Volare , oh oh ..

Ho avuto uno strano rimprovero da una persona a me vicina :non si devono scrivere cose tristi su un blog. Punto.

Ci ho pensato a lungo , soprattutto in certi periodi in cui viaggio di meno e tutto sommato , vista la situazione generale sanitaria del pianeta non è che mi senta spinta a viaggiare come facevo una vita fa, prima del Covid.

Per cui finisco per parlare di cose diversamente interessanti , alcune di interese generale , altre più intime sapendo che se poi mi taccio un ridicolo argoritmo mi dice  che è un po’ di giorni che non scrivo e mi rimprovera tacitamente del silenzio.

Motivi per scrivere di cose allegre si possono sempre trovare soprattutto quando scorrendo nelle prime ore del mattino un po’ di stampa quotidina ci si imbatte in qualche curiosità , come quella di cui ho scritto nell’ultimo post .

Oggi invece racconto di una storia triste , di un piccolo incidente al quale assisto spesso e contro il quale ho concluso di non poter fare assolutamente niente .

Nella stanza in cui sto seduta al computer c’è una finestra che guarda a mezzogiorno e che riflette nelle prime ore del mattino l’azzurro del cielo : con una certa regolarità un forte rumore mi fa sobbalzare perché un qualche uccellino , più o meno grande ,volando felice si imbatte in quello che credeva il cielo e si scontra sul vetro del mio studio.

Spesso se ne riparte tramortito , svolazzando a fatica ma qualche volta ahimè il volo è tanto veloce e sicuro che il povero volatile si schianta restando ucciso sul colpo.

Allora mi affaccio alla finestra e vedendo quel povero animale stecchito in terra penso che forse sarebbe meglio non aprissi la persiana la mattina ma finisco prosaicamente per prendere una paletta e raccogliere la povera piccola salma che ha creduto di volare in alto ed è finita miserevolmente nel mezzo del suo volo felice.

Avessi ancora la mia inaridita vena poetica forse ci scriverei dei versi, avendola esaurita cinicamente concludo che certi uccellini sono proprio scemi e se si sbagliano il cielo con un vetro non vedo perché io dovrei tenere la luce accesa per permettere il loro volo sicuro.

Ai-Da al Cairo

Leggo una curiosa notizia sulla stampa di oggi : Ai-Da è stata arrestata al Cairo .

In principio non ci faccio caso , poi leggendo meglio e foneticamente sillabando “Aida” e , da melomane incallita , trovo l’evento assai curioso.

Ovviamente questa Aida , un robot il cui nome viene da Intelligenza artificiale più un omaggio ad una scienziata dell’Ottocento ( tale  Ada Livermore) ,non è una schiava etiope ed è anche molto carina stando alle foto dei giornali , certo però la coincidenza diverte : evidentemente per Ai-da l’Egitto è terra ingrata .

 Aveva già girato molto nel mondo ma qui l’hanno considerata una spia perché nei suoi occhi poteva nascondersi chissà quale telecamera .

Povera Aida , ci sono voluti dieci giorni per scagionarla e non sanno i solerti funzionari che lei nel frattempo aveva già saputo quella vecchia faccenda delle gole di Napata e chissà se un qualche romantico funzionario egiziano non sia  rimasto  affascinato da lei e le abbia raccontato ( o meglio le abbia permesso di fare riprese per qualche strano sito segreto attuale).

Certo , a vederne la foto , mi pare di poter dire che questa Aida cibernetica sia molto ma molto più accattivante di quell’orribile burattino grigio che il povero Radames- Kaufmann è stato costretto ad abbracciare sotto “ la fatal pietra” .

Oltretutto in compagnia di ben tre burattinai  compresa la povera strisciante sulle ginocchia che è stata immortalata da YouTube soprattutto mostrando il suo lato B a favor di camera.

Aida robot batte l’Aida burattino , ci pensino i registi innovatori , potrebbe essere una buona occasione per scandalizzare i nostalgici del soprano tinto con il lucido nero dei tempi andati.

Modo di dire

Ci sono delle espressioni lessicali che cambiano con il cambiare degli anni : rileggendo un libro scritto negli anni 60  ( ne ho parlato nel mio ultimo blog) mi sono imbattuta in un modo di dire che era entrato anche nell’uso comune nel mio ambiente   e nella mia famiglia dove c’erano c’erano anche dei parenti ebrei essendo da sempre Ancona una città mercantile e in cui c’erano addirittura due sinagoghe.

Si usava dire di una persona modesta culturalmente e anche con atteggiamenti direi in qualche modo goffi che si comportava da “negro” e dicendo così non si faceva assolutamente riferimento al colore della pelle , perlomeno non in maniera consapevole.

C’erano anche la “negritudine” e adddirittura c’era il superlativo  “negerrimo”.

Chiaramente oggi per l’equivalente userei la parola  “imbranato”, o quelli equivalenti in uso tra i giovani che forse neanche conosco , ma dire negro ad una persona non usa proprio più , neanche se quello è il suo colore della pelle , semmai diremmo afrocolored ,a dimostrazione che davvero il lessico cambia.

Pare che sia diventato addirittura pericoloso scriverlo sui social , si rischia di essere bannati dall’argoritmo implacabile.

Comunque sono convinta che ci sia ancora tanta ipocrisia in queste rimozioni quando ancora si stenta a considerare davvero che si sia diventati tutti uguali , a prescindere .

Il nostro lessico in disuso era soltanto un modo come un altro per ridere tra di noi per il nostro amico che faceva brutta figura in modo involontario.

Io ero e sono una povera goy , mi diverte ricordarlo con affetto anche se tutti quelli che mi chiamavano così ormai se ne sono andati via da un pezzo.

Dei Social e della critica

Devo confessare che per me Instagram resta un modo abbastanza misterioso per interagire : l’ho scaricato e ci vado spesso solo perché su quella piattaforma ci sono i giovani e in questo modo ho più spesso notizie della mia famiglia sparsa un po’ nel mondo .

Infatti i ragazzi usano più volentieri questo mezzo per raccontarsi di quanto non facevano un tempo  , quando tutti stavano su Fb.

Ora lì ci stiamo noi e non sempre con leggerezza : mi è capitato di scrivere solo una mezza risoluzione di uno di quei giochini scemi in cui si deve scoprire cosa c’è scritto fra tante linee e io mi sono limitata a scrivere un pezzo del messaggio nascosto .

C’è da non crederci , ma c’è chi ha avuto il tempo e la voglia di correggermi scrivendomi a mò di rimprovero : apri bene gli occhi !

Per solito invece mi diverte nello scoprire in quei pochi secondi richiesti il numero o la lettera nascosta , adesso starò attenta a non farlo più , non vorrei rischiare di essere messa alla gogna se sbagliassi !

Scherzi a parte ci sarebbe da fare una considerazione più profonda sull’uso dei social da parte di noi adulti , ormai diventati una lavagna pericolosa quando si supera il livello di  condivisione , come dire , universale.

Per quello infatti io so di avere questo spazio mio , il blog , sul quale mi permetto divagazioni più articolate sapendo di rischiare in proprio e , come si usa dire , di metterci la faccia.

Qui mi permetto di praticare anche una funzione critica che sarebbe pericolosa altrove .

Non sempre mi piace tutto quello che leggo o rileggo : per esempio sono rimasta delusa rileggendo dopo molti anni quello che fu un libro di culto negli anni 60/ 70 del secolo scorso .

Ho trovato tanto costruito un libro che mi sembrò un miracolo di semplicità . Il Lessico familiare della Ginsburg rivela aldilà delle frasi che diventarono lessico di tutti ( non riconosco più la mia Germania per esempio ) , quanto di volutamente calcolato ci sia il raccontare in maniera disadorna le grandi frequentazioni della sua famiglia e il volere sorvolare sulla tragedia della morte di Leone Ginsburg fino a farlo diventare un inciso della narrazione .

Certe riletture a distanza di cinquant’anni come certi film un tempo molto amati rivelano drammaticamente il peso degli anni trascorsi.

Come al solito ( e tra intimi ) apro il dibattito.

Il Lied romantico

Se qualcuno mi avesse chiesto di spiegare in che cosa consiste la magia del Lieder romantico fino a qualche lustro fa avrei risposto con generiche frasi e avrei fatto riferimento al particolare gusto per questa forma musicale che aveva la sua massima espressione nei paesi di cultura austro-germanica , una risposta scolastica.

Non avevo ancora incontrato uno straordinario artista , un cantante che alternava le varie forme di espressione canora con disinvoltura e passava allegramente dalla lirica  ai Lieder .

Quando , ormai sono passati davvero tanti anni , per la prima volta ascoltai Morgen di Strauss cantata da quel bel ragazzo riccioluto fu come una folgorazione .

Ripensavo a questo oggi quando su Fb è apparso un piccolo post , di quelli discretamente rubati durante i bis ( in questo ci sono persone veramente brave a farlo senza disturbare ( americani imparate!) nel  quale il piccolo Lied straussiano sembra rappresentare una sospensione del tempo : una via di mezzo tra l’impalpabilità e il silenzio.

La persona che lo ha postato (e che conosco personalmente) accompagna la visione con la raccomandazione di leggere la traduzione dei testi prima dell’ascolto perché è veramente importante capire la piccola storia contenuta in pochi minuti , talvolta è un bozzetto di vita , altra volta è una poesia d’amore , spesso la poesia che è all’origine sarebbe già da sola qualcosa di prezioso , ma la musica aggiunge magia e ne fa un unicum : il tempo sospeso della vita.

Non so se amo di più i Lieder di Strauss o quelli di Schubert , se quelli di Schumann o quelli di Mahler .

So solo che una voce particolare me li ha fatti amare per sempre e per questo amore ho pure studiato il tedesco , certamente non in grado di poterci fare una vera conversazione ( un amico che in Germania ci vive da vent’anni mi ha detto che non basta una vita per impararlo davvero) , ma abbastanza per godere appieno la piccola preziosa storia di un Lied.

Jenùfa a Londra

I teatri hanno appena riaperto davvero e grazie alla generosità della ROH è possibile vedere in streaming una bellissima Jenùfa , davvero un modo splendido per ripartire .

Leggo che lo spettacolo doveva essere in cartellone prima che la pandemia avesse fermare tutte le attività , anche in Inghilterra.

Questo spettacolo con la regia di un Claus Guth in stato di grazia merita davvero per l’altissima qualità musicale e per la grande prestazione dell’intero cast.

Debutto londinese per Asmik Grigorian nel ruolo del titolo , ma uguale merito va a Karita Mattila nell’ingrato ruolo della sacrestana.

Anche i due interpreti maschili : Saimir Pirgu e Nicky Spence sono bravissimi , in più c’è anche una straordinaria (  e intramontabile) Elena Zilio nel ruolo della vecchia nonna, qui durissima padrona di una sorta di fattoria, cooperativa nella quale si svolge il primo atto.

Una grata di fredde lamine ferrose si apre sulla scena e ci porta in un  mondo chiuso e un po’ claustrofobico in cui tutti si muovono come comandati dalla splendida musica di Janacek , i letti sullo sfondo con le reti che serviranno a formare una gabbia  in cui si svolgerà il terribile secondo atto e infine nel terzo quando un pavimento di fiori fa sembrare per un attimo che ci sia una vera festa  durante il quale si ha l’unico momento di folklore e nel quale si esaltano i bellissimi coloratissimi costumi del coro.

Grande , grandissima Grigorian di cui mi ha molto colpito la dolcezza della preghiera del secondo atto , ma mostruosamente brava anche la Mattila che la giovane cantante è andata a  omaggiarte nel saluti finali .

Avevo già avuto modo di vedere questo capolavoro ,ma questa messinscena credo che rimarrà a lungo come un evento epocale.

Non conoscevo il direttore Henrik Nànàsi , mi pare di poter dire che abbia saputo bene valorizzare in carattere ostinato della musica di Jànacek  valorizzando al massimo l’orchestra della ROH.

Consiglio i miei lettori di trovare il tempo per vedere questo spettacolo che rimarrà gratuitamente in rete fino al 9 novembre offerto da Operavision su YouTube.

Antichi riti teatrali

Forse per sfuggire agli avvenimenti quotidiani di una realtà che con fatica cerca di rimettersi in moto dopo il tempo buio della pandemia mi rifugio spesso nella tranquillizzante visione di spettacoli preziosamente conservati nel mio personale archivio musicale

Proprio ieri osservavo la rigida cerimonia dei saluti al termine di un’opera lirica : prima gli applausi ai protagonisti , poi in progressione : i figuranti , il coro , le parti minori –destra , sinistra-, poi in crescendo fino ai protagonisti . Ultimo atto la soprano verso le quinte ad invitare il Direttore .

Sembra un balletto , ma è la convenzione rispettata da almeno un secolo come è convenzione non riprendere con i telefoni durante un concerto e sarebbe anche “buono e giusto” non applaudire tra un’aria e un’altra come (orrore!) tra il tempo di una sinfonia e l’altro.

Ma da un po’ di tempo il pubblico ( e meno male che ce ne sia ancora ) non è più abituato alle buone maniere d’antan e ho provato un brivido più di una volta mentre succedevano questi incresciosi eventi.

Una terribile involuzione tra il pubblico della musica colta  e le masse che vanno a manifestazioni diverse  dove il comportamento generale è mutato e dove gli spettatori diventano parte integrante delle performance.

In questo tempo di mezzo , ammesso che ci sia ancora un pubblico per coloro che come me sopravvivono e seguitano ad amare le convenzioni , succedono spesso piccoli incidenti che poi trovano largo spazio sulla stampa .

E’ successo , tanto nomini ! , pure a Kaufmann alla Carnegie Hall e lo “stupid” sibilato fra i denti dall’illustre tenore è stato pure stigmatizzato dalle cronache.

Ma io mi dico : se per vendere qualche migliaio di Cd in più , ammesso che ci sia ancora un mercato  tanto la gente si sente tutto su Spotily e You Tube , si  va in giro a proporre programmi raffinati in ambienti troppo grandi questo è il minimo che può succedere . 
Direi rischio calcolato o almeno dovrebbe esserlo.

Al  famoso pianista che smise di suonare al primo trillo di telefono fece seguito la provocatoria proposta di un altro pianista che propose un brano per suonerie e pianoforte o il paziente sorriso del Direttore che alzando la bacchetta sembrò comandare anche la canzoncina della vecchia signora smemorata col telefono acceso per l’ora della pillola.

Sempre meglio di tutti quelli che seguitano imperturbabili a leggere le News trasformando le platee in un capo di lucciole : anche questo è lo spettacolo oggi , signori!

Una storia di ieri

Da più di trent’anni , una vera fortuna , mi aiuta in casa la stessa persona : una donna forte che ha visto crescere e andarsene i miei figli , che mi accompagna ancora nella solitudine e alla quale sono molto affezionata.

Qualche giorno fa , parlandomi con serenità mi ha raccontato con rammarico perché ancora prende il treno ogni giorno per venire a lavorare .

Certo , se quella volta il padrone ci avesse dato la casa che avevamo trovato …

-Sa, voleva un anticipo di due anni d’affitto e avevamo pure trovato i soldi .

Quando andammo da lui con le buste paga e tutti i documenti disse : ah no ! non affitto ai meridionali.

Così lei mi lo ha raccontato serenamente e senza rancore un caso di assurdo razzismo nelle civilissime Marche ( lei è pugliese).

Oggi in quel paese dell’hirteland cittadino  dove non le affittarono  la  casa si vedono ai tavolini del bar del Corso uomini che vengono da molto lontano , le scuole sono frequentate da ragazzini di ogni colore ,( la frase non è mia , è di un mio nipote che in quel paese ci vive ) insomma in trent’anni sono veramente cambiate tante cose anche sotto quello stesso sole..

Il mondo è cambiato , forse quel padrone di casa oggi affitta regolarmente a magrebini , filippini , romeni e non guarda più alla provenienza dei suoi affittuari , ancora però quei bambini che giocano con i miei nipoti , che ridono e parlano con lo stesso accento non sono ancora cittadini italiani . Evidentemente  il cammino non è ancora finito , c’è ancora un po’ di strada da fare.

Letture concatenate

Quello che mi ha sempre spinto nelle letture è stato un allacciarsi di stimoli e anche in questo caso la ricerca di un libro ( avevo letto l’opera prima dello stesso autore ) mi ha portato a studiare la storia degli Anabattisti .

Partendo da Jan de Leida e dalla curiosità di vedere come è adesso la città di Münster mi sono addentrata in una storia vera ma della quale credevo di sapere pochissimo .

Ai tempi di Carlo V sapevo ( quanto aiuta il melodramma !) che nelle Fiandre non stavano proprio messi bene ma quello che mi ha alla fine anche divertito è stato il fatto che gran parte della storia l’avevo letta anche in uno dei miei adorati libri di una scrittrice che amo di un amore totale :Marguerite Yuorcenar, solo che dell’Opera al nero ricordavo quasi tutto ,meno che la storia degli anabattisti che ne occupa una prima parte.

Poi ci sono le piccole perle di conoscenza sulle quali ci si sofferma di rado : perchè i Lanzichenecchi hanno quel nome ? E chi erano ? La parola germanica è composita e vuol dire più o meno servi della terra ma quando onnivora giovane lettrice divoravo i libri non mi fermavo a studiare , mi restavano grandi emozioni e di quelle mi sono nutrita nel tempo.

Oggi invece ho meno impegni anche se le mie giornate sono ancora così piene che qualche volta arrivo alla sera senza avere fatto tutto quello che mi ero ripromessa di fare .

Rileggere è per me un nuovo nutrimento , pari e forse più grande di quello che fu al suo tempo la scoperta iniziale , come per me adesso è parimenti grande la gioia dell’ascolto musicale rinnovato dalla maggiore conoscenza.

Forse non ci basta una vita per godere davvero di tutte le gioie dello spirito che credevamo di possedere , quello che  davvero mi manca è il tempo di goderne abbastanza.

Il buio oltre la rete

Non me ne ero accorta ; sarà che stavo rilieggendo un bel libro , sarà che non avevo niente da commentare  ma solo quando il TG delle otto mi ha fatto sapere che Fb era irragiungibile da ben tre ore non sono stata presa dal panico , solamente ho rimandato di postare il mio piccolo pezzo del blog , uscirà domani, ho pensato.

Per fortuna in tv c’erano  da vedere i risultati elettorali delle ammistrative , pochi minuti e mi sono messa abbastanza tranquilla  poi me ne sono andata come ogni sera dai miei amici dell’Almanacco di bellezza . Come al solito mezz’ora ,  mai banale , di discorsi su vari temi che non mi dicono niente di nuovo ma spesso mi ricordano qualcosa .

Poi sommo gaudio c’era Kaufmann su Classica , mezzo concerto di Boston , ormai visto e rivisto  con la bella Opolais “costretta”  a cantare la morte di Isolde , spero che non lo faccia mai più!

Piccola osservazione filosofica sul tempo che passa , era solo il 2015 e il caro giovine aveva ancora i suoi bei capelli neri , magro e bellissimo  sfoderava il suo famoso sorriso larghissimo alla fine dei suoi classici di repertorio  per la gioia di tutte noi sceme che lo amiamo anche adesso con qualche chilo di più e i capelli grigi che comunque non lo fanno meno interessante .

Forse avrei postato qualcosa alla fine , ma c’era il blackout ….

Il mio pezzo di ieri uscirà domani , si vive anche senza i social ho pensato spegnendo la luce . Ho dormito benissimo.

Una favola nera

Sembrerebbe una storia inventata : in una bellissima e poverissima regione italiana del profondo Sud un giorno un uomo buono pensò di trasformare un paese abbarbicato sulla montagna e ormai spopolato in un luogo di accoglienza : un idea che lo fece conoscere nel mondo , gli assegnarono premi , organizzarono mostre e girarono anche una fiction televisiva ( che però non uscì mai sugli schermi ) sul suo operato .

Quest’uomo sicuramente buono e un po’ pasticcione , come lo può essere un utopista semplice aveva inventato un modo semplice per dare un tetto ai disperati che fuggivano dalle guerre , dalla fame e dalle carestie.

Aveva anche indicato una strada per riqualificare la sua terra abbandonata facendone un luogo di accoglienza e di incontri .

C’era venuto pure un famoso regista tedesco a conoscerlo , la sua fama aveva superato i confini nazionali , ma la miope e bieca giustizia di quella Procura ( terra di mafie e di n’drangheda ) aveva messo l’occhio impietoso della legge sull’operato disinvolto di quel sindaco.

 Il povero cristo idealista suscitava preocupazione perchè scardinava l’antica scala di potere secolare per la quale non era lecito alzare la testa.

Facile trovare mille colpe al disinvolto sognatore : la lunga mano ha tentato tante volte di incolparlo , molte colpe sono state annullate ma restava il grave pericolo di fondo . 

La sua è stata considerata “favoreggiamento all’immigrazione clandestina” e così il massimo della pena richiesta dall’accusa è stato raddoppiato in questa sentenza farsa di primo grado.

Nel bellissimo mare di marina di Riace cinquant’anni fa un sub ritrovò due bellissime statue di divinità greche  che riemergendo dalle onde ci raccontarono le antiche bellezze di un mitico mondo lontano . I Bronzi di Riace dettero fama a quel mare , ma lontano lassù sulla montagna il povero paese restò povero e vuoto.

Oggi all’attenzione  di chi legge il mio piccolo blog ovunque nel mondo voglio raccontare la storia di Mimmo Lucano , un uomo vero , non il personaggio uscito dalla penna di un grande scrittore russo dell’Ottocento e dell’assurda condanna che indigna gli onesti e infanga la magistratura di quel paese.

La storia non è finita : a Mimmo Lucano hanno chiesto anche settecentomila euro come pena aggiuntiva .Nel suo conto corrente attualmente ci sono nove euro.

Oggetti d’antan

Ho aperto un cassetto della scrivania e ho visto le mie macchine fotografiche abbandonate , ho girato gli occhi e una bella pila , di quelle “che se una volta mancava la luce” ormai inutile e con le pile scariche , ho aperto un altro cassetto e tristemente abbandonate stavano la calcolatrice  e una rubrichetta telefonica .

Per non parlare dell’arcaica macchina da scrivere , del calendario e dei vocabolari .

Sono scomparse tante cose di uso comune in pochissimo tempo e quasi non ce ne siamo accorti.

Quando ho detto ad un artigiano : le faccio un assegno mi ha guardato strano – mi faccia un bonifico che è meglio.

L’elenco lunghissimo non significa che tutto oggi sia migliore , ma certamente anche la mia sveglietta da viaggio non la metto più in valigia e se la memoria fa il brutto scherzo di non farmi ricordare un autore , la data di una battaglia , il titolo di un romanzo , il nome di una città lontana vado a “googlare” velocemente e ho anche imparato a  trovare le cose difficili usando le perifrasi e le cosiddette parole chiave.

Però in cucina mi piace ancora appendere il calendario mensile( peraltro ormai difficile da trovare ) e ancora uso l’agenda cartacea, anche se la devo ordinare a novembre !

Ovviamante e testardamente seguito a comprare il libri di carta e anche i CD malgrado abbia scoperto recentemente che neppure i computer nuovi hanno il lettore incorportato . 

La musica si compra a pezzetti sulle piattaforme dedicate e l’idea di avere qualcosa di mio , come erano i vinili di una volta sembra essere diventata una svogliatura snobistica.

Oggi quindi apro il dibattito sulle cose perdute , ditemi se me ne sono dimenticata qualcuna.