Si fanno strane scoperte guardando la carta dell’Europa in questo periodo : chi aveva mai sentito parlare della Transnistria , piccola lingua di terra tra la Moldova e l’Ucraina e chi sapeva che esiste ancora un enclave sovietico incastrato tra la Lituania e la Polonia?
Strana geografia ad assetto variabile che ci ricorda quanto l’Unione Sovietica pur nella disintegrazione abbia mantenuto brandelli di potere in quella specie di puzzle che sono le terre che un tempo ne componevano la potenza.
In modo particolare mi colpisce quella Kaliningrad che altri non fu che la Königsberg che diede i natali a Immanuel Kant, in tempi non lontani ancora i turisti venivano in quella città fortezza a omaggiare la statua del grande filosofo.
Ho trovato oggi una citazione di un suo saggio scritto nel 1795 intitolato “Per la pace perpetua” nel quale lui auspicava un sistema di equilibrio internazionale per garantire la stabilità tra i popoli.
Se non è in nuce quello che noi oggi faticosamente seguitiamo a chiamare Europa e a difenderne i valori e la sua forza allora che cos’è?
Kant ragionava da europeo , in quella difficile età dei Lumi , quando solo una piccola élite di pensatori intravedeva un futuro che ci coinvolgesse tutti.
Troppo difficile oggi cercare di capire nel gioco delle grandi potenze quale sia il ruolo di quella grande Russia evocata e sognata da Putin , quanto nel mega gioco mondiale ci sia di importante nel meccanismo globale del Risiko tra gli Usa e la Cina .
Mi fermo e leggo , leggo e studio molto di più di quanto facessi un tempo : studiare la storia europea , la nostra storia in modo più articolato dovrebbe essere molto più insegnato nelle scuole europee .
Forse alla base di tante posizioni equivoche e deliranti c’è soltanto una grande ignoranza di quello che è stato il nostro passato .
Mi viene quasi da rimpiangere il tempo in cui i grandi regnanti erano tutti cugini tra di loro ……
Uno strano fenomeno che mi fa riflettere: in Francia prima e adesso anche in Italia ci sono donne importanti che aspirano a governare e sono entrambe esponenti della destra più estrema.
Cosa hanno in comune Marine Le Pen e Giorgia Meloni da suscitare in me il senso contrario a quello che ho sempre considerato il raggiungimento dei posti di comando per le donne una vera conquista politica ?
Cercando di leggere in filagrana la comune strategia si scorge la contraddizione in termini del loro impegno : la loro filosofia di fondo contraddice tutte le conquiste che le donne hanno cercato e ancora cercano di ottenere in ogni paese del mondo.
Sono contrarie a tutte le battaglie vere di emancipazione , sono contrarie all’integrazione dei popoli , ambedue predicano un populismo di facciata che non affonda le radici in veri approfondimenti in materia di economia e di sano ambientalismo.
Profetesse del NO hanno combattuto e seguitano a combattere la vera emancipazione , la vera libertà di essere eguali tra eguali.
In definitiva la loro ascesa non è una conquista di parità all’interno dei rispettivi schieramenti ma la conferma che entrambe affermano una superiorità basata sulla conquista del potere.
Grave colpa della sinistra , in Italia in modo particolare , avere considerato le donne sempre in funzione di appartenza alle correnti e metodo spiccio per utilizzarle solo in funzione di ripiego.
Così mi ritrovo ad essere femminista senza la soddisfazione di sentirmi appagata dall’ascesa femminile alle aspirazioni massime della governabilità.
Mi dispiace , ma ancora in me prevale la forza delle idee a prescindere dal sesso di chi le rappresenta.
Non voterò donna finchè le donne saranno le rappresentanti della destra più becera anche se occorre ricordasi che in Italia ci sarebbero state donne degne di rappresentarci con la dignità delle idee più progressiste.
Per ora mi resta solo da guardare con vaga invidia quelle donne premier delle lontane repubbliche nordiche che potrebbero indicare la strada da seguire , largo alle giovani , fatevi avanti senza cercare appoggi di corrente , il tempo del futuro è comunque con voi.
Confesso una colpa giovanile : quando leggevo i grandi romanzi (per esempio Guerra e Pace ) saltavo a piè pari le battaglie , ci capivo poco e le consideravo una perdita di tempo , poi ho cominciato a ricredermi soprattutto partendo dal racconto confuso di Fabrizio Del Dongo nella Certosa di Parma quando si trova senza rendersene conto nel mezzo della battaglia.
Da qualche tempo se ne ho il tempo mi sintonizzo sulla 7 nel pomeriggio perché con il grande intuito giornalistico che lo contraddistingue Enrico Mentana conduce uno Speciale giornaliero sulla guerra ucraina coadiuvato di uno straordinario esperto che corrisponde al nome di Dario Fabbri.
Non è facile separare i fatti dalle opinioni e nessuno che faccia giornalismo lo sa , ma nel caso degli Speciali di Mentana ci sono anche dei valentissimi inviati sul campo : ciascuno porta la sua testimonianza , ciascuno con le sue scelte , le sue informazioni.
Cucito insieme diventa un programma incredibilmente avvincente, ce ne fossero sulla rete di Stato dei servizi di questo spessore.
Francesca Mannocchi e Luca Steimann ( per citare solo i più noti) sono inviati di guerra di quelli veri , come usava una volta .
Non leggono le veline dallo studio , parlano di sudore e sangue e poi in studio c’è quel serioso giovane che ne sa davvero tante e ci spiega gli eventi senza retorica.
Sulla stessa rete non tutto è oro , si avvertono le prese di posizione precostituite in altri programmi un tempo piacevoli , basta saper decodificare o cambiare semplicemente canale sul telecomando.
Io poi ho sempre Classica Hd che mi serve da rifugio e conforto.
Una meritoria iniziativa : il Lyon Club host di Ancona , in collaborazione con il Comune ci regala una mostra : Ancona trapassato e futuro che si presta ad analizzare tanti dei molti perché questa città , che come diceva il Patriarca di Aquileia “ per sua positura meriterebbe di essere costrutta de oro massiccio” in realtà resti sempre sospesa tra la povertà di iniziative e l’accanito mistero volto a nascondere le sue bellezze.
Ci vuole molto amore per capirla e in qualche modo ce lo spiegano le due dotte relazioni che accompagnano il materiale fotografico , di per sé molto interessanti se si vuole leggere attraverso la modestia degli eventi : emblematica la gallina in primo piano davanti ai notabili soddisfatti per l’evento demolitore , come al solito volto più a distruggere che a preservare.
La prolusione di Antonio Luccarini ci racconta dei tanti perché si sia sempre cercato “il cospicuo” a fronte di una modestia progettuale atta a incidere negativamente sulle memorie ( quelle si storicamente vere) della città.
La relazione cronologicamente puntuale dei vari Piani di allargamento cittadino a cura dell’ingegner Moglie conferma le tante scelte spesso condizionate dalla nefanda serie di eventi naturali (frane , terremoti e alluvioni in abbondanza ) che hanno condizionato nel tempo lo sviluppo omogeneo del tessuto cittadino.
Si spiega così il ripiegamento culturale della città: “ non ce lo possiamo permettere “ , l’ho sentito dire tante e tante volte da essere diventato un mantra e pensare che nelle Marche abbiamo eccellenti realtà come il Rossini Opera Festival e la stagione allo Sferisterio a Macerata .
Questa città capoluogo di regione trova la sua vocazione massima nella Fiera di San Ciriaco , evento paesano che però riesce a bloccare per quattro giorni la circolazione nella parte moderna che valorizza lo sbocco al mare verso Est, preziosa testimonianza della rarità di una città unica con sbocco sul mare dall’alba al tramonto.
L’aveva capito Luchino Visconti che aveva immortalato il giovane Massimo Girotti seduto sul muretto col Duomo di San Ciriaco alle spalle in quel manifesto pre-neorealismo che fu il film Ossessione .
Ma quella volta la fiera la si faceva giustamente per le stradine del colle Guasco per finire in Piazza del Papa.
Io ho fatto in tempo a vederla nei suoi luoghi storici.
Un concerto straordinario per i cento anni dei benemeriti Amici della Musica di Ancona ( con generoso supporto dell’Università Politecnica delle Marche ) con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana in gran spolvero.
Un grande violinista Vadim Repin , elegante e con una luminosa chioma bianca ( mi ricorda l’amato Dima , anche lui siberiano ) quando attacca a suonare sul suo Stradivari Rode del 1733 si capisce di entrare in una dimensione di grazia .
Prezioso il suo Mozart , concerto K.216 , ma è nella seconda parte , che il profumo della musica russa entra nel pensiero e nel cuore di me che ascolto e rifletto su tante cose tristi che non possiamo ignorare in questo momento.
Comincia l’orchestra con un Notturno di Borodin ,( siamo dalle parti delle danze Polovesiane ), poi arriva il suo splendido Tchajkovskij, due pezzi del programma ufficiale e un bis che mi metto mentalmente a cantare con lui : è l’aria di Gremin dall’Eugene Onegin , lui l’aveva annunciata con un sorrisetto , ma forse il pubblico non l’aveva capito! : eravamo entrati nel cuore della grande musica russa e tutto sommato facevo fatica a non pensare quanto sia difficile in questo momento non pensare alla loro intima e vera appartenenza alla grande cultura occidentale.
E’ uno sforzo vano tentare di riportare questo grande popolo indietro anche se il grande ventre molle dell’immensa terra russa è ancora tristemente ancorato all’idea della potenza zarista che non appartiene più a questo secolo.
Una piccola dichiarazione d’intenti , messa sul programma per prudente ipotesi di una qualche contestazione recita così: Associzione , Università e l’artista medesimo dedicano il concerto aalla pace e ai valori democratici di fratellanza , umanità e solidarietà tra i popoli.
A meno che di inviarla al rinnovato aspiarante Zar Putin l’ho trovata pleonastica e quasi patetica.
Ancora lo devo trovare uno che grida Viva la guerra!
La mattina dopo , con un bellissimo cielo pittorico , il piccolo gruppo d’accoglienza è davanti al teatro delle Muse. Puntuale arriva la famiglia Kaufmann , sorridenti e informali come sempre,
.Entriamo a teatro , doverosamente illuminato il grande tagliafuoco di Valeriano Trubbiano fa la sua figura e Jonas ci domanda qualcosa circa l’acustica . Il nostro colto critico si esibisce in una raffinata cantata seicentesca ma forse fanno più effetto di due vocalizzi di Jonas , buttati la per la nostra gioia e i brividi dei due ascoltatori in platea , il tenore ci dice che si, l’acustica è buona, ovviamente per la lirica e questo a conferma di quello che ho sempre pensato anch’io.
Saliamo in ascensore fino allo scenografico camminamento sul tetto del teatro , col beneplacito del nostro accompagnatore ci saliamo tutti e ..alla fine l’ascensore si blocca al quarto piano. Restiamo anche al buio ,momenti miei di panico interiore , ma una provvida maschera viene ad aprirci la porta , l’emozione rientra e usciamo a rivedere il sole e il panorama, fermati però da un altro pericolo: i gabbiani.
Pare che siano anche molto cattivi con chi li disturba e non possiamo girare tutto intorno , vedo minacciose ali bianche che volteggiano sulla testa di Jonas e famiglia , meglio ridiscendere.
Sulle scale il piccolo Valentin ci delizia con un accenno di O’sole mio! che promette molto bene per la sua vocina squillante.
Il responsabile del teatro regala a Jonas il prezioso volume che fu stampato per la riapertura del medesimo , l’ultimo a riaprire (nel 2002) dopo settanta anni di vuoto , la città orfana di lirica per troppo tempo.
Ma la gita non è finita , Kaufmann vuole anche andare al Duomo , la sua curiosità culturale è senza fine , ma a passo velocissimo e per la felicità dello sgambettante bambino tornano velocissimi in albergo a prendere la macchina ,hanno voglia di ripartire per farsi una vera giornata libera di vacanza.
Prenoto per loro a Portonovo ( dal mio ristorante di fiducia ) un tavolo ovviamente all’aperto! dice Jonas . Non sa la l’impresa perché oggi è il 25 aprile … con tutti in gita al mare.
Ultimo atto al Duomo , enorme interesse per tutto quello che sa di arte , col naso in aria il “terrone tedesco” sono parole sue trova anche il tempo di raccontarmi una barzelletta musicale in chiesa e poi si esibisce nel suo rigore teutonico , lo vedo dirigersi verso la cripta e poi allontandosi prendere l’altro ingresso : sul primo era scritto Uscita e li civilmente è andato a quell’altro dove è scritto Entrata. Lezione di stile .
Non manca alla fine la foto di Valentin a cavalcioni sul leone di guardia al portale d’ingresso ( un classico per tutti i bambini di Ancona) , è venuta bellissima e ne sono contenta, avranno un bel ricordo personale di Ancona.
Avevo un sogno, quello di portare ad Ancona Jonas Kaufmann per assegnargli il premio Corelli100 e con soddisfazione ammetto di esserci riuscita –
Quello che segue è il piccolo diario della due giorni , in realtà poche ore di domenica 24 aprile e di lunedì 25 aprile .
Cronaca minuta di un pomeriggio e di una serata davvero intensi.
Verso le quattro del pomeriggio mi preparo ad andare all’albergo per essere pronta ad accogliere Jonas che so sia partito la mattina da Napoli e viaggia con una macchina che gli abbiamo mandato noi ,insieme alla moglie e al bambino .
Alle quattro e mezzo sono in postazione , con me il Presidente della Fondazione che opta però per andare già alla Mole dove si svolgerà l’incontro.
Non resto sola per molto tempo perché arriva il caro amico Alberto Mattioli che sarà il conduttore dell’intervista che commenta il premio.
Mi arriva una telefonata dalla Mole : facendo ponte tra l’agente di Jonas e il Presidente sappiamo che il cantante ha trovato molto traffico e maltempo e che arriverà direttamente al luogo dell’incontro.
Con Alberto scendiamo a piedi alla Mole Vanvitelliana .
Vedo , o meglio intravedo mia cugina e l’amica Paola venuta da Bologna e : contrordine –Jonas è in arrivo , torna all’albergo.
Mi procurano l’auto del Teatro e risalgo le “valli che avevo disceso con orgogliosa sicurezza”.
All’albergo però , per il classico disguido locale , è già stata dirottata anche Annalisa e quindi l’accoglienza a Jonas l’ha fatta lei . Aspettiamo Kaufmann che nel frattempo si è cambiato ( di corsa ) anche Christiane e Valentin , in corteo con due macchine riscendiamo alla Mole Vanvitelliana .
Vedo e non vedo , ma mi pare che ci siano già veramente più persone di quanto avrei mai sperato di vedere.
Momento di panico: Christiane ha lasciato il telefono in albergo e non la fanno entrare senza controllo del greenpass.
Fortunatamente Jonas ( pare che non sia la prima volta ) cerca cerca e trova anche il greenpass della moglie sul suo telefono.
Entriamo tutti trionfalmente , ma io non vedo praticamente più nessuno.
La cerimonia si apre col saluto della Direttrice del Teatro , poi il saluto dell’Assessore , visione di due video ( Corelli e Kaufamann illustrati dal nostro critico musicale locale e infine la chiacchierata tra Jonas e Mattioli .
L’intervistatore è garbato e intelligente e Jonas comincia a parlare ; sono da poco passate le sei del pomeriggio e praticamente parlerà fino alle dieci e mezzo di sera .
Con tempo ben calcolato arriviamo alla fine del piacevolissimo dell’incontro e consegna del Premio : targa da parte del Comune e bella medaglia di Trubbiani da parte della Fondazione . Io consegno , a nome delle groupies di tutto il mondo ,il bouquet di rose rosse all’amato tenore .
Assolto per i selfie , i miei nipoti non riescono neppure ad avvicinarsi , vani miei tentativi di sottrarre il divo alla piccola folla di giovani che vogliono foto e autografo e poi “tipo bodyguard” riesco a portare il divo verso una saletta dove è preparato un piccolo rinfresco.
Alle otto , in ordine più o meno sparso risaliamo verso l’albergo dove , davvero in pochi, siamo a cena .
Seduta accanto a Kaufmann c’è un momento in cui ,girandosi verso di me per rispondere a Mattioli, mi rendo conto di essere a pochi centrimetri da lui e ed esclamo : mio Dio , mai stati così vicini ! e scoppio davvero a ridere..
Nel frattempo il piccolo Valentin che è un trottolino clone del padresia nell’aspetto che nella resitenza fisica mangia buonissimo in braccio a mamma e non da alcun cenno di stanchezza.
Una cena brillante , si parla tanto di opera , di allestimenti e senza reticenze diplomatiche . Mi è sembrata veramente una vera serata tra amici.
Verso le dieci e mezzo , riesco a mandare il tenore a dormire , ci accordiamo per rivederci la mattina dopo , verso le dieci e mezzo davanti al teatro.
Torno , come spesso succede al blog di tornare sull’argomento. In questo caso per chiarire che la serie di sostituzioni di cantanti nel ruolo di Scarpia ha fatto si che avendo scrittto il pezzo in treno non avessi tutte le informazioni necessarie per chiamare col suo nome il cantante ascoltato in teatro .
Si sono succeduti ben quattro cantanti in locandina prima di approdare al georgiano George Gagnidze , quello che effettivamente era sul palcoscenico.
Oltre a questa informazione ne ho avute altre leggendo la stampa napoletana e così ho scoperto che l’intenzione prima del regista e di quello che ha fatto la ripresa poi era una specie di denuncia sociale raccontando in Tosca le periferie degradate partenopee.
Con il solito garbo che lo contraddistinge ( e l’intelligenza di saperlo dire) Jonas Kaufmann ha fatto capire di non condividere del tutto lo spostamento di tempo e di intenzioni nelle regie operistiche , la lunga intervista lo riporta con chiarezza e tutto sommato mi ha fatto piacere trovare questo importante suo distinguo quando gli chiedono cosa pensa delle regie in generale.
Lo aveva fatto anche nel convegno che si era tenuto proprio al SanCarlo nel novembre scorso, quando aveva detto ai registi di ricordarsi che gli spettacoli validi devono durare nel tempo e avere una lunga vita sul palcoscenico.
Come al solito in definitiva si tratta semplicemente di dividere gli spettacoli in belli e brutti e che ogni tentativo di alterare la storia raccontata deve avere un senso altrimenti finiremo per preferire le opere date in forma di concerto
Ci si può domandare per quante volte ancora si può andare a sentire una Tosca per una “vittoria” clamorosa e per un “lucean le stelle “ da brivido con variazione nel bis cantato diversamente?, nonostante la modestia di un allestimento ? La risposta è si. In più Napoli val sempre una messa , il mare luccica , la sfogliatella mette allegria.
E ora parliamo un po’ di questa Tosca , allestimento vecchio nel senso che vorrebbe essere nuovo ma datatissimo, nonostante le scene di Mimmo Paladino . Mi viene in mente il proverbio lombardo ….tradotto per i profani : pasticcere fa il tuo mestiere. Si comincia con un Sant’Andrea della Valle bombardato ,resta solo un altare sopravvissuto a molte battaglie , direi adeguato al nostro triste oggi.
Coup de théatre , si disvela la tela , ma ops! è una scultura policroma , dubbio amletico : Cavaradossi non era un pittore ? Arriva Tosca ma più che altro è Turandot (di recente all‘Opera di Roma) , una gran voce , forse deve ancora studiare per adeguarla , bisogna informarsi per saperne di più. Scarpia ( il terzo nelle sostituzioni al volo) è di Lucca , mi informa la vicina toscana e dice che canti molto all’estero .
Un Te Deum con chierichetti dotati di ali , flagellanti arrivati direttamente da Goya e donne di malaffare ( non ho capito il nesso ) e per fortuna il primo atto finisce e io mi accorgo di annoiarmi davvero.
Atto secondo : le sorprese non finiscono mai e Scarpia nel gabinetto dell’alchimista ( evidente citazione ) in vestagliona è protetto da un coccodrillone imbalsamato che pende minacciso dal soffitto. E siamo al primo punto di magia : il caro Kaufmann spara un “Vittoria , vittoria” tra i più belli della sua vita , mi dichiaro soddisfatta .
Poi è la solita storia violenta : Valchuna ci da sotto con gli effettacci , “vissi d’arte” ( ma lo capira’ il concetto la volentierosa ragazza dell’Est? ) , cruento tentativo di stupro , trovato il coltello per terra e spiegazione del coccodrillo appeso , serve a Tosca per soffermarsi alla fine , prima di uscire , forse prima non lo aveva notato.
Atto terzo : usato sicuro . Un angiolone barocco caduto , molti numeri alchemici sullo sfondo che diventano stelle che ovviamente lucean splendidamente ( con bis incorporato con variazione) perlomeno Kaufmann si diverte di più) e siamo tutte contente , anche grigio come la sua sgarruppata mise da pittore povero riesce sempre a dare la solita zampata leonina per la gioia di tutte le fedeli venute al richiamo da Francia e Germania e dall’Italia tutta .
Quello che mi domando ormai da tanto tempo è : se c’è un opera che non ha bisogno di fantasia è proprio la Tosca . Location e data dell’azione sono scritti chiari nel libretto , è un film con una sceneggiatura perfetta , un capolavoro musicale assoluto. Al solito occorre gridare Viva Puccini ! Infatti C’è sempre qualche matto che lo fa.
Soltanto due volte nella vita ho ascoltato dal vivo la Passione secondo Matteo di Johan Sebastian Bach , ma poi mille volte riprodotta quando nel periodo di Pasqua ho celebrato in solitudine questo straordinario e meraviglioso monumento di fede e di perfezione musicale.
Senza essere , purtroppo, in grado di apprezzarne la struttura nella maniera colta di chi lo ha studiato musicalmente mi piace abbandonarmi al pensiero di chi potè assistere in quella chiesa di San Tommaso a Lipsia nel 1736 quando con due orchestre e due cori il popolo potè ascoltare questa straordinaria creazione dell’animo umano.
Sappiamo anche che oltre ai cori e le orchestre , durante i corali luterani che vi sono inseriti, probabilmente anche l’assemblea rispondeva perché in effetti questi testi erano noti ai fedeli e facevano parte della conoscenza dei partecipanti alla celebrazione.
Ci sono momenti incredibilmente suggestivi , come quello della morte di Cristo che sono accompagnati solo dal basso continuo e i violenti dialoghi recitati dai vari personaggi e nei quali la Turba risponde in maniera concitata.
Ma sono i due grandi corali , famosissimi , che chiudono la prima parte e soprattutto quello finale in Do minore che ogni volta mi commuovono intimamente .
Ci inginocchiamo con lacrime…e mi piacerebbe che i miei figli si ricordassero di farlo risuonare in chiesa quando me ne andrò da questo mondo.
Ho sempre amato la Francia , il mio primo viaggio importante lo feci giovinetta a Parigi e la lingua francese è per me sinonimo di pensiero libero , coerente , diritto.
Detto questo però mi dispiace trovare due commenti su una importante rivista francese online che parla di Opera a commento del Premio del centenario corelliano che ,con una certa sufficienza, stigmatizzano questo inutile premio che serve solo a chi lo assegna per farsi un po’ di pubblicità.
Miei cari cugini d’Oltralpe , Ancona città capoluogo di una regione nella quale ebbero i natali Rossini , Pergolesi e Spontini e per allargarmi un po’ ci naque anche Raffaello Sanzio nonchè il grande poeta di Recanati Giacomo Leopardi ( per non citare che i più noti) non ha certo bisogno di assegnare un premio in più per essere importante .
E’ uno spledido porto sul mare Adriatico e da qui partì Traiano a conquistare la Dacia , oggi uno dei grandi porti di imbarco passeggeri ( il secondo in Italia) per la Grecia e la Croazia, non ha certo bisogno del Premio Corelli per farsi pubblicità.
Semmai va a onore e vanto di Jonas Kaufmann il fatto che abbia accettato di ricevere un ulteriore premio e certo lui non ne aveva bisogno data la fama e la grande arte riconosciuta in tutto il mondo.
Fiera della città in cui vivo ( io che sono fiorentina) e fiera della Fondazione Muse che ha pensato di offrire questo premio a Kaufmann .
Con buona pace dei poco piacevoli commenti dei melomani d’Oltralpe.
Uno dietro l’altro su Fb due post diversissimi per forma e contenuto : uno propone una serie di note acute tenorili ripresi in varie riprese più o meno lontane su YouTube , l’altro è una vignetta satirica in cui una persona commossa guarda i sacchi dei cadaveri ukraini mentre alle sue spalle ci sono cadaveri di tutte le guerre passate del secolo scorso ( e sono tantissimi) cui la persona in primo piano è invitata a girarsi per guardare.
Eppure provo lo stesso disagio ; come se fosse possibile giudicare con la testa sempre girata indietro , nel primo caso si tratta sicuramente di una operazione nostalgia del tutto inutile visto che molti di quegli straordinari tenori sono già morti da un pezzo , più complesso e articolato il disagio che provoca il secondo paragone .
Sappiamo benissimo che non sempre il peso emotivo , il giudizio politico è stato diverso se le guerre erano più o meno lontane da noi , ma non per questo dobbiamo e possiamo paragonarle alla portata storica che potrebbe avere un risultato drammatico diverso quello che sta succedendo oggi in Europa.
E’ la “solita storia del Pastore” , rifugiarsi nel passato e guardare all’oggi con la fatica che provoca la necessità di formulare valutazioni richiedenti una capacità e un coraggio che non sempre sembra essere la dote maggiore negli umani.
Certo che rifugiarsi sull’usato sicuro ( nel caso dei tenori ) non comporta nessuno sforzo di valutazione e nel secondo più drammatico caso certamente suona un po’ come un giudizio di comodo il cercare di evitare oggi quello che è sotto gli occhi di tutti. Una ennesima violazione dei più elementari diritti umani : quello di scegliersi democraticamente il diritto di vivere in pace nel proprio paese , con il governo democraticamente scelto dal popolo.
Forse quello che scrivo non è neppure un paragone , troppo diversi sono i contesti dei due post, certo che comunque seguitano a provocarmi lo stesso disagio .
In un tempo più felice si sarebbe potuto dire riducendo il tutto a una battuta : non confondere mai le mele con le pere.