Centro di gravità permanente

Strano che il mio ricordo più vivo di Franco Battiato sia legato ad un altro grande cantautore prematuramente scomparso .

Ma una sera durante una serata in memoria di Fabrizio De André quando tutti cantavano un omaggio al poeta scomparso Battiato scelse per ricordarlo di cantare una canzone triste e bellissima : Inverno e non riuscì a finirla per l’emozione.

Fu un momento di grandissima tensione e stranamente stamani quando ho letto la notizia della sua scomparsa ho ricordato quel momento , quella voce rotta di pianto , quel volto affilato di antico intellettuale mediterraneo.

Era una voce che veniva da lontano , gli echi arabi mischiati alle parole colte e inusuali , la sua collaborazione con un poeta ci avevano regalato dei preziosi momenti di raffinata eleganza , il senso del mistero delle sue melodie che partivano da tanto lontano eppure stranamente riuscivano ad arrivare anche ad orecchie poco aduse a tanta elegante musicalità.

Il suo concerto dall’Hangar Bicocca era stato perfetto , le sue musiche in mezzo ai Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer sembravano avere trovato la scenografia più consona alla sua eleganza misteriosa .

L’uomo seduto sul tappeto , come su un piccolo altare , le mani volteggianti nel vuoto, la cura che metteva nelle sue parole e La cura , la canzone d’amore più bella che una persona avesse mai dedicato ad un suo simile,

resteranno a ricordare un intellettuale coltissimo , un grande musicista , un testimone prezioso della sua Sicilia raffinata e inusuale, il suo modo di dirci “ e ti vengo a cercare”

Errata corrige con nota

Mi capita spesso , quando cerco di stare “ sul pezzo” il più rapidamente possibile di commettere anche grossolani errori ma per fortuna ho un carissimo amico , mio correttore ufficiale ,che arriva in soccorso e mi fa notare lo svarione .

Nel caso avevo scambiato la perorazione di Sigmund  Wälse con quella di Sigfrido Notung, ma se ne era accorto subito solo lui!

D’altronde sui miei sbagli è velocissimo : una volta avevo addirittura scritto Donizetti con due zeta e un’altra volta avevo sbagliato il cognome di un noto baritono , ma il mio affezionato amico –correttore interviene con garbo e io corro al riparo .

Non semplicissimo perché devo correggere sul PC, sull’Ipad e sul telefono nonché  sui vari siti dove diffondo le mie modeste note quando c’è di mezzo JK   e di solito pasticciando parecchio.

Mentre stavo allegramente cercando di correggere mi è arrivato una misteriosa mail praticamente con soltanto un titolo e un autore .

Il mistero l’ho risolto riconoscendo l’autrice , un’austera vestale monacense alla quale in tempi beati porgevo il mio saluto ricevendo in cambio solo un teutonico cenno del capo.

La informatissima signora in questione mi aveva scritto : Frülhing – Edvard Grieg. Ci ho messo un pò a capirlo , poi ci sono arrivata . Era evidentemente il titolo del Lied cantato da Lise Davidsen che avevo cercato invano leggendo la stampa bavarese ( BR Classik e Mercure online) , ma nessuno l’aveva citato.

La signora in questione non aveva ritenuto di aggiungere altro e io comunque la ringrazio pubblicando questo post tardivo . Avevo immaginato , dal fatto di non capire la lingua in cui il soprano cantava che doveva essere nordica  (avevo azzardato Sibelius o Grieg ) ma non avevo osato di più e avendola già ammirata nel Fidelio londinese , quello finito con poche repliche causa Covid, al tempo ne avevo scritto molto bene  perché mi aveva colpito la sua forte voce nel primo atto , quando vestita da uomo era perfetta e credibile.

Il secondo atto , quando il cencioso Florestan se ne stava incatenato sulla roccia non mi aveva consentito di notare quanto fosse gigantesca la sua figura.

Ho scritto infatti adesso che la vedo bene in vesti wagneriane o anche in Turandot, ma tenendola sempre ben distanziata da tenori dalle stature più o meno normali. Il mio senso estetico ne risente troppo. 

Che ci posso fare, sono una inguaribile romantica : lui „deve“ essere sempre più alto di „lei“.

Un regalo dalla Baviera

Confessiamolo .Chi di noi un giorno non ha amato quel Sigmund dalle lunghe chiome che non riusciva a sciogliere il nodo che teneva legati i capelli mentre cantava il suo incestuoso inconsapevole amore per sua sorella Siglinde?

I pochi fortunati presenti quell’anno al Met e i milioni che l’hanno amato grazie al DVD erano tutti ieri sera davanti ai loro schermi , più i fortunati 700 presenti in sala ( un terzo degli abituali spettatori) , giustamente emozionati per questa ripresa semiscenica del primo atto della Walküre.

Giustamente a Monaco , è lì che echeggiarone quelle note per la prima volta ed è lì che con questo memorabile primo atto che si è ripresa dopo un anno di triste vuoto operistico l’attività del teatro col pubblico ed era davvero emozionato anche il Sovrintendente nel breve saluto di benvenuto agli happy few presenti.

Poi sono entrati nell’ordine il direttore Ashel Fisch e i tre cantanti : in frack gli uomini e in nero la gigantesca Lisa Davidsen.

Il tremolare dei contrabbassi e l’entrata di Kaufmann ci hanno fatto entrare nel modo incantato dell’opera dove si raccontano fatti straordinari che conosciamo tutti benissimo ma riviviamo intensamente attraverso le note struggenti  :ci raccontano di questo grandissimo amore che trasuda da ogni accordo e questo è il grande fascino segreto, il miracolo si ripete .

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Jonas Kaufmann è come sempre in lui un tutt’uno con il suo eroe dal triste segnato destino : la sua invocazione al padre :Wälse ! (non stiamo a contare i secondi della tenuta ) tanto è sempre straordinario come  il suo sciogliersi nel canto d’amore “quando il vento d’inverno cede alla luna” :

Non forza mai i toni , ormai la sua maestria è tutta nel dosare con perfetta dizione il fascino del suo canto .

Diversa Lise  Davidsen , leonessa wagneriana dalla enorme voce, starà molto bene a Bayereuth e altrettanto perfetto e sicuro nel ruolo di Hunding Georg Zeppenfelds ( non ha neppure lo spartito davanti.)

Ogni tanto l’inquadratura della sala ci mostrava il bianco fantasma dei senza volto , le orribili anche se preziose maschere che ci ricordano la nostra condizione di precari spettatori , un filo di angoscia in realtà me lo mettevano e forse per questo che i presenti in sala hanno cercato con forsennata caparbietà di applaudire come se fossero davvero tutto il teatro esaurito in ogni ordine di posti.

Poi , per la gioia di tutti ,i tre cantanti accompagnati al pianoforte da Fisch hanno offerto ciascuno un bis: preziosissimo ( per me ) Träume dai Wesendonk Lieder cantato da un Kaufmann in estasi beata , un non meglio identificato canto della Davidsen, molto omaggiata in sala e infine con preziosa citazione il brano di Zeppenfeld  “ Wie schön is doch die Music „ dalla Donna silenzosa di Richard Strauss  che poi finisce „ In diesen Zeiten“.

Appunto :quanto è importante la musica in questi nostri tempi pesanti.

Ritorno a teatro

Riapre il teatro delle Muse: ho un vecchio abbonamento per quattro serate di mini spettacoli: atti unici che dovevano essere rappresentati lo scorso anno , poi si sa , tutto saltato , non avevo chiesto rimborso , anche per l’esiguità della cifra.

Quindi ritorno a teatro e mi attende la trafila : certificato attestante la mia immunità, data , firma e coda in attesa di entrare sotto la pioggia .

Ma la gioia di ritornare …a casa è tanta  e mi siedo soddisfatta,distanziatissima, in platea .

Per un teatro da 1089 posti solo 250 spettatori, ma credo che in realtà siamo anche meno ,e qui comincia la parte divertente : come si diceva “ fatta l’Italia bisogna fare gli italiani “ parafrasando bisogna rifare gli spettatori .

Abituali a stare davanti alla tv tutti parlano a voce alta ,colgo un commento prezioso : ma se è un monologo perché tanti nomi sulla brochure ? 

Ovviamente si tratta di testo , musiche ,luci e quant’altro può servire , ma  la gentile signora non si da pace e lo chiede a chi le sta vicino , si fa per dire ,e parla come se fosse in fondo a un corridoio.

Poi ovviamente tutti si chinano a guardare il proprio I Phone , magari succede qualcosa nel mondo che nel momento può sfuggire e allora le lucine che distraggono , come lucciole , si accendono continuamente.

Lo spettacolo dura poco “ la brevità gran pregio “, come canta Rodolfo nella Boheme e la corsa verso l’uscita ( paura del coprifuoco?) è un po’ triste per il bravo attore- autore che comunque ringrazia i coraggiosi tornati all’ovile.

Lo spettacolo non è male , l’autore – attore molto bravo ma la prevedibilità del fatto di cronaca molto triste che racconta è talmente scontata che lo sai fin dall’inizio come andrà a finire.

Penso con nostalgia al bellissimo Parsifal che non smetto mai di rivedere/ risentire e mi manca la musica.

Comunque uscendo dal teatro dopo avere appassionatamente battuto le mani e ottenuto il commoso saluto dell’attore torno a casa e accendo la tv , riflesso condizionato e passo ad ascoltare la coda di un concerto .

Quando riuscirò ad ascoltare di nuovo la musica dal vivo?

La sindrome di Stoccolma

Non l’avrei mai creduto , ma sabato mattina ho avuto paura e sono fuggita davanti alla folla che sciamava sul Corso della mia città.

Era quasi mezzogiorno e girato l’angolo da una piccola traversa mi sono trovata davanti una marea di persone , tutte o quasi con la mascherina d’ordinanza , alcune col cane , a gruppi , a coppie  o in piccoli allegri assembramenti di conversazione.

Niente di allarmante mi dicevo mentre il cuore a cominciato a battermi forte e una violenta nostalgia del vuoto pandemico mi ha quasi provocato un malessere fisico . 

Nessuna irrazionale paura , non ce ne era obbiettivamente motivo ma una feroce nostalgia del silenzio della strada vuota , un rimpianto per una felicità perduta , qualcosa che aveva a che fare con l’inconscio più profondo.

Respirando affannosamente sono corsa a riprendere la macchina e solo arrivata a casa , nel silenzio periferico del mio piccolo giardino ho cercato di analizzare in maniera ragionevole il mio irrazionale stato d’animo.

Non si può , neanche per scherzo, pensare di avere nostalgia di un incubo però  io l’ho provato  e ho anche pensato con preoccupazione cosa mi capiterà quando ( ed ecco l’assurdo della mia reazione), finalmente potrò riprendere un treno o l’ancor più desiderato aereo.

Fra i tanti strascichi che questo maledetto virus ci lascerà , se e quando ci lascerà davvero , ci sarà anche la diabolica nostalgia del silenzio e del vuoto delle pesantissime quarantene che tutti abbiamo fatto e che non vedevamo l’ora che finissero.

Pensavo fosse una reazione isolata , da persona anziana, poi leggo del solito studio americano fatto da eminente università e scopro che anche ai giovani quello che mi era sembrato il pensiero stupido di una vecchia matta è un fenomeno ricorrente anche in persone decisamente molto più giovani.

Meno male , pensavo di essere un caso di imbecillità isolato , invece pare che si tratti di una variante in questo caso non del virus ma della altrettanto nota “ sindrome di Stoccolma “, ovvero la nostaglia del prigioniero per il suo imprigionatore.

Avviso ai naviganti

Le cose che non faccio in rete :

Non mando mai mazzi di fiori per gli auguri a chi conosco appena o che mi vengono ricordati dall’argoritmo .Questo per spiegare agli amici virtuali e non la mia mancanza al rito augurale di massa.

Cerco di non intromettermi in polemiche politiche di ogni genere , anche se qualche volta non riesco a fermare il mio impulso toscano alla battuta.

Mi sono accorta che come diceva Massimo Troisi , per me conta quello che dico e non quello che capiscono gli altri. 

Faccio un uso parsimonioso dei Like , se trovate il mio vuol dire che quella cosa lì mi è piaciuta veramente davvero.

Non corro dietro all’invito reiterato di aumentare il numero di amici , si scopre che magari chi ti chiede l’amicizia in realtà non ci abbia neanche pensato a chiedertela .E la solita trappola dell’argoritmo.

Quello che invece faccio regolarmene:

Rispondo sempre a chi mi scrive , su qualunque mezzo . Da What’s Up a Messender fino ai commenti sul blog e sulla mia bacheca.

Accetto , poche in verità, nuove amicizie che magari vengono da tanto lontano . I miei punti d’orgoglio sono le amiche di Vienna , di Riga , della Provenza , di Parigi , della California . Pochi gli uomini , ma sono amici veri e li conosco tutti anche personalmente davvero.

Misterioso mi resta comunque l’uso di Istagram , mi ha spiegato uno dei miei tanti nipoti che in effetti è usato più dai giovani che ..dai meno giovani come me.

Poi ci sono i miei venticinque lettori  che si moltiplicano magicamente ogni volta che metto una foto di JK, meno se il sullodato sta solo nel testo scritto.

Quelli sono amici , diciamo così, vecchia maniera e mi piace seguirne le vite anche attraverso la reciproca storytellin visiva del social.

Ultima cosa : mi devo ricordare di chiudere la pagina prima di morire  ( ma questo lo penso solo la notte , quando il sonno tarda ad arrivare ).

Prima della Walkiria

Certe volte mi sembra di essere come Schreder dei Pinuts quando conta i giorni che lo separano dal compleanno di Beethoven , io infatti conto i giorni che mi separano dal primo atto della Walküre che la prossima settima generosamente il BSO manda in streaming per la gioia di tutti/e gli appassionati di Wagner e perché no , anche di Kaufmann.

Da quel primo atto visto solo in DVD del Met molti altre volte le vicende dei fratelli Welsunghi mi hanno appassionato .

Non è un caso che la Walkiria sia l’opera del Ring più data singolarmente anche in Italia.

Wagner ci mise pochissimo a comporla e se il primo atto è tutto incentrato nella sconvolgente incestuosa storia d’amore accompagnata dalla subilme “Winterstürme wichen dem Wonnemond „ poi nel secondo c’è il bellissimo rapporto tra Brunilde e Wotan nonché la  famigerata Cavalcata delle Walkirie , quella abusata anche cinematograficamente .

E’ un’opera di Wagner che scorre velocissima , ma noi ci accontenteremo di questo ennesimo regalo del teatro , anche solo a metà ,sempre in attesa di sapere se finalmente l’estate ci potrà regalare qualcosa di più importante e tanto atteso.

A proposito di questo scabroso argomento mi piacerebbe ritrovare un piccolo libro ormai fuori commercio , anche se letto e poi scomparso (prestato?) dalla mia libreria.Un piccolo racconto di Thomas Mann intitolato proprio “Sangue welsungo” ed è la storia di due fratelli che turbati ,tornando a casa dopo aver ascoltato l’opera galeotta, si trovano uno nelle braccia dell’altro .Curiosamente Mann racconta una storia che in qualche modo lo toccherà da vicino : due suoi figli furono legati da uno strano rapporto ambiguo : Erika e Klaus furono legati da qualcosa di più di un semplice affetto fraterno , furono complici intellettualmente anche se poi le loro vite infine si separarono.Letteratura e vita sempre intrecciate e in questo caso sublimate dalla straordinaria musica wagneriana.

Improbabilmente imbucata nel  teatro che festeggiava i sessanta anni della ricostruzione ho sentito Kaufmann per la prima volta dal vivo cantare la splendida aria , alle sue spalle René Kollo sorridente .

Due ore di discorsi ufficiali senza praticamente capire una parola , ma quei pochi minuti di emozione mi avevano premiato per la lunga attesa.

Un “Arcano” prezioso

Era il 2015. A Monaco una brutta Aida con Jonas Kaufmann , ma c’era un bravo baritono italiano : Franco Vassallo come Amonasro e io gli avevo chiesto di salutarlo  ( in realtà lo faccio sempre quando sono all’estero e mi piace salutare i cantanti italiani) .

Lui gentilissimo mi incontrò all’uscita , aveva dei fiori in mano e si scusò di non avermi fatto entrare nel backstage , c’era potuta entrare solo sua moglie.

Fu così che scoprìì un gentiluomo gentilissimo e garbato , ebbi poi occasione di spedire a sua moglie le foto che avevamo scattato insieme e che ahimè non mi ritrovo più , mi ricordo però che eravamo molto sorridenti tutt’e due.

In questi giorni si può scoprire attraverso un CD veramente piacevole questo nostro artista impegnato in un  repertorio di arie ottocentesche , l’equivalente di quello che in terra austro-germanica furono i Lieder che tanto amiamo.

Il Cd è intitolano Arcano e contiene arie famose e altre meno note che veramente sono una scoperta per molti di noi che pure il genere lo amiamo .

Anche le foto che accompagnano il disco sono ironicamente garbate e sembrano rifarsi alla pittura dell’epoca.

Spero che questo oggetto musicale abbia il successo che merita , personalmente invito a comprarlo e spero che sia solo l’inizio di una tendenza nuova improntata a riscoprire un nostro patrimonio musicale spesso ignorato anche dagli appassionati della lirica e non solo.

Con i miei complimenti a Franco Vassallo , chissà dove e quando ci reincontreremo , sarà comunque un incontro piacevole.

Progettare

Timidi tentativi di ripartenza : ho ripreso in mano i contratti di viaggio rimasti inevasi dallo scorso anno , sembrano date lontanissime , in realtà è passato un tempo biblico se pensiamo alla pandemia che ha sconvolto il mondo intero.

Ci siamo ancora dentro perché quello che si temeva , cioè che ne venisse colpita anche la parte povera del mondo ha adesso i numeri allucinanti che in Europa speriamo di non vedere più.

Infatti qui cominciamo a sperare  anche perché siamo tutti un po’ vittime di depressione , chi più chi meno manifesta , certo che anche solo l’ipotesi di riprendere in mano i progetti accantonati , di risfogliare le guide , di rivedere i voli che si potranno riprendere e soprattutto la speranza di potere avere quella specie di pass europeo utile per i viaggio “ di non prima necessità!” (come se il volere rientrare in un teatro non fosse per alcuni un vero bene di prima necessità , definizione burocratica che ho sentito ieri sera per la prima volta in televisione), serve per cominciare a sognare .

Progetti quindi , perlopiù a medio- corto raggio, per ricominciare : Napoli , Verona e un avventuroso Trieste-Lubiana .

Resta ancora una incognita importante :Monaco e capisco la serietà del BSO che comunque ha continuato a farci tanti grandi regali con i Montagsstück generosamente elargiti in streaming ormai da un anno.

Il particolare “ pesante “ che un  anno perso alla mia età pesi come un macigno cerco di non considerarlo troppo , tanto non mi sarebbe comunque utile piangerci sopra .

Sono ancona viva e “ vacinada” come canta quel genio di Checco Zalone.

E allora andiamo avanti , per ora a progettare. 

Calendimaggio

E’  arrivato maggio , in Italia rallentano le restrizioni e speriamo di non dovere richiudere tutto quando verso la metà del mese sapremo se queste parziali e molto contestate riaperture saranno confermate o se ancora i guai non sono finiti.

I teatri timidamente riaprono , ma con programmazioni ridotte , vedremo se sarà possibile ricominciare a sperare in una programmazione musicale completa .

In Germania per ora tutto tace , hanno un momento di recrudescenza della pandemia , io aspetto con timida ansia le notizie del BSO che arriveranno verso la fine del mese .

Comincio a fare programmi e a stampare qualche biglietto futuro : perfino la stampante sembrava avere perso la memoria di come si fa … ci ha messo venti muniti per ripartire correttamente.

La programmazione all’aperto ha qualche vantaggio , fa meno paura sia agli organizzatori che agli artisti con dovranno esibirsi ,  intanto però sia in Spagna che in Grecia hanno già allentato le restrizioni , per fortuna così un po’ di artisti possono lavorare.

Il mio blog tace , o meglio mi mancano le occasioni per parlare del motivo per cui è nato e inutilmente l’argoritmo mi sollecita a scrivere !

Non posso soltanto parlare ancora e ancora del Parsifal di Vienna , lo risento continuamente e devo dire che ad ogni nuova visione mi si aprono ulteriori motivi di conferma per ciò che avevo scritto a caldo .

Poteva sembrare all’inizio che ci fossero troppe forzature , ma leggendo bene tra le righe si possono capire tanti atteggiamenti deliranti di Amfortas in chiave psicanalitica e la lunga tragica colpa di Kundry non è così lontana dal senso di colpa di molti peccatori anche oggi.

Notizie (off record) parlano di un nuovo CD in preparazione a Roma , altri preparano nuove tournée future , per quei pochi nomi famosi credo che il problema non si ponga neppure , forse le vere vittime siamo noi spettatori relegati davanti agli schermi casalinghi senza il calore dell’applauso comune .

Altrodime non chiude  ma non vorrei soltanto usarlo per scrivere dei “coccodrilli” , ne ho scritti già troppi ultimamente .

Il battito della farfalla

L’India brucia . Le immagini delle pire infuocate che arrivano dai nostri teleschermi possono sembrare tanto lontane da sembrare folkloristiche e invece ci riguardano tanto da vicino .

In quell’immenso paese che ho visitato due volte in anni lontani e del quale mi è rimasta una nostalgia quasi fisica ricordo l’enorme differenza  che si traduceva in una crescita forsennata di case , di caotico disordine , di traffico incredibile con ancora le magre mucche in mezzo alle strade intasate di folla e di taxi nero-gialli sguscianti tra la gente coloratissima e poverissima.

Poi un forte sviluppo e ora sappiamo che addirittura la metà abbondante dei vaccini nel mondo intero viene prodotta proprio nei loro mega –istituti .

Ma nonostante l’idea di ricorrere magari alla medicina ayurvedica e alla sottovalutazione di quello che sta diventando il  più tremendo focolaio virale del mondo  solo il dieci per cento scarso della popolazione di quell’immenso paese è vaccinata e con vaccini a bassa copertura , come il cinese .

Le colpe politiche , soprattutto quella di minimizzare i dati e le cifre dei malati hanno portato a questo devastante momento in cui si muore per la mancanza di ossigeno addirittura per le strade e le bombole ( tutte in mano privata ) vengono vendute , quando si trovano , a cifre impossibili per gran parte della popolazione. 

Pare , ma niente è certo con questa pandemia , che alcuni vaccini siano in gran parte più sicuri di altri , ma le varianti impazzite del virus non ci devono lasciare per niente tranquilli perché come disse una volta lo scienziato Lorenz :” il battito d’ali di una farfalla a Pechino può scatenare una tempesta a NewYork.”

Mentre noi stiamo discettando di un’ora in più di svago serale l’ombra della pandemia che sembra scomparire per poi riaccendersi ferocemente con l’effetto “ giorno della marmotta” è ancora dietro l’angolo, l’India non è poi così lontana e devono restare chiari i nessi tra eventi locali e ricadute globali. 

M()uchenik

Siamo disabituati ad un cinema che fa pensare , i nostri schermi ( perlopiù televisivi) sono inondati di immagini veloci , effettti speciali , qualche volta una risata ,ma difficilmente provocano un pensiero che non finisce con la visione : però per la prima volta dopo tanto tempo mi è capitato di vedere un film difficile e problematico .

Come un bel libro pieno di occasioni di pensiero : ho visto il film del regista del Parsifal viennese, come al solito uno stimolo culturale ne provoca altri , a catena .

Ho già detto quanto la regia cinematografica di Serebrennikov mi avesse incuriosito e allora grazie ad una amica bravissima che sa muoversi con sapienza nel web ho potuto vedere un suo film.

Questo Parola di Dio , ma il titolo russo contiene in se anche un ulteriore messaggio , la parola intraducibile e composta tra studente che con la M diventa martire è un pugno nello stomaco ad una prima visione , poi si capisce che il regista ci voleva dire che ogni estremismo , ogni forma fanatica di religione più provocare solo orrore : illuminante la frase del protagonista al Pope quando gli rinfaccia che i cristiani non muoiono più per la fede e cita come esempio glorioso i ribelli ceceni o i fondamentalisti islamici.

Il suo Vangelo , la sua Bibbia usata a uso e consumo di una fede esasperata possono solo causare l’orrore ed è quello che inevitabilmente succede.

Unica speranza è la logica ferrea della fiducia nel razionale e nella scienza   dell’insegnante di biologia che comunque paga la sua posizione aperta e che infine si ribella e si inchioda al luogo di lavoro con il suo sfidare l’illogico e il testardo credere nella cultura  e nella conoscenza pagato con l’incompresione dei “ benpensanti”  ed è  l’unica via indicata dal regista.

La vittima sacrificale , agnello predestinato nella pochezza mentale resta a monito di quello che può accadere se non ci ancoriamo , letteralmenente , al pensiero positivo dell’evoluzione scientifica.

E’ strano che una volta tanto dalla lirica mi venga uno stimolo diverso , comunque devo confessare che in questi giorni “mi faccio” di Parsifal quasi ogni notte e ogni volta scopro qualcosa di nuovo .

Per esempio quel ripetere del Parsifal “vecchio” le parole che precedono il suo canto , come se averle interiorizzate confermasse la sua ineluttabile conoscenza del domani di sé.

Un maturo e di nuovo bellissimo Kaufmann e uno straordinario e inquietante giovane ( ma che ha già 29 anni) sono due faccie indimenticabili di un destino che credevamo di conoscere e che ogni volta ci racconta una storia nuova.