L’algoritmo

L’algoritmo regala i ricordi : anche non scorrendo troppo indietro nel tempo sul mio I phon ci sono tante foto di neve : il titolo è chiaro “ foto di neve negli anni”. Dove non mi conforta la memoria arrivano immagini  con tanto di data  fatte dalla finestra del mio studio con il cancelletto trasformato in trina bianca , il terrazzo un soffice manto bianco e le date parlano chiaro : dagli anni 2000 qui ha nevicato perlomeno altre tre volte .

Escludendo le foto della montagna , i nipoti ancora ragazzini , le amiche quando ancora facevamo lunghe passeggiate , qui ancora cadeva la neve.

La neve sull’Adriatico arriva da Est . è il famoso “nevone”  raccontato da Fellini in Amarcord, un fenomeno meteorologico di inversione dei venti quando invece di girare dall’Atlantico verso est hanno il sopravvento i Balcani e allora qui arriva o meglio arrivava la neve abbondante che ci portava non pochi disagi ( la città è tutta salite e discese )  ma era una festa per i ragazzini che non andavano a scuola che scendevano sugli slittini sulle strade finalmente tutte per loro.

Quest’anno sono dovuta andare a Vienna per vedere volteggiare qualche sparuto fiocco bianco , ma anche lì prevaleva il freddo e il vento gelido non mi ha permesso di vedere imbiancate sulle statue dei giardini del Ring.

Il cambiamento climatico esiste davvero anche se nei giorni scorsi ho avuto tanto freddo, l’aumento del costo energetico fa sì che abbassiamo i termosifoni e si cerca di difendersi anche aggiungendo piumini e golf , ma poi l’umidità entra nelle ossa e un po’ di inverno vero malgrado tutto ancora lo viviamo.

I grafici delle statistiche parlano chiaro ma la neve in città è il ricordo di un algoritmo , uno dei tanti giochi della memoria indotta che ci fa sentire sempre più schiavi di quelle neiges d’antan così care alla nostra Marchallin…

La forza dell’immagine

Quelle tre larve di uomini dallo sguardo perso , così simili ai sopravvissuti dei camp di sterminio , persi nella loro confusa identità sono la vera condanna ad Hamas , credono di essere forti quegli uomini mascherati e nascosti dai simboli di un potere che si manifesta solo nell’anonimo segno della forza , ma non sanno che quella ostentazione sta loro ritorcendo contro con inaudita condanna.

Ritornano a casa le tre vittime dell’odio  trascinati dallo spettacolo indegno che li fa trofei di guerra e non sanno che la potenza del messaggio non è nelle armi ostentate , nell’ atteggiamento guerresco dei carcerieri  ma  nella forza di una immagine che grida contro di loro e che li vede perdenti davanti al tribunale della storia.

Non so se quegli uomini perduti riusciranno a ad uscire dalla  loro prigione interiore , so soltanto che hanno vinto con  la loro sofferta immagine contro lo spettacolo indegno preparato dai loro carcerieri.

I guerriglieri ostentano le armi sottratte ai soldati israeliani e alle loro spalle un cartello sembra essere un avvertimento per Donald Trump : siamo noi il futuro di Gaza , forse non si rendono conto che non hanno vinto con le armi ma molto più banalmente con il finanziamento delle loro tragiche imprese che se venisse loro a mancare l’appoggio iraniano li renderebbe ridicole comparse di una guerra che sarebbero impossibilitati continuare a combattere.

Diritti e regole

Può capitare di capire il mondo anche attraverso il piccolo mondo che ci circonda .
Da un anno mi aiuta una giovane donna romena ,sono stata fortunata , è una persona gentile e intelligente e spesso ci capita di parlare anche della sua vita e dei suoi problemi.

Qualche mese fa mi chiese dove si trovava la prima circoscrizione , un piccolo ufficio pubblico del Comune ,perché era li che doveva andare a votare per le elezioni del suo paese .

Ci teneva a esprimere il suo pensiero anche se poi capii che le sue idee sulla politica della Romania vista da lontano non era così chiara ma il fatto di volere mantenere il suo diritto di voto mi piacque.

Le elezioni in Romania furono poi invalidate , poche le notizie sui nostri media ma capii che ,come era già successo in Georgia ,pesante era stato il contributo dei romeni della diaspora sul risultato finale, praticamente la destra non aveva vinto abbastanza per governare.

La parola diaspora la usa anche lei  nella sua lingua ed è evidente la comune matrice latina con la nostra lingua.

Pochi giorni fa mi ha chiesto di nuovo informazioni ma questa volta è molto arrabbiata perché in Romania hanno cambiato le regole e adesso deve fare tutta una serie di dichiarazioni per esercitare in Italia il suo diritto al voto.

Non le piace dichiarare la sua  residenza in Italia anche se le ho spiegato che questo non cambia niente sul suo diritto di romena ma  poi seguendo un dibattito in tv sul dilagare del sovranismo negli stati europei  e che anche in Romania adesso vincerà la destra ho capito che questo cambiamento delle regole  complicherà la vita a chi sta lontano e il risultato sarà che per motivi diversi a seconda dei singoli casi molti romeni all’estero non andranno a votare .

Piccoli slittamenti contro le libertà individuali.

Un gioco infantile

Quando i bambini erano bambini e giocavano tra di loro , non come oggi che giocano da soli con la testa nello schermo del tablet , si raccontavano delle storie che spesso cominciavano con : io ero…

IO ero , cioè ci si travestiva mentalmente in qualcun altro per realizzare i sogni ,i progetti o semplicemente le regole del gioco.

Io ero il re e facevo di un pezzo di terra lungo e stretto “ vista mare” la riviera del medio oriente .

La scrivo tutta minuscola anche se è la grandiosa idea di un megalomane americano che pensa di cancellare un popolo , di spostare un paio di milioni di palestinesi qua e la per permettere la realizzazione di un sogno bello pulito e apprezzabile sul piano turistico.

Ho già visto anche la simulazione di progetti bungalow a schiera , c’è già anche un ricco parente del sullodato americano che si accollerebbe volentieri l’impresa .

Devo ammettere che inconsciamente anche io quando guardavo quelle tragiche tendopoli “vista mare” pensavo che i poveri palestinesi in fondo non vivevano in un brutto posto.

L’esercito israeliano ha pianificato il suolo , schiacciando sotto montagne di detriti diecine di migliaia di persone , mirando anche a scuole e ospedali con la giustificazione che fossero tutti rifugi dei combattenti di Hamas , la bestia nera terroristica che in principio fu un partito su base sovranista e religiosa che governava quel budello di terra avendo ottenuto il potere con elezioni democratiche.

Evidentemente c’era qualcosa di sbagliato nel calcolo politico del governo israeliano , a Gaza si viveva malissimo , due milioni di persone strette tra il confine di terra e il mare ed è antica esperienza sapere che quando le situazioni sono esasperate qualcosa di orrendo finisce per accadere .

Fu il 7 ottobre ed è una data che ricordiamo tutti e non  si può cancellare l’orrore con un colpo di spugna dal vago sapore di fiaba disneyliana .

Tutti i popoli che dovrebbero accogliere “ momentaneamente “ i profughi di Gaza si dichiarano fermamente contrari , ci sono già 56 campi profughi palestinesi nell’’area, ma ho il dubbio che piano piano il progetto Mammona abbia il sopravvento sulla logica e sul diritto di una intera popolazione. 

Un grido di poesia

Non è facile leggere la poesia di David Grossman pubblicata oggi accanto alla lunga intervista che il grande scrittore israeliano ha rilasciato a Repubblica .

Avevo scritto il 26 gennaio sul mio blog un pensiero angoscioso circa il futuro molto incerto di quella parte tormentata di Medio Oriente e finivo con un interrogativo al quale sicuramente non da risposta il grido poetico di Grossman , anzi in qualche modo  ne accentua la drammaticità.

Dice lo scrittore all’intervistatrice che dopo il 7 ottobre e soprattutto dopo che ne è seguita tutta la pesantissima tragedia del popolo di Gaza lui non è stato più capace di scrivere , sul suo pensiero è sceso un silenzio che è riuscito a rompere solo dopo tanto tempo attraverso una lunga , tragica forma poetica .

Ho letto e riletto molte volte la poesia , stranamente nella sua reiterazione poetica mi ha ricordato una poesia di Celan ma soprattutto ho capito che ci sono dei momenti nella vita in cui l’unica forma di scrittura possibile sia la poesia.

E’ come se solo attraverso un grido si riuscisse a riconnettere il pensiero tragicamente annullato dalla storia anche si si è speso tutta la vita per trasmettere un sentimento di pace e di speranza .

Grossman  ha pagato un duro prezzo personale alle guerre che hanno insanguinato Israele , ha perso un figlio nell’ultimo giorno dell’ultima guerra contro il Libano e anche una mia cara amica che vive a Tel Aviv ha conosciuto lo stesso straziante dolore .

Ogni dolore per la perdita di un figlio è uguale in tutte le latitudini e non esistono dolori più nobili o più accettabili.

Leggo che adesso  in Israele questa  poesia sia  diventata quasi un rap per come si è diffusa nella popolazione smarrita e disillusa , ritornano gli ostaggi e la conta dei morti è molto lunga .

Pure , nel bellissimo testo alla fine c’è come un filo di speranza : è il bambino che indica al padre l’unica possibile ultima occasione per risollevarsi dalla disperazione .

Ho letto e riletto molte volte il grido dello scrittore nel quale ho ritrovato quello che avevo scritto anch’io nel mio modesto pensiero che  sicuramente con minore forza creativa conteneva la  stessa flebile prospettiva che chiude il messaggio.

Il Concerto di Colonia

Non amo il jazz , non lo capisco , anzi non riesco ad ascoltarlo.

Ero perentoria su questa affermazione , poi un giorno per caso , non mi ricordo da quale radio o mangianastri uscissero quelle note bellissime e fluide , una cascata che usciva dal pianoforte come un fiume e domandai al ragazzo che stava sentendo : mi rispose stupito con lo conoscessi : è il Concerto di Colonia di Keith Jarrett.

Qualche giorno fa in macchina ho acceso la radio e quelle note cristalline mi hanno riempito l’abitacolo.

Ho sorriso perché lo riconosco subito quel Köln concert . il secondo disco jazz più venduto al mondo dagli anni Settanta , cioè da quando per una magica serie di concause venne registrato quel magico evento .

Per quanto mi riguarda ,da quel giorno lontano , quando nel calore meridiano di un’isola greca  sentii per la prima volta quel concerto non ho più detto di non amare il jazz , anzi quel casuale incontro musicale mi aveva fatto capire che la musica , qualunque musica se nasce dalla pura creazione sonora è di per sé un miracolo che entra nell’anima.

Molto si è scritto sulle circostanze di quell’evento : il pianoforte non accordato , il pianista con il mal di schiena e si è molto lavorato sul mito , di sicuro c’è  che quelle note le riconosco all’istante , mi basta ascoltare libera da pregiudizi è il miracolo si ripete .

Sempre- E non è più vero che non amo il jazz.

Le mappe del mondo

Un giorno lontano si pensò che la geografia a scuola fosse  una materia inutile , in effetti per come veniva studiata negli ultimi anni un cui potei vedere nei libri scolastici un arruffato sistema di informazioni  socio-politiche di un paese : metri quadrati di estensione , prodotti , sistema di governo e via via tante verbose informazioni che si potevano trovare su qualsiasi piattaforma a disposizione, pensai che forse era stato migliore il metodo dell’antiquato ricordo delle nozioni a memoria : le regioni , i fiumi , i nomi delle montagne : tutte cose buttate nel cestino dell’antiquariato scolastico.

Il risultato è stato drammatico : oggi nessuno sa più niente del mondo che lo circonda  : non sa dove piazzare i Balcani e pensa che la  Germania sia nel Nord Europa.

Questo meditavo guardando un banale quiz per famiglie nel pomeriggio di un giorno d’inverno , persone mediamente acculturate traballano vistosamente davanti a semplici domande di geografia.

Ho ripensato ai miei lontani studi durante i quali la geografia non era certamente la mia materia preferita ,però in seguito ho sempre detto di conoscere un po’ il mondo perché per mia fortuna ho viaggiato tanto ed è attraverso la visione dei paesi che ho imparato qualcosa del pianeta nel quale viviamo.

E qui veniamo all’importanza delle mappe ; da sempre l’uomo per impossessarsi di un luogo ne ha fatto la mappa , ne ha descritto il cammino per arrivarci , da Pollicino a Marco Polo , la conoscenza del territorio è sempre stata segnata dalle mappe, del resto anche l’Isola del tesoro la trovi solo se sai dove sta!

Passaggio successivo è dare un nome ai territori , così piano piano li riconosciamo e anche se qualche pazzo platinato pensa che cambiando il nome al Golfo del Messico quello diventi americano fa una fatica inutile , le navi lo percorreranno sempre nello stesso modo con le stessa mappe nautiche fatte nei secoli.

Oggi chi crede che cliccare su Google Maps sia sufficiente per capire le differenze dei popoli , le contraddizioni della storia , le conquiste sbagliate e soprattutto che le informazioni generiche che indicano il modo di andare “da la a qua”  siano sufficienti per conoscere il mondo apra un vecchio Atlante e ricominci a elencare i nomi dei fiumi e delle montagne  .  

Tutto sommato credo che sia urgente ricominciare a studiare la geografia come si faceva un tempo oppure si disponga di tanta curiosità da spingerci fuori dell’uscio di casa , non servono tanto i soldi quanto la molla della curiosità , ma questa i giovani ce l’hanno già , perlomeno a giudicare dai miei numerosissimi  nipoti.

Le nevi di ieri

Sono vissuta in un mondo bellissimo e non me ne sono accorta

.Leggevo ieri dello scempio avvenuto l’ultimo weeckend a Roccaraso , con la poltiglia dei rifiuti  rimasti alla partenza dei cento pulmann di pseudo sciatori arrivati a violentare la neve e ho  ripensato alle mie mattine di un tempo lontano quando salivo a Piè Tofana con gli sci fuori dal tettino aperto della vecchia Cinquecento.

La mia piccola macchina senza catene non si doveva fermare  perché sui tornanti della strada innevata non sarei mai più ripartita.

Arrivavo trionfante e parcheggiavo nello spazzale ancora vuoto e mettevo gli sci , praticamente aprivo gli impianti e facevo delle bellissime discese sulle mie adorate Tofane , se chiudo gli occhi ancora ricordo il mio percorso , le deviazioni verso la Cacciatori e i camosci che mi guardavano dall’alto.

Se poi la giornata era già più lunga nel pomeriggio andavo dall’altra parte della valle e sciavo sul Faloria.

Un mondo perduto di gioie semplici alle quali sono tornata per tanti anni e che ancora mi sogno la notte.

Avevo le mie abitudini , provavo sempre lo stesso moto di orgoglio per avercela fatta quando passavo indenne uno strano imbuto di sassi e neve dal quale a metà si partiva trionfanti verso la fine .

La montagna era per me il momento sacro in cui ero parte della natura e mentre risalivo sugli impianti mi piaceva scoprire il piccolo ermellino e lo scoiattolo dispettoso che giocava tra i mughi.

Adesso che tutto è massificato e una influencer riesce a mandare in tilt un comprensorio attraverso un invito social sono convinta di avere vissuto in un mondo di ieri scomparso , insieme ai suoi abitatori, rispettosi della bellezza nella quale avevano la fortuna di poterne godere e che mai avrebbero lasciato cartacce e bottiglie vuote nel parcheggio in fondo alla discesa.

Wagneriana

Un famoso compositore di colonne sonore vincitore di numerosi premi Oscar  ( sua fra le altre la famosa sigla di apertura di molti film di James Bond)  una volta durante una intervista disse che se fosse vissuto ai giorni nostri Richard Wagner avrebbe composto musiche da film .

Stranamente e probabilmente scandalizzando molti anche io ho sempre pensato la stessa cosa e cercherò di spiegare meglio il mio irrispettoso pensiero.

Scorrono , come è noto nella musica di Wagner i lied-motiv che accompagnano i personaggi e anzi spesso ne precedono addirittura l’ingresso nella storia, la fluidità continua della linea musicale wagneriana è di per sé già quasi un racconto nel quale entriamo insieme ai suoi personaggi che diventano parte di noi che stiamo ascoltando la storia che ci viene raccontata.

Se altrimenti la musica cosiddetta colta viene continuamente saccheggiata dal cinema e soprattutto dalla pubblicità non per questo si può parlare di funzione simile a quanto accade con Wagner.

In molti  il casi il  motivo o l’aria altrimenti nota , vengono  associati ad un momento emotivo nei film o nel caso della pubblicità addirittura  al riconoscimento dii un prodotto.

Diversamente è quello che avviene nella linea musicale ininterrotta wagneriana che è in effetti un racconto musicale nel quale ci abbandoniamo , siamo parte di un tutto nel quale riconosciamo i sentimenti, le paure , le angosce e la gioia , tutto fluisce , basta sapersi abbandonare e il racconto in tutte le sue variazioni scorrerà con noi , nella nostra più intima percezione.

Forse sto dicendo una banalità o forse una eresia , mi perdonino gli studiosi veri , i cultori incondizionati ma io continuerò ad ascoltare per esempio la Walkiria come una stupenda colonna sonora  ( e ho scelto apposta il più facile di tutti gli esempi ) . 

Per non  dire dei Mastersinger , un vero e proprio musical , se ci si abbandona senza paludamenti.

Pietre d’inciampo

Ce ne sono anche ad Ancona , un piccolo gruppo in Corso Garibaldi , la gente ci passa sopra e credo che domandandolo a cento persone sono molti poche quelle che ne conoscono il significato.

Ci ho pensato oggi , in un giorno della Memoria forse più faticoso di tanti altri dei quali ho scritto o parlato forse perché il particolare momento politico mondiale in cui viviamo suscita echi di irrazionalità umana più di altri anni in cui ci era sembrato che l’orrore fosse davvero buttato dietro le spalle della Storia.

Invito i miei pochi lettori a ricercare quelle tracce nelle vostre città , se ci sono , guardatele bene perché li c’è il nostro passato oscuro e finché quelle piccole mattonelle dorate brilleranno e finché quei nomi non saranno dimenticati avrà un senso celebrare ancora in questa fredda giornata di gennaio il ricordo di un orrore che è nostro dovere trasmettere alle generazioni venute dopo di noi perché ho veramente paura che la mia generazione sia l’ultima che troverà ancora un senso nella rituale celebrazione.

Impossibile?

Nella striscia di Gaza ci abitavano due milioni di persone  , oggi sappiamo che sono stati uccisi dall’esercito israeliano cinquanta mila di loro , forse mal contati se si pensa che ce ne siano ancora tanti sotto le macerie.

Non è la percentuale biblica che impressiona , di genocidi è piena la Bibbia e le deportazioni in massa di intere popolazioni è avvenuta in tanti periodi storici da sembrare una cosa normale , vista con la prospettiva storica.

Quello che impressiona , oggi in un mondo in cui possiamo vedere il risultato di tanto orrore sono le macerie che ininterrottamente mostrano dall’alto quella massa informe di detriti che furono storie di famiglie , vite vissute , dolori incancellabili.

Dicono che ci vorranno secoli per rimuoverle tutte ,ma nessuno dice dell’odio che seguiterà a covare nel ricordo dei sopravvissuti.

Se guardiamo una vecchia mappa della Palestina la vediamo grande come adesso sono la somma dello stato di Israele e le due scomposte parti palestinesi.

Quando all’inizio del Novecento i sionisti realizzarono il sogno di riportare gli ebrei della Diaspora nella loro terra del latte e del miele usarono una violenza nei confronti dei secolari abitanti di quelle terra .

Nacque allora il dramma di cui non vediamo una fine possibile.

Come far diventare concreta l’dea di “due popoli due stati “se nel mezzo c’è lo stato di Israele come un bubbone che divide la Cisgiordania a Est e la striscia di Gaza a Ovest?

So benissimo che una cosa è il popolo ebraico a cui mi legano legami religiosi e affetti personali e altra cosa è la violenza di uno stato oppressore , forte della conoscenza culturale che lo fa più forte e soprattutto della superiorità economica che ne ha fatto un unicum all’interno del panorama medio-orientale.

Ho letto con amore e devozione i libri dei miei amati scrittori israeliani , conosco la volontà di quasi tutti gli intellettuali ebrei  di riuscire a vivere in pace con i palestinesi che convivono nelle loro città , nei villaggi e ai confini dei kibutz.

Ma un ricordo personale mi riempie di sconforto nei confronti di questa utopia : ero in macchina  tra Tel Aviv e Gerusalemme e sulla strada ogni tanto si formava un ingorgo che poi si scioglieva appena superato il villaggio .

“Sono palestinesi “, era stato il moto di fastidio e forse di malcelato razzismo con il quale il mio colto accompagnatore “sabra” indicava il disagio di quegli ingorghi.

Finché da una parte ci sarà l’odio profondo di chi è arrivato a rubare una antica terra ai secolari abitatori e dall’altra parte una strisciante forma di superiorità intellettuale pericolosa per il disprezzo per i poveri incolti ex padroni di quelle aride terre che invece loro hanno reso fertili e ubertose non vedo la possibilità di una pace possibile .

A meno che gli interessi dei confinanti Emirati arabi non ritengano  nel loro interesse economico praticabile una soluzione : questa era la strada degli accordi di Abramo , tragicamente interrotti dall’azione di Hamas il 7 ottobre 2023.

Solent green

Al supermercato , forse suggestionata dalla pubblicità , prendo dal reparto surgelati una zuppa di verdure , penso che magari un giorno di pioggia in cui non avrò voglia di cucinare potrò provare questo esperimento di cucina.

Normalmente mangio solo verdure tresche e minestre di legumi che oltre tutto mi vengono abbastanza bene.

Oggi però era il giorno giusto , sono tornata a casa un po’ tardi e ho tirato fuori dal reparto surgelati la busta  misteriosa .

Leggo con cura le istruzioni , in realtà semplicissime , apro la busta e verso il contenuto nella pentola.

Con stupore mi accorgo che si tratta di dischetti tondi , verdi-arancio , sembrano piuttosto delle fiches per giocare al Casino.

Copro e aspetto , a fuoco medio , gli indicati sette minuti  , girando ogni tanto .

Alla fine il passato di verdure ha un aspetto piacevole , lo assaggio e senza gridare al miracolo , ammetto che è buono.

Solo che in quel momento esatto mi viene in mente un film di fantascienza intitolato “2022 i sopravvissuti “ nel quale si raccontava che in una futuribile metropoli americana sparivano i vecchi e un baldo poliziotto aveva scoperto la fine dei medesimi , i quali finivano volontariamente in una specie di clinica dalla quale uscivano trasformati in grosse pillole che servivano a sfamare l’umanità in crisi alimentare.

La somiglianza con i dischetti del mio minestrone era perfetta , mi sono anche ricordata che il titolo originale del film era Solent green e che quaranta o più anni fa quello mi era sembrato un film apocalittico.

Per la seconda volta in pochi giorni sono ritornata indietro , quando i film di fantascienza erano di moda , adesso non fanno più ridere ,

e non so se ricomprerò più il minestrone surgelato.