Macbetto a Gotham

In vena di confessioni rivelo una mia antica allergia per il Macbeth forse risalente ai miei verdi anni fiorentini , quando pur in presenza di pregievoli allestimenti della cupa tragedia scespiriana seguitavo a sentire le bollicine del Lambrusco nel tragico banchetto corredato di fantasma.

Lo spettro di Banco , come dire che uno non era messo bene in salute ed altre amenità venivano sempre da me provocate nelle messinscene d’epoca.

L’ho anche scritto , a mia onta ,che quel Verdi lì non mi piaceva , troppo wagneriana nel profondo e troppo ignorante , aggiungo oggi che invece di questa cupa opera ne apprezzo la grande drammaticità e le bellissime atmosfere luciferine.

Poi , quando finalmente ci sono arrivata a capire la novità di quel capolavoro di metà ottocento ( grazie anche a Chailly che me lo ha restituito con grande accuratezza ) ecco che mi arriva il Macbetto a Gotham City e di nuovo piombo nel mio disinteresse primigenio . Anzi , con le streghe che ballano come Michael Jackson nel trailer di Thriller mi sento addirittura tradita perché tutti i fumi , tutte le cattiverie stanno nella parola verdiana , nella musica del Sabba infernale ma non ne vedo traccia nel saliscendi dell’ascensore (dove in tv si vedono fare anche dellecosacce!) del tutto inutili.

La bella faccia emiliana di Luca Salsi , quante volte l’ho ammirato altrove (!) non è abbastanza luciferina, la Diva che non vede l’ora di fare anche il balletto scalza (già vista una volta a Baden Baden) con tutto il suo repertorio di sbranamento d’occhi sono tutt’e due molto preoccupati dai frenetici movimenti del pluri abbonato scaligero Livermore dall’essere davvero quella coppia infernale che sta nelle note.

In cotanta cattiveria salvo lo splendido Ibdar Abdrasakov, uno che ci crede a quello che canta e il cameo Meli anche se per me avrebbe dovuto recitarlo un po’ di più il suo Macduff.

Comunque il sant’Ambrogio in maschera è stato celebrato di nuovo , con la benedizione del Capo dello Stato che seguita a salutare come dal finestrino del treno , con mezzo teatro in Armani-code,con le gaffes della coppia quella davvero infernale) Vespa-Carlucci ho spento la televisione , (dicendomi , tanto sono sola ,ad imitazione di una mitica battuta di un classico dei Vanzina : e anche questo Santambrogio ce lo siamo levato dalle ……scatole.

Gianni Schicchi al cinema

Non grido al miracolo dopo aver visto il Gianni Schicchi di Damiano Michieletto al cinema perché lo Schicchi di Forzano/ Puccini è già di per sé un miracolo , ma ne esco rallegrata e felice perché è una operazione riuscita  di avvicinamento vero per coloro che sono lontani dal  mondo ormai di nicchia dei frequentatori della lirica.

Tutto è stato pianificato con intelligenza : la lunga introduzione di un Giannini clamoroso “as” Buoso che ci spiega tante cose : la sua ricchezza , lo scherzo che “vorrebbe” fare ai parenti , la descrizione dei sullodati e poi ..inizia l’opera che non sembra neanche quella cosa noiosa dalla quale rifuggono le masse.

Come ha detto giustamente lo stesso regista lo Schicchi è già di per sé una sceneggiatura cinematografica.

Il buon gusto aiuta ,la bravura di tutti gli interpreti ( tra cui spicca per carattere e genialità la Zita di Manuela Custer) , l’ambientazione raffinata , le trovatine apprezzate dagli esperti tra cui risalta la bellissima trovata della Mula rombante con risata e raglio della mula vera.

Eravamo quattro gatti ahimè, Ancona è una città sorda e chiusa, ma era con me una giovine signora digiuna della storia , di musica e di Dante che però si è divertita davvero. Segno che l’operazione è valida.

Alla fine dopo avermi chiesto chi avesse scritto la musica mi ha detto che però una canzone la conosceva ..e si trattava di O mio babbino caro!

Per me che nacqui in riva d’Arno Firenze è come un albero fiorito  mette dentro una vera commozione e anche la chiusa con Firenze bella è come il canto dell’esule lontano.

Eppoi “i mulini di Signa “ ormai sono nel lessico di tutti coloro che vedono nelle beghe tra parenti lo stesso sguardo ironico e disincantato di un Puccini in gloria e di un Forzano sodale perfetto .

IL capolavoro è fatto , Michieletto lo ha tradotto per l’oggi distratto.

Lunga vita a Gianni Schicchi e a Frontali mai visto così comico  ed è una bellissima rivelazione.

Ovviamente sono tutti bravissimi e con ciò si dimostra che essere cantanti lirici si è qualcosa di più che  essere semplici attori : sono attori che cantano pure.

Incantesimo napoletano

Ogni volta che torno a Napoli provo tutta una serie di emozioni anche contradditorie fra di loro  che comunque vada mi provocano quella che arriverei a definire una tempesta emotiva 

Anche quest’ultima volta , tra un caldo atroce e la pioggia tropicale ho avuto le stesse sensazioni in contrasto fra loro e incredibilmente me le ha risvegliate la visione pochi  giorni dopo ( dopo secoli al cinema!) la visione del film di Sorrentino.

Una emozione particolare : una scena girata nella piazzetta Matilde Serao ,proprio davanti all’albergo delizioso in cui ho alloggiato.

Unico particolare differente, il cancello irragionevolmente chiuso che porta in Galleria Umberto nel film era aperto . Potenza del cinema dove ogni vero è un falso.

Ma quello che più mi ha colpita è stata tutta una serie di foto e di commenti estasiati da parte delle tante amiche e amici stranieri calati al Sud per il bellissimo Otello del San Carlo.

Tutti , dico tutti ,i commenti e i reportage sembravano non cogliere il lato nero della città ; nessun accenno scandalizzato al traffico caotico , alla sporcizia diffusa , al disordine urbano.

Solo bellezza , la grande bellezza dei musei , delle chiese , dei mercati immaginifici. 

Gli occhi dei miei tanti amici che hanno fotografato , raccontato , sognato nelle giornate napoletane mi sono sembrati come preda ad un incantesimo che vietasse loro ( e per fortuna ) le tante troppe incongruenze sociali della incredibile e irrazionale città.

Nessuno si è lamentato ( salvo un’amica friulana ) dello sporco in Galleria , nessuno ha sottolineato il misterioso ammontare del costo di una corsa di taxi  “ a piacere” secondo modalità segrete e poco riconducibili alla logica del percorso.

Nessuno ne ha visto  il lato nero e questo sicuramente è la conferma , se ce ne fosse bisogno , che Napoli ha in sé una magia strisciante e sotterranea che nessun raziocinio riesce a scalfire.

La variante Omicron

Vaccinata due volte con convinzione ho poi fatto anche il richiamo e non so perché lo chiamano Booster quando c’è una bella parola italiana chiara che lo definisce.

A questo punto pensavo di essere a posto , perlomeno per un anno quando è arrivata la notizia della variante che ha fatto crollare le Borse in tutta Europa, panico diffuso nel mondo , la variante sudafricana ci ha tolto le speranze di essere alla fine dell’incubo.

E’ stata di nuovo la sensazione di vivere come in quel film nel quale il povero protagonista si risveglia ogni mattina ripetendo gli stessi gesti , ascoltando la stessa musica , muovendosi negli stessi posti.

Stiamo vivendo l’incubo del Giorno della marmotta e devo confessare che questa volta non è stata la paura che mi ha preso alla gola , piuttosto una sottile forma strisciante di angoscia , più simile ad un brutto sogno che a qualcosa di reale.

So che studieranno le varianti , so che con tutta probabilità la grande macchina scientifica delle multinazionali del farmaco troverà il modo per fermare ancora una volta le mutazioni del virus.

Ma fino a quando e per quanto ancora ?

Guardo indietro e penso alla mia lunga vita trascorsa , quando programmavamo con leggerezza i viaggi anche nei luoghi oggi quasi impensabili .

Sono stata fortunata , ma i giovani di oggi riavranno la gioia che ho avuto io di vedere Petra e Palmira , di passare il capodanno a Dely,

di andare serenamente a rinnovare il passaporto perché aveva le pagine tutte piene di strani timbri esotici?

Mi sono trovata ripiegata su me stessa , svuotata e intristita.

Scusatemi lettori , ma oggi il blog solo questo aveva da dire. 

I paragoni

Per buona creanza una volta si diceva “ i paragoni son sempre odiosi” e questo è vero quasi sempre  essendo il “quasi” la possibilità di rivedere le tre messinscena di Otello che Jonas Kaufmann ha cantato a partire dal 2017.

Nel suo primo Otello a Londra alla Royal Opera House il tenore al debutto ha avuto dalla sua un grande partner in un amico , quel Tony Pappano col quale aveva già fatto una notevole parte del suo percorso nell’acquisizione dei ruoli , tanto diversi tra loro passando da Puccini a Giordano .

Un amico , la cui italianità di origine lo ha indirizzato nelle sfumature del personaggio che poi il tenore con intelligenza ha fatto sue nel prosieguo del suo cammino.

Negli stupendi costumi che sono sempre una cifra degli allestimenti inglesi il suo Otello primigenio è di una bellezza sfavillante.

E’ venuto poi l’Otello di Monaco , facciamolo strano , facciamolo brutto e complichiamo le cose con un Gerard Finley per me addirittura fuori ruolo come Jago.

Anche la Harteros si muove male , una Desdemona nevrotica e attempata in una messinscena di doppie immagini , molte delle quali non aiutano la facile lettura del testo , solo il gioco del fazzoletto ( ma lo è nella ripresa video  ) è giocato con abilità.

Ma a Monaco c’era Kirill Petrenko e tutta l’orchestra del BSO nel massimo del suo splendore .

Kaufmann ha avuto gioco facile , riprendendo le sottigliezze londinesi e sorretto dal prezioso appoggio del più grande direttore oggi sulla scena capace di guidare con la magia del suo gesto anche la  preziosità del canto.

E arriviamo a Napoli , con le difficoltà delle norme anti.covid , la riduzione orchestrale , la impossibilità di muovere le masse corali , la rinuncia da parte della Palli di alcuni passaggi scenografici .

Eppure , nonostante tutti questi impedimenti questo terzo Otello kaufmanniano risulta per me essere il migliore dei tre.

La storia fila perfettamente , il racconto scorre con coerenza e se i puristi cercano Shakespeare in Verdi e i verdiani ci cercano il Bardo qui si trova un plot narrativo di tutto rispetto, ben recitato e cantato con felicità da tutti gli interpreti.

Kaufmann si è trovato una Maria Agresta in grande ascesa rispetto a Londra , sicura e bellissima in un ruolo che sente suo e anche il resto della compagnia di canto è abbondantemente sopra la media, Martone conosce bene il gioco di palcoscenico e una Emilia così determinante come quella di Manuela Custer è un lusso che pochi si possono permettere.

Jago di Golovatenko è prestante e forte , la cattiveria è di tipo militare e ci sta tutta , vista l’ambientazione.

Se poi ci aggiungiamo il fascino del San Carlo , di una intera città che ha in sé qualcosa di magico direi che questo Otello resterà nella memoria di molti come un evento eccezionale.

A margine

Praticamente scomparsa dai giornali la benemerita figura del critico musicale si è verificato uno strano fenomeno : la proliferazione dei blog e dei siti online che parlano di lirica e sinfonica con un risultato imprevedibile :testi lunghissimi , farciti di taglia e incolla e pieni di informazioni circa le trame ( quando di tratta di opere) e di dissertazioni sul perché e percome furono composte certe sinfonie.

Spesso illeggibili per una buona metà , bisogna scorrere in fondo per capire se davvero l’illustre blogger si spinge verso una vera valutazione critica. In generale aspettano di arrivare dopo che altri hanno già scritto abbondantemente.

In attesa che scompaiano del tutto le copie cartacee può essere utile nutrirsi di qualche stralcio d’intelligenza attraverso video rubati da chi del teatro vive e con intelligenza ne parla con cognizione di causa.

Per questo ho trovato molto pertinente ( come al solito ) l’intelligente appello di Jonas Kaufmann ai registi ricordando loro in primis che alla base dell’opera c’è una storia scritta , che il librettista prima e il musicista poi ne fanno già qualcosa di diverso e che la regia può e deve intervenire ma non a “gamba tesa” e suprattutto ricordando che un allestimento vive non soltanto  per una performance , ma deve durare nel tempo , permettendo lunga vita allo spettacolo che solo nella proiezione temporale recupera la sua validità economica.

Ho trovato questa perla in un video rubato durante il convegno napoletano a margine della bella mesinscena dell’Otello di Mario Martone ed erano presenti diversi registi famosi .L’accorato appello era a mani giunte per tutti.

Ultima notazione , per tornare all’inizio del mio pensierino di oggi  : se ormai tutti sono esperti di tutto ( e la pandemia ci insegna di quanti virologi scoperti per caso siamo oggi circondati ) stiamo anche correndo il rischio di avere una moltitudine di critici musicali che magari non sono capaci di leggere una partitura ma che si permettono di giudicare tutto di tutti , magari solo ascoltando il concerto e guardando l’opera in televisione.

Il tuo nefando livor m’è noto

È proprio vero che in teatro non esistono piccoli ruoli , semmai esistono piccoli attori e questo è valido anche per il melodramma .

Non è questo il caso quando si ha Manuela Custer nel ruolo di Emilia nell’Otello di Martone . 

L’Emilia di Manuela , che lei si è cucita addosso ( basterebbe vederla di spalle guardare stancamente la tv nella stanza di Desdemona nel quarto atto , un colpo di teatro che ne racconta la stanchezza di soldato annoiato ma anche la vicinanza attenta per la sua superiore che capisce angosciata).

Personaggio niente affatto minore , il suo gesto veloce nel raccattare il fazzoletto e la  sua testarda resistenza al marito che glielo vuole sottrarre , dimostra se ce ne fosse bisogno anche la sua resa al “macho” prepotente  ed è già una denuncia del ruolo suo malgrado di sudditanza femminile .

Ed è lei che denuncia forte e con rabbia l’assassino, quella porta che si spalanca sull’orrore della mente di Otello , lei alla fine ha la forza di accogliere la testimonianza della morente , in altre messinscene un po’ ridicole con la morta che parla ….

Eppoi c’è Desdemona : Maria esce come un soldato sulla barella ( nella vita militare certe cose meglio farle passare sotto silenzio ) la grande barriera di laminato ondulato lascia solo Otello con la sua follia e il suo rimpianto .

……il motivo del bacio ( e Wagner non è passato invano nella storia della musica , anche per Verdi ).

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Uscendo dal melodramma ed entrando nella vita vera attraverso questo fortunato incontro fuori scena ha avuto la gioia di conoscere una donna straordinaria , di una competenza musicale enorme , con un curriculum di tutto rispetto , un altro dono della dolcissima Maria.

Manuela Custer , alla quale ho dato con gioia la mia amicizia , non la banale amicizia social , quella vera quando si scoprono “ le affinità elettive”.

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Quel fazzoletto

L’ambientazione esotica e lontana , il mondo rigorosamente chiuso come può essere quello di un esercito in terra straniera , il disagio , le gelosie gerarchiche , il sesso comunque presente quando si vive troppo vicini : questa è la scelta registica dell’Otello verdiano in chiave mediorientale.

Così un nuovo Otello si aggiunge alla serie di personaggi molto diversi fra di loro che Jonas Kaufmann regala alle falangi di seguaci che accorrono da ogni dove per seguire quella trama di perdizione che è la tragica storia di una ossessione , questa volta però trovandosi di fronte una Desdemona forte e stupendamente compresa da Maria Agresta in stato di grazia , sia vocalmente che nella perfetta adesione al personaggio che Martone le ha chiesto di essere.

Felice anche la scelta di Jago dalla voce possente del baritono russo Golovatenko.

Momenti registicamente felici si alternano comunque a qualche caduta dovuta però alla esigenze restrittive richieste dalle norme anticovid.

Così si spiegano alcune sempliciste soluzioni sui movimenti delle masse corali, sulla riduzione un po’ ingenua di alcuni momenti che erano stati pensati diversamente . 

Bellissima la chiusa del Credo blasfemo di Jago e l’uso dello stesso sipario che isola il perduto Otello  nella solitudine disperata della morte .

Intuizione teatrale efficace la percezione da parte di Desdemona dell’arrivo di Otello nella stanza accanto , la sua paura ,la inutile arma sotto il cuscino perché comunque la vittima del femminicidio non sparera’ , va incontro al suo destino al quale non vuole comunque sottrarsi.

Laddove la sapiente regia teatrale di Martone si rivela appieno è anche nella casualità del gioco infernale del fazzoletto dove entra in scena anche il ruolo non secondario di Emilia , anche lei importante pedina del destino.

Nessuno scandalo , la storia scritta mirabilmente cinque secoli fa , la magia del grande vecchio Verdi ,  genio italiano felicemente seguito dal giovine Boito che è riuscito nella non facile impresa di consegnarci la più drammatica testimonianza della storia attualissima di una tragedia che purtroppo è storia dell’oggi.

Un L’Otello di Napoli che ci è stato regalato è tutto questo grazie alla stimolante regia di Mario Martone che aveva a disposizione tutta una serie di congiunture favorevoli : l’arte felice di grandi interpreti , una precisa direzione musicale , un grande direttore del coro e una scenografa illustre. Tutto questo grazie ad un sovrintendente esperto e coraggioso come Stephane Lissner cui va tutta la mia gratitudine.

Una storia marchigiana

Verso la metà degli anni ottanta del secolo scorso conobbi una persona speciale , era un medico con due passioni : la politica e la musica.

Asssessore alla Cultura del comune di Pesaro si era prefisso un sogno che realizzato si chiamò Rossini Opera Festival .

Gianfranco Mariotti , questo il suo nome, e in quegli anni in cui il PCI contava davvero ebbe la volontà e la lungimiranza di raccogliere attorno al suo progetto grandi figure di musicologi e di artisti .IL ROF prese il volo e Mariotti ne fece uno dei Festival più importanti d’Europa recuperando e rivalutando tutta l’opera di Gioacchino Rossini.

 In quegli anni eravamo colleghi in una associazione culturale che si interessava del teatro di prosa e ricordo i suoi interventi sempre precisi e mirati e  mi piaceva ascoltare il suo ragionare colto e documentato.

Poi nel tempo ci siamo frequentati  sia seguendo la crescita culturale del Festival che incontrandolo spesso in casa di amici.  
In  una casa importante lo incontravo insieme alla sua gentile ed elegante moglie che poi lo lasciò prematuramente e sapevo anche che suo figlio studiava musica con successo.

Poi , passati tanti anni , lo rividi in platea allo Sferisterio di Macerata dove  il figlio dirigeva La Traviata e andai a fargli miei complimenti per la notevole bravura del suo giovanissimo figliolo, già ottimo e sensibile direttore d’orchestra.

Fu così che cominciai a seguire la trionfale ascesa di Michele Mariotti , pesarese col dono della musica.

Una volta mia sorella che lo aveva sentito dirigere a Firenze mi disse : è bravo quel giovanissimo marchigiano .

Io sorridendo le dissi : chi , Mariottino ? Un affettoso nomignolo che gli aveva dato il nostro critico musicale più noto.

Quel giovanissimo aveva preso il volo , non sto qui a raccontare la sua ascesa nel Gotha dei direttori della sua generazione .

Sono però molto felice di ascoltarlo dirigere domani a Napoli , città dove lo avevo già ascoltato lo scorso anno nell’Aida e dove , seduta vicino a lui , l’avevo visto dirigere con gesti impercettibili la Nona di Beethoven mentre la stava ascoltando diretta da un bravo collega.

Ovvero , banalmente , la musica nel cuore.

Dall’Europa

Le foto dei dannati afgani e siriani costretti in quel corridoio di gelo tra la Bielorussia da un lato e la Polonia e la Lituania dall’altro stringono il cuore : Il freddo di quelle regioni è palpabile anche soltanto guardando  le foto rubate che i giornali riescono a far rimbalzare sulle coscienze di un’ Europa preoccupata sullo sfondamento dei propri confini.

Sono usati come armi di di distrazione di massa quei circa duemila ammassati nelle umide foreste alla ricerca di un varco verso l’illusione di una vita di pace nell’ Europa agognata.

Sono una goccia nel mare della migrazione biblica che ci assedia da tutte le parti e mi viene da paragonarli alle file di africani scalzi in fila sulle banchine di Lampedusa ( e quando va bene hanno gli infradito!) .

Infreddoliti anche loro , sopravvissuti a questo mare Mediterraneo che comunque seguita ad inghiottirne tanti nel silenzio e nell’indifferenza dei paesi ricchi che tanto hanno sfruttato il mondo attraverso le colonie e che non si sentono in  dovere di restituire qualcosa del tanto che hanno rubato a quel continente.

Intanto il Covid che non conosce frontiere ha ripreso con vigore a colpire proprio in Europa , specie quella dell’Est che avrebbe dovuto per prima capire l’appello disperato di coloro che bussano alla porta balcanica.

L’idraulico polacco era stato l’incubo del tedesco arricchito , la badante romena che assiste i vecchi di questo vecchio continente , i pizzaioli magrebini che fanno il lavoro ingrato che i nostri ragazzi non vogliono fare più , tutto un mondo che chiede solo pace e lavoro , ma forse il male che noi ci portiamo dentro è la risposta crudele alla nostra incapacità di aprirci ai bisognosi.

aspettando Peter Grimes

Qualche anno fa ascoltai un bellissimo Peter Grimes a Roma per l’inaugurazione della stagione concertistica di Santa Cecilia.

In forma di concerto , direttore Pappano ,con uno straordinario Gregory Kunde nel ruolo del titolo .

Ne rimasi folgorata come adesso rivedendolo in tv in una messiscena particolare : sulla riva del mare ad Aldenburgh , nel borgo dove viveva Britten con una compagnia di canto molto british e molto suggestiva.

La storia terribile di una emarginazione , di un povero pescatore visionario e di una comunità chiusa e crudele che lo ha giudicato provocandone alla fine la inevitabile nemesi tragica.

Le piccole vittime : i poveri orfani , la mite maestra e soprattutto quel mare crudele che inghiotte le passioni e le speranze, tutto è raccontato dalla musica di Britten e non a caso i suggestivi intermezzi sono spesso suonati anche in forma di concerto.

Qualcosa da dire sulla vocalità del tenore protagonista : in principio Britten lo aveva pensato baritono , poi l’amore per  Peter Piers ne cambiò il registro . Nella versione inglese che ho visto recentemente siamo nella tradizione tenorile british , penso però che attraverso alcune mutazioni avvenute nel tempo la vocalità torni ad abbasarsi ( vedi  Jon Vickers alla Scala) .

Per questo mi incuriosisce molto l’idea di ascoltare Jonas Kaufmann nel ruolo del titolo . Sono sicurà che sarà un nuovo anello di quella catena ininterrotta di eroi tormentati che piacciono tanto al nostro tenore.