riassunto della propria vita.

Leggo che in Germania i vecchi , chiamiamoli così con il loro nome, vanno volentieri in case di riposo dove possono coltivare ancora amicizie o rinnovarne di nuove con coetanei per combattere il grande nemico di tutti che è la solitudine .

Forse le loro case di riposo sono più accoglienti , forse la loro mentalità meno sentimentale della nostra accetta più volentieri una risposta razionale .

Per adesso continuo a sperare come  la signora di Camaiore che la tigna possa aiutarmi in questo desiderio finale.

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Conto alla rovescia

Mancano pochi giorni alla mia partenza per Salisburgo e mi arriva il richiamo dell’albergo per la conferma , sorrido all’idea che ci sia bisogno di ricordarmi l’appuntamento , in realtà non vedo l’ora di tornare in quella ricchissima piccola città e non voglio pensare che potrebbe anche essere l’ultima volta.

Come un caso poche sere fa il solito canale musicale ha rimandato in onda il Romenzälung del concerto di Dresda del 2013.

Mi ha fatto ha una certa tenerezza rivedere Jonas nel periodo di massima magrezza , con l’apparecchio ai denti e qualche pensiero personale nella testa.

Ci stanno inondando di foto di scena della prova generale , mi dicono gli informati che qualcosa è cambiato nell’allestimento di Romeo Castellucci che non vidi a Monaco ma che in realtà non mi aveva per niente convinto.

Del regista italiano avevo visto un Parsifal a Bologna e anche in quel caso non ne uscii del tutto soddisfatta .

Ma sappiamo che l’ex Sovrintendente di Monaco ora a Salisburgo ama le regie “originali” che qualche volta sono bellissime e qualche volta ..un pò meno.

Ho già cominciato a scrivere di questa opera che nell’ordine cronologico Jonas Kaufmann avrebbe dovuto cantare prima del Tristano.

Così vuole l’ordine consueto della lirica , ma sappiamo che anche con le opere italiane il Nostro si è permesso salti in avanti e indietro a suo piacimento e soprattutto a sua insindacabile capacità professionale e musicale.

Resta solo da fare la valigia , ma quella per scaramanzia la preparo la sera prima della partenza.

Il tempo e le ore

Sappiamo che il tempo così come lo abbiamo incasellato per comodità è una convenzione , giorni  mesi e anni contati in base a regole che nei secoli ci siamo dati per contarne il passaggio.

Da qualche tempo però gli uomini si sono dati una ulteriore convenzione : l’ora solare e l’ora legale.

Un’ora di luce di più la sera , un po’ meno di luce la mattina : ci sono gli entusiasti e quelli come me che la odiarono fin dal suo lontano apparire.

Due scuole di pensiero : gli entusiasti del buio tardi e i bambini , i vecchi e gli animali che ne soffrono . Non lo dico io ma serissime ricerche medico-psicologiche .

Credo ci sia stato anche un referendum per scegliere se e quando cambiare a metà anno l’ora convenzionale in Europa . 

Pareri diversi da Nord a Sud, quello che io avrei auspicato è molto semplice : si tenga per buona una delle due ipotesi e la si tenga tutto l’anno , ma intanto non si sceglie e si resta con questa altalena. 

E’ una coperta che tiri di qua e di là, tanto le ore di luce non cambiano e se questo allungamento del giorno fa felice un po’ di gente posso garantire che , perlomeno personalmente e non da ora , seguito a dire sono le …, ma sarebbero…e infatti mi rifiuto di cambiare l’ora sull’orologio da polso che ha un meccanismo diabolico di cambio.

Pare che il Libano stiano impazzendo perché mezzo paese ha l’ora solare e l’altra metà quella legale ; tra tanti guai il paese dei Cedri si è inventato addirittura una complicazione in più!

Non serve aprire il dibattito , vorrei solo che si facesse una scelta , una volta per tutte: Io mi adatterò in ogni caso basta che si smetta con questa alternanza convenzionale . Convenzione più o meno , le accetto entrambe, tanto il tempo seguiterà a scorrere comunque con la stessa implacabile regolarità.

Il mio David

C’è sempre una fila lunghissima in via Ricasoli a Firenze per entrare all’Accademia dove nella sua bella nicchia centrale tutti entrano per vedere il David di Michelangelo.

In anni lontani , quando non c’era la fila ogni tanto passavo anch’io di li per fargli un saluto come a un caro familiare molto amato.

Mi incantava la bellezza fiera del volto ( l’ho sempre paragonato a qualcuno che conosco e che me lo ricorda davvero ) , guardavo incantata le bellezza della mano chiusa a tenere il sasso che scaglierà contro Golia , ma giuro che non ho mai  fatto troppa attenzione al suo garbato pene , la cui piccolezza era segno estremo di eleganza .

Se proprio scendevo in basso erano i glutei che mi incantavano , ma generalmente il mio saluto era veloce perché altro avevo da guardare in quella Galleria ed erano i Prigioni , meravigliosi esseri appena schiusi dal marmo così possenti e drammatici .

In generale adesso i visitatori frettolosi che magari hanno fatto la lunga fila per entrare tendono a ignorarli , vanno dritti verso il bellissimo giovinetto e poi escono ignorando la meraviglia che lo circonda.

Sono messi male gli americani della Florida i cui occhi cascano proprio lì , dove bisogna veramente essere scemi si possa vedere una immagine pornografica.

Sai che belle risate si sarebbe fatto il Buonarroti , uomo di lettere e genio universale pensando alla ridicola reazione di quei genitori beoti che hanno visto il male dove c’è solo la grande magia dell’arte più pura.

Tutta pubblicità purtroppo, perché questo significa che le file saranno ancora più lunghe e io rinuncerò ancora a tornare a salutare il mio bellissimo ragazzo ,  consolandomi col fatto che a Firenze ci sono anche le due copie in vista , ma questo forse in Florida non lo sanno.

Memoria lunga e memoria breve

Ero dotata di una memoria eccellente anche se non sempre utilizzata per fini importanti : mi ricordavo però i numeri di telefono di tante persone , i numeri velici delle barche antagoniste in regata , i nomi anche esotici delle città visitate , i titoli dei film ,il cast delle opere.

Qualche giorno fa nella vana ricerca di un libro che suppongo avere letto recentemente ho fatto una breve perlustrazione nella piccola libreria girevole che ho in camera : è un oggetto inglese e contiene a occhi centoventi libri  malcontati.

Ebbene , sebbene sia sicurissima di averli recentemente letti tutti guardavo con stupore le copertine . Di molti non ricordavo il contenuto.

Avevo sentito parlare della memoria breve e di quella lunga  e facendo  questo piccolo esperimento posso confermare quanto di esatto ci sia in questa definizione  : mentre guardavo estasiata la messinscena del BSO di Guerra e Pace sapevo benissimo non solo i nomi dei protagonisti , ma ricordavo anche le storie che li accompagnavano nella vita e addirittura intere mirabili pagine lette per la prima volta da ragazzina.

Avevo la tendenza a saltare qualche pagina di battaglie , lo devo confessare , ma i classici russi sono ancora tutti bene impressi nella mia memoria.

Anche se non ho fatto l’indagine però so benissimo che i miei magnifici nipoti : quelli grandi : colti , laureati , preparati, poliglotti alla domanda se hanno letto Guerra e pace probabilmente risponderanno di no.

Ammetto che oggi sicuramente ben altre sono le necessità della vita , sono tutti meravigliosamente  più bravi di me anche in banali operazioni sulI ‘Iphone e vivono felici anche senza avere letto i fondamentali classici di una volta .

Non sono però sicura che a loro non manchi però qualcosa di importante perché tutto serve per affrontare le difficoltà della vita e certi pilastri possono sicuramente aiutare.

UN CONCERTO

La meraviglia dell’ascolto quando è accompagnato dalla  voce sapiente di un musicista che si dedica anche alla spiegazione garbata di quello che andrà a suonare.

Davanti a una platea in cui c’erano addirittura dei bambini piccolissimi Luigi Piovano ha raccontato il concerto per violoncello e 

Orchestra di Scotakovich , ( che si scriverebbe con lettere diverse , ma non le ho sulla mia tastiera), n°1 opera 107.

Non era sulla carta un ascolto facile ,ma il bravissimo solista e direttore d’orchestra non si è risparmiato e ha spiegato i quattro movimenti con competenza e semplicità facilitando l’ascolto sia ai  bambini che ai grandi.

Un musicista prezioso , primo violoncello a Santa Cecila , lo avevo già ascoltato anni fa quando venne in una piccola tournée nelle Marche in coppia con Tony Pappano al pianoforte.

La seconda parte , diretta con piglio sicuro era l’Ottava di Beethoven , della quale ha tenuto a spiegare la genesi e anche in questo caso a renderla più semplice all’ascolto , per tutti.

Grande cosa avere la gioia di fare musica insieme , quando il pubblico ringrazia con tanto calore  e anche la nostra orchestra sembra vibrare meglio quando è gratificata dalla conduzione .

 Piovano suona un prezioso strumento ,è un  Francesco Ruggeri , detto “il Per”  del 1692 che ci ha mostrato con orgoglio perché anche a lui andassero gli applausi.

Io che avevo tremato vedendo tanti bambini piccolissimi tra il pubblico alla fine mi sono complimentata con i maestri e i genitori che hanno capito la sfida e felicissimi si scambiavano i saluti fuori del teatro.

Fra tanto squallore culturale ogni tanto un episodio positivo fa ancora sperare in un futuro che non vedrò ma che forse potrebbe non essere del tutto nero.

Firenze –Teatro Comunale.

Sui gradini scomodi della seconda gradinata ascoltai per la prima volta il Tannhäuser e il ricordo di quella prima esperienza rimane legato al tram numero 6 , quello che portava da San Gervasio alle Cascine.

Probabilmente ero andata a scuola la mattina o forse era un matinée anche se la reazione fu comunque la stessa.

Per solito la mamma ci raccontava le opere prima di andare  a teatro e forse non ero stata attenta al suo racconto , certo che non ci capivo niente , potrebbe essere stata anche cantata in italiano , nelle orribili traduzioni di quel tempo , ma non essendoci ancora i sopratitoli in alto tutto mi sembrava incomprensibile.

Poi quel largo signore tedesco con un grembulone blu mi ricordava il figlio del fattore della villa dei nonni , e io che al tempo ero molto sensibile al bello in  scena ( in effetto lo sono ancora) non ero per niente attirata da quello che raramente avveniva in scena.

Insomma l’opera mi pareva lunghissima e noiosa e ogni tanto cadevo in una specie di dormiveglia nel quale sognavo che l’opera finisse e che stessi uscendo da l teatro per andare a prendere il tram numero 6  per tornare a casa.

Mentalmente mi facevo tutto il percorso: tutte le fermate !  

Ogni tanto però passavano dei coristi in fila che mi risvegliavamo ma non abbastanza perché poi ripiombavo nella mia catalessi : credo di essere andata a casa in tram perlomeno tre volte , poi riaprivo gli occhi ed ero ancora a  teatro .

Una specie di incubo anche se poi alla fine in testa qualcosa era rimasto perché da quel primo infelice impatto wagneriano il canto dei pellegrini lo riconosco immediatamente e anche il preludio mi suona dentro come cosa familiare.

Poi tanti anni dopo , esattamente a maggio del 2013 ascoltai Jonas Kaufmann cantare dal Semperoper di Dresda nel bicentenario wagneriano il racconto del viaggio a Roma del pellegrino penitente.

Così il Tannhäuser è diventato tutta un’altra cosa.

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Krieg und Frieden

Uno spettacolo forte , corretto e esaltante il Woida I Mir  ( Guerra e Pace ) di Prokovief , tratto dal romanzo di Tolstoj e messo in scena per la prima volta al teatro Malynski di  Leningrado , oggi San Pietrobyurgo nel 1946  e ripreso coraggiosamente il 5 marzo 2023 a Monaco dal BSO , lo stesso giorno in cui nel 1952 morivano a Mosca Stalin e Prokovief.

Anche se la stampa invita ad andare subito a vederlo si ha la fortuna di poterlo intanto ammirare su ARTE fino a Giugno , poi consiglio tutti di andarlo a vedere alla ripresa estiva durante il tradizionale Festival.

Realizzare oggi un progetto nato come opera propagandistica alla fine della guerra era una sfida in una Germania sensibile alla guerra in Ukraina ma sia il direttore Jurowsky che il regista Tcherniakov sono riusciti a creare uno spettacolo talmente avvincente e perfetto da superare ogni ostacolo ideologico e soprattutto a toglierne  ogni forma di trionfalismo attraverso una lettura raffinata e deideologizzata.

Partendo da una citazione di Tolstoj : di nuovo la guerra , di nuovo la sofferenza inutile…di nuovo l’abbrutimento dell’uomo… il grande teatro offre allo spettatore una lettura straordinaria di come tutte le guerre siano tragicamente inutili.

Solo una compagine così importante poteva pensare ad una simile messinscena , credo ci siano più di 70 cantanti e centinaia di coristi e mimi in un impianto fisso che riproduce fedelmente la sala delle colonne della Casa dei Sindacati di Mosca. 

L’opera , nettamente divisa nelle due parti : la pace e poi la guerra è raccontata da una folla di profughi , potrebbero dormire in un rifugio in una qualsiasi città bombardata  e tutti si muovono continuamente  , scandendo nelle sedici scene la traccia del grande romanzo in cui spiccano i personaggi che abbiamo tutti amato : Andrej Bolkonsky, Pierre Besukov e Nastascha Rostova, tutti

Interpretati  magistralmente e fra tutti mi ha particolamente commossso  Andrej Zhilikhovsky nel ruolo di Andrej.

Colpi di genio ce ne sono tanti , il primo: l’apparizione dello Zar nella prima parte solennemente vestito da Babbo Natale e la figura dell’eroe Kusutow , una specie di boss che nel finale sale sul catafalco mortuario trasformandosi in una sorta di Stalin.

Tanti anni fa alla Scala avevo visto una versione “ classica” dell’opera , credo fosse diretta da Ghiergiew  e in quel caso Napoleone era vestito da…. Napoleone.

Questa volta è una specie di saltimbanco colorato , un ridicolo stralunato generale dai modi scattanti e un po’ Hitleriani.

Tre ore di bellissima musica e di grande spettacolo , da non perdere anche se solo in tv.