L’understatement

Seguo distrattamente il notiziario televisivo mentre faccio un solitario sul tablet.

Ad un tratto mi colpisce una notiziola : nell’ultimo giorno di libertà per i negozi prima della chiusura in zona rossa a Milano si è verificato un picco nelle vendite di pigiami e tute sportive.

Allora mi sono immaginata tutta una popolazione sciatta , di individui senza sesso che non si vestono in maniera civile durante il giorno , che si abbandonano al casual più sbracato , alla pigrizia estrema nel non vestirsi in maniera congrua.

L’abito che non fa il monaco , il non abito che rinnega la forma , la pericolosa china del “ è più pratico” , tanto che mi vesto a fare “ diventa l’anticamera del pensiero sospeso , il grigiore uniformante di una società indifferenziata.

Sarà che ho sempre aborrito , anche nei lontani tempi normali , la famigliola in tuta verso i luoghi di vacanza, io che avevo un compagno che quando si metteva comodo era col classico blazer blu che si accingeva al viaggio.

Me l’aveva attaccata questa idiosincrasia per lo sciatto-comodo e io che in fondo una certa vena di proletarissimo undestatement ce l’avevo , mi ero piano  piano adeguata alle sue elitarie considerazioni sul modo di vestirsi , ovunque e comunque.

Mi rendo conto che è un discorso d’antan , che in tempi di pandemia si deve comunque essere contenti che qualche cosa i negozi l’hanno venduta , ma alzando gli occhi dal solitario non ho potuto fare a meno di immaginarmi  davanti agli occhi un popolo sdraiato sul divano , in informi tute slabbrate , in attesa di riprendere a pensare correttamente .

Non è detto che in ultima analisi la forma non diventi anche sostanza.

Lamentazione

Resta poca da raccontare quando la vita si restringe in ogni residua attività per le persone come me , tanto abituate a viaggiare.

Lo si vede dai social , molte “ care memorie” di viaggi più o meno lontani , molti streaming e nei siti dedicati al famoso dedicatario si rispolverano sempre di più le immagini patetiche dei primi passi in scena.

Poi se non bastasse l’angoscia dei numeri della pandemia ci si sono messe anche le elezioni americane “telenovela non stop” a mantenere lo stato di precarietà e di angoscia che serpeggia nella testa anche dei più stabili mentalmente.

Il problema riguarda soprattutto la notte , sempre più lunga anche perché la tendenza di andare a letto con le galline è molto diffusa quando non si sa proprio dove potere andare.

Figli e nipoti ci proteggono , traduzione benevola del fatto di lasciarci soli , sempre più soli per evitare di contagiarci .

In realtà , perlomeno a me fa l’effetto di una morte civile prematura , anche se non è giusto lamentarsi della dorata solitudine che perlomeno  nel mio caso è compresa di vista mare con giardino.

Durante la primavera tutto questo mi era pesato meno , questo secondo round del virus mi sembra  molto più duro da digerire  , ci sono sempre più notizie che ci riguardano da vicino  tipo battaglia navale : c’è sempre qualcuno in quarantena più o meno volontaria , qualcuno che sta male , qualcuno che dovrebbe curarsi i mali veri e che resta indietro nelle terapie .

Il segno più preoccupante del mio stato mentale è che non mi interessano più neanche gli streaming degli spettacoli che qualche generoso teatro mette in rete . Ormai mi fanno l’effetto della minestra riscaldata .

Il bel libro che sto faticosamente leggendo per fortuna è grossissimo , devo la segnalazione ad una cara amica israeliana , magari ne parlerò quando lo avrò finito.

Ma dalla lettura ritorno sempre alla diabolica tv, l’unica droga che mi aiuta , soprattutto la notte sempre più lunga.

Per oggi chiudo qui , alla prossima puntata , sperando che nel frattempo perlomeno Biden ce l’abbia fatta .

Conteggi

Quando stamattina  quando , cercando di non farlo troppo presto , ho acceso la tv nella speranza di sapere se era finita la telenovela dell’elezione del presidente degli Stati Uniti ho constatato che ancora c’era da aspettare , e neanche poco , per sapere il risultato definitivo che comunque sarà ampliamente contestato da Trump che ha già annuncito fuoco e fiamme , ricorsi a raffica e tutto l’ambaradan legale possibile da mettere in atto per accettare una già probabile sconfitta.

A questo punto mi sono tornate in mente le immagini di un film , rivisto anche recentemente : AI di Spielberg nel quale un ispirato Tom Cruise con degli strani guantini con le luci sulle dita muoveva schermi trasparenti, conteggiava dati ed immagini e sembrava farci vedere un futuro a portata di mano.

Poi stamani vedo le immagini delle palestre , delle sale di riunione delle poste americane dover centinaia di persone guardano una a una delle schede di carta . con precisione e lentezza e questo è quanto la supertecnologica America riesce a produrre in tema di voto elettorale ancora oggi.

Nel paese della Silicon Valley , nel paese che per primo ci ha permesso di intecconnetterci tutti , da parlarci con i telefonini , di mandarci messaggi attraverso i continenti , in questo nostro mondo di superconnessioni veloci in cui i bambini giocano  sulle tastiere come cosmonauti, il sistema elettorale degli Stati Uniti è ancora alla fase della diligenza del vecchio West.

Qualcuno mi dovrebbe spiegare se questo tipo di conteggi sia garanzia di sicurezza democratica o se invece anche laddove noi pensiamo che sia tutto più avanti che non nella vecchia Europa ci siano ancora delle inquietanti sacche di arretratezza burocratica.

Quando con sufficenza durante lo spoglio delle elezioni regionali  recentemente un commentatore italiano diceva che purtroppo certi dati del Sud Italia sarebbero arrivati in ritardo  io fare una proposta diversa.

 Proporrei di mandare i nostri scrutatori siciliani o calabresi a dare qualche lezione agli scrutatori americani persi tra i loro schedari ancora tutti rigorosamente cartacei.

Vienna nel cuore

Ci risiamo : era cominciato a Parigi , la sera del Bataclan.Ero a Londra al , solito per un’opera e mentre ero ancora in albergo su Facebook mio nipote da Parigi mi diceva di stare bene .Sul principio non riuscivo a capire il senso di quell’informazione , poi via via tutti i miei amici parigini mi dicevano la stessa cosa e allora ho acceso la tv :l’orrore , i morti , l’assurdo di un terrorismo che speravo di non vedere più in Europa.

Poi ormai ci ho fatto l’abitudine , ogni tanto i miei amici  : a Berlino , a Bruxelles , a Londra mi mandano notizie , ma da quando viviamo con la spada di Damocle del Covid mi sembrava che non ci fosse più posto per altre disgrazie e invece mi sbagliavo di grosso:
adesso Vienna : la mia adorata Vienna . La città musicale tanto amata , la città nella quale ogni volta che ci vado riconosco i segni della grande cultura europea che la pervade.

Die welt von gestren , il mondo di ieri di Stefan Sweig . Invece no , stamani gli amici mi hanno cominciato a raccontare di essere rintanati in casa e addirittura chi era all’Opera ha dovuto restarci chiuso per ore prima di essere rimandato a casa e questo è il racconto di una cara amica che tristemente mi parla anche di un appello televisivo del Cardinale di Vienna che raccomanda di essere pazienti e non rispondere all’odio con l’odio.

La mia amica Gabriele mi saluta “ da una triste città” che faccio fatica a riconoscere nelle immagini di sangue che ci trasmette la televisione.

Stasera è annunciato uno streaming dell’Onegin dall’Opera di Vienna , chissà se lo faranno.

Non è finita , pare ieri quando i turchi arrivarono alle porte di Vienna , la storia ciclicamente si ripete e ci conferma che gli inarrestabili conflitti di religione , intrecciati come sono con le forze oscure dell’economia troveranno sempre le braccia fanatiche pronte a inondare di sangue le strade della nostra vecchia Europa.

Il mio nome è Robin

Come molti della mia generazione avevo cominciato a conoscere James Bond leggendo i libri di Jan Fleming . Ricordo che li compravo dal giornalaio a Numana via via che uscivano durante le estati al mare.

Poi vennero i film e quel bellissimo Bond , “il nome è Bond” interpretato da un bellone bruno che piacque molto alle donne in quegli anni sessanta della mia gioventù.

Non era il mio tipo , troppa brillantina e troppo sopracciglio alzato , anche se era un gran figo e lessi poi che  era anche stato finalista ad un concorso per Mister Universo.

Poi gli anni passarono e molto intelligentemente Sean Connery lasciò in altre vesti lo stereotipato agente per diventare quel grande attore che è stato nella sua lunghissima carriera.

Allora comnciai davvero ad amarlo : la sua ironia , il suo fascino mi si rivelarono nei tanti bellissimi film della sua maturità e ieri sera , con una strana botta d’intelligenza su RAI tre è passato il mio film preferito fra i tanti che meritano di essere ricordati della sua filmografia.

Robin e Marian , un curioso piccolo film di Richard Lester del 1976. Robin Hood e la bella Marian sono già invecchiati e lei è diventata la  Madre badessa di un convento.

Lui ancora spaccone e spavaldo , lei molto più distaccata e serena.

Si reincontrato come una vecchia coppia , con umorismo Lester racconta gli acciacchi dell’età , la pazienza e la saggezza di una deliziosa Haudrey Hepburn ( credo sia stato il suo ultimo film) , la romanticissima fine con una  freccia lanciata simbolicamente verso il cielo.

Un gioiello passato in sordina a suo tempo sugli schermi, ieri sera rivedendolo in questo mio esilio volontario ho in un certo modo onorato la memoria di un altro pezzo di Novecento che se ne va.

Nessuno è IMMUNI

Il senso civico mi aveva spinto a scaricare l’app IMMUNI  e poi ho scoperto la totale inutilità del mio gesto.

Comincirei così: la storia mia è breve….

Un certo giorno , verso le cinque del pomeriggio mentre stavo ascoltando musica dal mio I Phone mi è apparso un sinistro triangolo rosso sullo schermo :Rilevata esposizione a rischio con una persona Covid 19 positiva.

Seguono istruzioni.

Ovviamente chiusura totale del cervello , poi piano piano ho cominciato a capire meglio e aldilà delle banali raccomandazioni di chiudermi in una stanza isolata , di arieggiare la medesima , di misurarmi la febbre più volte al giorno , avvertire il medico, mettermi in isolamento per dieci giorni  (oppure quattrordici)  ,  eccetera eccetera ho cominciato a capire che l’incontro si riferiva a ben 5 giorni prima…e che se non avevo sintomi ero già a metà del percorso di quarantena.

Ovviamente il medico di base con il solito What’s up mi ha detto la stessa cosa e con questo si è chiuso ogni collegamento .

Garbatamente IMMUNI mi diceva poi che non sapendo se l’incontro era avvenuto di spalle (!) e se ambedue avevamo la mascherina l’allarme poteva essere sovradimensionato.

Evviva!  Ormai mollati gli ormeggi per praticare una qualsiasi forma di tracciamento non mi ha proprio contattato nessuno , la pandemia avanza per me come per qualsiasi altro cittadino meno dotato di sofisticate armi di avvistamento.

A parte che ho passato una prima notte d’inferno , vivendo soli si scaricano meno le tensioni , nella quale mi sono vista già pronata in una terapia intersiva non meglio identificata , senza avere lasciato nessun segnale alla mia seppur lontana numerosa prole e abbondanti nipoti , per il resto la famosa App proprio non serve a nulla.-

Meglio hanno fatto coloro che cinicamente non l’hanno scaricata  e che io guardavo con riprovazione.

Ho letto che nella da me ammiratissima Germania dove l’hanno scaricata bel venti milioni di persone , essendo loro ottanta milioni di cittadini, il risultato di inutilità è lo stesso e ben lo sa la mitica Merkel.

Non ho mai avuta la febbre , poi una gentilissima dottoressa che mi è vicina in  famiglia ha trovato un po’ del suo preziosissimo tempo per tranquillizzarmi del tutto e oggi racconto la mia avventura leggermente sollevata anche se uno dei miei figli mi ha detto : mamma fai la spesa abbondante perché in settimana si richiude tutto.

Avevo chiuso in bellezza la mia vita musicale e ora vedo un futuro molto grigio e nebbioso davanti a me , ma per favore non seguitate a dire che per difenderci dovrebbero rinchiudere gli over 70 , è una pia illusione , il virus si beffa delle App, ma si diverte di più a beffare gli imbecilli che seguitano a girare negando la pericolosità reale che può colpire tutti , ma proprio tutti quelli che si aggirano ancora senza le prudenziali difese di base.

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Piccole differenze

Una mattinata di sole , risalgo il Corso della mia tranquilla città di provincia e osservo le persone che incontro con lo sguardo indagatore per controllare che tutti indossino la mascherina in maniera regolamentare .

Per la verità ormai la portano quasi tutti correttamente , anche se spesso poi se l’abbassano per fumare , per rispondere al telefono e si scordano di riportarla subito in posizione corretta .

Mentre con lo sguardo indagatore controllo e spero che l’obbedienza alla norma banale sia osservata da tutti vedo venirmi incontro un terzetto di giovani donne nerovestite mussulmane .

Hanno tutt’e tre la mascherina chirurgica , parlano e sorridono , disinvolte dietro il loro velo , o perlomeno quello che è l’equivalente dello stesso.

Capisco la loro naturalezza a nascondere il viso e mi viene da sorridere : mi sembra quasi che questo ribaltamento di costume ci venga a ricordare quanto ormai si siano omologate le differenze rispetto anche alle norme.

Non la vedo assolutamente come una rivincita dell’Islam , lungi da me pensarlo . Probabiilmente quelle tre giovani donne sono ancora molto discriminate in casa , i loro uomini sono ancora molto più padroni dei loro corpi di quanto lo siano gli uomini occidentali , salvo forse che ad alcuni dei nostri connazionali piacerebbe e molto che questa sudditanza fosse ancora valida dalle nostre parti!

Quello che mi piace pensare è invece che loro sono naturalmente abituate a coprire il viso , mentre noi ci soffriamo molto a farlo.

Forse alla base dell’obbedienza allla mascherina  si deve anche il  diverso controllo che con  questa regola sia stato più facile combattere  il virus in Oriente , soprattutto in base a quello che abbiamo visto in Sud Corea ed anche in Cina.

Il mondo è diventato tanto più piccolo e il dilagare allucinante della pandemia ce lo conferma , siamo davvero tutti nella stessa barca solo che le tre ragazze nerovestite islamiche mi sono sembrate più naturali dietro il loro velo delle mie impacciate connazionali italiane.

Dilettanti allo sbaraglio

Ho fatto politica per molti anni , le idee abbastanza chiare e un cuore che batte a sinistra , senza tentennamenti.

Mi piacciono le rose, meglio se rosse , i cani perché ci danno tanto e i gatti che ci danno poco , ma sono bellissimi.

Informata quanto basta dalla accurata lettura di almeno due  quotidiani al giorno posso solo raccontare il mio sconforto nel vedere il livello di prressapochismo e mancanza di obbiettivi seri in cui è precipitata la classe politica che ci governa.

Un presidente del consiglio per caso , messo lì da una specie di non-partito ormai in crisi irreversibile , probabilmente un brav’uomo che avrebbe fatto meglio a restare in un buon studio legale a Firenze , come molti meridionali in cerca di affermazioni  ( Bonafede è un suo omologo).

Una ministra dei trasporti che oltre ad averne l’aspetto si è dimostrata quello che è : una efficiente segretaria arrampicata sui suoi tacchi troppo alti per l’incarico.

Un pallido e rigoroso giovane di sinistra , seriamente attento ai consigli degli esperti ( ma sono troppo e in contrasto tra loro)  che mi sembra il migliore in campo e poi si chiama speranza , il che volendo ( in prospettiva ) aiuta.

Uno che si occupa di sport ,ma per sua stessa ammissione ne capisce poco , uno che ha scritto un paio di libri , ambizioni letterarie di ogni italiano medio e che fa il ministro della cultura ma non pare di averlo mai visto ai concerti o all’ìOpera ( salvo quando istituzionalmente richiesto) .

Una prof di lettere con troppo rossetto che è inciampata su molte stupidaggini , dai banchi a rotelle alla DAD ,che sicuramente non ha mai praticato .

Insomma tutta una serie di persone  che avrebbero fatto meglio e più degnamente i loro dignitosi mestieri in ambiti meno impegnativi e ce li ritroviamo a gestire un paese preda della più tragica pandemia degli ultimi due secoli , con una crisi economica lacerante , un orizzonte pieno di incognite e di paure .

Come fa un paese , tutto sommato ancora saggio e democratico a non avere paura di una destra cialtrona e reazionaria che aspetta solo di godere una rivincita che ci porterà verso il vero naufragio nazionale?
C’è da sperare solo che siano davvero quei cialtroni che sono e che addirittura non riescano neppure ad afferrare una vittoria che stiamo loro porgendo su un piatto d’argento.

Speriamo davvero nell’immunità di gregge che però a mio avviso dovrebbe essere selettiva : risparmiamo i vecchi che hanno conosciuto il sapere e salviamo i giovanissimi che tutto sapranno e saranno preparati ad un domani migliore .

Quella che dovrebbe sparire è la generazione cresciuta a veline e milano da bere : l’era berlusconiana che ha fatto pù danni delle cavallette d’Egitto.

La cugina ritrovata

Milano , un giorno di pioggia autunnale , la visita doverosa e desiderata al cimitero per omaggiare l’ultima volta un grande tenore del secolo scorso che se ne è andato durante il triste periodo della quarantena totale nella scorsa primavera .

Centenario e lucidissimo mi aveva regalato preziosi ricordi e testimonianze importanti del mondo della lirica del 900.

Aveva cantato dappertutto nel mondo , messo in ombra dal terzetto magico di tenori DiStefano-DelMonaco-Correlli amava dire bonariamente : però li ho sostutuiti tutti e tre.

Era mio cugino e apparteneva al ramo musicale della mia famiglia : sua figlia Savina mi accoglie generosamente nella sua casa e mi mostra i tesori preziosi conservati amorevolmente . Mi invita anche a prenderne qualcuno . con devozione scelgo un paio di spartiti consumati dal tempo e pieni di sottolineature preziose.

Porto via con me il Gianni Schicchi e un Requiem di Verdi con due Ingemisco in più tra le pagine consumate dall’uso.

Mi invita anche a scegliere tra le tante foto , centinaia , raccolte alla rinfusa . Sono la rappresentazione di un modo lontano di mettere in scena l’opera , ne prendo tre , me ne promette altre , ma mi sento un po’ una ladra nel rubare queste preziose testimonianze .

E’ strano come la parentela , ormai lontana se guardiamo l’anagrafe diventi ben poca cosa davanti al fatto di essere così fortemente in comunione di memorie e di affetti.

Ci conosciamo fisicamente da poco ma è come se stessimo insieme da sempre . 

La pandemia , prima o poi finirà. Spero di essere ancora in forze per tornare a Milano per riprendere la nostra conversazione interrotta . 

La vita regala ancora gioie , anche quando si è al tramonto , grazie cugina ritrovata.

PS. il Don Carlo al Teatro Real di Madrid

L’ultimo spettacolo

Può sembrare strano cominciare un post su un concerto di arie operistiche partendo da un ricordo cinematografico lontano nel tempo.

Era il 1971 e usciva un film bellissimo intitolato L’ultimo spettacolo . Raccontava  una storia semplice : in una cittadina del Texas , nell’unico cinema del paese si proietta l’ultimo film prima della chiusura definitiva . Un gruppo di giovani destinati a partire   soldati per la guerra di Corea sono i protagonisti e l’evento segna la fine della loro giovinezza.

Il film di Peter Bodganovich , rigorosamente in bianco e nero vinse molti premi e mi è tornato in mente ieri sera al PalaDozza di Bologna mentre assistevo al concerto di Jonas Kaufmann.

Eravamo tutti lì consapevoli di assistere a qualcosa di bellissimo ma che forse non avremmo potuto più sentire per molto tempo : quella musica dal vivo che incanta i cuori e riempie le nostre anime dei pensieri più belli che possiamo formulare.

“Se mi levi il superfuo allora che campo a fare ?” mi frullava nella testa nella consapevolezza che comunque i miei pensieri erano i pensieri di tutti noi , cantanti , orchestrali , spettatori , tutti accomunati da questo senso tragico del momento che stiamo vivendo in tutta Europa , ma è più corretto dire , in tutto il mondo.

Le cose a Bologna le avevano fatto veramente bene : l’accoglienza trionfale al grande cantante , ahimè privato della partner ideale che si era scelta , quell’Anita Raschvelisvli bloccata dal rigore di una quarantena che ahimè sarebbe finita proprio ieri e che avrebbe avuto un ben diverso impatto nell’alchimia empatica dei duetti in programma, l’orchestra del Comunale in gran spolvero , un ottimo direttore e quel Palazzo sportivo che era stato arrangiato veramente bene per l’occasione , ovviamente con tutti i limiti di un’acustica comunque imperfetta .

Un ottimo programma fatto per far capire ai bolognesi quanto grande sia la qualità del tenore oggi più famoso al mondo , qui presente con un repertorio classicamente popolare, il  suo volto sui tanti manifesti occhieggiavano lungo i viali alberati della bella città emiliana , l’attesa che avrebbe giustificato un pienone ahimè comunque ridotto dalle norme anti-Covid.

Ma da ieri c’era qualcosa di più , si sapeva che era l’ultima sera in cui noi tutti avremmo potuto sentire quella musica , e che musica , dal vivo.

Fino a quando ?  Tristi i popoli che chiudono i teatri , ultimo posto in cui si puù ancora sperare che esista qualcosa di irrinunciabile per il genere umano ,l’afflato spirituale.

Jonas Kaufmann se lo sentiva addosso questo peso e lo vedevi , quando tra un pezzo e l’altro correva nel sotterraneo rimettendosi frettolosamente la mascherina , il passo svelto , lo sguardo , lui sempre tanto compagnone , volutamente fisso in avanti e , devo dire , una volta tanto molto tedesco.

Ci ha dato dentro con l’anima , ha cantato i brani più impegnativi del suo repertorio con vigore , il cuore oltre l’ostacolo , verrebbe da dire .

A scorrere il programma viene da rabbrividire : dal duettone dell’Aida , alla grande aria di Alvaro, al bellissimo “Rachel , quand du Segneur “dalla Juive  con quel “moi “terribile , fino al finale della Carmen , con la sua interpretazione perfetta.

Alla fine , generosi anche i bis , ci ha regalato l’ultima strofa del Du bist die welt für mich in italiano , non lo aveva mai fatto e lo ringrazio : Tu che mi hai preso il cuor è anche una canzone italiana delle nostre mamme , ma questo forse ancora  poteva non saperlo.

Non deve essere un’addio , dobbiamo , vogliamo tutti riabbracciarci presto nel nome della musica , nel nome dell’Arte qualunque sacrificio ci sarà richiesto per ottenerlo. 

Un tempo magico

A Milano piove , una pioggerellina fitta e triste come è triste l ‘animo della gente per le strade meno affollate del solito . Ieri sera alla Scala , vuote le poltrone con quei cartelli tombali bianchi ad indicare le sedute autorizzate , nei palchi , non tutti pieni in verità , solo una persona , spesso in piedi ad ascoltare in devota concentrazione.
Solo il loggione è gremito e applaude calorosamente .

In questa strana atmosfera anche la voce di Jonas sembra entrare anche più fortemente nei cuori .
È entrato svelto e si è messo in tasca la mascherina , è vestito dimessamente , mi viene da pensare alla sua figura elegante in frack impeccabile di qualche anno fa e stasera con un vestito abbastanza spiegazzato , smorto , sembra volerci dare anche un messaggio col corpo modestamente vestito. Ma la voce si spande stupenda e mi canta nel cuore .
Questo Selige Stunde che ho già tanto ascoltato e fatto mio me lo posso godere con la conoscenza ormai totale di quello che ci possono tramettere dei Lieder conosciuti da sempre insieme a delle preziose scoperte che ci ha regalato questo CD così particolare e prezioso
Lo sguardo ironico e paziente di Jonas verso il suo maestro-complice -amico Helmut Deutch quando alla fine di ogni Lied il pubblico interrompeva l‘incanto con l’applauso valeva da solo a commentare la pazienza con la quale il magico duo ci stava regalando tanta dolcezza .
Anche se il mio tedesco è scarsissimo questi versi li capisco perfettamente , ormai me li canto dentro anche per la perfette dizione di Kaufmann che sono in grado di apprezzare davvero.
Insieme a Deutch sempre più complice sornione hanno cambiato la scaletta del disco : con intelligenza , per i non adusi alle raffinatezze liederistiche , infatti ha chiuso con un Habe Dank ! la prima metà provocando un uragano di applausi .
Mi sono accorta che il Lied di Dvorak : Als die alte Mutter… tocca il cuore con più facilità di altre raffinatezze di Hugo Wolf ed è stato interessante capire anche questa sottile differenza di ascolto per chi non è così abituato al particolare canto romantico tedesco.
Per la mia personale scala di gradimento resto affezionata alla beethoveniana Adelaide , quanto Fidelio bisogna cantare per poi riuscire a cantarla così!
Poi ovviamente i grandi must come Mondnacht , Allerseelen , der Jüngling an der Quelle…. come scegliere qualcuna di queste perle senza dimenticarne altre !
Poi nei doverosi bis reclamati con forza dall‘alto del loggione anche due concessioni all‘italiano : il classico Ombra di nube per finire e dirci basta con un Core ingrato che personalmente quasi rischiava di interrompere l‘incanto , ma si sa che sono particolarmente snob in quanto alla liederistic
a

La foto che accompagna il testo è dell‘amica Helga , bravissima come sempre che mi ha autorizzato ad usarla . Io non ho tirato fuori il telefono , avevo paura di interrompere l‘emozione .

sull’altalena

Crescono i numeri dei positivi e di conseguenza dei contagiati dal Coronavirus, cresce anche la paura tra la gente che , specialmente in Italia , si era sentita rassicurata dopo un’estate in cui i numeri erano scesi notevolemnte .

Adesso tutto risale , insieme ai dati anche la paura : si sta attaccati alla televisione in attesa dei nuovi provvedimenti , sempre più restrittivi e sempre più pericolosamente vicini a nuovi lockdown , magari localizzati , ma sempre di chiusure si tratta.

Conciliare la salute e l’economia sembra essere una chimera  , la speranza dell’arrivo di un vaccino a breve altrettanto improbabile , il “che fare” dei politici , in ogni paese europeo oscilla tra la volontà di non esasperare chi lavora e la certezza che comunque il prezzo da pagare sarà ancora altissimo nei prossimi mesi invernali.

Nel mio piccolo e con tutte le mie paure  mi interesso comunque delle vicende musicali di questi giorni ed è stato interessante seguire la storia di una ultima replica scaligera dell’Aida che avrebbe dovuto vedere Jonas Kaufmann addirittura come sostituto di Francesco Meli , rivelatosi positivo.

Tutti frementi , anche chi non pensava di partire all’istante , tanto lo sentiamo stasera , Invece no , l’opera poi non è stata proprio eseguita perché anche qualcun altro in teatro si è rivelato positivo al virus ai successivi controlli.

Al posto dell’opera un concerto e il gentilissimo Kaufmann ancora disponibile , ma ..la RAI ha trasmesso in differita una registrazione di qualche giorno prima , con Meli.

Il concerto se lo sono sentiti i pochi fortunati presenti e chi l’aveva registrato se lo è visto cancellare ( d’ufficio?).

Una vicenda che ha avuto il sapore di una telenovela , tutto sommato anche avvincente se non fosse stato per la beffa finale.

Intanto si va avanti , veramente giorno per giorno con la sensazione che sia del tutto inutile fare i benchè minimi programmi ,anche a breve.

Giorno per giorno , sperando di non svegliarsi con un febbrone e dolori dappertutto.

In fondo a ben pensarci è la naturale condizione umana.