Sant’Ambrogio

Finalmente una prima scaligera che mi ha  riportato a emozioni lontane, al sincero plauso  finale , al tempo di ascolto volato .

Non era il mio mio primo Boris , anzi per l’esattezza non era neanche il mio primo Ur-Boris perché una diecina di anni fa lo avevo ascoltato a Monaco  , diretto da Kent Nagano e con la regia di Calixto Bieito e se vado molto più lontano ,arrivo al Boris di Boris Christoff a Firenze quando seguivo giovinetta la mia mamma  nel suo amore sconfinato per questa musica russa .

Nel mezzo tante altre volte , non è opera rara nei nostri teatri , nelle varie edizioni e rimaneggiamenti di Rimski-Korsakov, ma questa volta ho ritrovato tutte le emozioni e tutto il godimento nell’ascolto di questa musica piena di echi popolari e al tempo ricca di sottigliezze psicologiche raffinate.

La scelta registica quasi didascalica del danese  Caspar Holter, ma di formazione inglese per i molti anni alla direzione della ROH mi è piaciuta , lontana da compiacimenti interpretativi superflui .

Sapeva di avere un grande , grandissimo protagonista e una compagnia di canto di tutto rispetto  , sapeva di potere contare su una direzione musicale  raffinata e attenta e sapeva anche che il grande co-protagonista , il coro della Scala ,avrebbe fatto la sua grandissima parte mirabilmente.

Ibdar Abdrazakov è stato magnifico per la presenza scenica e soprattutto per essere entrato nel personaggio lentamente , dallo ieratico ingresso dell’incoronazione , fredda a regale fino al ripiegamento anche fisico nel finale tormentato  e perdente .

 Unico neo , non c’era bisogno di pugnalarlo , si era già ucciso da solo , raggomitolato nel suo terrore e nella sua colpa. 

Ho trovato bravissimo Norbert Ernst ,un cantante dell’Opera di Vienna ,nel ruolo di Sujiski e Alezey Maikov ( già ammirato recentemente nella Dama di Picche) , ma chi mi ha colpito particolarmente è il giovane Yaroslav Abraimov nel ruolo dell’Innocente , lo vorrei risentire come Lenski , ne ho molto ammirato la purezza del canto e la presenza scenica.

Un po’ sottotono mi è sembrato il Pimen di Ain Anger , ben altro monaco avevo sentito a Monaco, devo dire però che forse si è molto migliorato nella perorazione finale.

Fisicamente abbastanza ambiguo il falso Dimitri e spettacolare la sua fuga verso l’alto nella chiusa della prima parte , uno delle poche concessioni ad effetto dell’intera rappresentazione.

Qualcuno ha trovato superflua la presenza visiva dell’incubo di Boris , il perenne spettro insanguinato dello Zarevic , ma la sua presenza diventa molto più importante nel momento in cui si ammucchiano i cadaveri degli innocenti uccisi nel massacro di San Basilio e non si va molto lontani nel vedere quel mucchio di bambini morti pensare a tante più recenti vittime di ogni guerra infame.

Ci sarebbero anche altre cose da dire della serata : dalle sgangherate ciarle del duo Carlucci- Vespa ( con toppata gigantesca di Augias ! ) al prezioso contributo preso al volo su RaiNews24 del bravissimo Alberto Mattioli che in pochi minuti ci ha detto tutto quello che serviva per capire l’opera , solo che bisognava essere gatti di telecomando per correre da qua a la in breve tempo, non tutti sono così gatteschi da seguirlo ovunque , fino al commento dovuto sulle toilettes blu-nere delle signore che contano.

Devo ammetterlo , la Meloni non ha sbagliato neanche stavolta , affidandosi all’Armani sicuro si è messa al riparo delle cattiverie che volentieri le penne meneghine avrebbero scritto su di lei.

Per addetti ai lavori

Una colta amica francese ha aperto un elegante dibattito sul suo personale dubbio che in ultima analisi JK interpreti sempre lo stesso ruolo , qualunque sia il personaggio che interpreta.

Forse la questione era leggermente provocatoria , almeno a mio avviso e la cara amica voleva solo essere smentita.

Lo abbiamo fatto in tanti, evidentemente il gruppo al quale si è rivolta è formato in gran parte da fedeli seguaci dell’amato tenore ed è stato facile leggere nelle risposte una linea comune , non una banale difesa d’ufficio , più un’analisi riguardante nel tempo la naturale evoluzione in termini di interpretazione ( e aggiungerei io ) anche di evoluzione della voce.

L’intelligenza di Kaufmann è stata anche quella di lasciare certi ruoli giovanili per avventurarsi in personaggi più vicini alla sua età anagrafica anche se in tempi di pandemia durissima fu capace di ritornare ad un Rodolfo incredibilmente quasi più giovane dei suoi giovanissimi compagni di cast.

In questo senso mi mette qualche dubbio il fatto che abbia in calendario un ritorno a Wether la prossima estate a Londra , anche se credo la voglia di riprendere il personaggio sia più dovuta al piacere di tornare a lavorare con Pappano.

Vero è che io ho il ricordo di Alfredo Kraus , probabilmente molto avanti negli anni sentito a Firenze nei panni del romantico suicida , ma è anche vero che non aveva un repertorio vastissimo e il suo Werther era comunque di riferimento in tempi lontani.

Tornando al nostro bien aimé dobbiamo sempre tenere presente che anche se musicalmente il suo è un approccio approfondito e intelligente al personaggio purtuttavia resta comunque il fatto che l’interpretazione musicale del ruolo e la gamma di espressioni e azioni  di un cantante sono sempre più limitate di quelle di un attore di prosa .

Quello che a volte però tuttora mi stupisce che spesso riesca a entrare nel personaggio per sottrazione , arte difficile e raffinata che si riscontra solo nei grandi , prosa o musica indifferentemente.

La ruota

Sempre più strana la natura : la scorsa estate le ortensie davanti casa erano scolorite e smunte , un pallido ricordo di quello che furono l’anno prima.

Andavo a riguardarmi le foto perché mi sembrava impossibile che gli stessi fiori , nella stessa aiuola , con lo stesso annaffio automatico fossero davvero così diverse nella consistenza e nei colori. 

Poi è arrivato questo lunghissimo autunno fino all’inverno tra alti e bassi e oggi , 4 dicembre, le ortensie che dovranno per forza essere potate sono di un rosso sfolgorante, bellissime come non lo sono state mai dal momenti della loro fioritura primaverile.

Le ho fotografate per mio compiacimento , devo dire che mi affascina il diverso e talvolta improbabile andamento delle piante.

Con il telefono in mano sono entrata in casa : fuori dalla vetrata sul platano in giardino erano rimaste tre foglie tremanti nel vento e ho pensato di essere un po’ come loro, e ungherettianamente le ho fotografate.

Ed ecco , proprio mentre scattavo la foto alle ultime tre foglie  due sono volate via , la foto è praticamente la rappresentazione di un tronco nudo.

E’ la plastica rappresentazione dell’inverno in arrivo , stranamente però non mi mette tristezza anzi mi piace osservare nel ciclo naturale del tempo i segni delle giornate più corte e anzi so che siamo quasi alla fine del calare della luce.

Forse sono un po’ matta , ma mi mette più tristezza l’estate quando nel massimo splendore so che è proprio lì che comincia a spuntare il declino . Qualche volta penso di avere la testa decisamente rovesciata all’indietro.

Dialogues des Carmélites

Lo spettacolo inaugurale della stagione del Teatro dell’Opera di Roma segna un punto alto nella produzione di questo teatro che seguita a dimostrare vivacità di intenti e coraggio nelle scelte.

Questi Dialogues sono un particolarmente riusciti per una serie di circostanze.

Un momento felice della  regista Emma Dante che spogliatasi di alcune sue ricorrenti tematiche ,spesso anche troppo riconoscibili ,firma uno spettacolo rigoroso e asciutto come il testo richiede.

Una felice direzione musicale , un  Michele Mariotti maturo e sensibile che si è avvicinato alla straordinaria partitura con la necessaria linearità, un cast di tutto rilievo dove ovviamente brilla la stella di Anna Caterina Antonaccci di cui non finirò mai di dire tutta la straordinaria capacità di entrare nei personaggi con tutta la sua persona.

La ripresa RAI non ha levato niente alla rappresentazione , semmai , valorizzando le riprese con eccellenti luci , ha reso anche più lineare la comprensione del testo .

Inutile dire che si tratta di uno dei pochi capolavori della seconda metà del Novecento .

Gli stupendi e spiritualmente emblematici dialoghi di Georges Bernanos credo siano statiall’origine del felice risultato musicale di Francis Poulenc.

La possibilità di seguire con la facile lettura dei sottotitoli in italiano penso abbia permesso a molti spettatori digiuni di tanta spiritualità quanto siano totalmente interconnessi testo e musica fino a farne un Unucum perfetto.

Le sedici suore del Carmelo che scelsero la via del martirio , nonostante la umana paura e i tentennamenti della coscienza segnano una tappa del percorso spirituale della natura umana davanti alla scelta estrema nella quale il coraggio prevale , oserei dire , senza passare per il fanatismo.

Grande emozione e il silenzio che ha accompagnato la chiusa dell’Ave Regina dopo l’ultima sciabolata della ghigliottina ha forse dimostrato palpabilmente il livello emozionale raggiunto dallo spettacolo.

Chi può vada a Roma e non si perda questa rappresentazione , comunque è anche recuperabile perfettamente su Raiplay , ne vale la pena,

Facciamoci del male

Forse esiste uno strano complotto tra i registi affermati a chi fa il Don Carlo più brutto e Claus Guth è in buona posizione.

Aveva in mano tutti ( o quasi ) gli elementi migliori su piazza , il testo monstre della versione di Modena e che fa?

Condito con tanti luoghi comuni che bastavano la metà riesce a tirare fuori dal  massimo , difficile e problematico capolavoro verdiano una versione che definire modesta è già un regalo.

La televisione poi riesce a enfatizzare tutte le magagne , a cominciare da Don Carlo che ,vestito da cameriere di pizzeria che nel primo atto si è vistosamente perso pure il microfono per il resto ,non sapendo assolutamente recitare ,lo hanno sbattuto per terra in posizione fetale , così perlomeno si notava poco.

I pezzi da novanta Tezier e Garança alle prese col testo , cattivissimi i sottotitoli , fanno la loro parte come la sanno fare , da grandi interpreti ma lui , nonostante i ricci alla Jonas ,ormai è incinto di otto mesi e lei con una gorgiera sempre di traverso è pure costretta allo spogliarello inutile durante la sua grande aria.

La povera Elisabetta così nana da confondersi spesso col nano malefico svolazzante ,( un Monaciello inutile e molto fastidioso e purtroppo quasi perennemente in scena,) ha una voce potente , purtroppo le cola il trucco pesante ,ma alla fine” le sue vanità” sono di tutto rilievo

Pertusi il mestiere lo sa da secoli , forse quello che si salva meglio anche se mascherato da Guglielmo II si muove bene nelle pieghe del testo tante volte rimaneggiato.

Tagliato , e mi fa male , il Lacrimosa sul corpo di Posa ,seguitiamo a vedere i ragazzini delle proiezioni video , il teutonico “non innovatore” pensa così di spiegarci la vecchia amicizia come se non bastasse la splendida musica verdiana a sottolinearlo ogni due per tre.

Direzione arruffata quanto basta , Valçuna non regge l’organico e lo scroccare dei corni è fastidiosamente esaltato.

JeanLuis Basso , bravissimo con i cori , se la cava meglio , costumista e scenografo da passare alle armi.

E non diamo la colpa al pessimo audio RAI, stavolta la montagna ha partorito il topolino.

PS: irritante “spiegone “ finale , all’una e mezzo non si perdona più niente,

Chénier , mon amour

Un’opera che amo , il mio amatissimo tenore , la dolcissima Maria otre tutto carissima amica , avrei avuto anche la possibiità di comprare un bel biglietto , ma sono qua a guardare con rimpianto le foto delle prove .

Il banale motivo è l’esuberante costo del biglietto aereo Ancona- Vienna , oltre a tutto neppure diretto.

La saggezza , (ma si chiama anche vecchiaia ) mi trattengono a casa anche se vedo in lontananza la prospettiva di incrociare di nuovo il poeta , forse a Milano , forse a Aix.. 

Questa opera per tanti anni messa nel dimenticatoio dalle mode che avevano disdegnato il periodo musicale del verismo è ritornata in auge proprio grazie alla prima bellissima ripresa londinese con Jonas protagonista .

C’è stata poi la stupenda risposta di Monaco , uno Chénier diverso e altrettanto affascinante .

Poi l’opera è tornata in repertorio  ,corsi e ricorsi  ( anche se al mio amico Mattioli seguita a piacere poco la “Rivoluzione à la carte” di Giordano.

Eppure il mio blog che ormai , come un piccolo sismografo , segna i gusti di chi generosamente lo legge registra al primo posto un titolo “le arie di Andrea Chénier “ che seguita a essere gettonato anche col passare degli anni.

Ricordo quando in un lontano backstage a Salisburgo portai a Jonas una foto di Franco Corelli nelle vesti di Chénier presa dall’archivio del teatro delle Muse di Ancona , forse cominciò da lì l’ipotesi del progetto di consegnarli il premio che sarebbe stato il coronamento del centenario della nascita del grande affascinante tenore nato a Ancona.

Proprio in questi giorni a coronamento di un anno di manifestazioni in onore della gloria cittadina hanno posto una lapide davanti la sua casa natale .

Ci eravamo passati davanti anche il giorno della consegna del premio a Kaufmann.

Oggi il mio blog sospira e rimpiange . Senza invidia e con tanti affettuosi toi toi toiper la Prima tra pochi giorni. 

Casamicciola

Ragazzi non fate casamicciola! Era un’esclamazione e un monito che in tempi lontani si gridava ai ragazzini che facevano baccano in casa e in cortile e che non obbedivano agli ordini.

Quando adulta visitai per la prima volta  Ischia mi incantò la bellezza dell’isola, il profumo dei suoi magici giardini,’ di cui uno famosissimo , quello del compositore inglese Warton : la Mortella a Forio d’Ischia  , un miracolo di profumi e colori .

Ma quello che mi stupì fu che a Ischia ci fosse davvero “Casamicciola” cioè un comune dell’isola che aveva avuto tante traversie naturali da essere diventato un sinonimo di disastro. 

Si capivano tante cose guardando la meravigliosa isola , quel monte Epomeo , bellissimo nome greco che guarda dall’alto minaccioso le sue contrade verso il mare , i suoi scoscesi terrazzamenti termali , la benedizione del creato e le trappole insite nella sua bellezza.

Aggiungiamoci anche l’avidità e la leggerezza dell’uomo , lo spericolato abusivismo selvaggio che la pervade tutta e l’isola verde diventa una specie di trappola per i topi quando arrivano le forze della natura a ricordarlo.

A Ischia terremoti e frane sono di casa , poi torna il sole , i profumi annebbiano la memoria e gli ischitani tornano a vivere piangendo , ma per un poco soltanto , le vittime della loro disinvolta gestione del territorio.

Risale al 1922 la prima legge di tutela della bellezza del paesaggio perché le catastrofi e le fragilità dei nostri luoghi erano ben noti al firmatario e porta la firma di Benedetto Croce , lui che quei luoghi li conosceva bene: nel 1883 proprio a Casamicciola in una notte di luglio , lui diciassettennne aveva perso tutta la sua famiglia.

Oggi metà delle case costruite di recente  sono abusive e ancora non sappiamo quante vittime ci sono ancora sepolte dal fango.

Invece di gridare allo scandalo forse una volta per tutte un paese civile , europeo dovrebbe smettere di dare i numeri della lotteria delle vittime e cercare di cominciare a sanare i tanti , troppi errori commessi nel chiudere tutt’e due gli occhi davanti ai disastri naturali che si ripetono con sempre più frequenza in questa terra magica e gentile e comunque da sempre benedetta dagli dei.

Il buio oltre la siepe

C’è un’immagine più eloquente di ogni dichiarazione pacifista nei confronti della guerra in Ukraina.

Dal satellite si vede l’Europa illuminata nella notte con un buco nero nel mezzo, quel buco nero è il paese martirizzato da una guerra di conquista iniqua e violenta da parte della Russia di Putin , un paese che eroicamente resiste anche per tutti noi contro la sopraffazione dittatoriale di un regime che cerca di distruggere la resistenza di un popolo sovrano che rivendica il diritto alla propria sovranità e attraverso la sua resistenza anche quella di tutta l’Europa libera che lo circonda.

Sottile e antica la malvagia distruzione delle centrali elettriche e delle tubature dell’acqua : cercare di distruggere la volontà di un popolo privandolo delle normali ed essenziali risorse per vivere normalmente , adesso poi che a quelle latitudini già è caduta la prima neve e l’inverno più duro bussa alla porta.

Già molti anni fa avremmo dovuto pensare che l’annessione della Crimea da parte della Russia avrebbe rappresentato qualcosa di molto simile all’invasione dei Sudeti da parte di Hitler , l’Europa si girò dall’altra parte , la storia non insegna nulla di nuovo e gli errori si ripetono pericolosamente.

Il ventre molle della grande madre Russia vive passivamente il martirio di un popolo fratello e lo sfilacciamento delle repubbliche satelliti di quella che fu l’URSS riguarda solo i vertici di una oligarchia che governa dal Kremlino i destini di un popolo ancora in gran parte inerte.

Mi dispiace che al Parlamento Europeo un’isoletta rossa di deputati italiani abbia creduto di essere più realisti del re votando contro una risoluzione che condanna il regime di Putin definendolo terrorista e totalitario .

Le nostre anime belle forse dovrebbero guardare meglio quella foto dal satellite , quel buco nero riguarda tutti noi , non basta andare ben imbottiti in piazza a sventolare bandiere della pace per poi ritornare nelle nostre case ben illuminate e riscaldate per sentirsi dalla parte del giusto.

La mattanza

Oggi , giornata internazionale contro la violenza sulle donne  siamo a 104 femminicidi nel nostro bel paese e manca un mese a Natale , periodo festivo nel quale si potrebbero anche riaccendere e aumentare le pulsioni di possesso nel maschio -padrone che non accetta la vita libera delle compagne in  fuga dalla violenza.

Credo sia inutile riempire le scalinate di vecchie scarpe rosse, come credo che guardando fuori dai nostri confini non basta tagliarsi una ciocca di capelli per liberare le donne iraniane dalla violenza che impone loro il velo e la sudditanza totale.

Troppe sono ancora le violenze sulle donne nel mondo : dalle spose bambine in India , alla aberrante pratica della mutazione dei genitali in Africa siamo sempre di fronte alla “maggioranza silenziosa” che vive come una minoranza in tutto il mondo.

In realtà poi le donne , quando riescono a capire che unite si vince riescono nel tentativo di bloccare , anche se a fatica ,  il rigurgito che ha caratterizzato l’ondata di norme regressive che tentano di proibire l’aborto negli Stati Uniti.

Lo stop alla temuta onda rossa trumpiana credo passi anche dalla ribellione femminile al pericoloso trend passatista che ha influenzato la campagna di “midterm”.

Se poi guardiamo a fondo il problema in tutte le sue ripercussioni nella vita delle vittime penso ai bambini orfani , spesso di entrambi i genitori perché il maschio violento finisce anche per ammazzarsi ( e questo non mi fa per niente pena ) ma mi fanno tremare le vene dei polsi quei bambini che restano soli e in balia di un destino che non hanno scelto e che si trovano catapultati in una realtà di abbandono non solo materiale perché spesso la violenza la subiscono anche nella presenza fisica ai fatti di sangue.

Se da qualche parte dobbiamo cominciare per fare qualcosa di utile davvero comincerei a interessarmi di loro  ( si calcola che in Italia siano attualmente 2400 i minori abbandonati in questa situazione).

La violenza di genere è un germe pericoloso , insita forse nella stessa mentalità che ricaccia nell’ombra anche tante altre discriminazioni , non si tratta di essere di destra o di sinistra . Si tratta di essere civili o incivili, si parta da scuola , non per elogiare e valorizzare il merito  , semplicemente stando sempre dalla parte di chi subisce le mortificazioni e le discriminazioni , un “sottile veleno” che inquina e alimenta la violenza nelle menti deboli.

Ricordare Sant’Agata

Un concerto particolare in tv, un senso di orgogliosa appartenenza di tutti coloro che l’hanno organizzato , di chi ha voluto esserci con il proprio strumento , dei cantanti che hanno potuto esserci , stante i tanti impegnati  attualmente sui palcoscenici del mondo , tutti nel nome di Giuseppe Verdi , il nostro immenso compositore , colonna sonora della nostra memoria collettiva.

Il concerto si è svolto a Milano , lo scopo è stato quello nobilissimo di portare all’attenzione di tutti l’urgenza di intervenire nella triste vicenda della chiusura della villa Museo di Sant’Agata .

Andando su Google , non volevo sbagliarmi sul nome esatto della Villa Verdi si legge : museo chiuso definitivamente .

Fa male pensare che si debbano fare appelli accorati perché lo Stato intervenga , il nostro grande compositore non se lo merita proprio.

Lui che in vita ha pensato di erigere un ospedale per gli abitanti delle vicine terre emiliane , lui che ha lasciato quella meravigliosa istituzione che è il ricovero per vecchi artisti  Casa Verdi a Milano , pensare che si debbano lanciare appelli per mantenere la sua  casa -museo dove ha composto pagine immortali fa capire quanto nel nostro paese manchi il culto della memoria delle abitazioni delle nostre glorie nazionali .

A Vienna ci sono le case museo di Haydn, Schubert  , Beethoven , Strauss ; in Italia la casa natale di Dante Alighieri è un pastiche falso medioevale .

Pare che adesso lo Stato , cioè il ministero della Cultura abbia promesso di interessarsene : mi fido poco visto il livello di sensibilità istituzionale fin qui dimostrato.

Non dobbiamo aspettare fiduciosi . bravissimo Francesco Meli ( che fra l’altro ha cantato benissimo ) a farsi promotore del concerto milanese , vigiliamo tutti perché , perlomeno alla ripresa estiva del turismo culturale ,quando verranno da tutto il mondo a visitare la preziosa casa del grande compositore ,i visitatori non trovino davanti il cartello con su scritto Chiuso.

Giuseppe Verdi non si merita proprio l’estrema onta della chiusura della sua casa museo verdiano. 

Coincidenze

Molti anni fa , quando era di moda il ’68 e la frasi sui muri che imbrattavano anche prestigiosi monumenti mi colpi una scritta sotto il porticato di Piazza Santissima Annunziata a Firenze . Credo fosse copiata da analoga scritta francese recitava più o  meno così: l’uomo è come la scimmia , più in alto sale più mostra il culo.

Due recenti e molto diversi casi riempiono i giornali in questi giorni : 

un paladino degli oppressi africani , sfruttati col caporalato nei campi d’Italia e un illustre primario molto noto come influencer ai tempi della pandemia si trovano oggi più o meno infangati per eventi che li riguardano .

Per l’illustre e molto simpatico professore ormai in pensione l’amarezza di essere chiamato in giudizio per concorsi , direi benevolmente influenzati .Per il paladino degli oppressi , neo deputato , l’avere una compagna e la madre di lei coinvolte in storie poco pulite sulla gestione di cooperative agricole.

Per il professore forse il torto più grande è stato essere in gioventù molto attivo politicamente a sinistra , per il neo deputato avere una compagna molto griffata e molto vistosamente sexi.

Del resto questa presenza vistosa aveva colpito anche me , quando durante un dibattito vidi la vamp in prima fila durante la presentazione di un libro dell’allora battagliero africano.

E’ chiaro  che le coincidenze non determinano colpe , intanto però i giornali vanno riempiti di notizie e di queste si nutrono anche i social.

                   ———————————————–

Coincidenze per coincidenze : mi colpisce che molto spesso nelle storie tremende di femminicidi e in generale di efferati delitti che sistematicamente avvengono nel nostro paese quando si leggono i nomi dei carnefici e delle vittime spesso si tratta di stranieri , non necessariamente della stessa provenienza :
E’ come se il melting pot producesse più violenza , come se la vita di persone più difficilmente inserite nel tessuto sociale degenerasse più facilmente nel crimine.

Non è automatico incolpare le strutture pubbliche che dovrebbero vigilare sulla tenuta sociale dei cittadini ( anche degli immigrati ) certo non è un caso questa serie di coincidenze che lascio allo studio dei responsabili della cosa pubblica.

Rivedere Otello

Non mi era mai successo di emozionarmi così tanto tanto rivedendo

In streaming un’opera che avevo già visto ben due volte dal vivo.

Merito primo di Mario Martone che oltre a essere un grande uomo di teatro è anche ottimo regista cinematografico e quando si hanno a disposizione cantanti – attori straordinari si può realizzare un’opera addirittura originale semplicemente sfruttando la forza dei primi piani.

Questo Otello del San Carlo di Napoli che a distanza di un anno è  arrivato  al grande pubblico del web segna un passo importante nella produzione di questo importante teatro e degli sviluppi del suo attuale successo sulla scena nazionale.

Le belle scenografie di Margherita Palli risultano  estremamente valorizzate dalla ripresa cinematografica che alterna i campi lunghi ai ravvicinati e ci fa notare delle raffinatezze  che non avevo colto appieno , un esempio per tutti , il cambio di luce eclisse di sole che piomba su Otello nel momento in cui cade definitivamente nelle spire del sospetto.

Questo è il mio terzo Otello con Jonas Kaufmann , ormai di lui si può solo dire che ogni volta riesce a superare se stesso , difficile davvero trovare un così grande attore , misurato e ormai attento a scavare in sottrazione ogni minimo gesto del suo personaggio.

La sua fredda rabbia interiore così lontana dagli Otello della mia gioventù ,ferocemente belluini nel loro lucido da scarpe, il suo apparente ironico destreggiarsi tra l’incredulità e la rabbia fredda ne fanno un personaggio così vero da fare veramente paura.

Ma  chi si giova in maniera strepitosa della distanza ravvicinata sullo schermo è l’interpretazione di Maria Agresta .  

La sua totale immedesimazione in questa Desdemona moderna ed nel contempo antichissima, i suoi sguardi di amore , di ira , di paura si avvalorano nei primi piani che comunque , anche stando nelle prime file a teatro ,avevo comunque perduti.

Si vede quanto lei ci creda in questa donna forte e tenera , ribelle e vittima comunque di una condizione femminile ancora subalterna.

Anche Igor Golovatenko. si avvantaggia delle scelte registiche , quel suo fondersi nella notte buia aldilà della porta , nel Nulla è semplicemente strepitoso , come certi particolari nei gesti dei personaggi di contorno ( il gesto protettivo di Cassio nei confronti di Desdemona offesa) e soprattutto un’Emilia a tutto tondo , una Manuela Custer da manuale , tutto concorre a ricreare un’atmosfera più vera del vero. Un Otello da rivedere e da risentire perché anche la preziosa e raffinata direzione di Michele Mariotti ne esce valorizzata dall’attenta cura nello scavare lo sottigliezze della partitura per non tacere della preparazione preziosa dei cori di Jean Luis Basso.

In sintesi , una felice operazione di immagine , spero che molti si affaccino incuriositi a rivedere questo splendido spettacolo, onore e gloria del mai abbastanza acclamato SanCarlo.