Bruciano i tempi

Bruciano i tempi le programmazioni future, quasi a sfidare il doloroso passato pandemico : è di pochi giorni fa l’annuncio del Festival di Pasqua di Salisburgo per il 2024 quando ancora deve partire quello del 2023 !

E’ uscito anche il programma della Scala per la prossima stagione ,piuttosto interessante , almeno sulla carta.

Sulla stampa ha molto risalto il blitz atletico del Sindaco di Firenze in difesa della facciata di Palazzo Vecchio anche se  personalmente avrei apprezzato di più la difesa del Sovrintendente Pereira al Maggio che con tutti i suoi difetti e leggerezze aveva riportato , per un attimo , il Maggio ai fasti lontani.

Nel mio piccolo mondo periferico di una Regione minore si nota la difficoltà di mantenere i livelli passati dei gloriosi Festival , quello popolare di Macerata e quello elitario di Pesaro.

Tra litigi e baruffe intanto all’Arena di Verona la Sovrintendente è stata pure nominata Commendatore ; per il  resto il giro delle sedie non conforta se non accompagnato da congrui finanziamenti per tutto il settore musicale.

Se ne lamentano anche in Germania , ma qui davvero si fanno le nozze con i fichi secchi.

A chiusura del piccolo aggiornamento mi diverte commentare  le diverse reazioni sui social : mentre a Firenze c’è qualche sprovveduto che spera in una riduzione del prezzo dei biglietti  (davvero invece estremamente bassi) ci sono altri che invece ne auspicano l’aumento per garantire se non altro  il mantenimento della qualità ultimamente raggiunte sia delle opere che dei concerti.

A Salisburgo si programma l’anno prossimo , dalle nostre parti se tutto va bene , si programma lo stretto presente.

Ombre nel web

Curiose catene di amicizie si formano anche sui social : c’è una strana forma di fedeltà che nasce dalle comuni passioni , ci si conosce per un logo , uno pseudonimo , un’immagine fissata nel ricordo.

Poi un giorno capisci che quel logo , quell’amica lontana non c’è più.

Qualche volta si ha anche qualcosa che assomiglia a un necrologio , spesso è solo la percezione di una scomparsa , anche se è surreale si muore anche su Facebook e ormai la lunga serie di silenzi si è allungata tanto da sembrare un corteo che si allontana , come in un film di Malick.

Mi sono domandata qualche volta anch’io se non sarebbe meglio cancellarsi prima della naturale scadenza e su questo argomento poi ho finito per rimuovere la risoluzione del problema, in definitiva se c’è una cosa che non mi riguarda è proprio la mia scomparsa , tutt’al più se ne accorgeranno gli altri ed è sicuro che anche se un ombra di tristezza calerà su quelli che mi hanno letto per tanti anni  (e alcuni anche fisicamente conosciuta ) tutto finirà in un sospiro perché chi resta guarda avanti e non può rimpiangere quello che per molti fu un logo , una foto , un blog.

Quello che è certo è che tutti coloro che i social li pensato come una stupidaggine o addirittura come qualcosa di pericoloso da evitare non sapranno mai quanta amicizia creano e quante persone lontane poi si sentano unite anche solo attraverso un Like.

Per me chi non sta sui social si perde qualcosa che in  tempi lontani avrei chiamato con una parola arcaica: amicizia.

E’ uno di quei giorni..

…in cui leggendo che sono morti dei migranti in mare tra la costa turca presso Kusadasi e l’isola di Samos mi prende la malinconia.

Quel mare Egeo fu il mare della mia vita : il mare dei ricordi più dolci , il mare dell’amore , dell’amicizia , del sole e dei sogni d’estate.

Le onde che battevano sullo scafo , le vele tese , il sole  e lo sguardo fra le isole tutte amiche all’orizzonte.

Sono bracci di mare brevi , le partenze all’alba per sfruttare la calma prima del Meltemi che saliva puntuale a mezza mattina quando ormai si arrivava all’ormeggio salati come merluzzi , l’ormeggio sempre un po’ faticato e poi il rumore delle sartie sbattute nel vento nella calma del pomeriggio.

Un mare antico , solcato dei secoli lontani , l’Odissea sulla plancia , il carteggio studiato sui versi omerici.

Un mondo di odori e di sapori che avevano nel fondo una parola sola :vita.

L’assurdo dell’oggi trasforma quel mare pieno di fascino e di storia in un cimitero impietoso.

Non avrei mai pensato che alla fine del mio cammino nel mondo ,il ritornare  ai tempi felici si stia trasformando nel luttuoso baratro di morte di popoli un tempo amati e gentili .

Non riesco a staccare il pensiero da quelle vite spezzate nel mare della memoria che fu per me fonte di tanta felicità, anche se allora non lo sapevo.

UN TRAFILETTO

Mi permette di tornare sul CD di Pappano con la Turandot col finale completo di Alfano che sta raccogliendo consensi ovunque.

Anche io ne avevo già un po’ parlato anche se mi ero soffermata soprattutto sulla diversa interpretazione di Kaufmann dell’aria tenerissima del primo atto “ non piangere Liù” tanto diversa dalla sua prima interpretazione  scaligera.

Oggi Enrico Giraldi ne scrive sul Corriere e confermando tutto il bene possibile dell’operazione discografica  ma conclude con un “ peccato non aver usato il finale di Berio”.

Questa frase mi ha fatto palpitare di gioia perché nessuno aveva mai parlato di questo finale , per me il più bello in assoluto e soprattutto il più vicino a quel finale misterioso in diminuendo che tanto mi aveva richiamato il misterioso riferimento pucciniano a Tristano.

Considero  Giraldi un grande competente e avere trovato nella sua piccola nota un richiamo a quello che io non avevo  osato dire mi riempie di gioia.

Devo dire che se ne sono dette di ogni genere soprattutto in riferimento a Kaufmann che particolarmente  in terra di Germania pare avere più detrattori che altrove .

Lo hanno pure criticato per quell’attacco , quasi un  sospiro, da me tanto amato , tanto da definirlo da canzonetta !

Forse la grandezza di un artista sta anche nella sua originalità , anche in questo caso l’unico paragone che mi torna in mente è quello con la mitica Maria , quella che ha segnato col suo canto la più grande rivoluzione lirica del secolo scorso.

Definizioni

Abbiamo il terzo Stato ! dice l’allibito abate nel primo atto del’’Andrea Chénier che scopro essere anche il titolo di un libretto dell’abate Sieyes , scritto proprio in quei tempi rivoluzionari.

Il terzo stato era l’insieme di tutto coloro che non erano  né clero  né nobili : praticamente oggi tutti noi che ci dividiamo però in due categorie di pensiero: conservatori e progressisti , se questo può essere un discrimine netto.

Detto così tutto sembra essere più semplice e in realtà invece complica un po’ le cose perché sono poi intervenuti i partiti politici a etichettare le diverse sfumature del perché e percome realizzare i desiderata di questo terzo stato magmatico in cui ci muoviamo .

Cerco lumi nella Costituzione italiana e non trovo chiarimenti perché se all’articolo 52 in nostro essere collettivo è definito Patria con tanto di maiuscola all’articolo 67 siamo una Nazione che non sembra essere sinonimo della dicitura precedente: in effetti le due diciture fanno riferimento a momenti diversi della nostra vita collettiva .

Nel primo articolo citato siamo chiamati a difendere il sacro suolo in cui viviamo , nel secondo si fa riferimento al sistema di leggi che ci guida.

Siamo comunque un insieme di persone a cui manca quella definizione di paese  ( Heimat, intraducibile parola tedesca)  che infatti ci divide in fazioni contrapposte e ci impedisce di essere una comunità unita davvero.

L’Italia geograficamente è una ,ma storicamente ancora tanto divisa storicamente : troppo lunga , troppo diversa da Nord a Sud , troppo pericolosamente distante nella qualità della vita anche se le antiche origini premiano umanamente le regioni più povere .

Siamo un Terzo Stato frazionato in tanti coriandoli di vita diversi, unificarci dovrebbe essere il nobile scopo della politica che invece fa leva sulle differenze per renderci collegialmente più deboli.

E si parla addirittura di autonomia differenziata !

Ma quando la classe politica tutta comincerà veramente a studiare la Storia per aiutare questa nostra Patria/ Nazione / Paese a diventare un vero paese europeo ?

L’Iran è la Persia-

Ci sono letture che costringono a pensare di più sulla ribellione culturale portata avanti in Iran dalle masse giovani che vorrebbero ribellarsi ai cosiddetti “guardiani della rivoluzione.”

Anche se il “farsi “questo è stato sempre il suo nome  per noi quella terra era la Persia , l’antica terra della poesia  e delle arti.

Da li discende la cultura della razza ariana , terra degli Aari ed è interessante sapere che proprio nelle università tedesche di filologia e archeologia si caldeggiasse in anni sospetti il cambio di nome ed infatti nel 1935 la Persia divenne Iran.

Ma dovremmo anche ricordare che nel 1971 la sorella dello Scià regalò all’ONU una copia del Cilindro di Ciro e in quel documento stampato nell’argilla , vecchio di 23 secoli conteneva la prima dichiarazione dei Diritti Umani , molto prima della Rivoluzione Francese .

Il testo da cui traggo queste riflessioni mi porta a rileggere I Persiani di Eschilo , un meraviglioso affresco  su una guerra raccontata dalla parte dei perdenti vista dallo sguardo di uno che invece quella guerra l’aveva vinta.

I Persiani li mettemmo in scena al liceo e i ragazzi collaborarono alla stesura della riduzione , creativi come solo i ragazzi sanno essere quando sono  stimolati trovammo alcuni barili vuoti di petrolio a fare tragica coreografia e mettemmo le donne del coro nerovelate e dentro informi chador comperati nei nostri mercatini di periferia .

Profeticamente avevamo anticipato i nodi tragici che la storia avrebbe riproposto in quei luoghi antichi di cultura .

La ribellione di oggi è frutto di tanta antica sapienza e dovranno i giovani che si battono eroicamente sulle strade di Teheran e delle altre città persiane tenere bene in mente il retaggio culturale dal quale proviene tutta la loro antica storia , dalla quale dipendiamo anche un po’ anche noi che invece indifferenti li guardiamo la sera nelle immagini dei nostri telegiornali.

In memoriam

Finalmente ad Ancona è stato presentato un libro prezioso che raccoglie l’opera omnia di Franco Scataglini , uno dei massimi poeti del Novecento , amatissimo tra gli accademici e sconosciuto a molti , anche nella sua città.

Il convegno per la presentazione del libro uscito per i tipi di Quodlibet era atteso dai fedelissimi amici ed estimatori  e ha visto illustri accademici  parlarci delle sue poesie , miracoli nascosti in una lingua che non è dialetto , non è vernacolo , è una lingua inventata e riesumata dall’antica lingua dei Trubadores, un unicum prezioso per cui gli illustri relatori hanno usato iperbole paragonando il suo modo di inventare addirittura simile a ciò che fece Dante Alighieri quando fermò nel volgare una lingua che ancora non esisteva .

I suoi libri introvabili io l ho tutti perché sono tra quei pochi che Franco conobbero e amarono e li serbo con cura proprio perché sono il segno del cammino di una vita di poeta che si chiuse , abbastanza improvvisamente e tragicamente in una sera d’estate del 1994 nella sua casa di Numana.

Aveva appena finito di scrivere gli ultimi verso del suo ultimo capolavoro : El SOL  e per quanto sia impossibile capirne la musicale perfezione li riporto anche solo per suscitare qui la curiosità di quanti vorranno avvicinarsi a questi vertici assoluti di poesia.

sul mare del frumento

dolcezza e nostalgia

Di nave senza scia

Chi rivedrà più el vento?

Insieme ai ragazzi che facevano teatro con me ho fatto per due volte uno spettacolo con le sue poesie e quei giovani , ormai uomini e donne sono tra i pochi che in questa città strana che ha intitolato al suo grande figlio una strada anonima in un quartiere di capannoni industriali , hanno imparato a conoscere ed amare il grande poeta. 

Gli intitolammo , il 25 luglio 2010 il Parco del Cardeto , i ragazzi aspettavamo i visitatori in piccoli gruppi in punti strategici del parco e declamavano quei versi che in quei luoghi avevano un senso compiuto , mi ricordo l’emozione di molti per la scoperta di un simile tesoro cittadino.

Il convegno , con accademici illustri è stato bellissimo , il libro è finalmente uscito e sarà possibile per molti che amano la poesia trovare finalmente il modo di avvicinarsi a Scataglini .

Un illustre relatore parlava di Aiku, i piccoli poemi giapponesi , Franco , forse senza volerlo ne ha composti di  mirabili , piccoli frammenti di eternità in piccolissime rime .

El pezetì de porto 

visto da casa mia

grigio, da mare morto

volse venì in poesia              

Regole di mare

Spesso quando mi metto a scrivere una riflessione sul mio piccolo blog traggo argomenti dalla lettura mattutina dei giornali, ma da qualche tempo mi è difficile scegliere tra le tante esigenze per  esprimere comunque un mio parere data  l’enormità di eventi epocali , dolorosi e anche inimmaginabili.

Una regola di base mi ero ripromessa anche quando lo scrivere soltanto di musica non mi è più bastato : evitare la politica , per quella ci sono altri spazi , il blog è leggibile anche fuori del mio paese e non ho mai avuto voglia di confondere i piani.

Per questo oggi mi  rifugio in un argomento che vuole essere tecnico : come ci si dovrebbe comportare in mare quando ci si trova in mezzo a una mareggiata importante.

Contrariamente a quello che verrebbe voglia istintivamente di fare è buona norma allontanarsi dalla costa e se l’istinto suggerirebbe la disperata ricerca di arrivare a terra per salvarsi dal naufragio è prudente tenersi al largo , magari sballottati  dalle onde è quanto di più saggio i marinai esperti insegnano anche ai naviganti della domenica.

Mi sorge allora spontanea una banale domanda : perché i criminalizzati scafisti commettono simili errori ? 
Perché non sono marinai veri e spesso sono dei migranti che ottengono con il loro incarico uno sconto sul terribile prezzo da pagare per salire sui barconi fatiscenti che portano i poveri disgraziati che scappano da tanti orrori quotidiani da preferire il Risiko della morte in mare alla vita impossibile che si prospetta loro nelle loro terre d’origine.

Quindi , e qui il mio discorso se non politico diventa comunque di buon senso : quale possibilità di trovare i veri mandatari dei viaggi di fuga dai paesi come la Turchia , la Tunisia o la Libia criminalizzando quei poveri disgraziati messi al timone di barche fatiscenti , incapaci loro stessi di difendersi dalle insidie del mare ?

Ma  qualcuno davvero crede che inasprendo le pene ( che ci sono già e sono pesantissime) contro questi disgraziati manovali improvvisati si possa fermare il biblico esodo delle masse povere verso i nostri paesi ormai sull’orlo del collasso?

Liù e la compassione

C’era da immaginarselo : è finalmente uscito il cd di Turandot e già su Youtube se ne possono ascoltare praticamente tanti brani da rendere l’ascolto quasi completo.

Ma la perla vera non è il “ Nessun dorma “ così originale e diverso dal canto declamatorio di tanta tenorile passata memoria.

L’ascolto prezioso è il tenero “Non piangere Liù “, specie se paragonato all’ascolto di quel precedente milanese contenuto nelle arie pucciniane.

La voce si fa più intima , l’espressione  ravvicinata : si sente nel respiro più lento la pietà verso la piccola schiava e una specie di testamento nei confronti del padre.

Non è un principe felice Calaf neanche quando , quasi contro la sua volontà entra nelle spire di un destino che vedrà una vittoria che niente avrà di trionfale.

Nell’indimenticabile serata romana che ha chiuso la registrazione scegliendo l’integrale chiusa di Alfano senza i taglia consueti si arrivava al finale luttuosamente trionfale : se da un lato si afferma che l’opera finisce dove fu interrotta dalla morte di Puccini : a questo punto il Maestro Puccini è morto ,come disse Toscanini interrompendo la prima scaligera, abbiamo invece ascoltato nel trionfo finale voluto da unPappano straordinario il segno di una fine più vasta , è l’opera italiana che muore in un’enfasi amorosa che porta in sé i segni di una conclusione perdente.

Turandot si arrende al destino di donna sul cadavere di  Liù, Calaf conosce l’inutilità di un trionfo .

Non ci sono vincitori nel canto di Kaufmann , il suo Calaf mi ricorda da vicino il suo Tristan,  l’ho sentito come un eroe stanco che cammina verso un destino nuovo lasciandosi alle spalle una scia di abbandono e dolore. 

Credo che le parole in esergo che scritte Puccini sulla partitura 
“ eppoi Tristano” , l’intelligente tenore le avesse decisamente in mente.

Preferibilmente

Sono da sempre una disinvolta consumatrice di prodotti scaduti  e mi hanno spesso fatto ridere gli atteggiamenti rigorosi di figli e nipoti che buttano via prodotti alimentari buonissimi solo perché leggono in maniera tassativa le etichette.

Abituata a vivere lunghi periodi in barca  , adesso poi anche se in barca non vado più vivendo da sola capita che per la smania di fare una spesa per più giorni  sfori il fatidico termine.

Leggo oggi che si è mosso anche il ministro dell’agricoltura per dire che quel preferibilmente non vuol dire buttare via alimenti ancora commestibili.

Non sono politicamente allineata con questo governo , ma se il buon senso  (che non vuol dire il senso comune) qualche volta prevale mi trova felicemente concorde.

Ho visto buttare via cose buonissime e ho anche visto dei poveri pensionati frugare nei cassonetti nella speranza che qualche rigoroso lettore di scadenze regali a che le scadenze della vita le ha già consumate tutte la gioia di trovare preziosità da recuperare.

In definitiva se ne può trarre un apologo che sembra un monito contro il furioso consumismo che ha caratterizzato la vita delle generazioni venute su nel benessere illusorio che tutto sia sempre a portata di mano da queste parti.

In anni neanche tanto lontani vidi in un mercato ad Asmara in mostra vecchie prese elettriche , taniche vuote , roba da cassonetto e lì mostrata come merce buona da comprare.

Forse sarebbe bastato girare l’angolo e guardare con più attenzione al resto del mondo , non è mai troppo tardi per cominciare a cambiare.

Ovviamente non mangio la mozzarella blu o l’uovo marcio , ma la voluttà di mangiare crackers scaduti da tre giorni mi fa sentire meno cretina di chi butta via l’uovo che è scaduto da un giorno : ci si fanno delle buonissime frittate.

Ciao mimosa

E’ arrivato l momento di abolirlo questo rituale stanco che celebra la festa della donna , non serve più.

O meglio non farne un rituale stanco , svuotato di ogni significato rivendicativo  tanto ormai le donne hanno conquistato titoli e onori in ogni campo , semmai occorrerebbe riflettere sull’inutilità retorica che porta ancora stampa e televisione a raccontare delle lotte passate e delle conquiste recenti.

E’ molto piaciuta la frase “ non ci hanno visto arrivare “ , ma bisognava avere gli occhi bendati per non accorgersi che ormai c’erano donne dappertutto ai vertici di tutte le più importanti istituzioni . Aggiungo che anche a livelli intermedi ci sono donne in ruoli decisionali alti, bastava dare uno sguardo a ciò che sta avvenendo nelle Università : le ragazze studiano più dei colleghi maschi , si laureano meglio e prima , vincono i concorsi.

Ma il peso della conquista ha il suo lato nero appena si gira lo sguardo lontano dal mondo occidentale : in Irak le donne combattono contro un regime che ancora le vorrebbe sottomesse e nascoste sotto lo jahb, in Afganistan sono allontanate dalle scuole , addirittura avvelenate e obbligate a nascondersi sotto il burqua, in gran parte del mondo lottano per diritti minimi , primo fra tutti il diritto all’autodeterminazione.

Per chi sta da questa parte di mondo   in cui  ci si nasce per caso l’omaggio tardivo della mimosa è un retaggio inutile , addirittura irritante.

Semmai inviterei le donne al potere  a praticare una strada diversa da quella tutta maschile che le ha portate in alto.

Non è cogliendo di sorpresa il maschio padrone per soppiantarlo che si cambia il mondo .

Sarebbe davvero bello che le donne arrivassero a rappresentare un modo diverso di gestione del potere e non mi pare proprio che questo passaggio  si stia verificando.

“ Scanzati te , maschio stanco e logorato che arrivo io a prendere il tuo posto” 

Con gli stessi metodi , la stessa retorica , le stesse modalità , la stessa logica che avremmo dovuto abbattere.

No , non me la sento di festeggiare oggi l’otto Marzo , se allontano lo sguardo in prospettiva mi pare che si sia ancora lontani da una vera svolta storica , mi parrebbe più giusto pensare ad una specie di mimosa diversa : la mimosa tardiva.

Diciamo per intenderci : meno mimose e più opere buone . Per esempio arrivare alla parità salariale , tanto per dirne una davvero significativa.

Frivolezze

Mi concedo una pausa di frivolezza e pongo la mia attenzione su un problema decisamente molto marginale in politica  : l’outfitt delle donne chiamate a rappresentare idee e paesi sul grande palcoscenico mondiale.

Fui persino richiamata da una mia attenta lettrice quando  mi permisi di criticare una premier combinata in modo ridicolo : “non si giudicano le donne dall’abito ma dalle idee.” 

Ebbene , questo è vero fino a un certo punto perchè se esiste il linguaggio della parola esiste anche il linguaggio del corpo e in tempi in cui l’immagine conta più di un tempo anche questo aspetto va considerato.

A suo tempo Angela Merkel lo risolse adottando una sorta di capo quasi maschile che aveva nel continuo cambio colore l’unica concessione alla civetteria femminile.

Del resto anche la Von Der Leyen ha adottato una formula simile , ripetitiva e sempre uguale .

Maestra inimitabile la defunta e rimpianta regina Elisabetta , mille varianti e uno stile inconfondibilmente  sempre uguale a se stesso..

In effetti è un problema tutto femminile : gli uomini si vestono da secoli ormai con un modulo unico e le concessioni di fantasia le esternano solo gli esotici rappresentanti di paesi terzi che legittimamente portano il loro body message anche attraverso gli abiti nazionali.

Si porrebbe anche la necessità , in qualche modo , di rappresentare il proprio paese al meglio : in definitiva il Made in Italy fa parte anche del nostro Pil e se mogli di premier e regine ( ormai poche ) sono comunque attente al messaggio nazionale in Italia siamo davvero all’anno zero.

Mi domando perché una premier giovane che sceglie l’addetto stampa e consiglieri politici adeguati al suo pensiero non senta la necessità di avere anche qualcuno che la protegga dai suoi errori madornali in tema di abbigliamento formale.

Un inutile consiglio: se si ha una figura non particolarmente slanciata si abbandoni quel taglio di capelli ( diceva Drusilla Foer : ci vorrebbe un collo) e si dismettano abbigliamenti con i quali si va in giro comode se si scende dall’aero di stato in visita ufficiale come una massaia al mercato.

Non è questione di rappresentare al meglio la nostra immagine , perlomeno si potrebbe evitare di sembrare lì per caso , se ne avvantaggerebbe sicuramente l’italico prodotto modaiolo.