Miracolo in provincia

Sicuramente il Matrimonio segreto di Domanico Cimarosa è un capolavoro ma ad Ancona si è aggiunto un miracolo : una messiscena lieve e perfetta , un gioco musicale prezioso , un divertimento elegante .

Come questo sia avvenuto lo dobbiamo a una serie di elementi ,direi astrali, favorevoli se non fosse per l’intelligenza e la conoscenza del mondo della lirica che risponde al nome importante di Vincenzo De Vivo , il direttore artistico della piccola stagione delle Muse , che di piccolo ha solo  il calendario troppo corto.

Mettere insieme un grandissimo uomo di teatro : Marco Baliani , uno scenografo esperto Lucio Diana e anche una costumista garbata e misurata Stefania Cempini e il risultato elegante è assicurato . Se si aggiunge poi un‘Orchestra Rossini in stato di grazia guidata da un giovanissimo e fantastico direttore : Diego Ceretta ( una sicura promessa e grande talento ) e un altro tassello di grazia si aggiunge al compimento dello spettacolo.

Ho lasciata per ultima la compagnia di canto, tutti giovani , tutti vocalmente eccellenti e soprattutto tutti divertiti dallo stare insieme.

Un ritmo vorticoso , mai una sbavatura , un gesto inutile.

 La macchina perfetta pensata da Baliani aveva anche un valido supporto nei quattro mimi “servitori” , una volta tanto non vuoti riempitivi  , ma funzionali al balletto scenico inappuntabile.

Li nomino tutti e per tutti la lode cominciando dalle due soprano : Veronica Granatiero , già più che una promessa e Maria Sardayan che ha molte frecce al uso arco, ultima Mariangela Marini un mezzo di ottima vocalità. (ed è  l’unica “indigena” del gruppo).

Il lato maschile è capitanato da  un bass-bariton buffo Filippo Morace la cui mimica mi ha ricordato il grande Cobelli , un tenore leggero dal fisico perfetto Pierluigi D’Aloia, sembra un tenore tedesco ed è invece molisano e ha veramente una voce che ritroveremo sui palcoscenici importanti .

Chiude il terzetto  il basso  Tommaso Barea , anche per lui notevoli le doti attoriali e una bella voce tonda , avrà successo col suo fisique du role  notevole.

Nell’insieme devo dire che mi dispiace non si abbiano i mezzi per farne un video prezioso , dalla provincia qualche volta arrivano dei miracoli e questo è uno di quelli.

Anche perché non a caso ieri si celebravano i vent’anni dalla riapertura del vecchio glorioso teatro , non c’era modo più degno di celebrarlo.

Freddo in Europa

Si è messa uno scialletto di lana sulla giacchetta striminzita d’ordinanza Ursula von der Leyen e sembra l’immagine iconografica di questa Europa al freddo e non solo in senso metaforico.

La foto che la ritrae coperta per proteggersi dal freddo forse viene dalla Lettonia , già da quelle parti il problema della mancanza di  materie prime per riscaldarsi deve essere più urgente che dalle nostre parti.

Per quanto riguarda il nostro paese leggo per contrappasso da una ricerca dell’ONU che probabilmente fra quattordici anni a Cortina non ci sarà più la neve per sciare .

Con il crudele egoismo dei vecchi ho pensato che la cosa ormai non mi riguarda  più , certamente tra quattordici anni , qualsiasi sia il resto di giorni che mi resta sicuramente la mancanza di neve non sarà il mio problema: chiusi  gli sci dopo una bellissima discesa alle Cinque Torri un lontanissimo lunedì di Pasqua di inizio secolo.

Mi sembra che dopo la pandemia  che ha   sconvolto la vita di tutto il pianeta si stia correndo verso una strana strisciante catastrofe planetaria.

La guerra in Ukraina , la pazzia di uno Zar resuscitato dalla Storia , le speculazioni finanziare globali , il mutamento climatico: questo è il mondo che lasciamo alle nuove generazioni .

Mi domando solo se saranno in grado di affrontare tutto questo , se troveranno in sé la capacità di rinnovare il senso della vita in una dimensione nuova.

Lo penso con la speranza che mi  infondono i miei numerosi nipoti già avviati nel mondo del lavoro e quelli che ancora si preparano alla vita.

Una giovane voce

Un fisico adolescenziale , una voce pura , un dolce viso e pensi e pensi subito a Adina , Amina , Nannetta .

Ho davanti a me Veronica Granatiero che si racconta sorridente:
viene dalla Puglia , ma non pensava di fare  la cantante lirica. 

In casa c’era già una sorella soprano e a lei piaceva cantare , ma tutti i generi musicali , con grande duttilità.

Poi per imparare a leggere le note ( che le sarebbe servito per cantare in coro ) è andata al Conservatorio di Foggia.

E lì ,durante una masterclass con importanti cantanti ha sentito : “ sono andati, fingevo di dormire..” e capisce che è quello che vorrà essere anche lei.

Non voleva fare la cantante lirica , ma ha deciso che quella sarebbe stata la sua strada,

Io l’ho sentita la prima volta Oscar nel Ballo in maschera : perfetta e scattante , piccola e sicura con la voce perfetta del ruolo , mi aveva colpito anche per la sicura presenza scenica.

Qui ad Ancona alle Muse è venuta anche altre volte e la sua Sonnambula era quella leggiadra creatura di sogno che ci piace immaginare e lei  mi aveva incantato ancora una volta.

Ovviamente il suo è ancora il repertorio del soprano leggero; la sua maestra , una preziosa insegnante ( Mariella Devia) non la spinge a forzare , ma c’è nella sua voce un tono ambrato che le consente di essere già Mimì , Musetta , Liù.

Alle spalle già un  notevole curriculum , ha viaggiato anche in terre lontane ma come tutti i giovani cantanti ha risentito del fermo crudele imposto dalla pandemia.

 Io la ritengo più di una speranza , ha nelle sue corde ( non solo vocali) una potenzialità ancora da scoprire.

Ci salutiamo , lei va velocemente alla prova del Matrimonio segreto.

La rivedrò in scena , buona vita Veronica !

Un Nobel particolare

Il Nobel per la letteratura è un evento  strano , qualche volta è stato  la conferma di un mio amore letterario , qualche volta mi ha stupito e spesso mi sono scordata il nome del premiato .

Questa volta è successo qualcosa di diverso : per caso pochi giorni prima dell’assegnazione del premio a Annie Ernaux avevo visto un film molto bello nella sua semplicità :

lo avevo scelto  perché era stato premiato in qualche festival e  in genere questo  mi da un minimo di garanzia che non sia quelle cose orribili che piacciono ai giovani , pieni di effetti speciali e di lunghezze esasperanti.

Questo piccolo film intitolato  in italiano La scelta di Anne racconta una storia semplicissima nella sua  linearità ma  anche un atto di estremo coraggio: quando negli anni settanta in Francia l’aborto era ancora un reato una giovane donna decide di rischiare tutto e di abortire . 

Ma l’originalità è nel fatto che le motivazioni della sua scelta sono legate al suo diritto di scegliere il proprio destino, non da motivazioni drammatiche.Lei semplicemente vuole studiare , vuole la sua vita libera da condizionamenti e questo mi era sembrato il vero portato rivoluzionario del gesto.

Poi l’altro ieri leggo l’assegnazione del premio Nobel a una scrittrice francese di cui ahimè non avevo letto niente , ma dall’elenco dei suoi libri ritrovo quel titolo L’Evéniment , mi ricordo il bel film premiato a Venezia e la storia che mi aveva tanto colpito per la sua provocatoria semplice dichiarazione dei diritti della donna .

Da vecchia femminista che in tempi lontani era andata anche sulle piazze a difendere il diritto all’aborto mi sono subito sentita sorella della scrittrice francese che aveva scritto il libro da cui era stato tratto il film che mi aveva così colpita.

So che adesso piano piano leggerò i suoi libri , questa volta il Nobel  è stato assegnato ad una scrittrice che ha sempre parlato a nome delle donne , cercherò i suoi libri che in Italia sono pubblicati da una piccola casa editrice e che probabilmente solo adesso non sarà necessario ordinare on line.

Una foto scandalosa

La lettura mattutina dei giornali scorre e ad un tratto mi fermo : in alto nella pagina c’è una foto dei leader europei a Praga.

Con tanto di numeri per riconoscerli : sono 44 e in tutto e ci sono soltanto  7 donne.

C’era una canzone per bambini che recitava quarantaquattro gatti in fila per tre col resto di due e penso subito che per le donne c’erano appena due file per tre !

Tutti quegli uomini grigi e impettiti , tutti uguali e le sei donne , sparse qua e la ,invece stranamente visibili e vestite in maniera colorata e diversa tra di loro.

Quella diversità non è soltanto una leggerezza legata alla moda , è il modo diverso e niente affatto banale con cui le donne comunque e in ogni luogo vogliano rappresentare una libertà di pensiero che porta alla diversa visione della cosa pubblica meno ancorata ai sempre imperanti segni del potere.

Anche se adesso in Italia si parla del successo politico di una donna , (bisognerà poi vedere se il suo sarà un pensiero al femminile ), mi resta in testa la convinzione che fino a quando nelle foto ufficiali le donne saranno così vistosamente minoranza ci sarà ancora molto da fare per stabilire una diversa e più equilibrata visione del mondo.

Svolto ancora le pagine e vedo in fila i ritratti dei 7 segretari del Partito Democratico che si sono succeduti negli ultimi anni : non c’è da rallegrarsene , le foto sono ancora una volta di soli uomini.

Still wie Die Nacht

Mi arriva oggi un piccolo bis di un concerto di Lieder che Kaufmann ha tenuto a Bad Wörishofen due giorni fa.  Il Lied lo conoscevo bene perchè a suo tempo é stato una delle scoperte del bellissimo Selige Stunde .

Prima di quell’ascolto non conoscevo l’autore :Carl Bohm ed è intitolato Still wie die Nacht.

La mia  amica lo accompagna col commento : Königsklasse e non posso dargli torto , sono le perle preziose che il grande tenore regala durante i suoi concerti.

Il piccolo regalo mi permette di ritornare ancora una volta sul Peter Grimes appena ascoltato e alla mia piccola recensione.

Non tutti leggendola avevano capito che non mi era affatto piaciuta la regia e avevo cercato di” dire e non dire” che anche il nostro amato tenore non mi era sembrato al massimo della forma fino a quei quindici minuti finali , davvero sconvolgenti.

Poi è uscita una recensione più esplicita di quanto avevo pensato anch’io e allora “ apriti cielo”! lesa maestà , le acritiche amiche si sono offese per tanto oltraggio .

La verità era che l’inizio dell’opera e per buona parte ha cantato risparmiandosi  , senza offesa e mi era sembrato un pensiero banalmente oggettivo .

Ho concluso che evidentemente si legge solo quello che si vuole leggere e se non ci piace fingiamo pure di non capire .

Per quanto mi riguarda dirò sempre quello che penso , questo è il mio piccolo spazio privato e lo conservo solo per la mia libertà di pensiero.

Rosetta Loy

Se ne è andata anche lei , piano piano mi lasciano anche gli scrittori amati nel tempo.

Ieri ho ripreso in mano La parola ebreo, un piccolo libro bellissimo che avevo molto apprezzato a suo tempo.

Poi , come spesso succede l’ho aperto e ho cominciato a rileggerlo fino a che si è fatto buio  e il mio cuore si era ristretto fino a farmi male.

Parla di quella bambina che negli anni trenta del secolo scorso ( e al quale non avevo mai riflettuto abbastanza di appartenere ) vive da cattolica benestante la tragedia che le passa accanto : quei vicini ebrei che lei considerava persone uguali e tranquille che poi furono portate via dalla follia della storia.

Il suo libro , un misto di dolci ricordi  ( mi ha commosso la citazione di un libro per l’infanzia che avevo amato anch’io La teleferica misteriosa) e la parte pesante di ricerca storica , evidentemente fatta a posteriori e che per me rappresenta una delle più lucide e crudeli testimonianze di quelle che in Italia furono le conseguenze delle leggi razziali.

Nata in una famiglia , larvatamente fascista , come fu anche la mia, il suo cammino di conoscenza dell’orrore si dipana tra piccole storie nella bella casa romana fino ad allargarsi alla denuncia angosciante dei tanti silenzi e tradimenti che il nostro paese fu capace di compiere nell’indifferenza di troppi.

Ho chiuso il libro che era già buio , poi ho acceso le luci cercando di non essere troppo triste .

In fondo la bellezza degli scrittori è quella di non morire quando lasciano le loro opere sui nostri scaffali .

Perché la memoria non muore e spero che passi a quelli che verranno dopo di me e non getteranno i miei libri in una discarica.

Giù la maschera

Non credo che lascerò la mascherina in un cassetto. 
Ne tergo una in borsa insieme alle cose necessarie come il portafoglio , le chiavi e il telefono . Potrà sempre servire , in fondo i popoli dell’Est asiatico le portano per abitudine per proteggersi dallo smog e per cercare di prendersi meno microbi influenzali.

Non è una cattiva abitudine e poi ha i suoi vantaggi : un po’ nasconde le rughe e fa risparmiare sui cosmetici, anche se ammetto che in certe giornate calde levava un po’ il respiro .

Utilissima quando non riconoscevo le persone al volo causa distrazione/ invecchiamento reciproco/ anzianità :

_ sai , non ti avevo riconosciuto con queste mascherine!  E la brutta figura rimandata a data da destinarsi.

A causa di molte dimenticanze in caso di necessità ho finito per averne una buona scorta : due -una bianca e una nera stanno sulla leva del cambio in macchina , poi ci sono quelle un po’ più facili da usare anche se non regolamentari . Ancora impacchettate le chirurgiche che ho visto ancora molto usate in Baviera e le famigerate FFp2 nere da teatro .

Avevo molto invidiata una signora napoletana che al San Carlo ne ostentava una di paillettes , vera sciccheria partenopea.

Non credo sia il caso di rimpiangerle ma per adesso le tengo con cura , non sono affatto convinta che non si ritorni a qualche necessario periodo di protezione , anche se come tutti non me lo auguro.

Dall’uso delle medesime si capisce il periodo nel quale si è girato uno spot pubblicitario , si è registrato un concerto , si è girato un film.

Come tutte le cose che segnano il tempo ci ricordano un periodo delle nostra vita , come quando nei film si fumava o si girava in moto senza casco.

In fondo , senza tornare alla “bautta veneziana” il mondo spesso ha cercato di nascondersi dietro una maschera per proteggere la propria identità e nel nostro caso anche di proteggere la nostra salute.

Anche se per ora non è il caso di esaltarne l’uso con un ‘Ode alla mascherina perduta”.

Attila alle Muse

Anche quest’anno la stagione lirica ad Ancona si inaugura con un titolo che ha profumo delle memorie lontane , infatti in questo glorioso  teatro  rinato esattamente venti anni fa , il titolo non era mai stato in cartellone.

L’opera giovanile verdiana ci racconta di sentimenti risorgimentali e di afflati patriottici , di quella rivolta di Aquileia dalla quale noi sappiamo che nacque Venezia.

Per la messinscena lo scenografo Lucio Diana e il regista Mariano Bauduin hanno scelto una strada ben precisa : la ricostruzione in chiave naif della storia trucolenta che Temistocle Solera su richiesta di Verdi aveva tratto dalla tragedia Attila , Köenig der Unnes di Zacharias Werner.

Una scelta premiata dal risultato ultra-realistico e interessante sul piano figurativo in un tempo un cui tutto si tende ad attualizzare e a portare in trascrizioni che risultano a volte provocatorie e incomprensibili.

Questa è una recita semplice , una pagina strappata da un vecchio libro di scuola impreziosita però da un cast notevole di voci   che val la pena di citare tutti :
Da Attila di Alessio Cacciamani , a Ezio di Vitaly Billyy,che si è formato ad Odessa , dal russo Sergey Radchenko,  ( a teatro non esistono popoli in guerra!) fino alla gloria italiana : Marta Torbidoni , indomita Odabella : chiudono degnamente  l’Udino di Andrea Schifaudo e Andrea Tabili nei ruoli minori.

Ottima l’orchestra Rossini diretta con mano sicura dal Maestro Marco Guadarini.

Il vecchio e glorioso Coro Bellini ha la sua parte di merito anche se ha certamente bisogno di un  rinnovamento generazionale nelle sue file.

Tanti ragazzi in Galleria e bene ha fatto il teatro ad attuare questa promozione culturale perché un bel drammone storico di stampo risorgimentale può solo fare bene alle giovani menti , tutto sommato entusiasticamente partecipi alla intelligentemente oleografica rappresentazione.

29 settembre

Era la mattina del 30 settembre ..”ieri 29 settembre . Seduto in un caffè io sto pensando a te”, la versione dell’Equipe 84 della bellissima canzone di Battisti .

Mi attraversò la testa come un lampo mentre mi stavo vestendo di nero per tornare in ospedale.

Ricordo anche che mio figlio grande , me lo ricordava ieri sera (quando per un saluto affettuoso mi telefonava )..in quel giorno lì e mi urlò quasi : levati quel vestito nero mamma!

Infatti il lutto poi non lo avevo mai portato eppure stamattina quando come sottofondo su Istagram ho risentito quelle note ci sto ancora male.

Ogni anno da molti anni ormai attraverso quella data come un Rubicone ma non ne avevo mai scritto pubblicamente.

Avrei voluto chiudere il mese con un piccolo pezzo di costume che riguarda il mio piccolissimo soggiorno a Monaco : nel freddo mattino piovoso dei cantanti di strada al Victualienmarkt cantavano Bella ciao , una delle tante versioni accattivanti di questo brano che vuole dire comunque tante cose e quei ragazzi tedeschi lo cantavano sorridendo alla vita .

Chissà se quella bambina mai cresciuta , che mi lasciò il 29 settembre 1969, avrebbe sorriso come me ascoltando quelle note.

Peter Grimes

Una volta tanto mi è molto difficile valutare serenamente lo spettacolo visto stasera. Da un lato c’è l’indubitabile emozione che la musica di Britten e l’interpretazione di JK mi hanno procurato  , d’altra parte c’è una certa irritazione per la messinscena che ha provocato molti interessi e interpretazioni che personalmente mi sono sembrati  abbastanza inutili.

Colpa sicuramente di una regia che ha voluto aggiungere troppi simboli ?

C’erano sicuramente i bellissimi quattro interludi da riempire e per me bastava ascoltare la musica per entrare nell’atmosfera cupa e dolente della tragica storia.

Chi non conoscesse la storia o semplicemente non avesse letto il libretto troverebbe strano vedere un solo bambino / fantasma  aggirarsi dal principio alla fine provocando se non altro dei dubbi sulla intera vicenda.

In certi casi sarebbe meglio concentrarsi sul testo originale setteceentesco di Crabbe dal quale Montagu Slater ha  tratto il testo chiesto da Britten.

C’è nella storia una doppia condanna , quella primigenia dell’emarginazione del diverso e quella sociale che riguarda la società crudele che sfrutta i piccoli orfani , agnelli sacrificali ,mentre chiude gli occhi sulle sconcezze della  propria vita .

Forse farne una sorta di sacra rappresentazione è sembrata una via giusta , personalmente ritengo che il testo richieda solo una realistica foto di gruppo , un cinico ritratto del “borgo” , metafora , quella si, di un più grande orrore presente nelle nostre società civilizzate.

Ineccepibile la parte musicale come sempre , l’orchestra e il coro della Bayerichestaatsoper sono garanzia di alta qualità, l’intero cast perfetto vocalmente, ottima la direzione d’orchestra ma non ha aggiunto niente ad una lettura corretta e puntuale.

Brilla la vocalità sempre più rotonda di Rachel Willis Sorensen , forse un po’ troppo bionda e bella per essere la triste maestra vedova che ha lo  sguardo più attento sul difficile pescatore con molti problemi relazionali.

Poi c’è Peter Grimes : vittima e carnefice insieme.

Kaufmann cerca di mettere a fuoco entrambi i lati dell’oscuro carattere , accentuando nella prima parte con gesti impercettibili di ripulsa il contatto umano con gli altri . I suoi feroci scatti d’ira sono momentanei , poi ad un tratto mostra  verso la fine dell’opera tutta la sua capacità interpretativa . 

L’ultimo quarto d’ora si resta sull’orlo della sedia , con le mani serrate e si ascolta il suo lamento di bestia ferita mentre il sottofondo del coro di condanna ci porta a quel «  good bye Peter «  di Bostridge che non è un’istigazione al suicidio , ma un segno inequivocabile di chiusura del fato.

Al mattino il borgo troverà solo una barca abbandonata alla deriva , davvero il resto è silenzio , tanto per citare il Bardo.

Inutile appendice il gesto disperato di Ellen , anche se ripeto la Sorensen é in stato di grazia.

Teatro con molti vuoti nonostante il richiamo dello startenor , forse per molti qui si è trattato di un primo contatto con un’opera ormai non più tanto moderna , anche se riflettevo che manca poco al secolo dal primo ascolto!

Non avevo visto purtroppo  l’allestimento di Vienna , di questo mi dicono sia  già  migliore di quello.

Io credo che Jonas Kaufmann abbia diritto ad una messinscena ancora più puntuale , il ruolo è per lui un viatico futuro sicuro , ne ha già fatto un suo capolavoro e non mi resta che dire di nuovo :  grazie Jonas.

Verso Monaco

Il mio primo incontro con Peter  Grimes di Britten  lo devo a sir Tony Pappano , si inaugurava la stagione di Santa Cecilia ed era dato ovviamente in forma di concerto.

Nonostante la difficoltà di capire molti passaggi , la minima drammaturgia comunque era sconvolgente , la folla dei personaggi notevole e la presenza di un delizioso ragazzino inglese mi aveva fatto capire che stavo ascoltando un capolavoro.

Poi , nel tempo del lockdown ho avuto la fortuna di imbattermi in tv in un allestimento bellissimo e del quale avevo poi parlato sul blog.

Si svolgeva sulla spiaggia di Aldeburgh , il paese dove Britten lo aveva scritto e quella rappresentazione così realistica : le barche sulla riva del mare , il vento che scompigliava gli abiti degli abitanti del paese e quel Peter quasi annullato nella folla molto inglese mi aveva convinto ancora di più della bellezza dell’opera .

Avevo infatti programmato di andare a Vienna ma il covid era ancora molto fra noi e alla fine , con rammarico , avevo rinunciato.

Da quello che sto già leggendo della messinscena di Monaco capisco quanto sia sconvolgente l’interpretazione di Kaufmann , ma ancora una volta ho l’impressione che sia veramente difficile , registicamente affrontare un testo comunque così scabroso.

Tra pochi giorni finalmente potrò vedere Jonas alle prese con un personaggio complesso e difficile , ne avevamo anche parlato quando lui è venuto ad Ancona .

Il suo approccio al personaggio mi pare estremamente corretto , infatti lo affronta sapendo di trovarsi davanti un uomo difficile , forse anche menomato da qualche problema psicologico , invece mi pare del tutto fuori posto l’idea di omosessualità strisciante che da quanto ho capito la regia sembra indicare.

Bisogna ricordare che Britten aveva scritto l’opera per il suo compagno Peter Pers e sarei propensa ad escludere una simile idea nelle sue intenzioni di  autore.

Ma ci sarebbe ancora tanto da dire, lo farò meglio a ragion veduta la prossima settimana  quando ,spero , arriverò nella mia amata Monaco dalla quale manco da più di un anno.