Se stasera sono qui

Avrei dovuto essere a Londra , poi tutta una serie di considerazioni , casualità , prudenza hanno fatto sì che ieri invece di ascoltare musica in una bellissima città fossi inchiodata davanti alla tv a soffrire per uno spettacolo indegno regalatomi da alcuni cialtroni italiani che altri , non io , hanno mandato al Parlamento per offrirci una squallida giornata di follia .

Così è stato che al tramonto abbia avuto bisogno di uscire dall’incubo e sono andata in un luogo simbolico e bellissimo della mia città : il monumento alla resistenza di Pericle Fazzini dal quale si gode un bellissimo panorama sui colli storici con sfondo sul Mare Adriatico.

Cominciava un’avventura politica un giovane , una strana sfida all’interno della sinistra ( quella che si ripiega sempre su se stessa) e per i comuni lontani interessi che mi avevano molto impegnato sul piano culturale nell’ offrire una risposta “alta “ alla mia città  mi sono sentita di rispondere alla chiamata , io così ormai lontana da ogni interesse militante , ho sentito il bisogno di reagire portando il mio pensiero libero da condizionamenti partitici e solo per il gusto di non mollare mai , anche alla mia veneranda età.

Avrei voglia di prendere un aereo per andare a Monaco , mi manca molto il mio Festival estivo , mi manca l’incontro con un mio amico meraviglioso cantante , mi manca il Prinzregententheater, mi manca Strauss , mi manca l’aria culturale che si respira in Baviera.

E invece sono qui , ma non mi dispiace che in questa occasione sia riuscita lo stesso a essere viva e presente alla risposta di civiltà della mia realtà cittadina.

Quel treno per Kiev

Ho sempre tenuto fuori dal mio piccolo blog le storie della politica .

Poi , nel tempo , sempre meno cronache di viaggi  , sempre meno musica , il mio naturale ripiegarmi sul privato anche per colpa della pandemia che ci ha rinchiusi tutti nel privato , anche se  ho sempre cercato di tenere in piedi il mio piccolo spazio di riflessione.

Oggi però , anche per sentirmi un po’ meno sola sento il bisogno di parlare di Europa e di riandare un po’ indietro con la mia riflessione 

Come diceva uno che di queste cose se ne intendeva “ a pensare male si fa peccato però spesso si indovina”.

Ripenso a quella foto notturna sul treno per Kiev e si vedono tre uomini di buona volontà che vanno verso un incontro simbolico e importante.

Tutte e tre oggi nei rispettivi paesi , con diverse valutazioni , non rappresentano più la forza della buona politica ( e se ci aggiungiamo anche Johnson , che magari ci ha messo molto del suo ) capiamo quanto la guerra in Ukraina ha contribuito a limare la forza della democrazia nell’intera Europa.

Macron deve fare i conti con un Parlamento in cui non ha più la maggioranza , la stella di Schulz non brilla di luce propria e in Italia , con una politica impazzita e autolesionista siamo riusciti a far fuori uno degli uomini più importanti e qualificati dell’intero continente .

Il povero Zelewsky ringrazia  ma  vede assottigliarsi l’attenzione e la solidarietà nei confronti di una guerra terribile e barbara che ancora ieri ci mostrava foto strazianti come quella del povero padre stravolto che tiene la mano del figlio tredicenne morto mentre stavano aspettando l’autobus che li portava a casa.

Ma al Kremlino brindano perché la forza bruta si impone sulle nostre vacillanti democrazie , lo zar Putin e i suoi accoliti cercano di schiacciare , anche dall’interno dei nostri paesi la forza razionale che ha dato immediatamente una risposta di civiltà alla brutale aggressione verso un libero stato democratico nel cuore dell’Europa.

Grave colpa in Italia hanno tutti coloro che ancora pensano alla Russia come a un alleato possibile, spero che urne li puniscano ( e non solo per questo).

Tutti gli uomini di buona volontà si sentano in viaggio sul quel treno per Kiev e facciano sì che quell’immagine non resti solo una foto-ricordo dei libri di storia di domani.

Un film di Scola

Fa molto caldo , chiuse le persiane , cerco il fresco sotto il ventilatore . Quasi con un riflesso condizionato chiudo il libro e accendo la Tv.

Per caso ,molto per caso perché è gia iniziato , comincio a riguardare un film di Ettore Scola : la Terrazza ( 1980) .

L’affresco di una certa realtà romana sembra quasi un reperto archeologico  ma quello che mi colpisce davvero è una scena  verso la fine : tutti insieme Gasmann , Trintignan, Tognazzi e Mastroianni , sembra quasi impossibile tanta ricchezza di attori grandissimi in una sola inquadratura .

Tutt’a un tratto mi rendo conto che sono tutti scomparsi e insieme a loro ci sono come apparizioni tanti altri volti del cinema , della tv , del giornalismo di quegli anni che ho vissuto anch’io e non so se andare a cercare quello che ne diceva il solito Mereghetti o lasciarmi andare a un sottile senso di tristezza che non valuta il film per quello che è stato  ma piuttosto per quell’immagine di un mondo talmente lontano che non bastano neppure le due figure di giovani che seguitano a parlare sullo stipite del terrazzo sotto la pioggia di un temporale estivo mentre  quasi un canto sguaiato e goliardico sullo sfondo unisce tutti per darmi un senso di speranza per un futuro che ben sappiamo non sarà sicuramente migliore.

Nel film ci sono inserti veri di un Congresso del PCI e li mi scatta davvero l’invidia per un tempo diverso in cui esistevano ancora i partiti con i loro precisi elettorati , i loro sistemi di valori e se anche non ne condividevamo  il pensiero avevamo  la certezza di sapere che non c’erano confini confusi . 

Niente a che vedere con quell’isalata mista di personalismi , slogan da prodotto pubblicitario , confusione ideologica che sono le realtà del quadro politico oggi.

Sicuramente quel film rappresentava la fine di un’epoca ma mi domando sconsolatamente come siamo riusciti a precipitare così in basso ( e non solo in Italia ) da considerare quel mondo perduto un livello di civiltà politica molto migliore di quello che stiamo vivendo adesso.

Arrivederci Direttore

Una certa idea dell’Italia , questo era Repubblica per noi che negli anni Settanta andavamo in edicola a comprare il “nostro giornale”.

In casa mia entravano tre giornali al giorno : Il Corriere di mio marito , la Repubblica mio e un terzo giornale locale Il corriere Adriatico , che non valeva niente ma secondo il capofamiglia era doveroso sapere anche i fatti del cortile di casa.Facevamo accesissime discussioni quando il suo Corriere era in disaccordo con quella che lui chiamava ” la tua Repubblichina ” cercando di sminuirne il peso politico , poi nel tempo le cose sfumarono e la lettura dei due giornali restò più una questione di comodo per non contendersi la lettura dopo pranzo.

Credo di essere stata una lettrice davvero della prima ora e aspettavo sempre l’editoriale di Scalfari per capirci di più su quello che succedeva nel nostro paese e nel mondo.

Anche oggi che leggo soprattutto quello che Scalfari chiamava il giornale dei bottoni , cioè la versione digitale, quello è per me il primo contatto mattutino con l’informazione.

Ma vorrei anche ricordare l’Espresso , quello vero che veniva dal Mondo di Pannunzio ,e fu anche quello un grande successo editoriale del grande giornalista e fondatore . Attraverso i due giornali l’Espresso prima e la Repubblica poi ,nel nostro paese sempre in bilico tra il diventare europeo e il restare in un limbo ideologico “sgarruppato” molti di noi si sono sentiti meno marginali nel nostro vecchio continente che ci correva davanti .

Cade in un giorno strano e fatale l’annuncio della morte del grande vegliardo, Siamo ancora e sempre in quel limbo primigenio che ci raccontava il primo numero del gennaio 1976.

Però è anche il giorno della Presa della Bastiglia , vorrà pure dirci qualcosa il ricordo dei valori rivoluzionari d’antan . Almeno lo spero.

A occhio nudo

Alla fonda , ormeggiati al largo delle isole Dahlak in Eritrea una sera mi misi a guardare il cielo , il cielo d’Africa :milioni di milioni di stelle quando mai se ne possano vedere nei nostri cieli d’Europa e capii due cose : che il mal d’Africa è una cosa seria e che siamo talmente piccoli nell’universo che ogni nostro pensiero di possesso e di ricchezza s’infrange davanti all’enormià di un cielo africano stellato.

Ho ripensato a quel cielo vedendo le strabilianti immagini che ci sono arrivate dal telescopio stellare James Webb e che sono solo più colorate di quel magico manto trapunto che scoprii una sera lontana.

Più che il fascino scientifico di quelle immagini è l’aspetto morale che mi pone tante domande : davvero siamo quello che crediamo di essere ?

Vaghiamo in un lasso di tempo relativo su questo pianeta del quale ci sentiamo padroni e non sappiamo quasi niente di tutto quello che crediamo di sapere .

Forse l’unica risposta possibile è il richiamo kantiano sulla nostra unica certezza possibile : il cielo stellato sopra di noi e la legge morale dentro di noi..

ma vallo a spiegare ai cosiddetti grandi della terra!

Intermezzo

Avevo trovato una bella citazione da un libro di Leonardo Sciascia in cui fa dire a un suo personaggio che non ha più voglia di uscire di casa perché uscendo ha molte più probabilità di incontrare persone disoneste o imbecilli per cui preferisce stare in casa perché li dentro è in buona compagnia indicando poi con gesto ampio le sue stanze piene di libri.

Ebbene , la citazione se l’è inghiottita Fb e non la trovo più anche se il senso ,forse anche più amaro di come lo ricordo io ,era questo.

Mi accorgo di condividere totalmente questo atteggiamento e serenamente mi sento tanto più vicina al mondo quanto meno vado in giro in questa mia piccola città dalla quale in passato evadevo continuamene e in ultima analisi era l’unico modo per renderla accettabile.

Ho rinunciato all’unica evasione che mi ero concessa e ne sono abbastanza contenta : credo sia perfettamente inutile rischiare caos aeroportuali, virus goderecci che si divertono a mascherarsi in una serie sempre più fantasiosa di varianti ,e poi “ madamina il catalogo è questo “ , non trovo grandi stimoli nella consueta ripetitiva serie di proposte che perlomeno a distanza ravvicinata il mio mondo mi offre.

Per fortuna non ho da raggiungere nessun nuovo record , all’età mia si sono viste talmente tante cose belle che è forse più divertente sfogliare le agende maniacalmente serbate per decenni e ricordare quanto di bello si è visto e vissuto.

Non mi pare un bel mondo quello che si offre al mondo di domani.

Oggi compie vent’anni una mia bellissima nipote , lei magari festeggerà e io avrò pure paura di abbracciarla perché si potrebbe essere ribeccata il solito Covid anche se convengo che  i giovani hanno ragione di festeggiare e sfidare la sorte .

Mese di matrimoni , compleanni , festeggiamenti , viaggi .

Io ho scoperto uno scaffale di libri sul quale ho trovato due o tre titoli storici che avevo snobbato in passato , non si sta così male in terrazzo davanti al mare , mi auguro buona lettura.

Dell’ Ippolito

Leggo la notizia di una pubblicazione dell‘Ippolito di Euripide , una versione per i giovani .
Ma nessun testo è cosi vicino ai giovani e ai loro problemi di Ippolito .
Quando l ́abbiamo messo in scena col Centro Rinaldini ( al Liceo classico di Ancona ) abbiamo lavoro mesi e mesi con i giovani coinvolti nel progetto .
La storia di un giovane indifferente alle donne che amava solo la caccia e i compagni, la folle passione che provoca nella matrigna Fedra , la reazione rabbiosa del padre Teseo , la tragica fine magistralmente narrata dal messaggero è talmente moderna da non avere bisogno di commenti.
Ricordo le due Dee in in competizione : Afrodite e Atena in lotta fra loro ( le giovani bravissime si erano addirittura scritte i versi greci e inventate le musiche ) , il pianto di Teseo sul corpo del figlio morto e le tante ragazze del coro
( con tante gonne comprate in svendita su una bancarella! )
Ci eravamo inventati anche un Minotauro che avvolge Fedra nelle sue spire, fantasia al potere, soldi pochissimi ma tanta voglia di riuscire in uno spettacolo degno che potesse ben figurare in Sicilia al Festival dei giovani dell‘INDA.

Fu molto bello lavorare con una libertà oggi inimmaginabile , ci lasciavano rientrare la sera a scuola , mai successo niente di sgradevole , quando c’è l’impegno si collabora in serietà, la grandezza dei versi immortali , tutto contribuiva a rendere il nostro lavoro addirittura più utile delle comunque importanti lezioni curriculari di greco.

So per certo che molti di quei giovani riportano dei loro ricordi scolastici l’esperienza teatrale tra le cose più importanti del loro percorso al liceo.
Oggi mi va di scriverne e di ricordarli tutti i mei ragazzi , oggi professionisti affermati in tante diverse discipline .
Spero mi leggano e magari tornino a riguardare le foto di allora .

Quanto a me , il ricordo fortissimo di quelle esperienze lontane e’ il lusso che mi concedo con orgoglio e tenerezza.

Der Abschied

Oggi 7 luglio nel lontano 1860 nasceva a Kaliste nella lontana Boemia Gustav Mahler .

Amo la sua musica che riconosco sempre , quasi senza averne una immediata riconoscibilità , non sono una musicista e la mia cultura musicale  è sicuramente modesta.

Eppure appena ascolto qualcosa che in qualche modo mi turba e mi affascina contemporaneamente so che sto ascoltando una sua composizione.

La radio è sempre accesa in macchina e la musica parte senza una mia scelta.

Difficile rendere a parole la sensazione di qualcosa che struscia nel profondo dell’anima , che mi fa tendere all’ascolto come se mi sentissi attraversata e sollecitata come una corda di violino .

Ma c’è una pagina particolare di Mahler che tengo nel cuore in un modo così tanto struggente che rischia addirittura di farmi male.

E’ il lungo lied finale del Canto della terra: Der Abschied e quando lo dissi in un breve colloquio a Jonas Kaufmann  ( avevo ascoltato la sua versione a Parigi e avevo con me il Cd che ne era stato realizzato), lui mi ha sorriso quasi con complicità , evidentemente anche per lui quella pagina ha un valore particolare  e allora mi scrisse una strana dedica con un pennarello rosso e io ci avevo messo un po’ per capirne il testo , comunque bellissimo.

Quegli ultimi sette Ewig che finiscono nel nulla sono una dissoluzione dell’anima .

Ha scritto un colto amico che leggo sempre con piacere che forse vorrebbe che quel sublime finale risuonasse nella sua mente nel momento dell’ultimo addio . 

Credo che sarebbe una bellissima fine per ognuno di noi che amiamo il grande genio e che nel ritiro di Dobbiaco l’ha composta  lasciandola  a noi , che ancora possiamo goderne la sublime bellezza.

Tempi moderni

Doveva essere l’estate in cui ci saremo messi alle spalle il brutto sogno che è stata la pandemia e invece siamo di nuovo nell’incubo aggravato da tanti altri pesanti eventi : una guerra in Europa , un siccità biblica , un caos aeroportuale ( e non solo ) che fanno aasomigliare gli speranzosi vacanzieri a dannati senza gloria accomunati nella vana speranza di una qualche regolarità nei voli che sono diventati anche carissimi , nonché aleatori.

Sembra un bollettino di guerra : scioperano tutti e in tutti i paesi.

Un disincantato dirigente di una una famosa compagnia low cost ha detto chiaramente che quello che stiamo vivendo non è un episodio transitorio , ma  la fine di un epoca nella quale si poteva pensare di spostarsi con leggerezza inseguendo i propri sogni di vacanze e di eventi da raggiungere facilmente.

Personalmente una nota , anzi notissima compagnia aerea mi ha spostato per quattro volte un piano di volo semplicissimo in tempi normali , una specie di fly-game thriller e alla fine sono crollata ,

ho pensato che stare a casa , in riva al mare , alla fine sarà la soluzione ottimale visto anche la mia venerabile età che non consente più avventure .

Viviamo un’estate piena di sensi di colpa : il prato ingiallisce e non si ha il coraggio di annaffiare pensando alle regioni già in stato di calamità, verrebbe quasi voglia di intonare riti propiziatori per la pioggia e poi la si teme perché quando arriva insieme a vento e grandine a falciare le povere rose che non riescono a fiorire perché sono già appassite.

Il Covid ha rialzato la testa , siamo all’estate indiana e non è il titolo di un romanzo.

Invidio gli intrepidi che hanno ancora voglia di spostarsi per raggiungere i Festival che hanno ripreso la loro attività culturale , che Caronte li protegga  mentre mi viene da pensare che solo una ragazzina svedese , fastidiosa e petulante ci aveva avvertiti tutti , la terra si è stufata di farci i suoi doni e i cretini stanno ancora attaccati ai loro condizionatori.

Sarà da ridere quest’inverno quando ci dovremo rimettere i piumini anche in casa !

Vittoria della minestra

In questo tristissimo tempo di guerra come il baleno di un sorriso arriva una notizia lieve : l’Ucraina ha vinto la battaglia del Borscht.

Sembrerebbe una frivolezza , in realtà è una sottile vendetta culturale perché la giuria internazionale che doveva decidere se il famoso piatto tradizionale fosse russo o ucraino ha deciso che  la storia russa nascendo in realtà dalla grande Kiev dovevasi attribuire all’Ucraina la progenitura del sollodato piatto tipico.

Devo dire , obbiettivamente che avendolo dovuto assaggiare durante il mio antico viaggio in quelle terre lontane non ne serbo un gran ricordo.

Odiando le barbabietole e la panna acida non è che il connubbio fosse per me fonte di delizia del palato.

Oggi però la notizia mi ha riempito di allegria e mi riserbo magari di dare al mitico piatto a suo tempo orripilato una prova d’appello : hai visto mai che alla luce di tutte le sacrosante rivedicazioni  ucraine firirebbe per piacermi anche l’esotica aborrita minestra ?

Si dice che i gusti cambiano ogni sette anni , dal tempo in cui mi ritrovai a mangiare il borscht di anni ne sono passati due o tre volte sette , giusto in tempo per dare una prova d’appello alla minestra che adesso so di essere ufficialmente ucraina.

Addio a un maestro

Non avrei mai conosciuto un antico poema indiano se non ci fosse stato un mago della scena che si chiamava Peter Brook : il suo Mahabharata , quante ore costretti nel silenzio di partecipanti alla lunga saga ( e un ricordo qui va anche a Vittorio Mezzogiorno ) un  italiano che eccettò la sfida partecipando alla kermesse , un modo totale di fare teatro che non ha più eredi sulla scena di oggi.

Poi il suo Marat- Sade , uno spettacolo e poi un film , una sconvolgente messinscena , indimenticale quel manicomio di Charenton.

Qualche volta mi domando se sia solo la pigrizia che non mi fa più andare a teatro oppure la sensazione di noia che mi prende perché mi sembra di avere già visto tutto , perché salvo rare preziose eccezioni il teatro oggi non riesce più a darmi quel senso di partecipazione totale , quel coinvolgimento dell’essere tutt’uno con lo spettacolo che mi davano gli spettacoli una volta.

Forse solo la gioia di avere fatto teatro classico con i ragazzi , la meraviglia di un coro greco , un teatro povero fatto con poche sedie e tanto entusiasmo : tutto questo forse per avere visto in un tempo lontano qualche spettacolo di quel mago della scena che è stato Peter Brook .  

In fondo credo che la magia irripetibile del teatro consista proprio nel ricreare l’attimo nel quale si vive insieme il palpito dela vita vera , quella che solo la scena riesce a ricreare.

Una canzone

Luglio , col bene che ti voglio , vedra’ non finirà…..ho cominciato a canticchiare stamattina e piano piano mi è tornato il mente un mondo lontano : il’68 che è stato  tante cose per tutti e per ciascuno di noi anche tanto altro.

Piano piano ho ritrovato i versi piani e gentili nella mia testa , poi il nome del cantante : si chiamava Riccardo Del Turco ed era , forse , anche parente di una  mia compagna di scuola .

Una buffa e simpatica biondina che riemerge nei miei ricordi fiorentini lontani insieme alle note della canzone , il testo ( poi oggi si fanno delle rapide ricerche su tutto ) è di Bigazzi , uno che decisamente ci sapeva fare con le parole.

Una televisione in bianco e nero , una fetta di vita lontana e un ritornello che torna puntualmente ogni anno.

Si apre questo luglio caldissimo con il refrain che sa di cose lontane, chissà perché mi sembra di ricordare che fosse un tempo più garbato , forse faceva meno caldo.

Del Turco , cognato di Endrigo , il mondo delle canzoni dai versi che avevano un senso , roba di un altro mondo :

Luglio, ho tanto freddo al cuore…….