Una storia terribile

Non vedrò lo sceneggiato TV  che racconta la tragedia e la morte di un bambino che cadde in un pozzo artesiano quaranta anni fa e degli sforzi inutili che furono fatti inutilmente per salvarlo dalla morte.

Ricordo , come molti che erano già grandi in quei giorni le TV accese in una non-stop angosciante sulla vicenda .

Era il primo caso di tv del dolore in  diretta e richiamava abbastanza cinicamente un bel film americano “ L’asso nella manica “ con un Kirk Douglas cinico giornalista che montava la storia per certi versi simile, ad uso della tv per la quale lavorava.

Ma qui eravamo in Italia ,il protagonista era un bambino di sei anni e il nome di Alfredino entrò davvero nel cuore di tutti noi che sperammo nel miracolo di ripotarlo alla luce.

In quei giorni ero a Firenze , mi pare per una lieta ricorrenza familiare e mi colpiva il suono di tutte le tv accese in tutte le case , in tutti i piani del condominio della casa dei miei genitori.

Arrivò pure il presidente della Repubblica ad assistere agli inutili tentativi di raggiungere il bambino in tempo , poi il silenzio definitivo.

Non potrò vedere lo sceneggiato , non riesco neppure a guardare serenamente la pubblicità che lo annuncia per la fine del mese e francamente non riesco a capire la necessità di farne una storia da raccontare anche se sono passati quaranta anni da quando il terribile fatto avvenne.

Il mio blog è letto anche da amici stranieri : forse non sarà chiaro per francesi , tedeschi e comunque lettori assai lontani capire anche nel ricordo quella vicenda.

So però che la tv spettacolo è cinicamente presente un po’ dappertutto .

In questo caso mi piacerebbe che la fiction fosse un flop , a mio avviso sarebbe un segnale di civiltà e di pudore collettivo , necessario come non mai adesso che si specula quotidianamente su tutto quello che fa leva sull’emotività più sguaiata e becera .

Putroppo però penso che invece sarà un successo : come la scarpa abbandonata sull’asfalto , il passeggino sulla scarpata .

The show must go on . Senza rispetto e senza pudore.

I giovani e il vaccino

Probabilmente nessuno avrebbe previsto quello che è accaduto quando la possibilità di vaccinarsi contro il Covid per le giovani generazioni l’adesione sarebbe stata così massiccia,.

Si temeva anche che , dato che per i figli minori ci sarebbe voluto l’assenso di un genitore , si verificassero defezioni e paure che potessero  rallentare l’adesione al vaccino .

Non è avvenuto niente di tutto questo : i giovani si vaccinano in massa , fanno ordinatissime file d’attesa , atmosfere festose di un mondo consapevole, una bella lezione per quelli che ancora tentennano , gli adulti diffidenti , gli ignoranti e i suggestionabili .

Si può obiettare che ci sia una dose di egoismo giovanile nel vedere nel vaccino la libertà dalle costrizioni passate , ma non basta a giustificare l’entusiasmo della partecipazione  di massa così cospicua.

Questo atteggiamento così consapevole e maturo mi fa ben sperare nel futuro delle nostre generazioni  che chiedono ai loro genitori questa libertà  (che è una libertà costituzionale ) per la tutela della loro salute.

Ho letto una bella definizione del fenomeno : “cittadinanza attiva” e credo che i giovani ci stupiranno ancora quando cominceranno anche a votare per chi difende il pianeta Terra , per chi tutela il loro futuro nel mondo che verrà.

Mi piace pensare ad una giovane Europa che non sia davvero “un paese per vecchi” , dove essere diversi non rappresenti più un problema per nessuno.

Un mio nipote piccolo alla richiesta di come sono i suoi compagni di classe (in realtà una classe molto colorata ) mi ha risposto sereno : sono bambini .

Tutti uguali anche se ha ammesso che qualcuno l’italiano proprio non lo parla bene , però ha aggiunto che  qualche volta sono più bravi nei numeri.

La scuola è di quelle che una volta era frequentata dalla borghesia , oggi la mutazione mi colpisce : i bambini italiani sono in minoranza .

Per questo una mamma ( quarantenne iperprotettiva) le sue carognette maleducate le ha mandate nella scuola del nuovo quartiere “bene” e non sa quale errore  educativo ha commesso.

Ci penseranno comunque i compagni di sport e di social a rieducare i ragazzini , il mondo va avanti .

Con tutte le sue storture e qualche sorpresa positiva come quella dell’adesione festosa di massa alla vaccinazione delle giovani generazioni. 

In ricordo di Paola

Mi è arrivato un piego di libri grande e misterioso : non avevo ordinato libri recentemente e grande è stata la mia meraviglia e anche la mia gioia nel trovarmi tra le mani un libro importante che ricorda uan persona alla quale fui molto vicina.

“L’architettura civile di Paola Salmoni “, questo è il titolo del libro che illustra la sua attività di architetto durata tutta la vita nello Studio Salmoni da lei fondato insieme al fratello Claudio .

Un po’ più grande di me avevamo passato molti anni insieme , unite dalla comune militanza politica e dal fatto di avere i suoi due adorati nipoti in comune . Lei la Zia per eccellenza , io una specia di zia B , acquisita e ormai l’unica rimasta della famiglia.

Con tenerezza ho prima sfogliato e poi cominciato a leggere con attenzione questo suo ricordo fatto con amore dai nipoti architetti e ci ho ritrovato il suo rigore , la sua serietà professionale , il suo intendere l’architettura in maniera elegantemente misurata , senza estremizzazioni eclatanti.

Prima donna architetto ad Ancona , la sua attività cominciata in ritardo per le leggi razziali che non le permisero studi regolari, Paola è stata la colonna dello Studio quando il suo amato fratello (e mio carissimo cognato ) ci aveva lasciati troppo presto nel momento in cui anche la sua carriera politica stava arrivando ai massimi livelli nazionali.

Di Paola ho tutta una serie di ricordi personali che si intrecciano a livello familiare e politico : mi piaceva il suo modo semplice e raffinato di vestire , mi piacevano i suoi gioielli semplici ( non si levava mai un braccialetto lineare come lei , mentre io a quel tempo ero molto più fantasiosa .)

Mi piaceva il suo umorismo raffinato , il suo sguardo azzurro e il suo modo pacato di affrontare i problemi : “girala in positivo” mi disse una volta e mai insegnamento di vita mi è stato così prezioso e utile come questa sua piccola perla di saggezza. 

Un solo piccolo neo nel bellissimo ricordo illustrato : spesso viene citato il suo ( e mio ) impegno politico.

A quel tempo eravamo dirigenti del Movimento Femminile Repubblicano e non femminista , come con una certa confusione viene nominato più volte nel libro.

Non che non fossimo femministe , lo eravamo tutte in quegli anni ,ma il nostro status era ..molto meno plateale e molto più istituzionale  .

Paola ci ha lasciato tanti anni fa , io ho avuto ancora modo di fare politica , cambiando partito anche più volte senza peraltro mai cambiare le idee che sono ancora oggi le stesse anche se ormai la politica la guardo da molto lontano e penso che tutto sommato lei ha avuto la fortuna di vivere un tempo in cui fare politica era ancora una cosa seria .

Un sondaggio divertente

Sono riuscita in una strana impresa senza averne veramente valutato la portata .

E’ successo dopo avere ascoltato il Lear di Reimann da Monaco nel quale tutti i cantanti sfoderavano un tedesco duro e pieno di consonanti confrontandolo  a quello di Kaufmann che invece canta in un tedesco dolce , tanto da farmi amare davvero quella lingua ostica ai più , perlomeno nel nostro paese.

Ho buttato là in bacheca una semplce domanda ipotizzando alcune risposte : era un piccolo pensiero del mattino e non avrei mai creduto di suscitare un vero dibattito , con certi interventi addirittura colti e serissimi .

Un successo incredibile stando al numero di persone che , una volta tanto , non si sono limitate alle odiose iconcine ma si sono addentrati in spiegazioni storiche , per la verità non tutte concomitanti , anzi qualche volta in deciso contrasto tra di loro.

Se fossi come quel mio amico giornalista che si diverte a fare le classifiche direi che la risposta vincente è quella più poetica : lui è speciale . La terza che hai detto come ha sintetizzato una simpatica signora romana.

Non so se per un miracolo , in questo momento altamente improbabile , riuscirò a sentire il suo Tristano quest’estate . Per adesso la vedo brutta , ma per capire come sarà  la sua interpretazione mi basta riandare a quel secondo atto in concerto da Boston nel quale  (si trova su YouTube)  canta il bellissimo brano della spiegazione del suo amore per Isolde al re Marke.

Quel suo cantare Wagner come un legato becanstico  farà sicuramente del suo Tristano un’altra pietra miliare della sua ineguagliabile carriera .

Mi resta solo da sperare che le norme anti-Covid allentino le rigide regole anche in Germania e se nel caso per ora non sia possibile sentirlo dal vivo , cercare di campare ancora abbastanza per levarmi la soddisfazione di trovare conferma alle mie supposizioni.

Per Carla Fracci

Adesso che tutti hanno scritto un ricordo di Carla Fracci  , adesso che tutte le televisioni ci hanno ricordato la sua grazia e il suo gesto unico di danzatrice mi permetto anch’io un piccolo ricordo personale , che non riguarda la danza piuttosto un dato del suo carattere così particolare che me la faceva amare anche per quel suo essere una persona vera e concreta , bene immersa nel mondo reale , nel quale ha vissuto il suo impegno civile.

Come tanti della mia generazione l’ho conosciuta in palcoscenico , ha ballato talmente tanto e con partner così prodigiosi che sicuramente potrei inanellare ricordi, molti dei quali ormai si perdono nel tempo lontano della memoria ma la sua ultima apparizione trionfante credo che l’abbia fatta nel Ballo Excelsior quando ormai , vera icona della danza , appariva alla fine a siglare il Progresso.

Quel progresso al quale la figlia del tranviere che scampanellava quando con il tram numero 1  passava davanti alla Scala dove la sua piccolina imparava la dura arte che l’avrebbe portata sulle punte a calcare i palcoscenici di tutto il mondo  credeva , quel progresso al quale credeva anche con la militanza politica di solida ragazza lombarda.

Milanese era la Fracci in quel modo concreto che si può ancora trovare nella milanesità vera ( perché ci sono ancora i milanesi a Milano ), quella particolare generosità senza enfasi che ho riscontrato per esempio frequentando Casa Verdi , la casa dei musicisti e i volontari che ci vanno per testimoniare l’amore per l’arte che è una componebte dell’impegno civile della città.

La Milano della Scala , non intesa come tempio della lirica ( ormai da tempo il suo cartellone non è più quella somma massima di eventi che era un tempo ) ma la Scala di chi la frequenta con la tranquilla abitudine del ritrovarsi per ascoltare insieme , magari polemizzando perché così si è più concretamente vicini alla istituzione.

La Scala che non ha onorato abbastanza la sua figlia prestigiosa ma che non mancava mai comunque di essere presente , leggera e biancovestita agli appuntamenti importanti , con il suo garbato sorriso e la sua ferrea volontà , anche nei tempi più recenti della sua malattia.

Faceva tenerezza quel suo marito , ormai vecchissimo accompagnato da quel gigante buono del figlio tanto voluto , quando ripeteva durante l’ultimo omaggio alla moglie teneramente amata come un mantra :la danza non deve morire .

La danza non morirà , come non morirà quel senso della partecipazione democratica che Carla Fracci ha sempre dimostrato nella sua vita e che ne fa un esempio , anche più  necessario in questi tempi difficili.

Lear a Monaco

Ero rimasta affascinata dalla musica di Aribert Reimann già da diversi anni , una prima volta a Salisburgo ( La conquista del Messico) e poi a Firenze nel Maggio di due anni fa.

Sollecitata da mia sorella ero andata a sentire il Lear  , un’opera straordinaria , violenta e dolcissima e l’allestimento , che veniva da Parigi , era notevole e gli interpreti perfetti ciascuno nel proprio ruolo.

Ero quindi molto curiosa e dispiaciuta di non potere ancora andare a Monaco per rivedere questa opera che proprio qui aveva visto la luce per la prima volta nel 1978 con Fischer- Dieskau nel ruolo del titolo.

In religiosa attesa davanti allo schermo ho seguito la storia di questo povero re vecchio e impazzito , delle sue crudeli figlie Goneril e Regan e della dolcissima Cordelia.

Ebbene , soltanto chiudendo gli occhi e ascoltando ho ritrovato la magia perché l’allestimento mi ha veramente molto delusa .

Non si capisce proprio perché serva inscatolare  ( letteralmente ) la tragica vicenda in una sorta di freddo stanzone museale , non si capiscono gli orrendi costumi , se non si conoscono tanti momenti strazianti e ben resi musicalmente la cosa più probabile è che si consideri l’opera una “cosa moderna” da cui salvare alcuni momenti di lirismo.

Gli interpreti , tutti di altissimo livello ce l’hanno messa tutta a a cominciare da Christian Gehrahrer , protagonista molto considerato, alle tre figlie , tutti grandi nomi di cantanti specializzate nel repertorio .

Ma la tragedia non c’era e ne sono molto dispiaciuta .

Ricordo la foresta simbolica che si apriva e chiudeva , ricordo la capanna del povero Tom- Edmound ( e la prestigiosa idea del cambio di voce del cantante ) , ricordo l’abisso di Dover in cui vuole gettarsi  Glouchester , il vagare del Matto seminudo , la fedeltà di Kent .

Shakespeare grandissimo , Reimann pure, ma a mio avviso topica grandiosa del BSO, una vera occasione sprecata.

Ovviamente queste sono valutazioni “ da streaming “ di una povera ignorante , aspetto le recensioni titolate , eventualmente per ricredermi.

Resta la sensazione di qualcosa di bello da riascoltare con attenzione per rivivere le emozioni che già una volta questa musica mi aveva regalato. 

Una serata inutile

Sono tornata a teatro . Il residuo di un piccolo abbonamento di prosa ante-Covid , la platea piena compatibilmente con le norme restrittive , uno spettacolo che non cito e  di cui non voglio parlare perché non ne vale veramente la pena , farei cosa troppo gradita con una recensione.

Quello di cui voglio parlare è l’atteggiamento  del pubblico : risate ad ogni intercalare pesante , descrizione di un mondo che avrebbe dovuto essere in disfacimento senza però tentare una precisa analisi freddamente obbiettiva .

No , si respirava una complicità da “fiction” dove tutto era scontato : nel linguaggio dei personaggi , nella metafora troppo facile , nelle situazioni da “sit-com” le più banali in puro stile TV commerciale , del racconto di una vita che sembrava subita dai personaggi ma che in realtà ne alimentava l’essenza.

Ebbene , mentre io tutto sommato mi annoiavo mortalmente fino alla voglia , repressa per educazione , di alzarmi a metà e andarmene via ,il pubblico rideva alle battute scontate  fino ad applaudire l’improbabile finale tragico , messo lì proprio pour “épater” …i decelebrati spettatori.

Uscendo ho incontrato un uomo degnissimo che reputavo intelligente anche se mooolto di sinistra vecchio stile e gli ho detto che a  me lo spettacolo non era piaciuto e lui serafico : io mi sono commosso!

Tornando verso la macchina mi sono messa a ragionare cercando di trovare un perché a tanta decadenza culturale . Troppo facile parlare solo del ventennio berlusconiano e ho cercato di spiegarmi il gradimento popolare rifacendomi  alle farse aristofanesche , agli spettacoli sguaiati del Globe Theatre ( non c’era solo Shakespeare in scena! ), ma il paragone non reggeva.

C’è qualcosa di veramente marcio in questa “Danimarca contemporanea “, forse sono veramente una persona sopravvissuta che è arrivata a vivere decisamente oltre il proprio tempo.

Sognatori di navi

In anni lontani , in possesso di una prestigiosa tessera nazionale AGIS  in una delle mie tante vite andavo al Festival del Cinema di Venezia per intere settimane.

Fu così che verso la metà degli anni ’90 per caso una mattina andai a vedere un film di quelli meno pubblicizzati e mi trovai tra tanta gente che si aggirava ammirata intorno ad un signore di mezza età biancovestito di cui non sapevo nulla : era A’lvaro Mutis . scrittore cileno e il film “Ilona llega con la lluvia “ 

( Ilona arriva con la pioggia ) era tratto da uno dei suoi romanzi.

Fu così che conobbi le storie di Maqroll il Gabbiere e di Abdur Bashur e mi persi nelle loro avventure di mare e di sogni .

Comprai tutti i libri che riuscii a trovare ( ricordo lo sguardo di un commesso in una grande libreria romana : anche lei lo conosce signora ? e nei suoi occhi brillava la complicità.

Leggere Mutis per una come me che ama l’odore dei porti , quel misto di catrame e ferro mischiato con il cordame bagnato,  è stato un innamoramento a prima vista .

In questi giorni ho ripreso in mano il primo di quei libri che avevo letto ormai più di venti anni fa , un Adelphi molto stropicciato , evidentemente letto da molti nelle estati in barca : L’ultimo scalo del Tramp Steamer e da li ho ripercorso il cammino di una lettura  che mi aveva davvero affascinato.

Ho scoperto poi che quel signore biancovestito se ne è andato già da molti anni ,ma lo scrittore che Garcia Marquez non esitava a indicare come uno dei più grandi della nostra epoca  meriterebbe una maggiore conoscenza tra coloro che amano ancora leggere , anche nel nostro paese.

La smusurata preghiera di Fabrizio De Andè è ispirata a questo grande poeta  e scrittore e la sue opera sono tradotte in moltissime lingue.

.

Non c’è un’ordine cronologico nelle storie di Maqroll , ci si perde nei suoi molti itinerari trai fiumi limacciosi del Sudamerica  e tra le nebbie dei porti del Nord Europa .

Avventurieri , farabutti fantasiosi con una strana morale disincantata si muovono tra bordelli di Panama e sordidi alberghi di Amburgo. 

Si viaggia moltissimo , con ironia e senso del tragico nel racconto di vite sempre sul filo di una  legalità improbabile  : a Marsiglia come a Beiruth , a Trieste come a Maracaibo.

Auguro a chi voglia intreprendere questo viaggio fantastico nel mondo molto “conradiano” di Mutis la stessa gioia che ha procurato a me , non solo leggendolo la prima volta , ma anche adesso che ho ripreso in mano i suoi molti libri , purtroppo non tutti trovabili.

Destino

Ci sono dei giorni in cui non hai voglia di aprire la televisione e quando l’ho accesa sono andata direttamente ad ascoltare musica evitando con cura le news.

Ancona non sapevo i particolari sulla tragedia della funivia e già mi immaginavo i fiumi di parole e di sciacallaggio mediatico che si sarebbero puntualmente scatenati dopo.

Io che da vecchia sciatrice ho preso tante e tante volte le funivie confesso che sono sempre stata contenta di mettere piede alla stazione di arrivo e durante il viaggio applicavo sempre lo stesso distacco che comunque provo quando sono in aereo.

Destino : al dilà di ogni colpa , negligenza , incuria , fatalità mi sono sempre domandata quando succedono queste tragedie . Perché.

Perché non la cabina che scendeva , perché non quella prima , perché l’appuntamento col destino ci aspetta sempre puntualmente e le modalità non le scegliamo sicuramente noi.

Una volta Dino Buzzati scrisse un bellissimo pezzo sul Corriere che riguardava una delle più assurde vicende a proposito delle funivie .

La funivia del Lagazuoi  ( quante volte l’ho presa!) ebbene quella volta fu un aereo militare a tranciare i fili volando troppo basso.

Mi ricordo che lo scrittore aveva raccontato le vicende degli sciatori ignari che salivano su quella cabina e terminava scrivendo : In quello stesso  momento l’aereo partiva dall’aeroporto di Aviano.

Perché c’è qualcuno che si trova sempre lì dove non dovrebbe essere , perché quel treno , quell’aereo , quella funivia , perché quel giorno preciso ?

C’è un’opera di Verdi che amo tantissimo , ma è l’Innominata per eccellenza , sembra che la parola destino faccia davvero paura anche solo a pronunciarla.

Comunque avevo trovato abbastanza curioso ascoltare all’aeroporto di Barcellona” la voce celeste” che in spagnolo avvvisava la partenza di un volo 

A destino : Madrid. 

Ci dovevo salire e trovai che la lingua spagnola non era divertente , era la verità che cerchiamo sempre di rimuovere come se non toccasse mai a noi essere puntuali ad un certo appuntamento .

Forse che una certa mia componente psicologica abbia  radici lontane ?

Magritte in carne e ossa

Ho avuto una strana visione :un quadro di Magritte camminava per strada davanti a me.

Pioveva e un uomo aveva ben pensato di mettersi un cappello in testa invece di aprire l’ombrello: avanzata verso di me e tra le tesa del Borsalino , gli occhiali e la mascherina l’uomo era letteralmente senza volto .

Un Magritte in carne e ossa .

Sono andata a ricercare una riproduzione che mi restituisse l’immagine e ho trovato questo famoso quadro nel quale in realtà il volto umano è parzialmente nascosto da una mela , non sono capace di fare giochetti con le immagini sostituendo una maschera alla mela , ma quell’uomo senza volto era davvero l’immagine estrema di questo senso di mistero che ci ha accompagnato ormai per tanti mesi.

Qualche volta ci si guarda per strada e ci viene da domandarci . chi sei?

La maschera ci ha resi tutti più simili , sicuramente a me ha regalato qualche anno nascondendo le rughe e le guance che cadono insorabilmente.

Qualche tempo fa , una sera in cui ero particolarmente depressa avevo deciso di truccarmi prima di uscire per una banale commissione ed è stato divertente accorgermi che quel poco di trucco che mi ero messa aveva in realtà ottenuto solo l’effetto di sporcare irimediabilmente la mascherina , ormai da buttare.

Che si arrivi alla nostalgia da maschera? Per tutti coloro che sono costretti a tenerla per lunghe ore lavorative penso sarà un sollievo ritornare a respirare liberamente , ma quel senso di mistero e di appiattimento che coprendoci il volto ci ha resi meno riconoscibili indubbiamente ha avuto il suo fascino , il mistero delle donne velate d’Oriente sarà pià comprensibile dopo questa faticosa stagione di maschere obbligatorie per motivi sanitari.

Ho scoperto il voluttuoso incanto della negazione del proprio io a disposizione di tutti , il rivelare interamente il proprio volto in realtà sembra essere ritornato un privilegio elitario .

Lo sapevano bene a Venezia dove le “bautte” concedevano una libertà ben maggiore a coloro che le indossavano .

Insomma : dall’incontro angosciante dell’uomo invisibile alle riflessioni elitarie il passo è breve , ma guarda cosa ci può fare scoprire anche una tragica pandemia !

Comunque , mi raccomando , per ora tenere la maschera non è solo una romantica voglia di mistero , è obbligatoria e guai a tenerla a bandolera sotto il mento e col naso scoperto .

Per questo ci correggono i bambini in età scolare , loro sono bravissimi a indottrinarci:- nonno , metti la maschera perbene!. L’ho sentito davvero un bambino redarguire così il nonno all’uscita di scuola.

La vela gialla

Dal Canzoniere di Umberto Saba :

passò una barca con la vela gialla , che di giallo tingeva il mare sotto ;

e il silenzio era estremo .

Questo verso di una poesia intitolata “In riva al mare”  è secondo me il verso poetico perfetto e da sempre amato .

Lo associo ad un quadro di Egon Schiele : Barche a Trieste , un piccolo quadro che mi emozionò quando vidi a Vienna una mostra all’Albertina interamente dedicata a lui.

Oggi sono andata a ricercare il libro per essere sicura di fare una citazione esatta e sorridendo ho scoperto che da sempre su quella pagina c’era un segnalibro.

In tempi lontani anche io ho attraversato un periodo nel quale mi esprimevo più facilmente attraverso la poesia , un periodo in cui non mi andava di scrivere più compiutamente e il verso sembrava la forma più vicina alla mia necessità di espressione e per la perfezione di quel verso ho sempre provato una specie di invidia.

La pittura e la musica dovrebbero essere equiparate a scuola alla poesia , non  come un gioco intellettuale ,ma come facile inquadramento di epoche storiche , ricordo le mie lontane battaglie di quando facevo teatro  , spesso mi intrattenevo con i ragazzi dopo la prova  e si scivolava da un argomento all’altro .

Così attraverso la poesia si arrivava alla pittura , dalla pittura alla musica e le associazioni arrivavano con grande facilità : fu così che arrivammo a Mahler in un percorso che sembrava una scoperta individuale ed era invece frutto di una concatenazione collettiva e ancora oggi quando ritrovo i miei ex-attori , molti nella vita non hanno più coltivato certi interessi ,però si fermano volentieri a parlare di quelle “ costellazioni” che avevano arricchito il nostro percorso ed era lontano da ogni accademismo scolastico.

Pensieri sparsi

Mi è entrata in testa una frase , è una mitica risposta di Gurnemanz a Parsifal quando il ragazzo dice pressappoco che sta perdendo il senso del tempo e dello spazio e allora ecco la risposta : vedi figlio mio : qui lo spazio diventa tempo . Lo scrivo in italiano anche se in testa mi ronza in tedesco , il mio povero balbettante tedesco di scuola da terza età.

Ho anche notato che la frase sembra risuonare palindromica , tempo e spazio si confondono nella memoria tanto che una persona amica l’ha citata al contrario in un suo post .

Poi chissà perché mi viene da collegarla a Franco Battiato , in fondo Wagner da quel gran fantasista che era giocava con i suoi testi e anche con i nomi : (Amortas – Infirmitas) e il cantautore scomparso ieri ,come il grande compositore ,si divertiva a spiazzare con i versi i suoi adoranti seguaci.

Qui mi immagino le urla di scandalo dei lettori inorriditi dall’avere accostato il tanto alto con un paragone che può sembrare imbarazzante.

Ma tant’è.

Ho scoperto che la notte può sembrare meno lunga da attraversare ascoltando il preludio del Parsifal che ha in sé qualcosa di ipnotico per la mia mente , ascolto e mi scorrono avanti le immagini di questo difficile ultimo anno  privo di riferimenti precisi : i mesi si assommano in un vago passaggio da un arancio ad un rosso, poi di nuovo alternati . Sempre senza prospettive .

Mi sembra altamente ridicolo festeggiare un’ora d’aria in più , come se la cena fuori o l’orribile “ape-cena” fossero il fine ultimo della vita sociale.

Ridicolo è anche lo spasimante desiderio di sposarsi quando ormai il calo delle cerimonie di nozze era diventato una costante del nostro vivere civile , forse che il non poterlo fare ha riesumato voglie e tradizioni sepolte dalla modernità?

Cominciano ad affastellarsi le notizie di programmi futuri : si sprecano le Tosche e le Traviate con molti ritocchi in corsa , ho la sensazione di stare alla finestra di un mondo che riprende ad agitarsi .Per ora ritengo prematuro pensare a viaggi all’estero anche se domani sarei stata volentieri a Vienna , la testa corre ma  i piedi sono ancora di piombo.