Politica

Molti pensieri affollano la mia testa mentre leggo i giornali la mattina.

Non ultimo quello che in anni lontani , quando ero ancora attiva in politica , riguardò una mia dichiarazione ad una radio locale circa la posizione da prendere in non so più quale conflitto lontano , del quale noi italiani come al solito eravamo né-né, pacifisti a gogò.

Ricordando Macchiavelli e il suo Principe , soprattutto ricordando la posizione che il mio piccolo partito aveva nei confronti dell’Europa dissi un paio di cose molto impopolari .

La prima era che se vuoi la pace devi preparare la guerra ( evitando il latinorum sperando di essere meno radical-chic) e la seconda che l’Europa non sarebbe mai stata realmente una realtà concreta se non avesse avuto , come il Principe ,la borsa e la spada .

Ovviamente rimasi impopolare e forse scandalizzai anche i cosiddetti pacifisti a casa propria , in  quanto al discorso che l’Europa non sarebbe stata mai una forza comune senza un esercito comune credo sembrasse un’eresia anche più grossa .

Stamani leggo che quel mio  pensiero blasfemo comincia a diventare un’esigenza ineludibile , con gli “orchi” alla porte , si arriva a scoprire l’acqua calda.

La nostra Europa , così piccola sullo scacchiere mondiale , ha la forza del pensiero che si è esteso fino alla lontana America , ma oggi ha a che fare con il vecchio Impero russo e con la sua anima antica.

Ho visto ,non se provando ironia o terrore ,un commentatore molto  vicino al Kremlino urlare anatemi contro Zelewski e ho pensato a Rasputin e alla Russia interna che ancora sopravvive.

Vero è che il terzo enorme incomodo è il gigante cinese , forse siamo davanti ad un vero rovesciamento mondiale, gli equilibri stanno traballando tutti.

Un po’ meno i miei vecchi principi a suo tempo vilipesi.

Una rinuncia

Non ci sono andata . Ad ogni tappa , cominciando da Monaco e poi via via una cavalcata in mezza Europa .

Le stesse foto dei bis , gli stessi vestiti di Diana Damrau, (  ma era molto più bello quello dei degli Italienischliederbuck di Wolf) , la stessa tossettina di Kaufmann che poi piano piano gli è passata , gli stessi entusiastici commenti delle acritiche seguaci , gli stessi pacchetti dati solo a lui… 

So di essermi persa una bella serata di raffinati Lieder ma non me la sono sentita di affrontare tanta strada , una volta di più, per ascoltare un’ora o poco più di musica .

Sarà  la vecchiaia che comincia davvero a farsi sentire , evidentemente il mio entusiasmo di grupie comincia a calare , largo ai giovani , si fa per dire!.

Soprattutto non ho avuto voglia di allontanarmi dalla tv dei notiziari che ogni giorno mi hanno raccontato la guerra ucraina : inchiodata al reale mi è sembrato così antico uno spettacolo che parla di amori lontani , di questo nostro Occidente perduto.

Eppure avevo trovato motivi di interesse :  forse vedere il Palau della musica a Barcellona , poi forse l’ultima tappa a Vienna e invece niente , mi consolerò ( spero) prendendo il biglietto per la Tosca a Napoli .

In effetti la sanguigna storia di violenza e sopraffazione , di rivoluzionari e di tortura mi trova più in sintonia con i tempi.

Sempre che trovi la spinta per fare il biglietto del treno.

Vorohra ..nemico

In un  articolo che racconta dei rifugiati ospiti di un albergo a Rimini ( ma presto se ne dovranno andare perché gli albergatori aspettano i turisti) un bambino nel sentire il rumore di un elicottero che passa nel cielo dice : voroha ..nemico e si nasconde istintivamente .

Mi sono allora ricordata come un lampo me bambina , di corsa per strada a Firenze con la mamma che mi tirava il braccio perché era suonato l’allarme e dovevamo correre al rifugio antiaereo.

Mi faceva male un piede e quel dolore me lo sono portato dietro per anni.

Come mi sono portata dientro una forma di disagio psicologico ogni volta che sentivo volare gli aerei sopra la mia testa , specialmente di notte.

Durante il periodo della guerra in Bosnia ne partivano molti dall’aeroporto di Falconara come ne arrivavano dall’Ucraina portando i bambini di Chernobyl accolti nelle nostre case per difenderli dai rischi delle radiazioni della centrale atomica.

Eppure ogni volta avevo quella reazione inconscia , quel disturbo sottile che il rombo degli aerei di notte mi riportava incosciamente a quella corsa sul viale Belfiore a Firenze quando avevo sei anni.

Nella vita ho preso tante volte l’aereo , ma quella è un’altra storia , non  riguarda la paura della morte che viene dal cielo . Quella rimane come un imprinting dall’infanzia.

Per questo le guerre non dovrebbero esistere più , per questo ogni speranza di accordo , ogni compromesso che ponga fine ai bombardamenti è sempre  per me fonte di speranza .

La via del negoziato deve essere praticata con forza ,meglio se ci ci siede al tavolo con la dignità straordinaria come quella dimostrata dal popolo ucraino.

Lo si deve ai bambini , a quelli che fortunatamente sono ancora vivi , perché piano piano si spenga nel loro inconscio quel terrore sottile che provoca un elicottero che vola sulle loro teste.

Servitore del popolo

Ho visto i primi episodi di Servant of the people , velocemente doppiati in Italia e seguiti anche da un interessante documentario sulla vita vera di Volodymir Zelenskyi .

Poi nel tv della notte ho visto il presidente Zelenskyi col corpetto antiproiettile , la barbetta incolta e l’occhio smarrito tra le macerie di Bucha e non riuscivo a capire chi stavo guardando.

L’effetto straniante dell’uomo vero che interpreta il falso o il falso diventato così vero da non avere possibilità di uscita dalla trappola- fiction che l’ha inventato ?

Che cosa potrà fare davvero adesso Zelenskyi?

Se scrivessi il i testi delle prossime puntate direi che la morte eroica sia l’unica strada per uscirne “vivo”, nella proiezione storica ,

dato che sarà molto improbabile che nonostante gli orrori e le crudeltà che ci vengono sbattute in faccia ogni giorno resta

, dopo la visione della fiction , una strana sensazione di falso nel vero e di vero nel falso che fa male al cuore.

Probabilmente la guerra durerà ancora a lungo , l’Ucraina ne uscirà vincitrice moralmente ,ma con le ossa rotte a contare i cadaveri e con il pesante ridimensionamento territoriale imposto dal Cremlino.

Il presidente-attore ne uscirà consumato dal ruolo o entrerà nella Storia con la maiuscola e le statue sulle piazze?

Se potessi partecipare alla sceneggiatura futura mi piacerebbe raccontare di un bel colpo di stato alla Ceausescu, con il tiranno russo messo al muro , in fondo niente è impossibile anche nella realtà più assurda.

Certo che sapere la verità su un attore così abile nel trasformarsi e fare battute su se stesso tipo : vedete come riesco a parlare bene ucraino ? ( lui che è nato in una famiglia russofona ) ci porta inevitabilmente a parlare di Pirandello .

Così è se vi pare mi pare il titolo più giusto per questa riflessione.

Stanotte non ci ho dormito. 

Uno scatto divertente

La scenetta merita davvero un piccolo commento , se non altro perchè ha provocato un sorriso in questi giorni difficili nei quali di sorrisi non ne facciamo davvero tanti.

La scena si svolge su un palcoscenico : c’è un vecchio pianista , il cui sguardo tra l’imbarazzato e il fiducioso è quello del vecchio proprietario dell’auto in panne mentre aspetta che il garzone del meccanico riesca a risolvere il problema del guasto.

C’è la curiosa signora , negligentemente appoggiata allo strumento con  il classico aspetto femminile , sembra una dama  il cui sguardo tra i’incuriosito e il divertito è in attesa di un lieto : “fatto signora ! “da parte del tecnico sdraiato sotto il pianoforte.

E poi c’è uno sdraiato sotto il piano che porge incurante le terga al pubblico , attento al suo tentativo di risolvere il problema .

Solo che quel misterioso “operaio” altri non è che il più famoso tenore del mondo : quel tal Jonas Kaufmann non nuovo a questi intermezzi extra che lo fanno davvero un personaggio unico e irripetibile .

Questo fa il paio con il celeberrimo “ non abbiamo soprano” viennese e il nuovo intermezzo conferma la sua sveltezza nel risolvere i problemi , la sua disinvoltura e anche la sua incredibile padronanza del palcoscenico.

Sfido chiunque a ricordare una analoga scena col tenore per terra ad armeggiare con i pedali del piano! 

Manca solo che , rialzandosi con un sorriso esclami :ecco fatto! 

e riprenda con un rapido strofinamento del frack impolverato sulle ginocchia il suo posto di partner dello spettacolo di Lieder che sta portando in giro per l’Europa.

C’è Zeta e Zeta

Quella Z sui carri armati russi diventata in breve tempo un segno distintivo di violenza e di morte nei confronti del popolo ucraino richiama un ben altro significato della lettera Zeta , un ricordo vivissimo di un bellissimo film di Costas Gavras “Zède “( Z ) , con un brutto sottottitolo italiano ( l’orgia del potere ).

Film franco-algerino , Oscar per il miglior film straniero , premiato  anche a  Cannes , musiche di Theodorakis ,  con un  grandissimo cast in cui brillavano Yves Montand e JeanLuis Trintignan raccontava la storia dell’omicidio di un deputato socialista al tempo della dittatura dei colonnelli in Grecia.

La lettera Zeta del titolo si rifaceva all’alfabeto greco e in quel contesto significava la vita : egli vive .

Lo vidi a Parigi nel ’69 , un anno per me molto difficile e mi è rimasto nel cuore per quella speranza di vittoria sull’oscurantismo di una dittatura che chiudeva la bocca ai coraggiosi combattenti  per la libertà.

L’omicidio ( nascosto sotto un falso incidente d’auto ) di Lambrakis , la  ricerca della verità da parte di un giornalista testardo poco hanno a che vedere con questo uso del segno distintivo che oggi sta a segnare in modo esattamente contrario “ quell’orgia del potere” oggi in mano ad un cinico  dittatore cui  tutti abbiamo consentito di consolidare un nuovo impero russo basato sui bisogni di quanti , e siamo tanti in Europa, dipendono dal gas sovietico .

Non c’è idealismo in quella Zeta attuale , c’è solo il segno di una sopraffazione del potente contro il più debole , c’è il sogno megalomane della ricostruzione di una grande Russia .

Come una grande beffa storica , quella Zeta contro una dittatura fascista oggi viene riproposta in maniera speculare e contraria.

Ci pensino i nostalgici dell’Unione sovietica , oggi il fascismo sta proprio laddove si credeva morto per sempre .

In nome di una democrazia sempre difficile a realizzarsi ma che resta sempre il modo migliore per stare dalla parte giusta della Storia.

Un film dimenticato

Capita una domenica pomeriggio , giocando col telecomando su Prime video e ad un tratto leggo di un titolo sconosciuto con un  un sommario banale : Sonnenschnein ( storia di una famiglia ebraica in Ungheria) , ma la regia è di Istvàn Szabò, qualcosa mi dice , anche se poi non ricordo di averlo notato sugli schermi nel lontano 1999.

Un filmone di più di due ore , con Ralph Fiennes ( al tempo bellissimo) che  partendo dallo shtetl del bisnonno e interpretando ii ruolo del protagonista in tre generazioni  arriva alla rivolta ungherese del 1956.

Dal giovane che studia e che per diventare giudice si cambia anche il cognome , fedele all’Imperatore fino alla fine ,supera il periodo comunista , diventa schermitore ( ci vince pure le Olimpiadi del ’36 col nome di Adam Sors ) e per essere accettato si converte pure al cristianesimo  e poi muore ad Auschwitz fedele alla propria identità nazionale. Si arriva all’ultima generazione , ancora comunismo , restaurazione , comunismo, solo la nonna che attraverso la sua macchina fotografica vede il “vero” ne conforta le varie crisi identitarie.

Il film finisce quando il protagonista riprende il suo nome e la sua identità negata e avanza da solo verso un avvenire ….che si spera migliore.

Alla fine , il film non è certamente un capolavoro ,ma certo ci consente di ripassare tanta storia europea e tristemente mi porta all’Ungheria di oggi e il nome di Orban mi si stampa in testa come un lampo.

Faccio un’indagine : a suo tempo il film ebbe molti premi , la colonna sonora era di Maurice Jarre e per inciso , tra i tanti interpreti c’è un bellissimo cameo di  William Hurt nel ruolo dell’intellettuale comunista ebreo che muore vittima dell’antisionismo imperante da sempre in quel paese.

Bellissima la frase del padre : “a noi ebrei non conviene salire molto in alto , è sempre pericoloso farsi troppo notare”. 

Dai Cento consorti a Turandot

Una serata conviviale in un club di servizi , di quelli che hanno nello statuto che si parli di tutto fuorchè di politica eppure raramente ho trovato come nella bellissima conferenza della colta autrice di un piccolo prezioso libro che racconta la storia della nascita e della vita dello Sferisterio di Macerata tanta politica vera , intesa nel senso più genuino di interesse , curiosità e vocazione della polis.

Affascinante affabulatrice la garbata scrittrice ci ha raccontato come nello Stato della Chiesa in un tempo lontano sia stato possibile tanto fermento culturale ( lo stesso che ha prodotto un numero di teatri condominiali enorme rispetto alla povertà della popolazione ) quasi una forte risposta laica che racconta una realtà carbonara , piena di fremiti innovatori .

Il piccolo prezioso libro scritto da Lucia Tancredi si intitola semplicemente Lo Sferisterio di Macerata e l’avventura dei Cento Consorti.

Lo si legge tutto d’un fiato , godendo delle tante citazioni storiche che partono da tanto lontano , dall’importanza che il gioco della palla aveva anche in epoca romana  fino ad arrivare a raccontarci le strane coincidenze che fecero nascere a distanza di pochi colli della bellissima cornice di colline della Marca classica sia Giacomo Leopardi sia il suo eroe  del gioco della palla Carlo Didimi  e sia quell’architetto Ireneo Aleardi che di questo monumento fu l’artefice maggiore .

Passava in quei giorni la cometa di Halley e i cento consorti ( che poi proprio cento non erano , ma era più carino scrivere cos)ì si firmarono sul frontespizio dell’originalissimo monumento

L’oratrice ha intrattenuto una platea attenta e silente  che non ha rischiato l’abbiocco post-prandium , rischio sempre presente in queste dotte occasioni.

Onore al merito al LionClub di Ancona che ha organizzato la serata che è poi finita in gloria con un prezioso inserto della ZDF , la tv tedesca che ci ha raccontato , giusto nell’anno centenario della nascita, anche la serie di prestazioni fantastiche che Franco Corelli regalò al pubblico marchigiano in quegli splendidi anni 70.

Come si dice in questi casi “io c’era” e mi ricordo le bellissima straniante Carmen in cui Corelli cantava in francese e il coro rispondeva in italiano , nonché la preziosa testimonianza di Birgit Nielsen , la possente Turandot di quegli anni lontani .

Il bellissimo Corelli rispondeva da par suo “ gli enigmi sono tre , una è la vita!

Da troppi pochi giorni ho nelle oreccchie il diverso modo di cantare Turandot che ho tanto apprezzato all’Auditorium di Santa Cecilia a Roma.

Alla fine il Presidente della Fondazione delle Muse ha annunciato che il premio Corelli quest’anno lo abbiamo assegnato a Jonas Kaufmann. Speriamo che trovi il tempo di venirlo a prendere.

La pioggerellina di marzo

Ogni mattina quando apro la finestra del mio studio che si affaccia su un piccolo retro aiuola vedo la terra crepata come fosse il sahel e penso che sono mesi che da queste parti proprio non piove .

Vento e freddo non sono mancati , ma la pioggia non è scesa dal cielo se non una volta , mista a sabbia e in misura esagerata si che la terra inaridita non è neppura riuscita a riceverla.

Mi accorgo allora di recitare meccanicamente una poesia dei tempi lontani , una specie di filastrocca che parlava della “pioggerellina di marzo “ che picchiava argentina sui tegoli vecchi del tetto…

Altro che neiges d’entan , ormai siamo alle piogge d’antan.

Ma dato che in compenso stanno piovendo bombe su questa nostra vecchia Europa sembra essere passata di moda anche la preoccupazione che riguarda il violento e feroce cambio del clima .

I media passano da una catastrofe all’altra e tutto si consuma : la pandemia da Covid sta risalendo nelle statistiche in tutto il mondo , la curva che discendeva risale nell’indifferenza generale perché le piaghe bibliche si susseguono tanto velocemente che non c’è più tempo per preoccuparsi della disgrazia precedente.

L’esigenza economica fa aggio sulla paura , la tendenza generale è quella di levare tutte le restrizioni tanto adesso c’è una paura più grande : dalla malattia alla guerra e per le cavallette ci stiamo attrezzando.

Ho anche visto la suggestiva neve rosa in Austria , sembrava un effetto speciale tanto era divertente!

Il grande circo mondiale sta già cominciando a consumare anche le immagini atroci delle file di rifugiati ucraini e in Italia ci sono degnissime persone che ancora facendo equilibristiche elocubrazioni si esercitano sulle cause remote di una guerra assurda in cui non c’è niente di difficile da capire : c’è un paese libero aggredito da un paese più forte gestito da un dittatore crudele. 

Non so bene in che ordine mettere i problemi del nostro pianeta , di sicuro è certo che la pioggerellina di marzo mi comincia a mancare davvero.

Guerra e pubblicità

Le immagini di guerra riempiono gli schermi dei nostri televisori da molti anni ormai ma questa guerra così pericolosamente vicina , con tutto il suo impatto emotivo per la somiglianza della popolazione ucraina al nostro comune vissuto europeo colpisce forse di più di tutte le altre guerre del medio oriente , guerre di polvere e di terre lontane .

Le immagini feriscono , ci sgomentano e poi ,dato che la televisione si nutre di pubblicità , si produce un salto brutale alla nostra vista .

Così si alternano visione di dolore e di morte a immagini patinate , levigate di un mondo irreale in cui si sorride felici su strade pulite , con macchine superdotate e accessoriate , si mangiano biscotti che sanno di cielo e si bevono fresche bevande in verdi prati fioriti.

Lo straniamento feroce paradossalmente sembra far parte della stessa informazione , ovviamente la televisione per essere su quei teatri di guerra ha bisogno di mezzi , i giornalisti che corrono sulle strade di Kiev , di Mariupol , di Leopoli rischiano la pelle , hanno elmetti con scritto PRESS ma sono professionisti comunque ingaggiati da testate che vivono economicamente dei proventi pubblicitari che ne consentono la vita.

Solo che il nostro occhio ormai non fa più differenza , con un cinismo cronico guarda la guerra e la pubblicità con la stessa mancanza di partecipazione.

Il gatto si morde la coda : se vuoi l’informazione devi accettare il compromesso che fa male al cuore .

In certi momenti mi viene voglia di cancellare la pubbicità che offende il dolore , in altri assurdamente vedo la guerra come un film 

pieno di effetti speciali .

L’esercizio di separare emotivamente i due momenti tra la  verità e la finzione richiede un senso ulteriore di comprensione .

Non sono convinta che tutti siano in grado di decodificarlo.

Crimea , la storia

Leggere le vicende della Crimea è come sfogliare tanta storia  partendo dall’antichità. Non  mi ero mai posto il problema di sapere dove si fosse rifugiata Ifigenia nella versione che non la vide sacrificata in Aulide e quella Tauride in cui fu ritrovata dal fratelllo Oreste altro non era che la Crimea di oggi.

Nella scorrere dei secoli questa terra  fu sempre importante  e infatti in quel punto si sono svolte tante guerre , cambiò spesso nome e nazionalità e  rimase sempre terra di conquista tra imperi e potenze.

Leggo i nomi di Sebastopoli , Odessa , Balaklava e mi trovo a sfogliare ricordi scolastici e letterari.

Sull’Enciclopdia ( non aggiornata ) riporta la Crimea parte dell’Ucraina , ma sappiamo che dal 2014 di fatto e di nuovo è ritornata alla Russia , guerre e sangue su quella penisola strategica , quasi una strozzatura che divide il Mar Nero dal mare d’Azov.

Dall’altra parte , quella turca c’è Gallipoli , leggi Kannakale , ovvero Troia .

Quanto si capisce la storia studiando anche la geografia!

Non è certo il mio piccolo blog che può rinfrescare tante vicende ,ma mi domando quanto la scuola di oggi dia conoscenze ai ragazzi perché abbiano gli strumenti validi per capire le motivazioni politiche che muovono l’economia e gli eserciti.

Anche dal punto di vista religioso la competizione in quella terra non fu da meno , mi perdo nel ricercare nel corso dei secoli i tanti cambiamenti che avvennero in quel quadrato di terra antica.

Questi nomi risuonano spesso anche dal punto di vista letterario , ma oggi quanti giovani leggono davvero i libri?

I racconti di Sebastopoli di Tolstoj , i racconti di Odessa di Babel , solo per fare due piccoli esempi.

Forse sarebbe più facile attraverso il cinema : molti di questi nomi furono anche film di successo , bene farebbero d docenti a riproporre la storia di oggi anche attraverso questo mezzo popolare. 

Ricercare il perché di tante strane spedizioni : perché il piccolo Piemonte combattè nel 1854 una guerra in Crimea , perché la giovane Australia mandò nel 1915 i suoi giovani a morire a Gallipoli.

Perché oggi si muore a Mariupol ?

Invece di schierarsi in partigianerie partitiche sarabbe meglio invitare i giovani a studiare , perlomeno questa è la mia modesta idea.  

Da Pesaro a Mariupol

Mentre in Italia si festeggia l’assegnazione alla città di Pesaro quale capitale della cultura per il 2024 , assegnazione veramente meritata anche se ha provocato piccole invidie e lamenti in altre città della stessa regione che non sono riuscite nello stesso risultato , leggo con enorme tristezza  e sgomento che a Mariupol è stato bombardato in grande teatro della città.

Vi si erano rifugiati forse fino a un migliaio di cittadini e se non fosse bastato avevano anche scritto sui due piazzali davanti e dietro una sola parola :” bambini “in chiare lettere perché fosse visibile anche dai droni spia in cerca di obbiettivi militari veri o presunti.

La cultura , il teatro , i segni della civiltà di un popolo sono sacri per tutti coloro che considerano le arti cibo dell’anima.

Per tutti coloro che del teatro vivono e per tutti noi che consideriamo il teatro lo spazio più importante nel quale vivono le emozioni , le gioie più  grandi che gli esseri umani riescono a regalarsi in un rito collettivo che risale nel tempo alle origini della nostra civiltà colpire un teatro è qualcosa che va aldilà della nuda cronaca vigliacca e feroce di chi vuole scientemente colpire l’anima di un popolo.

Ho accennato all’inizio ad un paragone che può sembrare riduttivo se non si sapesse quanto la piccola città sull’Adriatico vive della cultura che  la permea in tutte le attività incentrate sul suo vivere di teatro e di musica tutto l’anno .

Sono stata in Ucraina in tempi lontani per un bellissimo viaggio ed in ogni città sono stata a teatro , quel tempio laico di cui si fregia ogni comunità civile aggregata e in quei paesi dell’Est dai quali viene tanta anche della nostra cultura mi sono sentita a casa , come mi sento a casa ogni volta che vivo insieme agli altri la gioia della partecipazione ad un rito in cui l’emozione personale si fonde nel rito collettivo.

Il teatro di Mariupol era diventato un rifugio per poveri cittadini in fuga dalle loro case meno protette  e lo stare insieme fungeva da collante anche contro la paura.

Gli spiriti di tutti i grandi autori che in quello spazio furono rappresentati non li hanno protetti abbastanza , chissà se anche la musica di Rossini aveva risuonato tra quelle pareti.

Mi piacerebbe che quando questa orribile invasione finirà ( perché voglio davvero sperare che presto debba finire ) i cittadini di Pesaro si gemellino con questa città martire e che la loro gioia porti un contributo alla città martire di Mariupol.