Una storia vecchia

Non vorrei mai parlare di politica , il mio blog era nato per parlare di musica nel segno di un grande tenore ma il tempo corre , i viaggi sempre più rari e costosi mi legano al vissuto più ravvicinato e quella che vorrei raccontare oggi è una piccola storia emblematica di quello che fu ( o meglio non fu ) stare a sinistra nel nostro bel paese.

Anni lontani , in un circolo di quartiere , ma era la vecchia sezione riciclata  del maggior partito di sinistra, un giorno arrivò uno strano ragazzo, studente universitario un po’ confuso politicamente e il vecchio “ compagno “ che lo accolse capì che per rispondere alle domande del giovane che voleva impegnarsi e fare qualcosa non aveva gli strumenti e le risposte necessarie .

Il vecchio compagno che  mi voleva bene e credeva che io fossi più adatta a dare sostegno al ragazzo mi chiese aiuto , io volentieri accettai di parlare con il giovane tutto black nell’abbigliamento e con tante belle idee in testa.

Con la stessa bella idea in testa di “aprire ai non iscritti” , leggo oggi sulla stampa quotidiana il solito ritornello rilanciato come se fosse una magica formula nuova .

A suo tempo  parlai a lungo e inutilmente col giovane volentieroso che però scomparve presto dall’orizzonte politico al quale si era avvicinato perché forse aveva capito che la politica era una cosa complicata e difficile.

Aprire ai non iscritti è una formula vuota se non si ritorna ad affrontare il perimetro di idee , quelle sì davvero politiche, nel quale aggregare le persone.

Il problema non è solo italiano , mi guardo in giro e vedo nel nostro mondo occidentale tanta confusione : le vuote parole che segnano il perimetro delle idee dovrebbero essere recuperate per definire l’impegno  e perché non si  traducesse soltanto in consenso elettorale.

Mai come adesso l’oscillazione del consenso è stata così accentuata , l’altalena sulla quale salgono alternativamente le varie sigle politiche dimostrano quanto sarebbe necessario fermarsi e pensare dove si vuole stare .

Non ci vorrebbe tanto ; per fare un esempio banale  : chi si definisce a-politico e/o a-partitico è già inconsciamente un elettore di destra. 

Dalle mie parti

In un piccolo paese alle porte di Ancona vive una gloria nazionale : Sofia Raffaeli , campionessa mondiale di ginnastica .

A Chiaravalle ci abita uno dei miei figli e quando chiedo di questa ragazzina straordinaria mi dicono di conoscerla tutti e tutti ne dicono quel bene semplice e positivo per una ragazza seria e decisamente impegnata in tutto nella vita .

Scopro anche che è figlia e nipote di persone semplici e molto per bene che conosco personalmente da tanti anni :  i buoni frutti nascono sempre da buoni alberi.

In questi giorni si leggono tante storie strane che riguardano le ragazze della ginnastica artistica : le famose Farfalle che volteggiano lievi sulle pedane di tutto il mondo.

Chiaramente c’è un lato più oscuro in tanto risultato positivo ; spesso mi sono chiesta quanti sacrifici e quanta fatica ci siano dietro quei volti sempre sorridenti e quei corpi incredibilmente sottili inguainati nelle fosforescenti tute d’ordinanza .

Del resto anche le giovani che volteggiano in acqua e che ammiriamo nei loro stupendi movimenti in perfetto sincrono credo siano sottoposte a estenuanti giornate di esercizi e a dure regole di vita .

Mi viene in mente il lontano fenomeno di Nadia Comaneci , la piccola romena che ci incantò in anni lontani.

Tutte queste atlete dai miracolosi risultati nascondono dietro i loro volti sorridenti il peso della fatica e il sacrificio quotidiano per ottenere tali risultati.

Viene da domandarsi se ne vale la pena .

La risposta facile è positiva , bisogna poi misurare se il costo del risultato vale il sacrificio di una vita .

Ma questo in realtà è il prezzo che si paga in ogni settore dello sport ( e non solo).

L’esasperazione per la ricerca dei risultati non deve far dimenticare il fattore umano , banalizzando al massimo capire dove sta il limite , dove il risultato mirabile non nasconda pesanti risvolti psicologici.

Un vero ricordo

Dopo avere visto  un video di una povera ragazza fare una ignobile imitazione di Maria Callas in non so bene quale spettacolo televisivo ( credo sui trattasse di imitatori ) per fortuna mi sono imbattuta in una garbata intervista sulla prima rete tv fatta ad una garbata  vecchia signora veneziana che la Maria l’aveva conosciuta davvero.

La signora , davanti a una bella veduta del Canal Grande ricordava la sua amicizia con la Callas che risaliva al tempo in cui la grande cantante era sposata con Meneghini e parlava un italiano dolcissimo con accento veronese.

Io non ho avuta la fortuna della signora veneziana però per motivi anagrafici sono ancora tra i pochi che la Callas l’hanno sentita cantare davvero a Firenze , prima della sua grande avventura scaligera.

Ero una giovinetta con una mamma appassionata di musica , nipote per vari rami con orchestrali ( il nonno , un cugino di mio padre e la  mia madrina ) e a teatro ci andavo spesso , dopo che , finita la guerra , il Maggio Musicale era una meraviglia conosciuta in tutto il mondo.

Tutto questo l’ho già raccontato un uno dei miei piccoli libri dedicata a Jonas Kaufmann , anzi credo più di una volta , e il motivo è sempre lo stesso : solo Kaufmann dopo la Callas hanno avuto su di me lo stesso effetto ammaliatore .

Lo dissi anche a lui nei corridoi bui della Carnegie Hall passando davanti ad un manifesto che mostrava la Callas : sarebbe stata la tua partner ideale ! e lui mi fece un sorrisino un po’ sornione perché era chiaro che non ero la prima a dirglielo.

Ho visto la grande diva in tre opere e le recito come una preghiera :Lucia, Traviata e Puritani ; gli ultimi addirittura a tutte le repliche.

Ancora oggi ne riconosco la voce ogni volta che l’etere mi rimanda la sua inconfondibile carica emotiva filtrata in ogni respiro.

Di certe creature straordinarie ne nascono poche in un secolo , mi reputo molto fortunata se al principio e alla fine della vita ne ho ascoltate due.

Ritorno al cinema

Tra le abitudini di un tempo forse quella vistosamente cambiata è quella di andare al cinema come svago  , luogo di incontro , premessa per una serata da finire in pizzeria.

Quando sia cominciato il lento abbandono di questa abitudine di vita non  lo ricordo , so solo che dall’inizio della pandemia è come se un sipario si  fosse chiuso definitivamente.

Troppe le offerte sulle varie piattaforme , una scelta talmente vasta che spesso ho finito per passare un tempo lunghissimo a cercare il film che mi interessasse davvero fino a chiudere stanca la tv senza avere scelto niente e buonanotte.

Poi qualche giorno fa , forse perché il soggetto del film mi incuriosiva davvero : il teatro nel teatro è sempre un tema molto affascinante ho cercato disperatamente una compagnia per tornare al cinema.

Inaspettatamente l’ho trovata e sono andata in quella strana struttura per me un po’ lunare che è un multiplex nel quale faccio anche un po’ fatica a raccapezzarmi tra tutti i numeri delle sale.

Mi sono sentita un’aliena ma quando mi sono seduta in sala :,comodissima la poltrona con appoggiatesta , frastornata da un audio forse un po’ troppo forte ho capito che andare al cinema può essere ancora una cosa possibile e divertente.

Forse ci vuole un film per cui valga davvero la pena di uscire dal mio guscio comodo casalingo che non mi faccia scattare la voglia di cambiare canale  ( mi è successo anche a teatro, lo confesso ), davvero il gioco deve valere la candela .

Se ripenso a quando ragazzina andavo al cinema tanto spesso, il cinema di periferia di terza visione vicino casa era una meta quasi quotidiana , capisco quanto sia cambiato tutto il modo di vivere di questi miei ultimi anni di spettatrice incallita.

Per la cronaca il film che sono andata a vedere è la Stranezza di Roberto Andò , valeva la pena di rompere una brutta abitudine basata sulla pigrizia. Ho fatto pure un mini abbonamento per tornare al cinema nei prossimi tre mesi.

Chissà se avendo rotto il ghiaccio non impari la strada per andare in quella periferia fuori mano dove resta praticamente l’unico cinema sopravvissuto in città.

Le origini di un mito

Sono complicate e intrecciate fra loro le origini di una festa antichissima e che raccoglie in sé tutta una serie di sollecitazioni che partendo da tanto lontano ci hanno portato alla mascherata dei bambini e alle zucche vuote e illuminate del Massachusetts.

Bisogna cominciare da tanto lontano : un rito gaelico , siamo 4000 anni prima di Cristo e in Irlanda si celebra il Samhain o sommerr’s end: fine della stagione estiva , in questo giorno si narra che i defunti avessero la possibilità di ritornare a salutare i vivi, quasi un omaggio di ritorno . Ecco che il rito si intreccia già in quel tempo lontano al rapporto tra i morti e i vivi : niente di nuovo sotto il sole .

La chiesa cattolica , o per meglio dire la chiesa cristiana ne raccoglie in gran parte il significato e durante la celebrazione della Messa di Ognissanti  si hanno le mirabili letture dell’Apocalisse di San Giovanni e la più bella pagina evangelica : l’elencazione delle Beatitudini. 

Ci riallacciamo così al rito antico attraverso un Verbo che al tempo fu nuovo , collegandosi poi alla celebrazione dei defunti il giorno dopo.

Chi sono quei santi -tutti che celebriamo in questa solennità di Ognissanti ?

Non solo i santi sugli altari ,ma tutti quelli che sono in cerca del vero attraverso quella misteriosa frase messa in bocca al vegliardo : tutti quelli che sono passati attraverso la grande tribolazione e lavato  le loro vesti purificandole  col sangue dell’Agnello.

Ed eccoci al salto più lungo : arriviamo alla festa americana e a quella specie di carnevale d’inverno in cui si intrecciano maschere e paure :Hallowen diventa una festa dei bambini che vanno in giro a chiedere i dolcetti mascherati da maghi e streghette.

Cosicchè un rito antichissimo che partì dalla vecchia Irlanda , attraverso una fede nata nel Medio oriente e poi glorificata da Roma si è trasformato in una ennesima festa consumistica in questi nostri tempi di sicura decadenza etica e morale.

A me piace invece recuperare il suo lontano significato e fermarmi ad ascoltare u bellissimo Lied di Strauss : Allerselen . Lì dentro c’è tutto , anche il ritorno alle origini.

Una stagione ideale

Un tempo fermo , bellissimo . Oggi che poi siamo pure tornati all’ora solare che amo dovrei essere contenta.

Invece una sottile angoscia pervade la mente , siamo in una situazione irreale , di stallo delle stagioni , di attesa .Come se questo tempo bellissimo , questa stagione fuori stagione che ci viene regalata da una anticiclone africano contenga una minaccia nascosta.

Cosa ci aspetta quando davvero arriverà l’autunno ?

Quali violenti fenomeni atmosferici nasconde questa pace fittizia tra l’uomo e la natura?

Siamo in una stagione ideale per scampagnate , gite in barca, dèjeuner sur l’herbe fuori porta.

Eppure questo tempo che ci consente tutto un guardaroba da mezza stagione che non mettevamo più da anni sembra più una minaccia che un regalo.

Perlomeno è quello che sento dentro di me ; invece di goderne appieno mi preoccupo per il  prezzo che dovremo pagare.

Questo magico autunno in cui le foglie lentamente si arrossano , un foliage fantastico e molto pittorico ; un tempo però nel quale le piante non hanno capito bene cosa fare : le rose rigettano , la ginestra ha buttato nuovi teneri rami e anche la pianta di basilico buttata là, perché era finita la sua stagione butta fuori timidamente qualche nuova fogliolina.

E’ vero che dovremmo gioire del risparmio energetico che ci viene regalato , ma santa Greta Tumberg aiutaci tu!

Ci avevi avvisato del surriscaldamento globale , ma non bisognava esagerare in così breve tempo.

Scruto il cielo limpidissimo e azzurro cercando qualche nuvola minacciosa e che ne sono sicura arriverà in maniera scomposta e violenta causandoci magari il disastro che ci aveva procurato non più tardi di un mese fa con inondazione , danni alle cose e soprattutto anche innocenti vittime umane.

Sarà che la vecchiaia non aiuta ad essere ottimisti , non ce la faccio proprio a godere queste bellissime giornate senza un brivido di paura.

La Presidente

Il dibattito inutile sull’articolo che indica la funzione di presidente nasconde nel suo interno il vero motivo per cui mi è difficile rallegrarmi “ per la prima donna al vertice politico” in Italia.

Sono abbastanza certa che non ci sarà sotto la sua guida nessun pericolo di fascismo o di rigurgiti del medesimo , sono però certa che la sua formazione politica abbia in sé tutta la volgarità che certa destra nata nelle periferie incolte prima o poi verrà fuori.

La sua è una carriera politica tipicamente maschile , niente di originale nel suo percorso che probabilmente è avvenuto anche perché darle un posticino non spaventava i suoi compagni di viaggio ( forse nel caso sarebbe meglio dire camerati).

La piccola testuggine si è fatta largo intelligentemente , questo le va sicuramente riconosciuto , nessun afflato verso le vere battaglie delle donne , non ha spaventato con pensieri liberi , si è accodata e piano piano  con sistematica visione molto conservatrice si è trovata a interpretare il ruolo di comandante in capo.

Con molta retorica e pesanti vuoti di memoria ,  dal Risorgimento 

ai giorni nostri saltando la Resistenza sui cui valori fondanti fu scritta la Costituzione su cui ha votato , la giovane Premier si è presentata in tutta la sua naturale vena popolare e con questo ha certamente affascinato i superficiali osservatori della politica pret à porter.

Sarei contenta se nel prosieguo del suo mandato riuscisse a levarsi di dosso quel fastidioso pesante accento romano , non è necessario ribadire orgogliosamente l’origine .

Pare assodato che sia una donna che ama studiare e trovarsi preparata sui temi anche i più ostici della finanza e questo è un dato molto positivo.

A capo di una difficile compagine di vecchie volpi e di nuovi e vecchi arrampicatori la sua navigazione ( lo ha detto lei stessa ) non sarà facile.

Con tutta la diffidenza del caso sarei molto contenta di essere smentita , in fondo anche se la sua è solo una rivendicazione di maniera , sempre di una donna al comando si tratta ed è la prima volta che questo avviene nel nostro paese.

Il tetto di cristallo si è rotto , ci pensino le donne di sinistra e non restino , loro si, ancora legate alle correnti che le hanno spesso mortificate nei ruoli di  gregarie in cordata.

Contraddizioni

Anche selezionando con cura le mie visioni televisive non si possono evitare le tante incursioni pubblicitarie che interrompono i programmi e la mia riflessione riguarda l’evidente scollamento tra la realtà che la pubblicità racconta e il ritardo altrettanto evidente  tra la vita reale e la politica che non è riuscita a cogliere i cambiamenti in atto nella società.

In pubblicità si racconta una società multietnica , di famiglie allargate , di coppie monogenitoriali , di genitori dello stesso sesso che felicemente ci guardano dai teleschermi.

E’ come se i pubblicitari nel pensare modelli di vita capaci di fare breccia nel pubblico , anche se col solo intento di convincerci a comprare tutta  una serie di prodotti che vanno dalla qualità della vita associativa alle varie forme di prodotti per la persona si rivolgessero ad un mondo diverso da quello nel quale  ci muoviamo nella vita reale , ancora appesantiti come siamo da pregiudizi e discriminazioni di ogni genere.

Questo mi porta a una amara considerazione di fondo : dato che tutti i temi di diritti civili , tutte le forme sociali avanzate avrebbero dovuto essere appannaggio di quella che tradizionalmente definiamo politica di sinistra mi spiego chiaramente il motivo del successo di una politica conservatrice che probabilmente  , magari in forma strisciante è ancora ben ancorata nel pensiero di una fetta della società.

Un vecchio articolo

L’avevo serbato salvandolo con una foto perché quell’articolo del New Yorker mi era sembrato esprimesse il mio pensiero di sempre a proposito della straordinaria capacità di Kaufmann di entrare talmente nel personaggio da cannibalizzarlo per sempre , cioè a mio avviso , dopo di lui trovare una certa difficoltà a riconoscere altri seppur bravissimi interpreti nei “ suoi ruoli” , primo fra tutti il suo Werther parigino.

Così è stato anche per Don Carlo , Alvaro fino al suo sublime Canio a Salisburgo.

L’articolo   ha un occhiello in risalto che riporta esattamente : 

Kaufmann celebrity has trascended his ability to desappiear seamlessly into a role.

Ci avevo ripensato giovedì scorso a Monaco , quando al su terzo Dick Johnson pensavo alle sue altre diverse interpretazioni dello stesso ruolo .

Illuminante il piccolo video promozionale del BSO : il bandito è diventato più vecchio e forse anche più disperato , il suo approccio con Minnie all’inizio è molto più grezzo e volgare , il cambiamento arriva con la confessione del secondo atto : qui la baldanza si perde nella disperazione di una vita sbagliata e alla fine , quando con la corda ancora al collo si affloscia in attesa di un verdetto di liberazione che forse neanche spera più, il recupero del ruolo è totale e convincente.

Una Fanciulla bavarese

foto di Brigitte Helder

Ogni volta che ascolto La fanciulla del West penso a quell’amore che Giacomo Puccini aveva per  questa sua creatura e che , secondo lui non era così amata dal pubblico come il suo creatore avrebbe voluto.

La sua ennesima invenzione musicale nata  dopo la fortissima tragica Tosca e la mite durissima Butterfly e prima di quella principessa di gelo che avrebbe chiuso la sua stupenda vicenda di grande indagatore dell’animo femminile.

Un ruolo che sembra facile se non si considerano tutte le implicazioni musicali e le contaminazioni viennesi del maestro. 

Non è tanto l’idea di averla scritta per farsi perdonare dagli americani la pessima figura che aveva fatto fare a loro tramite Pinkerton , sono semmai le tante sollecitazioni venute dall’ascolto di opere novecentesche che gli hanno dato la spinta per comporre un’opera che sembra ambientata in un west di maniera ma che raccoglie in se la nostalgia dell’emigrante ( quel fratello morto in cerca di avventure oltre oceano c’entra eccome.)

Quindi ad ogni nuovo ascolto in quella che sembra una colonna sonora perfetta bisogna ricercare il filo di una ispirazione tanto felice quanto nascosta in filigrana .

Con questo spirito credo che debba essere interpretata l’opera e nel caso della ripresa al BSO non tutti gli elementi filano come dovrebbero.

Una scenografia quasi nuda e questo non è un male davanti a certe pacchiane ricostruzione western , ma una regia tagliata con l’accetta e sicuramente la mancanza adeguata di prove,  ci si trova di fronte a uno spettacolo decisamente minore rispetto alle aspettative.

Il coro soprattutto e la miriade di personaggi minori , ciascuno peraltro ben caratterizzato psicologicamente non emergono in una insalata di movimenti senza senso nel quale fatichiamo a ritrovare Sonora , il cui ruolo finale è decisamente importante.

L’orchestra ha volumi sproporzionati ,, viene voglia in certi momenti di fare il gesto di abbassare l’audio , forse Rustioni non si è reso ben conto dell’acustica bavarese , ben diversamente lo avevo sentito a Pesaro e in altre occasioni più calibrate.

E veniamo alla compagnia di canto : ovviamente la platea osannante era tutta per quel bandito che “ viene da Sacramento “ e certamente non è rimasta delusa .

Le sue due arie importanti e quel duetto finale del primo atto condotti con la solita maestria attoriale anche se chi come me lo aveva visto a Vienna tanti anni fa non può non notare il cambio ..di peso e per contrappasso il volume più forte e deciso della  sua splendida voce. 

Mai una sgranatura , una minima imperfezione , dichiaratamente il fuoriclasse Jonas Kaufmann non delude mai.

I problemi invece ci sono con la Minnie di Malin Byströms  . Molto , forse addirittura troppo giovane e carina , ha come spesso accade alle giovani cantanti d’oggi splendidi acuti , vuoti intermedi e anche qualche problema di dizione.

Comunque al pubblico piace , penso di essere la solita incontentabile .

Buono , fisicamente aitante , il Rance di Claudio Sgura un po’ tanto “cattivissimo me” , ma il ruolo lo richiede .

In certi momenti la sua altissima figura si staglia plasticamente in proscenio ed è proprio un bel vedere.

Non mi sento di elencare i cantanti dei tanti ruoli caratterizzati dalla musica pucciniana  , sono tutti ottimi professionisti, niente più.

Concludendo,direi che comunque valeva la trasferta . Basta la grande scena della partita a poker per togliere il fiato.

Lauree

Fa un certo effetto arrivare al quarto nipote laureato anche se in realtà sono a metà percorso perché ce ne sono altri quattro che , prima o poi , completeranno i loro studi.
Non credo realisticamente di arrivare a vederli …intanto sono molto orgogliosa di questi primi quattro.
Tutti con modalità diverse , in diversi Atenei , una addirittura da remoto e io clandestina ero uscita di casa rischiando perché eravamo nel lockdown più duro.

Devo dire che ogni volta la cerimonia di laurea mi commuove e non mi commuovo solo per i miei ragazzi .
Spesso mi fanno tenerezza quelli con voto di laurea più basso , stranieri e con la pelle non sempre chiara.
Ricordo al Politecnico di Milano l’orgoglio di una ragazza , sicuramente di origine slava che si è stretta al petto la sua conquistata laurea e una intera tribu di amici , con strumenti africani , che hanno accompagnato il loro laureato fino alla strada sotto una triste pioggia dicembrina , portando un bellissimo colore felice all’ amico finalmente ingegnere. Qui ad Ancona dove si riconoscono le intere famiglie del sud ( per loro questo è già un Ateneo nordico ) i nonni , gli zii, tutti orgogliosi di questo traguardo prestigioso per il loro ragazzo e la loro ragazza.
Un cinesino in videochiamata con la famiglia lontana , quello mi fece più tenerezza di tutti.
Ho avuto anche un bocconiano , lì l’atmosfera era molto « americana » , molto meno interessante sul piano umano. Della nipote laureata in remoto ricordo le facce, non tutte ben inquadrate dei docenti che ancora non avevano imparato bene l’uso dello smartworking e poi fui cacciata addirittura dalla stanza!
Potrei andare tanto più lontano nella memoria , alle lauree dei figli , ma quello era un secolo diverso e non me lo ricordo neanche più tanto bene.

Una nuova bacchetta

Ha alzato la bacchetta , è iniziata la sinfonia del Matrimonio segreto e ho subito capito che quel ragazzo di venticinque anni mi avrebbe regalato un ascolto di splendida musica. Ascoltando l’impeccabile esecuzione  ho pensato alla strana coincidenza , al percettibile caso  dell’aumento di giovani talenti italiani nella direzione d’orchestra.

Ceretta ha 25 anni , già a 10 violinista aveva suonato in orchestra, anche questo non è un caso che molti direttori vengano da questo strumento.

Figlio d’arte oggi si muove già sui palcoscenici del mondo , non è difficile prevedere una bella carriera futura per lui.

L’elenco dei giovani talenti si allunga , ormai sono qualcosa di più di una piccola prestigiosa schiera.

Gli chiedo , incuriosita , del suo percorso : dopo il diploma al Conservatorio di Milano , Siena per tre estati e poi da questa l’esperienza maestro collaboratore di Daniele Gatti all’Opera di Roma.

Abbiamo avuto la fortuna di sentirlo  qui alle Muse alla guida dell’Orchestra Rossini ( e a proposito di questa : congratulazioni per il riconoscimento quale I.C.O! ), così adesso abbiamo in regione due orchestre riconosciute  dal Ministero e questo è comunque un gran bene.

In quanto al giovane e sorridente giovanissimo maestro spero solo di poterlo rivedere sul podio del nostro teatro e godere ancora della sua sicura , precisa e appassionata direzione.