La differenza

Come ho scritto sulla mia bacheca ho ricordato la data della prima ( un fiasco!) della Traviata alla Fenice di Venezia e per commemorare doverosamente l’evento  un programma musicale ha trasmesso un piccolo attacco del duetto del terzo atto : Parigi o cara.

Lo ascolto , quello che canta è un tenore italiano , giovane e carino , la messincnena deve essere recente perché abbastanza rivisitata , ma c’è qualcosa che non mi convince e allora vado a prendere la Traviata di Parigi con Kaufmann e ascolto attentamente .

Mentre il seppur bravo tenore scandisce Pa-a-rigi o ca-ara noi lasceremo…Kufamann la dice tutta in legato , avvolge la soprano tra le braccia , sta a testa bassa e nella sua perorazione mette qualcosa che sembra volere dare forza e fiducia , anche se effimera.

Lo ascolto in un’altra edizione ( ahimè solo audio ) con la Netrebko a Londra . Stesso effetto e dalla foto di scena si capisce lo stesso atteggiamento protettivo e avvolgente. Forse a testa bassa , confuso tra gli abiti di lei la voce corre meno fluida , ma non è questo che conta , al fuoriclasse non interessa la messa in voce perfetta , a lui interessa l’emozione che si trasmette attraverso la splendida e anche un po’ usurata aria verdiana.

Nella mia vita di melomane ho avuto “ la disgrazia” di incontrare Kaufmann tardi e dico disgrazia perché ha vampirizzato tutti i personaggi che ha interpretato  e non è per colpa sua se dopo certe opere che hanno avuto questa sua specie di imprimatur, senza quel terribile confronto non riesco più a seguirle con la stessa emozione..

Quell’Alfredo sprovveduto e quasi adolescente , capace di cantare il Do della cabaletta correndo sulle scale , non è straordinario per la prestazione vocale soltanto , è un’interpretazione di quelle che lasciano il segno.

La Traviata di Parigi ( Con la Schäfer che vuole ricordare Edith Piaf ) non credo sia nei ricordi preferiti di Kaufmann , nel suo film racconto „ privato „ ne parla con una certa ironia , non gli era piaciuto come gli avevano lisciato i capelli, anche se poi nel terzo atto i suoi ricci tornano comunque fuori prepotentemente .

Non sa  quanto invece quanto quella sua interpretazione avesse  colpito al cuore le kaufmanniane doc!

dalla Bibbia

Genesi 12-2 . Il Signore disse vattene dal tuo paese .. e Abramo uscì da Ur e si incamminò verso il paese di Caanan…

La visione del vecchio Papa stanco in mezzo a quella radura , in quel deserto irakeno, sotto quella tenda pronuncia le parole con coraggio mentre sembra non avere più voce :”l’estremismo non deve trovare spazio nelle religioni “ e le pronuncia in una terra bagnata ancora , quasi ogni giorno dalla violenza e dall’odio .

Non si può restare indifferenti di fronte a questo Papa  che fa del suo corpo claudicante e stanco un messaggio fortissimo per le genti di tutte le religioni. 

La televisione rimanda queste immagini nelle News e ho letteralmente un tuffo al cuore :non credevo  di essere particolarmente sensibile a un evento come un ennesimo viaggio del Pontefice ma questa volta ho ripreso la Bibbia in mano per andare a ricercare la storia di Abramo e nelle dotte note della piccola Bibbia preziosa che tanti anni fa mi regalò un amico ho trovato anche le varie grafie con cui questo nome è riportato nelle scritture cuneiformi come a confermarmi quanto le tre religioni monoteiste si riconoscano in questa discendenza comune.

Profondo è il pozzo del passato..così inizia un bellissimo libro di Thomas Mann : Giuseppe e i suoi fratelli e veramente è profonda tutta la nostra vicenda umana che partì da quella terra fra due fiumi e che oggi il vecchio Papa è andato a visitare.

Intanto nella mia provincia siamo in zona rossa , praticamente in lookdown , anche se ormai non vogliono neanche più usare questa parola per non avvilirci troppo , nei fatti siamo chiusi nelle case o almeno dovremmo starci per ottenere qualche miglioramento nelle cifre spaventose che riguardano le terapie intensive e l’aumento dei ricoveri negli ospedali.

Non ho molto da fare , così in realtà ho molto tempo per seguire il viaggio apostolico , si può trarre vantaggi da tutto. In questo vuoto sono andata a riprendere la Bibbia, il libro dei libri che noi italiani cattolici leggiamo così poco.

Un altro giorno

Un anno fa oggi ero a Londra ed ero davvero contenta : un bell’albergo rinnovato ( sempre il solito ) ma finalmente con una bella camera , un ristorante accogliente , la prospettiva di una serata programmata già da tanto tempo con un Fidelio già molto raccontato dai media …

..e poi , e poi un caro amico che mi riconosce , lo scambio di doni , un posto in platea ancora più bello di quello che avevo conquistato on line .

L’opera mi piace e non mi piace , ne avrei scritto al ritorno , ma sono seduta tra due signori con le tosse secca e questo mi riporta alla situazione che non mi pareva terribile , ma che in Italia era già abbastanza allarmante .

 In realtà non avevo capito niente e nel ripartirmene l’indomani sfogliavo ancora mentalmente il mio programma di viaggi , abbastanza fitto per la primavera e l’estate che avrebbero dovuto portarmi ancora tanto in giro per l’Europa.

Ripensare oggi a quel giorno mi sembra di ricordare qualcosa di fumoso e distante , come in  quei film anni cinquanta in cui si vedevano delle dissolvenze flou , con la dicitura : molto tempo dopo…

molto tempo dopo sono qui davanti al pc., in vestaglia perché oggi non ho avuto neanche tanta voglia di vestirmi , per andare dove semmai?

Siamo di nuovo in zona rossa , di nuovo tutto chiuso e davanti all’Ospedale regionale ci sono le ambulanze in fila perché nei reparti Covid non c’è più posto e i malati vengono dirottati in altri ospedali non ancora arrivati alla saturazione .

Personalmente non dovrei lamentarmi troppo : ho già avuto una prima dose di vaccino e tra una diecina di giorni completerò la vaccinazione , molti che conosco stanno decisamente peggio di me.

Overdose di televisione , overdose di “come eravamo” sui social , overdose di vita non vissuta . Ogni tanto qualcuno mi manda un ricordo fotografico , si vede che un po’ tutti riordinano i cassetti e le memorie rifioriscono , contribuisco anch’io alla caccia al ricordo ma è esercizio pericoloso perché contiene un verme maligno come  una puntura dolorosa .

Quello che era nato come un blog musicale sta diventando un diario della pandemia , ogni tanto mi siedo davanti allo schermo così mi faccio compagnia raccontando cose molto banali e di streaming spesso già visti in precedenza . 

Ieri sera è toccato ad un Tristano , ma già ne conoscevo l’allestimeno , il cast e la messinscena del solito Tcherniakov che se non cambia qualcosa non è contento.

Non sono sicura che valga la pena riparlarne , tanto lo so che certe regie provocano ribellione nei tradizionalisti e perplessità in molti  molti altri.

Però Baremboim mi è piaciuto di nuovo , è già qualcosa.

Fake-news

Accadono cose strane sui social . Avevo appena finito di leggere : attenzione ci sono in giro falsi siti personali di Jonas Kaufmann , quello vero , unico , ha la spunta blu nel logo , sembrava un avviso contro una contraffazione .

Non mi sono preoccupata anche per questo ennesimo  falso , ci sono talmente tanti siti inneggianti al famoso tenore che uno più, uno meno non succede niente : generalmente riciclano vecchie foto , vecchi video , vecchie interviste .

Ma qualche giorno fa è capitata una cosa un po’ ridicola che mi riguarda : da ben due care amiche mi arriva la notizia che non so se definire ridicola , divertente o fastidiosa : c’è una tua foto con Jonas e c’è scritto che lui ha lo stesso sorriso della sua mamma che nel caso sarei io !

Non essendo iscritta al sito in questione non avevo assolutamante visto il post e una ricerca successiva mi ha fatto scoprire che è un sito piccolo , con poche adesioni , non ho ben capito da chi sia gestito.

La mia reazione è stata prima di stupore e poi di curiosità : mi mandano lo screen short incriminato , in effetti nella foto sono proprio io : fatta a Parigi da una cara amica francese vicino al Theatre des Champs Elisèe quando consegnai a Jonas una Tschirt con la famosa frase “Ah non abbiam soprano!” che avevo fatto per lui , da questo la risata del Nostro.

Devo dire che avendo davvero tre figli maschi che appartengono più o meno alla generazione di Kaufmann ho più volte detto al diretto interessato che lui in fondo era quasi un quarto figlio per me, con conseguente risata caratteristica a commento della mia affettuosa dichiarazione.

Ma tra la mia frase innocente ed essere innalzata al ruolo immeritato la strada è lunga , le notizie false e cretine possono lusingare ( in fondo avere  figli belli è cosa che mi è capitata davvero!) ma cantanti no , nessuno in famiglia canta ,peccato..

Con un certo imbarazzo prendo quindi le distanze , soprattutto per il rispetto della vera madre del tenore che è mancata quando lui cantava lo Chenier in Spagna e seppur in fondo lusingata dall’avermi attribuito “ lo stesso sorriso” , rientro nel mio ruolo di seguace appassionata , fedele commentatrice delle sue glorie e blogger infaticabile .

Diffidate sempre dalle fake news….

I colori della pandemia

Così , quasi senza accorgercene , è passato un anno in compagnia del Covid19 il quale si sta anche pericolosamente mutando per renderci ancora più vulnerabili, il paese è diviso in fasce colorate; confini che ricordano le mappe medioevali.Primi timidi segni di primavera in arrivo , non ci facciamo neanche più caso , ma dalle mie parti per strada si sta solo con la mascherina FFP2

Si fanno manifestazioni , ovviamente da remoto , per auspicare la riapertura dei teatri ma ho la netta sensazione che per adesso , perlomeno in Italia , questo resti un pio desiderio .

La curva di infezione sta crescendo di nuovo e le terapie intensive  , invece di svuotarsi, tendono pericolosamente a ritornare su numeri preoccupanti .

Avevo spostato sempre più in là l’asta della  mia speranza di ritornare a teatro : fino a poco tempo fa mi sembrava plausibile una Pasqua a Vienna per il Parsifal , avendo letto le norme che regolano le limitazioni alle frontiere ormai ritengo assurdo anche questo progetto.

Stamani su Fb. campeggiava un nastro nero di lutto messo da una cara amica che ha un’agenzia di viaggi . Un suo collega si è ucciso all’interno di quello che era il suo luogo di lavoro.

La mia amica mi scrive che per quell’uomo quell’attività era anche la passione della sua vita e che non ce l’ha fatta a  resistere un anno intero senza lavorare .

Ho pensato che noi che ci lamentiamo tanto ( anche dalla Francia e dalla Germania mi arrivano tristi lamentazioni ) in fondo siamo solo vittime della mancanza di quello che fu il nostro nutrimento spirituale . Ai poveri operatori del settore sta mancando il pane davvero , così come manca agli artisti  di tutti i teatri chiusi ovunque in Europa.

Per quanto mi riguarda ho spostato ancora un po’ più in là la barra: adesso punto all’estate , magari a Monaco , visto mai che sia possibile ?

Personalmente tra poco sarò interamente vaccinata , ma mi daranno un pass valido per uscire dai confini nazionali , magari a condizioni esose che accetterei volentieri ?

Ai giovanissimi manca la scuola in presenza , a quelli più grandi manca la vita sociale , a tutti manca la libertà che avevamo di vivere serenamente il tempo che comunque ci è stato assegnato .

Questa livella crudele sta levando a tutti indistintamente un tratto della vita.

La mattanza

Si aprono i giornali la mattina e come un macabro ritornello tra le notizie di cronaca , ormai spesso in basso anche se ancora in prima pagina ,si ha la notizia banalmente ricorrente di altre due donne morte ammazzate nelle ultime ventiquattro ore .

All’orrore sembra subentrare la grigia pietà del quotidiano . D’altra parte succedono tante cose orribili in questo periodo : padri e madri che uccidono i propri figli , figli che uccidono i genitori : forse la pandemia  accentua anche questi delirii della mente. Ma sulle stragi femminili mi soffermo attraverso una visione teatrale emblematica : la ripresa della bellissima Carmen di Calixto Bieito da Vienna .

Su quel corpo squallidamente trascinato  , ennesimo cadavere quasi anonimo ho fermato il mio pensiero ricorrente : quante volte ho visto donne uccise in scena da parte del proprio compagno?.

La lirica è piena di queste vittime di quello che oggi chiamiamo femminicidio ma che sembra essere un ben radicato diritto maschile che affonda le radici nel costume occidentale .

Piccolo riassunto esplicativo cominciando proprio dalla sigaraia di Siviglia . 
Un ex che non accetta la fine delle storia e lei ,che non è l’emblema della libertà come ci eravamo raccontati per comodità e retorica, solo una povera donna che in qualche modo voleva chiudere su un amore malato.

Anche Nedda nei Pagliacci in fondo voleva scegliere tra un marito violento e la speranza di una vita nuova e diversa , forse nella sua mente, banalmente borghese. .

Poi ci sono le vittime della gelosia pura : dalla classica Desdemona , forse la vittima più   innocente di questo delitto fino alla povera Eleonora della Forza , ammazzata da un fratello ,di quelli che per follia pensano di riscattare l’onore di casa pugnalando la sorella . 

Faccio  solo un piccolo passo nella memoria e arrivo  alla povera Maria del Woizzeck ,povero corpo abbandonato al proscenio mentre il bambino inconsapevole seguita a giocare sul suo cavallino. 

Ho il sospetto che nella psicologia maschile ci sia una sorta di diritto ancestrale sul corpo delle donne e se poi non muoiono morte ammazzate ci pensa la tisi a punirle a dovere : da Violetta a Mimi, tanto per non fare nomi.

Solo le cattivissime eroine di Strauss sembrano salvarsi , ma sono percorsi che riportano al mito e  qui il discorso si allargherebbe troppo per una piccola nota giornaliera.

Per chiudere : non è una Tosca che ci riscatta tutte ( anche perché alla fine resta fregata anche lei ) , non è neanche la società intesa come protezione istituzionale a salvarci . E’ un cambio di passo nella testa degli uomini  , anche di quelli che non hanno mai visto un’opera ma si sentono padroni di quelle donne che considerano proprietà personale . E’ nelle loro teste  il problema culturale di fondo che può farci vittime predestinate. 

seconda visione

Forse in traduzione non si coglieva il in senso del titolo del mio primo pezzo .

Era l’ironica provocazione di chi ha scoperto l’Aida di Verdi ascoltandola in concerto ( e che concerto!) sotto la bacchetta di Pappano a Roma  con  l’incanto che si è ripetuto con Mariotti   a Napoli, l’estate scorsa.

In realtà le preziosità musicali della grande opera della maturità verdiana è stata sempre e comunque penalizzata dal problema delle musiche di scene , necessarie per la cultura musicale in cui vennero alla luce e per l’intento direi pubblicitario dell’evento epocale per il quale fu commissionata.

L’apertura del Canale di Suez fu opera ciclopica per l’epoca e segnò un grande cambiamento nel mondo dei commerci e non solo.

La prima di Aida al teatro dell’Opera del Cairo  fu l’evento  che ne divenne una sorta di coronamento culturale .

Direi quindi apprezabile l’idea di trasferirne la messinscena all’epoca della sua creazione , del resto questa è una sollecitazione abbastanza rituale con le regie di oggi.

In questo caso però la regia resta intimamente sbagliata e infelice nel risultato globale  e di questo ne ho già scritto.

Ma la grande musica verdiana rinnova la voglia dell’ascolto e così confesso che già il giorno dopo della prima dato che l’opera era visibile in vari canali me la sono risentita ( e rivista tutta) tanto da coglierne alcune piccole novità di ascolto , alcune anche divertenti come un toi toi chiarissimo durante il primo atto sfuggito chiaramente da qualche microfono aperto dietro le quinte e le due defaillance canore del coté femminile del cast.

Quello che invece si è impreziosito all’ascolto /visione della “seconda volta”

è la conferma della perfetta interpretazione musicale sia di Kaufmann che di Tezier.

Il secondo e il terzo atto prendono il soppravvento suille critiche , le grandi arie fanno dimenticare le stupidaggini e addirittura senza fare più caso alle marionette ( in questo aiuta la regia televisiva ) ci si sofferma maggiormente sulla grande qualità delle voci.

Il Radames di Kaufmann va ben oltre del diminuendo Del trono vicino al sol , la sua ira nella grande aria con Amneris e la dolcezza della Fatal pietra ne fanno come al solito una punta di diamante della sua capacità tanto cara a Verdi del “recitar cantando.”

Gli viene dietro un Amonasro a tutto tondo , addirittura capace di integrarsi con i mimi che lo precedono , parte breve ma di grande spessore.

Faticosa la prova della Radvanovsky, a lei l’ingrato compito di duettare con un  doppio che finisce per avere il sopravvento nel finale commovente quando Aida di pietra muore tra le braccia di un tenero Radames  (, ma quanto è bravo lui! )

L’Amneris della Dudnikova sicuramente ben dotata vocalmente non centra il personaggio o forse non ci prova nemmeno , la sua è una prova di routine ben aldisotto del trio di eccellenza del cartellone.

A questo punto si rimpiange , cosa che non avevo pensato durante la prima visione in streaming , non poterla vedere davvero a teatro .

A questo proposito ricordo il ben diverso impatto che ebbe l’Otello di Monaco , visto prima in tv , quando nel tempo che fu potei davvero vederlo dal vivo.

Inutile dire che la televisione è un surrogato , per quanto piacevole e mi ritornano sempre in mente le parole tante volte da me citato ,di Patrice Chereau ,che l’opera lirica è uno spettacolo frontale e come tale va visto e valutato.

Ridateci gli elefanti !

Se all’Opera di Parigi avessero studiato meno sui nefasti del Colonialismo e sui riflessi negativi che il medesimo ha provocato sul melodramma italiano dell’Ottocento forse avrebbero risparmato qualcosa e se non si fossero rivolti ad una belga ( ah! le barzellette francesi sui belgi!) i risultati ridicoli dell’Aida avrebbero potuto essere più contenuti .

Questo invece è uno spettacolo non soltanto ridicolo : è brutto e anche incongruo con una prima parte che vorrebbe essere ironica e una seconda nella quale la grande musica verdiana comunque riprende il sopravvento su tutte le scempiaggini e se si riesce ad ascoltare  a occhi chiusi forse qualcosa si recupera.

D’altronde anche Kaufmann in una intervista radiofonica lo aveva detto : terzo e quarto atto siamo dalle parti del Don Carlo , del grande Verdi della maturità e Michele Mariotti è quel cesellatore di suoni che noi ben conosciamo , sicuramente l’unico motivo per non gettare nel dimenticatoio questa pagliacciata francese dove di ironico non c’è nulla semmai soltanto una venatura di sciovinismo nei confronti della grande opera italiana.

tableaux vinants dei quadroni pompiers del Louvre , quelli che quando ci passi davanti lo fai solo  per raggiungere le altre sale  e l’unica occhiata  la riservi al Napoleone di David e alla Zattera della Medusa di Gericaux qui sono usati per superare in maniera alternativa le paginone trionfali e le danze con i negretti . Il risultato  è irritante e sconclusionato .

Viene da urlare: ridateci gli elefanti e i flabelli areniani , perlomeni i ragazzini trascinati ob torto collo all’Arena di Verona quelli se li ricorderanno e magari ci capiranno un po’ di più di questo ignobile pastiche intellettualeggiante.

Poi ti viene il sospetto che Kaufmann costretto all’ignobile prova ( quattro figli da mantenere ,più villa con giardino ) decida di prendere in giro chi vuole prendere in giro e ci fa uno sberleffo del suo sopra e non è la sua unica bravata perché poi si vendica e riesce anche a flirtare con la burattina bucherellata e trascinata da ben tre animatori di cui una in ginocchioni col parastinchi e una Aidina vera , bella nera sotto la nera mascherina . Unica nota esotica ok vvb apprezzabile.

Ma vengo all’errore macroscopico della regia , questo proprio sul piano della più banale drammaturgia . Come si fa dopo una prima parte ironicamente  indirizzata allla messa in ridicolo dell’opera ad arrivare senza che lo scarto sia troppo vistoso alla seconda parte , quella decisamente drammatica ? 

Qui casca l’asino e mi dimostra che la scema belga aveva troppe idee confuse in testa per riuscire a cavarci le gambe.

Infatti risulta scollatissima e banale la grande aria di Amneris /Radames (Anitona mia dove sei?) dove resta solo una sedia a fare da comprimario drammatico alla splendida musica per poi precipitare sulla “Fatal pietra” , affollata come in un assembramento pericoloso causa Covid e finalmente si recupera lo Jonas desnudo al piè, comme d’usage

Delle voci che dire : La Radvanovsky urla tanto e poi ha letteralmente buchi nei pianissimi e lo sappiamo che la parte è impervia per le soprano , la Dudnikova è abbastanza ventriloqua  con qualche problema di dizione , Tezier è troppo occupato a scansare i burattinai , fa la sua parte onorevolmente , tanto dura poco.

Il resto del cast di media levatura , Re , Sacerdote , sacerdotessa , messaggero certo non brillano di luce propria . l’unico encomio lo lasciarei a Jean Luis Basso grandissimo direttore del coro che ancora rimpiango a Firenze  , millenni fa.

I burattinai li manderei a ripetizione da Cuticchio in Sicilia a ripassare l’antica arte della Scuola dei Pupi , anzi meglio di no perché questi doppi o tripli personaggi hanno talmente stufato che vanno eliminati per sempre come i doppi bambini , i cappottoni e i nazisti che hanno infestato le opere per buona metà del secolo scorso.

In conclusione verrebbe da dire che si tratta del tentativo di ditruggere un capolavoro assoluto e che il Melomane Medio di mattioliana memoria ha tutte le ragioni per odiare le innovazioni registiche se queste poi risultano queste gigantesche boiate “fantozziane”.

Nel silenzio

Con il consuieto garbo la brava amministratrice di un sito dedicato a Jonas Kaufmann chiede a coloro che postano pubblicità di magliette varie di esimersi da metterle sul sito così gelosamente costudito ricevendo immediato plauso da persone che  condividono l’impostazione rigorosamente musicale del sito medesimo.

Già la bravissima custode era intervenuta per raccomandare di non mettere tutte quelle figurine , immaginette e varie amenità che appesantiscono la pagina senza in cambio un vero pensiero e una vera ragione di essere.

Quel suo appello gentile , nel quale coinvolge anche la sottoscritta autrice di qualche piccolo libro attinente alla finalità del sito, mi ha fatto ritornare indietro nella memoria .

Il mio quarto libro ho fatto appena in tempo a metterlo tra le mani di Jonas in Via Filodrammatici a Milano , il 22 ottobre scorso e lui stupito mi ha detto : ne hai fatto un altro ?

L’ho tranquillizzato , era solo una seconda tiratura , appena ampliata dell’ultimo scritto che però conteneva ( e mi era sembrato divertente ) una foto con i nostri volti coperti dalle mascherine  fatto a Napoli in quello che adesso mi sembra un tempo tanto lontano da sembrarmi un secolo!

Giacciono in uno scatolone nell’armadio tutte quelle nuove copie che in teoria avrei voluto vendere ( o regalare a seconda dei casi ) alle tante persone che incontravo nei teatri in giro per l’Europa .

Stanno tristemente tutte lì, meno un piccolissimo numero che avevo in borsa la sera dell’ultimo e bellissimo concerto alla Scala e che ero riuscita a dare ad alcune care amiche.

Non è certo una questione economica che mi mette tristezza , certi  libri si scrivono più per amore che per lucro, ma il fatto che siano lì a impolverarsi significa solo che in realtà non abbiamo più la possibilità d’incontro in quei luoghi magici che si chiamano teatri.

Domani saremo tutti davanti alla televisione , l’opera la vedremo ciascuno nella propria solitudine , non sarà quella magica emozione che si prova nella condivisione emotiva e insieme a noi anche i cantanti resteranno privi di quel momento catartico che si scioglie nell’applauso liberatorio della tensione.

Per quanto tempo ancora vivremo come monadi nel silenzio urlante dei nostri paesi blindati ?

Credo che il quadro che più ci rappresenta in questo momento sia il grido muto di Munch, per questo lo metto a commento di questa pagina triste.

La mimosa nel vento

Verso la metà di gennaio avevo visto con preoccupazione il mio alberello di mimosa cominciare ad aprire i sui batuffoli gialli , troppo presto avevo pensato e l’avevo anche fotografata su Fb.

Poi lei ha seguitato a gemmare e siamo arrivati al weekend di San Valentino con l’arrivo del Burian, il vento gelido dal Nord , che da noi si chiama bora e si porta dentro il gelido soffio siberiano attraverso la porta dei Balcani  e che da Trieste ad Ancona arriva  dritto dritto a casa mia.

La povera mimosa per tre giorni , strapazzata e sconvolta ha ondeggiato stravolta con i suoi bei pampini gialli indifesi .

Non ce la facevo neppure a guardarla ,  per un giorno non ho neppure aperta la persiana , ho tenuto chiusa la finestra.

Stamani è ancora freddo ma il vento è calato e con grande gioia aprendo la persiana ho visto  la mimosa se ne sta ancora  lì diritta e in tutto il suo splendore . Si è rialzata e sembra sorridere al ricordo della tre giorni di pena  appena passati.

Mi è sembrato ben chiaro il perché questa pianta è l’omaggio che si fa alle donne , nel giorno dell’omaggio gentile alla forza femminile l’otto marzo.

Fuori di retorica , per indole , ho sempre pensato che quel rametto fosse un ben piccolo gesto a fronte di tutte le offese che l’altra metà del cielo ci riserva,un piccolo affare commerciale come tutti quelli inventati da questa civiltà dei consumi.

Ma guardando stamani questo mio albero orgoglioso mi sono ricreduta , la mimosa ci rappresenta bene ,davvero .

E’ anche vero che è molto fragile una volta staccata dal ramo , a casa insecchisce presto , i suoi batuffoli si restringono e il colore si spenge e il profumo si perde .

Forse ci serve la forza di restare sempre attaccate alle radici , potrebbe essere questo il segreto della forza delle donne.

una emozione ritrovata

E’ sera tardi e il sonno tarda a venire : ascolto su Classica il preludio della Forza diretto da Baremboim con  la Divan Orchestra .

Da anni non guardo più l’edizione del 2013 , l’ho vista tante volte anche dal vivo e non avevo avuto più occasione di rivederla , tanto ne avevo scritto e parlato a suo tempo tanto che è poi è rimasta tra le cose preziose , come un vecchio libro .

Il sonno tarda ancora  e allora grazie anche alla sollecitazione che mi ha procurato questo breve ascolto apro il mio magico archivio e e rivivo una delle vere grandi emozioni provate a teatro e di cui non ricordavo neppure  tutta la  portata.

Ci sono alcuni momenti : i due grandi duetti Kaufmann- Tezier del terzo atto che sono avvincenti come un western di buona fattura e poi il duello finale con quel famoso salto sul tavolo di un Kaufmann magrissimo e che finisce “a tempo!” con la scivolata e il coltello sul collo di Tezier! incredibile: avendolo visto dal vivo perlomeno tre volte lo ricordo con precisione , il rivederlo mi ha emozionato di nuovo.

Devo dire che non nacque con quella messinscena il mio culto kaufmanniano , da anni già lo seguivo e avevo già visto quei due Don Carlo tanto differenti che poi furono anche all’origine della mia collaborazione su un blog di un amico dal quale poi nacque questo mio blog personale ,ma quell’indiano sotto il tavolo , quel soldato magrissimo e tormentato , a rivederlo così dopo tanti anni mi ha fatto capire il perché dell’enorme successo di quel grande attore , che per una strana combinazione astrale è anche un grande cantante.

Alle tante fans arrivate più tardi , a chi lo ha scoperto magari per caso ascoltando la radio ed è rimasto colpito da quella voce unica e particolare suggerisco di andarsi a ricercare questa preziosa messinscena , oltetutto molto stimolante e piena di trovate registiche intelligenti .

A proposito del De reditu

Molti anni fa con il Centro teatrale che dirigevo misi in scena un testo classico che non era in realtà scritto per la scena ma era tanto interessante da essere stato comunque di ispirazione per varie forme sceniche compreso un film poco visto , ma molto interessante.

Era il De Reditu suo di Claudio Rutilio Namaziano , un poemetto incompiuto tardo latino e mio marito lo teneva sul comodino perché tra le tante immagini che poteva ispirare era anche la storia di una navigazione , quasi un diario di bordo incompiuto che non poteva non piacere ad un marinaio abituato alla lenta navigazione a vela.

Lo spettacolo che ne venne fuori fu un raro esempio di collaborazione felice con i ragazzi che ne fecero parte e resta ancora uno dei ricordi più belli della mia attività di un tempo.

Ma ieri un ricordo particolare me lo ha riportato fortemente alla memoria.

Durante i momenti vuoti delle prove , noiose incombenze pratiche anche perché eravamo fuori sede ( nell’aula magna dell’Università) chiesi ai ragazzi di scrivere qualcosa di personale che avesse a che vedere con quello che stavano rappresentando.

Raccolsi poi gli elaborati , molti scritti su fogli di quaderno , altri addirittura su carte raccattate qua e la per l’occasione e mi misi a sfogliarli con poca attenzione.

Un racconto più lungo , scritto con cura , mi colpì stranamente .

Lo aveva scritto una ragazza dal cognome strano che ogni volta correggeva a chi ne sbagliava l’accento , come se quella accentazione contenesse anche una forte dose di identità diversa.

Cominciava con il racconto della madre in camicia da notte , una casa sottosopra , le valigie fatte in fretta , la fuga notturna , la nave , l’esilio.

Era la drammatica testimonianza di una bambina , profuga istriana che mai ci aveva raccontato la sua origine .

La sua affinità con la fuga di Rutilio , la fine di una identità paragonata alla fine di un impero , tutto questo veniva fuori da quel raccontino drammatico scritto su un foglio strappato da un quaderno mi è tornato in mente adesso , nel giorno in cui si ricorda l’esodo degli italiani d’Istria .

Arrivarono ad Ancona su una nave che si chiamava Toscana e non furono bene accolti , appartenevano ad un mondo diverso da quell’Italia che si era liberata dal fascismo e loro in grandissima parte erano nostalgici di un’Italia che li aveva protetti dalla violenza jugoslava.

La studentessa del Liceo di Ancona dal cognome diversamente accentato adesso è una mamma serena che incontro sui social , ma il ricordo di quel piccolo capolavoro che fu il suo scritto lo tengo tra le cose preziose di una esperienza lontana che mi fece conoscere in un modo  più intimo la realtà di tanti giovani che avevano condiviso con me la particolare esperienza del teatro , proprio di quel teatro che tanto mi manca nel momento in cui tutte le scene hanno il sipario abbassato.