Una sceneggiatura

Già me la vedo le serie Netflix sulla tragedia del Bayesian : sembra una sceneggiatura già scritta.

Del resto , non so bene perché , le barche a vela sono sempre state ispirazione per film horror , delitti al sole con tutte le varianti cinematografiche possibili.

Da Calma piatta a En plain soleil le storie incredibili ( e purtroppo spesso vere ) sino state fonte di ispirazione e questo megayacht i presupposti ce li ha tutti.

Ne ho incrociati tanti nei mari delle Grecia e per noi piccoli era una dannazione averli in fila davanti quando nei porti aspettavamo il turno per fare acqua , ci schiacciavamo le giornate aspettando che finissero il rifornimento.

Poi c’era il lato snob : “spia cosa bevono sulle barche dei ricchi“ diceva una vecchia pubblicità di una bevanda gasata ed era sempre divertente scoprire chi c’era  a bordo di quei gioielli sfacciatamente belli e che sprizzavano abbondanza da tutti i pori.

Poi c’è il lato  mystery e in questo caso davvero sembra uscito da  una diabolica penna .

Metti il tycon , l’avvocato , il supertestimone tutti insieme a bordo e quello che manca lo falci mentre fa yogging in Inghilterra.Il capitano della barca non c’è : è a Rottererdam che aspetta il cambio , qui c’è un capitano di riserva che non guarda i bollettini meteo e non guarda neanche i pescatori del luogo che quella sera restano in porto. Solo a  venti chilometri da Palermo in macchina e il porticciolo turistico viene snobbato , si resta in rada, gente troppo importante per mischiarsi alla folla curiosa.

Il portellone a poppa aperto , la chiglia rialzata anche se sono solo pochi metri e lì il fondale è alto, l’ancora a picco che così tiene meno , chissà quanti metri in più potevano calare  ed ecco che in un finale assurdo succede una tragedia , a coronamento del fatto sappiamo che la barca vicina aveva lasciato il motore acceso ,  prudentemente.

Qui tutto tace , però cominciano ad arrivare anche gli investigatori inglesi. Qualcuno comincia a scrivere lo sceneggiato.

Scherzi della memoria

Nello scrivere il mio piccolo ricordo di Alain Delon avevo citato il bellissimo film di Zurlini con il titolo L’ultima notte di quiete  poi ormai ho imparato a controllare di più e ho ricercato le informazioni sul film  scoprendo che era invece intitolato La prima notte di quiete  , citazione di un verso di Goethe che definisce così la prima notte dopo la morte e mette la frase in bocca al protagonista.

Correggo e pubblico   , poi ascolto l’intervista a Barbera , il direttore della Biennale cinema di Venezia e cita il film dicendo L’ultima …

Sorrido  . è un piccolo lapsus , c’ero cascata anch’io.

Ieri  una bella intervista al mitico Mereghetti e anche lui ( ops! ) dice l’ultima notte di quiete .

Eppure bastava controllare , in rete ci sono le locandine del film , le spiegazioni utili , allora perché tutti sbagliano ?

Il film finisce tragicamente e nella memoria collettiva resta diffusa la convinzione che il titolo fosse più tragico.

In un mio tempo personale in cui spesso mi trovo a faticare nel ricordare tante cose della mia vita mi è venuto un dubbio esistenziale : se è facile che ci si possa scordare il titolo di un film quante altre cose importanti , magari senza volerlo, cancelliamo e semplicemente accomodiamo i nostri ricordi?

Lo scherzo più facile della memoria è quello relativo allo slittamento del tempo : non chiedetemi il film visto ieri sera o quello che ho mangiato a colazione  , avrei difficoltà a rispondere con sicurezza.

Però  ricordo benissimo , o almeno credo di ricordare il numero di telefono della bottega del babbo a Firenze , le fermate del tram numero 16 che mi portava a scuola e i nomi delle amiche della scuola fiorentina .

Posso anche citare il testo della lapide che leggevo dall’aula di disegno: qui nacque Francesco Ferrucci , morì da forte a Gavinana il 3 agosto 1530. Sarà esatto ?

Il cappotto di cammello

Forse è addirittura crudele il destino che condanna a sopravvivere a tanta bellezza  e Alain Delon questo peso lo sentiva su di sé, aveva spesso dichiarato negli ultimi tempi che non desiderava più vivere , lui che era stato , forse l’uomo più bello del mondo.

C’era però sempre un fondo di malinconia nel suo sguardo  e noi lo rivediamo nel  suo Rocco quando ricordava “il paese dei chiari di luna” , il suo triste gangster Viso d‘angelo di Pierre Melville , (in originale Le samurai).il suo cinico stupendo Tancredi e sopra tutti , per me il professore in cammino nella nebbia sul porto canale di Rimini.

Il suo cappotto di cammello , nessuno lo ha più portato con la sua stessa eleganza , era un film straordinario girato da queste parti quando la Villa Favorita alla Baraccola svettava su una piana che non era ancora la selva di capannoni industriali a sud di Ancona , il film di Zurlini La prima notte di quiete resta per me il ricordo più dolente di un attore bellissimo e forse non abbastanza apprezzato per la sua capacità di raccontare i suoi personaggi tristi e solitari.

Gli avevo già dedicato un mio articolo nel giugno del 2022 perché

l’avevo voluto rivedere, quando certi ricordi li puoi ritrovare sulle piattaforme e so di essere balzata sulla sedia col cuore in gola sulla secca e violenta inquadratura finale del film.

Un’icona del Novecento , un mito costruito tra l’Italia e la Francia , le sue due patrie cinematografiche , un attore che ha sicuramente attraversato con la sua presenza e la sua bellezza sfacciata tutto il percorso cinematografico di un secolo, quello che fu anche mio.

Per noi che nel 2000 ci siamo entrati per caso piano piano ce ne stiamo andando tutti , Alain Delon credo sia stato contento di chiudere finalmente la sua avventura terrena.

Una cerimonia

Forse il medioevo prossimo venturo è arrivato senza preavviso , la cartina del meteo è rossa. il mare pieno di filamenti appiccicosi , l’aria è ferma..

le città morte nella luce abbacinante , aria condizionata che sembra quasi non bastare e si temono interruzioni di corrente per il sovraccarico degli impianti.

C’è sicuramente qualcosa di malato in questo caldo africano e innaturale che avvolge l’Europa meridionale.

E’ Ferragosto ,nella baia di Portonovo laggiù in fondo tra gli ulivi secolari nella piccola chiesa romanica a picco sul mare si celebra una Messa.

Il rito è antico , da quelle parti i monaci si erano ritirati in preghiere in secoli lontani e  oggi i turisti arrivano stupiti di tanta bellezza nascosta.

Una cerimonia ingenua con la banda di paese , Vescovo celebrante e il Sindaco con la fascia.

Ci sarebbe anche una Confraternita e i vecchi sopravvissuti con la veste cenciosa tirata fuori per l’occasione portano con orgoglio lo stendardo e l’immagine della Madonna.

Poi Franco , ogni anno più tremante nel suo abito da pescatore porta il pesce in una cesta all’Offertorio.

Nella semplicità e fuori da rappresentazioni folcloristiche patinate si assiste a qualcosa di tanto vecchio e autentico , difficile raccontare la tenerezza di tanta povera rappresentazione che pure ha il suo fascino proprio nella sua  semplicità.

Forse il mio è uno snobismo alla rovescia , ma il fascino della Messa tra gli ulivi , davanti alla chiesa raccontata da Dante , con  la lieve aria che accarezza le antiche pietre sembra davvero la preghiera di un popolo che ha perso la fede ma che si raccoglie ancora in preghiera davanti a questo Adriatico melmoso in questo tempo accecato da un sole feroce e inclemente.

Tristan

Tra qualche giorno Jonas Kaufmann canterà di nuovo il secondo atto del Tristan und Isolde in concerto e cominciano ad apparire gli screenschot del meraviglioso spettacolo di Monaco del 2021.

Fu una follia partire con la mascherina sulla faccia , sfidando il Covid ma ne era valsa davvero la pena .

Resta per me uno di quei ricordi piantati nel cuore che fanno addirittura un po’ male da quanto fu tutto così straordinario.

Ricordo il distanziamento in teatro , nell’avvicinarmi ad una persona conosciuta fui richiamata all’ordine addirittura da una maschera .

Ma in buca c’era Kiril Petrenko e io riuscivo a vederlo perché ero abbastanza avanti e laterale da goderne le mani incantate dalle quali sembrava uscire la musica.

L’allestimento fu davvero speciale e se in altre occasioni Warlikosky mi aveva irritato quella volta fu sublime , almeno per me .

Tristano lo avevo visto tante volte e quasi sempre l’allestimento non aveva mai aggiunto niente alla musica , tanto che spesso finivo per ascoltare ad occhi chiusi.

Fu l’ultima volta di Anja Harteros , so che aveva studiato tre anni per cantare Isolde , me lo aveva detto proprio Jonas e quel suo canto del cigno me lo tengo nel cuore.

La magia della voce di Kaufmann che non ama cantare tutta l’opera . sono cinque ore di testo spesso complesso e ripetitivo , è comunque straordinaria perché riesce a cantare con dolcezza laddove generalmente  anche i seppur dotati Heldertenor sulla piazza incidono con durezza germanica il testo wagneriano.

Lui no , canta dolcemente come se cantasse Puccini , il suo Tristano è unico e irripetibile come del resto è sempre tutto il suo Wagner , ma forse è proprio in questa opera mostruosamente difficile che risalta la sua unicità di interprete.

Nel momento in cui Tristan dice ad Isolde che se ne va nel suo mondo lontano alla fine del secondo atto e per la prima e unica volta le si avvicina per baciarla in fronte Kaufmann aveva di fronte una Isolde terrorizzata dal contagio che tratteneva il fiato , questo non si vede perché lei è inquadrata di spalle e gli aveva detto di fare presto.

Solo un grande interprete quale lui è non fa capire la difficoltà dell’interpretare comunque con naturalezza quel passaggio.

Lo guardo e lo riguardo , la voce dolcissima che invita a seguire l’amata è nel mio cuore , i piccoli frammenti navigano in rete e il mio cuore ritorna ogni volta a quella magica e unica serata bavarese.

11 agosto

L’undici di agosto del 1944 Firenze fu liberata dall’esercito alleato.

Nella notte , fuggendo , i tedeschi avevano fatto saltare i punti sull’Arno.

Noi vivevamo in centro , ammassati nel magazzino sopra la bottega, fuggiti dalla campagna per il timore dell’avanzata del fronte da sud.

In Via Condotta c’era la cartoleria del babbo e al piano di sopra , ci si arrivava con una scala a chiocciola , tra gli scaffali della carta e le scatole della merce  la mamma aveva ricavato uno spazio per la nostra vita precaria di sfollati al contrario ,ammassati nel centro  di Firenze.

Ricordi nettissimi della guerra partigiana : si sparava dai tetti , i franchi tiratori rincorrevano i cittadini tra le viuzze impolverate del centro della città , una notte sentii per ore il lamento di un ragazzo ferito che agonizzava per terra : il suo mamma mamma mi è rimasto nelle orecchie per tanto tempo.

La guerra davvero , con i vetri per terra  che scricchiolavano dopo che lo scoppio dei ponti saltati che aveva fatto tremare tutte le case.

Via Por Santa Maria alzava le torri medioevali tra le rovine ; per salvare il Ponte vecchio avevano minato le due vie d’accesso e anche via Guicciardini era tutta macerie.

I ponti erano saltati la notte del mio compleanno , avevo otto anni e lo spostamento d’aria ci aveva trovati tutte rannicchiate in un mucchio abbracciate tra le braccia della mamma.

Giorni rivisti con stupore tanti anni dopo in un  film di Rossellini , rivissuti negli anni con il nitore di un ricordo indelebile.

Il babbo era andato a cercarmi medicine , forse avevo il mal di pancia : si mangiavano strane provviste accumulate nel tempo al mercato nero e l’acqua la mamma ; ricordo la sua vestaglia a chimono , l’andava a prendere nei fiaschi spagliati con la carrozzina di mia sorella Renata  dentro il cortile del Bargello ,li  c’era un pozzo con l’acqua buona –

Poi la mattina dopo quattro strani esseri alieni in tuta verde erano apparsi da via Magazzini : erano grossi e sorridenti e uno ci aveva gridato alzando lo sguardo verso le nostre teste nascoste dietro le finestre : noi siamo americani !

Agosto

Due mesi senza programmi , una prospettiva serena .

Partita per ferie anche la collaboratrice domestica tanto mi arrangio , la casa silenziosa , sembrava tutto okay.

Poi piano piano comincia la sottile angoscia del vuoto , se ne vanno davvero tutti in vacanza e anche se restano hanno tutti tanti programmi legittimi e la nonna è , giustamente , l’ultimo dei pensieri.

Pericoloso camminare nel silenzio delle stanze ordinate , intanto si cominciano a vedere le crepe , le ragnatele , le piccole usure quotidiane che non si notano quando si ha qualcosa di concreto da fare e la penombra calda che filtra dalle persiane non aiuta , i ricordi degli anni i cui si correva dietro ai bagagli bisogna cercare di evitarli , evitare anche le navi che la sera sfilano lontane verso quei lidi un tempo tanto frequentati , è la vecchia legge che colpisce i vecchi , una volta toccava agli altri , adesso tocca a noi.

Non ci aiuta la tv , si sprecano le raccomandazioni come se tutt’a un tratto ci si accorgesse che anche se non si è diventati totalmente scemi si deve stare attenti alle truffe telefoniche , alle chiamate finte di nipoti che chiedono aiuto , si deve bere molto , e soprattutto non si deve aprire la porta agli sconosciuti. 

Vabbè , per sopravvivere in questo mese in cui piano piano come birilli che cadono si chiudono tutte le sorgenti di aìuto cosa può succedere ?

La prima e più scema è la caduta del vetro dello sportello della vecchia Panda , un sinistro rumore e trac! Non si alza più .

Il carrozziere riapre a fine mese, per fortuna ho il cellulare e riesco a sfruttare all’alba una sorta di miracolo , prima di andare al mare riesce a ritirarmi su il vetro malefico , per l’aggiustamento se ne riparla dopo il 27, bisogna ordinare il pezzo di ricambio . 

Nel salutarmi mi fa notare un rumorino nel motore … dovrei passare anche in officina  ma anche quella è già  chiusa.

E siamo solo a San Lorenzo. Stasera guarderò le stelle che cadono  pensando con tristezza a quando vidi il cielo in Sudan , neanche da paragonare ai miliardi di stelle in più che si vedono da quelle parti.

Ricordi su ricordi .

Letture

Tanti anni fa ho passato un mese in Nuova Zelanda , ci ero andata per seguire le regate di Coppa America e tra un turno di regate e l’altro ho visitato le due isole che compongono quello straordinario paese unico per le bellezze naturali e per la semplicità della vita della sua gente.

Qualche giorno fa in una preziosa trasmissione culturale che seguo ( una delle poche ) ho saputo che Katherine Mansfield , di cui conoscevo poco e non avevo letto niente, veniva da qual lontano paese.

Incuriosita ho comprato un piccolo libro con tre suoi racconti e ho fatto una scoperta bellissima , non immaginavo quanto fosse moderna e preziosa la sua scrittura che in un primo momento mi è sembrata quasi difficile da seguire.

In realtà bisogna entrarci nei suoi “ momenti di essere” parafrasando un’altra grande scrittrice della stessa area culturale.

Nei suoi racconti ho trovato , oltre al fascino di una scrittura ellittica e poetica , il ricordo di quel bellissimo paese che avevo accantonato tra le esperienze di viaggio più belle della mia vita.

Leggendo i suoi racconti si respira un’atmosfera che mi ha ricordato Cekov e i suoi personaggi sospesi in attimi di vita in cui tutto si può illuminare o perdersi , epifanie che aprono scorci profondi dell’io e tutto questo immerso nel paesaggio lussureggiante e misterioso di quella terra lontana , dalla quale la Mansfield partì senza fare più ritorno. 

Davvero non si finisce mai di imparare qualcosa , certe volte sono molto contenta di avere ancora molte cose da sapere e da conoscere nella vita .

Stamani ho ordinato un altro libro dei suoi racconti.

Lo squarcio

Spesso negli  anni mi è capitato di aspettare nella sala d’attesa della stazione di Bologna , sempre aspettando una coincidenza e ogni volta con la sensazione di entrare in un luogo sacro.

Ma quello squarcio nel muro , quella lapide lunga di nomi ormai sono visti con indifferenza dai passeggeri annoiati in attesa .

Una volta mi è addirittura capitato d raccontare a due giovani turisti asiatici  incuriositi cosa significasse quel buco nel muro e quando ho raccontato loro brevemente la storia della strage mi hanno guardato stupiti e increduli.

Io non posso dimenticare anche perché per un caso della vita due dei miei figli avevano rischiato di passare da quel luogo in quell’ora .Ho un ricordo vivissimo del caldo di quella giornata d’agosto , il caos sulle strade e anche il nostro silenzio mentre andavamo a riprendere il figlio piccolo rimasto a Livorno mentre il grande era passato prima perché quella domenica aveva le regate ad Ancona.

Erano anni in cui facevo politica ed ero amica della prima Presidente del comitato delle vittime , seguivo con apprensione le vicende oscure del nostro paese , ho netta la memoria di tutte le stragi , di tutte le bombe che hanno squarciato le nostre città , di tutti i morti sull’asfalto che abbiamo contato in quegli anni lontani .

Per molti anni passando da San Benedetto Val di Sambro andando a Firenze vedevo i resti del treno 904 , monumento contorto e annerito della nostra memoria.

Io non dimentico , non posso dimenticare e mi sento in dovere di raccontare ai nipoti , anche se molti di loro lo sanno , quanto è stato difficile mantenere la nostra giovane democrazia mentre l’Italia cresceva nel benessere e contemporaneamente doveva riuscire a mantenere la strada diritta tra le nazioni d’Europa .

Ho alle spalle anni di militanza politica , adesso mi resta il dovere della memoria e lo esercito anche soffermandomi ogni volta  in raccoglimento nella sala d’attesa della stazione di Bologna.

Olimpica

Una volta esisteva la tregua olimpica , ma ci siamo persa anche quella pace fittizia  : durante questa olimpiade parigina le guerre continuano implacabilmente , anche se sugli schermi della tv le gare si mangiano gran parte dello spazio di informazione.

Sempre più tecnici i commenti degli esperti di turno , si scoprono sport mai visti prima e si capisce anche che ai giornalisti farebbe piacere che si vincessero molte medaglie , anche per giustificare un certo  entusiasmo più o meno esagerato che accompagna le gare.

Gli atleti e le atlete italiane hanno le loro elegantissime divise , mi piace molto quel blu scuro con il tricolore che occhieggia dal cappuccio , da questo punto di vista non c’è niente da dire , siamo veramente in testa al medagliere.

Guardando qua e la le gare mi viene da pensare a tante ore di vita sacrificate per una manciata di secondi  che regalano  una gloria per la vita , spesso dietro a quei minuti si nascondono anni di sacrificio , sicuramente quello che passa  è il messaggio buono  che gli atleti regalano ai milioni di spettatori , spesso spietati critici da tastiera

Me li  immagino i pigri frequentatori di palestre , ci vanno con la speranza di calare qualche chilo e spesso queste frequentazioni finiscono nelle grandi cene di fine corso ma davanti all’atleta olimpico si sentono in diritto di polemizzare sul secondo mancato , sulla delusione per non vedere inquadrato il tricolore sul pennone più alto.

C’è poi la componente sospettosa dell’italiano medio che ci vede vittime delle giurie , dei letti di cartone , della Senna inquinata , evidentemente la sindrome dell’underdog , così prestigiosamente rappresentata, alligna abbondantemente nel bel paese.

Siamo sempre vittime di qualche complotto e per fortuna ci sono gli atleti a riscattarci , anche nei loro atteggiamenti positivi di fronte all’onda di polemiche di chi dovrebbe perlomeno stare zitto e limitarsi legittimamente a tifare con dignità.

La villeggiatura

Una parola obsoleta che mi ricorda il tempo lontano quando finite le scuole si partiva per quel lungo viaggio che ci portava in un mondo diverso : i preparativi , le valigie , la casa nell’ombra dell’attesa di un ritorno.

Piano piano il viaggio ha sostituito quel rito : abbiamo cominciato a partire lo stesso ma le mete erano scelte anno per anno , generalmente si tornava più stanchi di quando eravamo partiti.

Adesso non c’è neppure più quello , siamo al Camel Trophy aeroportuale, si parte preparati all’avventura : se ci va bene arriviamo alla meta più o meno nei tempi programmati e per il ritorno , vedremo.

Personalmente sono arrivata al ruolo che fu dei vecchi : con un po’ di paura contiamo i giorni del ritorno dei giovani sparsi per il mondo e ci va bene se non ci becchiamo proprio adesso qualche problema di salute.

Agosto , le giornate impercettibilmente cominciano ad accorciarsi , calde notti di insonnia , quando bolle il cuscino sotto la testa  , unica consolazione non avere programmi in vista , è inutile speranza la rivoltura di Ferragosto , con questo clima pazzo che uccide le piante  annaffio col senso di colpa pensando a chi non ha neppure l’acqua per bere.

Mi stanco a guardare sui social gli amici che seguitano a correre dietro la musica e programmano ancora mete musicali , personalmente ho chiuso con un doppio viaggio a Monaco la mia programmazione estiva , se ne riparla in ottobre.

Quella che ho davanti tutto sommato mi ricorda un po’ la villeggiatura d’un tempo , un tempo vuoto che in teoria potrei , anzi meglio dovrei riempire di letture e riletture , ma fa davvero troppo caldo .

Se chiudo gli occhi sogno prati verdi , segno sicuro di stanchezza , forse sarebbe bene fare come in un tempo lontano  : andare in villa , alla maniera goldoniana. 

Un vecchio dibattito

Gli amanti della lirica si sono sempre divisi in due visioni contrapposte : da una parte i tradizionalisti , quelli per i quali vale ancora l’allestimento fedele  con i cantanti che vengono al proscenio a farsi la loro bella aria incuranti della drammaturgia , con le scene “ com’era e dov’era “ e quelli come me che quelle messinscene non le reggono più , a meno che non si tratti di una ripresa filologica e allora si tratta di una specie di riesumazione storica .

Ho sempre sostenuto che lo svecchiamento e la ricerca della rivisitazione avrebbero fatto bene e portato un pubblico nuovo a teatro.

Senza averlo programmato ho fatto l’esperimento portando una nipote ventiduenne alla Tosca di Monaco e il risultato non mi ha confortato, era la sua prima Tosca e anche Kaufmann quando l’ha saputo ha esclamato :proprio questa le dovevi fare vedere ?

La ragazza intelligente ha comunque apprezzato tutto quello che c’era da apprezzare ma le è rimasta la voglia di capire come può essere l’opera davvero , tanto che verrà a prendersi una delle tante edizioni che ho nel mio personale archivio per apprezzarla appieno.

Premesso che era forse anche la persona più giovane a teatro ( e anche questo non depone bene per un futuro del melodramma ) devo anche ammettere che vedo spesso  un pubblico giovane a teatro , specialmente in area austro-germanica ,  ma più frequentemente per ascoltare musica sinfonica. 

In conclusione mi pare di potere affermare che esiste una specie di confine da non valicare e soprattutto è necessaria l’idea registica valida sia culturalmente che scenicamente .

Non era certamente questa volta il caso di Monaco e l’ho già ampliamente scritto nel mio precedente articolo.

Questa mia aggiunta l’ho fatta solo perché sono stata stimolata da una deliziosa foto che una carissima amica intelligente mi ha fatto dall’alto : la didascalia diceva “ la nonna spiega la Tosca alla nipote.”

La foto è di Helga Geistanger.