Le ricette della nonna

Visto che tutti parlano della pandemia, visto che i virologi magari in contrasto fra di loro ne parlano , visto che i giornalisti  dai catastrofistici ai minimalisti ne parlano , visto che trovano spazio anche i cretini negazionisti anche la nonna vuol dire la sua e lo fa alla luce di alcune piccolissime esperienze familiari che forse però un certo peso ce l’hanno.

Cominciamo dai bambini : per ogni controllo scolastico abbiamo lo sport , irrinunciabile, del pomeriggio e un paio di feste di compleanno alla settimana.

Allora invece di colpevolizzare la scuola non cominciamo davvero a mettere nella testa dei genitori , prima che nelle regole scritte , questo semplice criterio di selezione dell’irrinunciabile?

Per gli adolescenti vale lo stesso discorso , con un’aggravante in più ,perché loro , i ragazzi , sono in grado di capire anche meglio ciò che sarà utile in futuro nella loro vita e a meno che non si tratti di aspiranti a ragione di atleti olimpionici in pectore tutte le tentazioni extra scolastiche possono tranquillamente essere sospese per un tempo necessario , perché tutto sommato il loro il tempo necessario per vivere ce l’hanno ancora tutto davanti. 

Ma la banale idea di affittare tutti i pulmann che giacciono inutilizzati e che servivano per le gite scolastiche e turistiche per alleggerire la calca sui mezzi pubblici non è venuta a chi avrebbe dovuto prevedere quello che sta succedendo?

Per gli adulti giovani : ma è proprio irrinunciabile l’apericena ? la più orribile delle parole inventate recentemente .Per non parlare del’idiozia di avere riaperto le discoteche , da lì sono ricominciati i veri grossi guai di questa nuova recrudescenza virale.Mi risulta che si campasse lo stesso senza , magari anche prendendo in mano un libro che non mi risulta scotti le mani.

Per i grandi , e la categoria è vasta perché tutti si sentono ancora “ragazzi” e questo credo arrivi tranquillamente ai sessantenni : si muore senza il campionato di calcio ? si muore senza il cenino del sabato col gruppo? si muore senza il calcetto e la palestra ?

Mi pare di no , semmai si muore di Covid se non si rinuncia a tutte queste piacevolezze e se non si muore di Covid si muore perché con le misure che verranno prese si morirà di fame con la perdita di milioni di posti di lavoro.

In quanto a noi vecchietti la ricetta sarebbe : state a casa  o nel peggiore dei casi stare nelle RSA, non ci rompete ,abbiamo cose serie a cui pensare.

Ma guarda un po’ , noi vecchietti siamo quelli che abbiamo poco tempo davanti e stiamo ben attenti a non sciuparlo : siamo quelli con la mascherina sempre sul naso e siamo anche una specie di guardia civil di controllo per le strade , in mancanza di controlli più seri che non ci sono .

Siamo quelli che vorrebbero andare a teatro e come ha giustamente e lapalissianamente detto il Maestro Pappano : a teatro si sta zitti e fermi , si ascolta e non si parla .

Invece no , a noi spetta la punzione più amara , contingentati in tutto : file mostruose per entrare nelle mostre , numeri risicati nei teatri , penalizzati nei trasporti ridotti e le sera …tutti a rincitrullirsi  davanti alla TV.

In attesa del vaccino che forse , ma non sa sa bene quando , arriverà , ma forse per noi ahimè sarà sicuramente troppo tardi.

Rivedere Parsifal

Sono passati otto anni da quando vidi per la prima volta il Parsifal di François Girard dal Metropolitan di New York e rivederlo a distanza è stato ad un tempo bello ma anche un po’ triste.

Non era il primo allestimento del “dranmma sacro” di Wagner che vedevo e non è stato neppure l’ultimo ma quella messincena ha rappresentato uno spartiacque sulla possibile rappresentazione della difficile leggenda wagneriana.

Intanto la prima osservazione è stata quella di rivedere uno spettacolo elegantissimo nella forma e fedelissimo nella sostanza .

Nessun artificio intellettuale : la scansione nei tre atti è rigorosamente scandita formalmente , l’assenza di costumi di scena rende tutto semplice e privo di effetti .

La prima lunghissima parte col grande racconto di Gurnemanz e le due drammatiche apparizioni di Amfortas ( gioco di parole per Infirmitas) si svolge in un terra riarsa , forse già una precognizione di un domani del pianeta inaridito.

C’è solo la spaccatura appena accennata tra gli eletti di Monsalvato e il mondo reale , ma l’acqua scorre ancora limpida nelle mani del narratore.

I cieli , importantissimi e variati , segnano come la musica il passare dei sentimenti narrati .

L’arrivo di Parsifal è un momento di stacco : la morte del cigno , l’innocenza totale dell’intuso , la cacciata : “vai oca stupida “ e quel guardare verso l’abisso che si apre sanguigno segna un passaggio elementare e iconico verso il viaggio di conoscenza nel dolore del Puro folle.

Il secondo atto breve e bellissimo si apre sull’invettiva di Klinstor e l’ordine verso Kundry. Lei deve obbedire all’angelo caduto e portare nella perdizione l’ancora inconsapevole ragazzo.

Visivamente non ha paragoni l’eleganza tutta europea della scenografia : le fanciulle fiore che arrossano la loro bellezza in  quel sangue , mestruo o liquido amniotico in  cui si immergono lentamente , quelle lance moltiplicate nelle loro mani , il loro aspetto orientale e lo sfondo allargato del peccato , quella spaccatura che già esisteva all’inizio e che diventa il passaggio da cui escono un Parsifal ancora stordito e poi , idea raffinata ,quel letto da parto su cui Kundrky tenta fino al bacio rivelatore della ferita di avvolgere nellla perdizione il giovane sperduto Ed ecco la consapevolezza nella conoscenza e nella pietà verso la peccatrice . Sarà facile allora strappare la lancia al colpevole e nel contempo demolire il’illusorio dominio del Male.

Nella terza parte si ritorna nella Landa desolata , ormai persa ogni speranza , come dopo uin’esplosione nucleare :l’arrivo del Parsifal stanco di mille battaglie , ferito nel fisico e invecchiato riporta attraverso la consegna della lancia la luce del perdono e della conoscenza alle genti.

La lancia che sanerà Amfortas e che brillerà nella consegna finale del Graal nelle mani dell’innocente segna il passaggio verso il Perdono dell’Umanità.

Kundry muore perdonata ,i cielii si colorano di nubi dorate  e mi viene da pensare che tra tanti allestimenti questo resta veramente il più bello tra i tanti visti nel tempo.

Vuoi per la compagnia di canto . Kaufmann bellissimo nei suoi anni d’oro , Pape mai così coinvolto come qui nell’ingrato ruolo del narratore e la splendida rivelazione di Peter Mattei , un grandissimo e tragico Amfortas. 

La tristezza mi è venuta pensando a tanti altri Parsifal visti nel tempo : da uno banale di Vienna ( per la verità segnato dalla defezione kaufmaniana che mi fece veramente male ), ad uno per me sbagliato di Tcherniakov visto a Berlino  fino a quello straordinario dal punto di vista musicale di Monaco.

La direzione di Kiril Petrenko forse è il punto più alto della rappresentazione di cui mi rimangono come ricordo pesante le alterate figure delle sfatte donne-fiore di Baseliz e invece in positivo la bella strana armatura finale di Parsifal  .

Ma la Kurdy che ho più amato è Evelin Helitzius , se dovessi scegliere un cast perfetto lei per me resta l’interprete ideale della strana maga wagneriana.

Ci sarebbe anche da parlare dei più o meno recenti Parsifal di Bayereuth e Salisburgo  ma su quelli stendo un velo pietoso. 

10102020

Chissà  se ieri i cosiddetti negazionisti anti-tutto lo sapevano quando si radunavano , non in folle oceaniche  obbiettivamente , per manifestare la loro posizione che era una data strana , cabalistica , direbbe qualche scettico.

La data di ieri , così semplice e così fantastica avrebbe dovuto  suscitare ad un tempo  pensieri di fatalità e casualità. 

Non a caso ne scrivo oggi , giorno decisamente con una data più normale perché la superstizione cova dentro tutti noi e con i numeri della pandemia che crescono a livello esponenziale ( ovvio ricordarte la profezia semplice di Angela Merklel ) uno più uno due , due più due quattro e così via contando si arriva pericolosamente ai numeri da brivido dei paesi più colpiti dal virus.

Poi ci rendiamo conto che anche questa precauzione può non essere sufficiente , soprattutto quando ci tocca ragionare con persone , magari anche mediamente acculturate che ti sparano domande tipo: ma li sai davvero il numero reale dei morti causa virus o per cause le più varie che in qualche modo hanno il virus come concausa ?
Non ho in tasca i dati elaborati nel modo richiesto e neanche mi interessa , so che di questa pandemia si può morire e so soprattutto che per molti ,magari usciti felicemente dal ricovero ospedaliero , resta tutta una serie di conseguenze di affaticamento e di difficile ripresa della vita normale.

So che per le persone come me sarebbe molto difficile raccontarla “dopo” , so che l’ala nera che ci opprime fa saltare anche la capacità e la tranquiliità della vita serena in cui vivevamo “prima”.

So che sono quintuplicati i casi di depressione , so che molte persone sono schiacciate dal temere sia la malattia che  le conseguenze della crisi economica che ne è seguita e che potrebbe riaffacciarsi a breve.

So che guardo con acrimonia per strada le persone senza protezione , li guardo con uno sguardo feroce aldisopra della mia protezione e penso quanto devo sembrare scema , con i miei capeli bianchi , a combattere questa battaglia comportamentale .

Ovvio , penseranno i più giovani , a quella fa paura di più perché è vecchia , ma noi che siamo forti , che abbiamo molte più frecce al nostro arco quella sua paranoia fa un po’ ridere .

Non realizzano bene quei giovani e forti che loro sono stati e sono tuttora il mezzo con cui la pandemia ha ripreso vigore anche nel nostro paese che a caro  prezzo era riuscito a contenere il diffondersi pericoloso avvenuto nei nostri paesi vicini.

Dieci dieci venti venti : avevo sperato stamattina che quella data strana potesse essere un limite , magari solo temporaneo e invece stamani , ma era scontato , i numeri crescono ancora , anzi arrivano anche a lambire la mia sfera ravvicinata .

Una data come un’altra di questo cammino che sembra proprio non avere fine .

Riusciranno i nostri eroi a concedermi la grazia di tornare ancora a teatro o devo rassegnarmi a nutrirmi di bellissimi ricordi senza alimentare speranze future?

Sul Nobel della Fisica

Sui quotidiani di oggi ci sono articoli divulgativi che riguardano il premio Nobel a uno scienziato, Roger Penrose, che ha indagato sulla realtà dei buchi neri , quei misteriosi vuoti i nell’universo di cui cominciò a pensare  Einstein , ma si fermò prima della loro definizione e sui quali studiò , insieme all’odierno vincitore quello strano scienziato tanto popolare che fu Stephen Hawking.

Io non capisco nulla di fisica e mi perdo anche davanti ad un articolo di giornale banalmente divulgativo però mi è risuonato in testa una voce :

Gurnemanz che dice a Parsifal :Du siehst mein Sohn , zum Raum wird hier die Zeit.

Davanti al Puro folle stupito di non capire come stia passando il tempo che sta vivendo il vecchio saggio dice “ vedi ragazzo mio, qui lo spazio diventa tempo” . La frase mi ha sempre colpito e adesso ad un tratto mi sembra anche di capire il concetto di Buco Nero, dove nel vortice tutto si annulla . 

Mi è servito Richard Wagner , quel genio della musica che tanto amo per farmi entrare nel più irrealistico concetto della fisica che oggi trova addirittura un riconoscimento da premio Nobel e attraverso la poesia di una frase magica aprirmi una porticina nella testa , una testa del tutto refrattaria ad ogni pensiero difficile che riguardi le leggi della fisica.

Mi sembra quasi di capire perché quella frase misteriosa me la sia appuntata sul quaderno di tedesco , quando il tedesco proprio non lo conoscevo per niente e quando mi capita di ascoltare l’opera ( ogni tanto ho la gioia di riascoltare il Parsifal ) aspetto sempre quel momento del lunghissimo primo atto perché mi pare il punto più alto dell’intera ora di musica.

Forse scopro l’acqua calda , ma non mi era mai venuto in mente che Wagner nel suo delirio poetico avesse addirittura anticipato il concetto einsteniano della relatività.

Potenza della lirica , come diceva Lucio Dalla . Io stasera ho cercato di aprire un po’ la mia testa refrattaria al pensiero puro attraverso una frase misteriosa cantata da uno strano personaggio che viveva in uno strano posto che si chiamava Monsalvato.

A botta calda

Avevo preso la saggia decisione di non andare a Vienna per il Don Carlos per motivi diciamo così di depressione da Covid e avevo con facilità rivenduto il bel biglietto .

Oggi però ho ceduto alla curiosità di vedere comunque quello che mi ero persa e non certamente per l’effetto della “ volpe e l’uva” non sto rimpiangendo la mia decisione.

Per la verità spesso gli allestimenti dell’Opera di Vienna non brillano per originalità , a Vienna ci sono ben altre preziose mete a cominciare dal Musikverein per non parlare dell’An der Wien , e anche questo allestimento mi conferma la routine delle messinscene dello Staatsoper.

Ho letto molto circa lo strano “sogno di Eboli “  di questo allestimento che viene  da Amburgo e che a suo tempo aveva suscitato molti fiumi d’inchiostro e l’idea di riempire il balletto “grand opera” in maniera ironica sulla carta non era male.

Poi le vecchie idee restano tali e si precipita nel ridicolo con l’Autodafè in versione critica sociale (?) con una psedo Marilyn che sostituisce la voce celeste durante il rogo che non c’è.

Un po’ meglio va verso l’ultima parte , quando la grande musica verdiana prende il sopravvento  e anche i cantanti , tutti , sembrano un po’ meno indifferenti alla storia che stanno raccontando 

Nessuno però si prende veramente sul serio  e oltre tutto cantano anche senza un minimo di distanziamento , forse a Vienna ancora non hanno ancora capito la tegola mondiale che ci sta cadendo addosso.

Egoisticamente spero che Kaufmann sopravviva allo scempio , anche perché dovrebbe venire in Italia alla fine del mese e ci terrei sentirlo , sperando magari in qualche Lieder che mi riconcili con la sua vera arte.

Comunque posso concludere che se il peggio non muore mai in questo caso ci tocca pure di rimpiangere Warlikosky.

L’uso dell’inglese

Il significato delle parole , forse sarebbe bene cominciare ad approfondire attraverso l’uso appropriato del senso delle medesime quanto l’uso approssimativo possa tradire il messaggio stesso del contenuto .

In Italia prevale la dizione Recovery fund per parlare dei tanti miliardi di Euro che come una benedizione ci dovrebbero arrivare dall’Unione europea .

Ma il nome esatto di quella importante manovra è Next Generation UE e non si capisce , o meglio si capisce benissimo , la distorsione italiana del significato della importante operazione economica.

Ricovery vuol dire recupero e noi non dovremmo usare quei fondi per recuperare un bel niente , quelli andranno  investiti per le generazioni future e attraverso progetti che dovranno riguardare il domani.

A questo pensavo quando ieri pomeriggio sono andata a prendere un nipotino piccolo a scuola : i bambini ordinati , i genitori molto meno .

Quando ho domandato a Stefanino come si comportava a scuola con la mascherina mi ha risposto serio serio che da seduto se la levava poi ovviamente c’era il “distanziamento” quando si muoveva e in bagno si andava solo due per volta , indicandomelo anche con le dita  a V.

Questo non toglie che poi arrivato a casa  mia e cercando disperatamente di farsi dare il tablet per i suoi giochini io avessi deliberatamente nascosto l’oggetto del desiderio , copertina nera , tra i libri ma il furbissimo nipote quando , dopo una piccola merenda è tornato velocemente in studio l’ho trovato già col tablet in mano , seraficamente recuperato dal facile nascondiglio .

Allora sono scesa a patti : solo mezz’ora . Okai , ma come fa papà per concedertelo per un po’ quando torni da scuola ?

Controlla se sono stato bravo

E come fa?

Dal registro digitale ,   (con ovvia pazienza. ) 

Allora lo potrei fare anch’io ?

No , a meno che tu non scarichi l’App….e qui un sospiro di compassione per la povera nonna ignorante .

Concludo ripensando al fatto che mio nipote potrebbe anche spiegare ai nostri politici il significato corretto delle parole  in inglese.

Promenade de santé

Metti una sera a teatro : si inaugura una piccola originale stagione di prosa al teatro delle Muse di Ancona : un Poker d’Assi , così è intitolata la rassegna di Marche Teatro

Primo titolo : prendi un autore  enfant terrible francese , un regista cinematografico e due mostri sacri di recitazione .

Promenade de santé ( Passeggiata salutare)  è un testo di Nicolas Bedos , regista , attore e commediografo amato-odiato di successo in Francia , il regista  è Giuseppe Piccioni attirato dalla sua prima esperienza di regista teatrale , Filippo Timi e Lucia Mascino e avremo uno spettacolo elegante e raffinato con un testo che senza tutta questa alchimia forse non sarebbe così piacevole e appagante come invece lo è per quella magica combinazione degli elementi che qui si trovano insieme.

Ricordo quando a Milano il nome di Timi era grande in cartellone e sotto più piccolo il nome di Lucia .

Oggi l’allieva , se così si può dire lotta alla pari con il maestro e alla fine vince nello scontro con quel suo fisico così poco italiano  e con quella sua bellezza etenea e di grande fascino . Regge bene lo scontro con il mattatore Timi , ottiimo attore dal mestiere consumato e dotato di notevole tecnica attoriale .

Lo spettacolo scandito da un’ottima scelta musicale e da inserti visivi molto cinematografici ( c’è una intera lunga sequenza fatta di primi piani dei due bravi attori e qui si vede la bravura del regista di cinema ) si rivela fluido e i settanta minuti dello spettacolo volano in un attimo.

Il testo , molto francese nell’esaltazione di quell’amour fou che non ha traduzione nella nostra cultura può lasciare perplesso uno spettatore digiuno di tanta letteratura l’Oltralpe  e prende comunque per la raffinata scelta ritmita della scanzione temporale del racconto.

Il coup de tèatre finale , forse anche un tantino scontato niente leva alla validità della pièce scritta con l’evidente scopo di piacere ad un pubblico ormai abituato ai tempi brevi di attenzione allo spettacolo .

Impianto scenico di semplice eleganza , le due panchine nel parco, vertiginosi cambi d’abito ,tutto concorre ha creare un ritmo raffinato e piacevole.

Dispiace che la tournée preveda solo Milano dopo Ancona  , i due ormai sono attori molto noti al grande pubblico e come mi diceva con rammarico la bravissima direttrice del teatro delle Marche Velia Papa , questo spettacolo merita una vita più lunga di quella programmata attualmente.

Opernhaus Zurigo

In questi tempi di magra in cui ci accontentiamo di qualcosa che assomiglia ai surrogati : tempi di opere in forma di concerto , di distanziamento sociale delle orchestre e dei cori per cui spesso il suono è spesso condizionato , l’idea ( e aggiungo i mezzi ) posti in essere dall’OpernHaus di Zurigo è molto interessante e al tempo quasi un miracolo della tecnica.

Operfüralle si avvale di messe in scena regolari ma orchestra e coro sono ad un chilometro di distanza dal teatro e attraverso collegamenti bilanciati e fantastici i suoni arrivano ad una mega-consolle dove un mago del suono remixa tutto , anche con gli effetti calcolati della risonanza in sala in mancanza della provenienza del suono dalla buca dell’orchestra.

Il tutto viene poi trasmesso gratis per una tre giorni nella quale vengono proposti tre titoli , molto diversi tra loro e che ho potuto godere anche io davanti al mio computer, in streaming.

Gli spettacolo rimangono poi disponibili per 48 ore per la registrazione , ma quello che è eccezionale , almeno per me , è la presa in diretta che dà abbastanza l’illusione di essere in qualche modo a teatro.

Il primo titolo : La Principessa della Czarda di Kalmann è la classica operetta viennese con tutti gli ingredienti tipici di queste vicende : il gioco delle coppie e degli equivoci , il baritono buffo e il lieto fine che però già annunciava  (siamo nel 1915 ) una fuga dal reale verso una mitica America che già conteneva lo spunto per la regia attualizzata in cui partendo dalla vita consumistica su di uno yacht di lusso si finisce , attraverso la denuncia ecologistica di un mondo che finisce addirittura verso una fuga su Marte.

Interpreti fantastici , ritmo e lieve , divertente direzione d’orchestra di Lorenzo Viotti : bravissimi Annette Dach , di cui avevo già ammirato a Monaco la vena comica nell’Oberon , Pavol Breslik e tutti gli altri che non conoscevo ,ma che meritano tutti un mega applauso.

Secondo titolo : Il Boris Gudonov : Allestimento tipico di Barrie Kosky con un primo atto in un polveroso archivio biblioteca in cui un giovane cerca disperatamente di rileggere la storia , ancora in parte equivoca di questo zar dai molti pregi e dalle orribili ombre .

Un secondo atto , curiosamente ottocentesco in cui emergono comunque gli intrighi della chiesa cattolica e del falso Dimitri e poi il finale granguignolesco in uno spazio vuoto in cui un’enorme campana suona addirittura con un batacchio umano e sanguinante :Boris muore , come in Puskin , dannato.

Fantastico Michael Volle nel ruolo del titolo , eccellente Edgaras Montvidas e tanti altri , tutti tesi nei rispettivi ruoli come il narratore o meglio il ricercatore del vero e il piccolo Ivan , anonimo cantore dei bambini del coro.Direzione eccellente di Kiril Karabits , ucraino , si sente che queste musiche le ha nel DNA.

terzo titolo : la Maria Stuarda di Donizzetti . Siamo nel regno del Belcanto e nel  ciclo delle Regine .Un lontano ricordo personale .L’avevo sentita una prima volta a Vienna con Edita Gruberova e Agnes Baltsa , dirigeva Adam Ficher.

Qui , con la direzione di Enrico Mazzola c’è Diana Damrau , sicura e allenata al ruolo con Paolo Fanale che ricordo debuttante ad Ancona , quando qui si faceva la stagione lirica ma ancora non ha imparato a non cercare l’imput che con i primi piani si vede , eccome.

L’allestimento , tipico di un certo tipo di regia che mischia il passato e il presente ha qualche momento interessante e forse perché non sono proprio una fedele belcantista mi è sembrato il più debole dei tre titoli della mini rassegna , comunque è di ottima qualità . Forse più di Nicolas Testè merita la citazione André Couville , giovine di belle speranze nel ruolo del perfido che diventa il boia.

Curiosamente , proprio perché mi era piaciuto tanti anni fa anche qui Maria ha un vestito che si leva e resta tutta di rosso , come a Vienna negli anni Ottanta.

Osservazione generale , evidentemente il Teatro di Zurigo ha uno sponsor molto generoso e noi gliene siamo grati . Gratuitamente ho passato tre serate all’Opera .Di questi tempi non è cosa da poco.

Liberi di infettarsi

La libertà non è star sotto a un albero….da ieri mi frulla in testa il verso iniziale di una canzone molto amata di Giorgio Gaber e in un primo momento non capivo perché.

Poi ho cominciato a leggere gli elzeviri di Gramellini , di Serra i e i commenti generali sui social in merito alla uscita infelice di Johnson ai Comuni con  la ferma e puntuale risposta del Presidente Mattarella da Sassari.

Mi ha fatto un po’ ridere l’idea del premier inglese di accomunarci al tedeschi in questa specie di obbedienza coatta nei confronti delle regole per arginare il Covid19.

Se ci sono due popoli in qualche modo differenti circa la libertà siamo proprio noi e i tedeschi: basta pensare che loro in pochi giorni hanno scaricato la loro App simile alla nostra Immuni in dieci milioni e noi , a fatica e dopo un paio di mesi siamo arrivati neanche a sei.

Però è vero che ci siamo recentemente molto avvicinati per esempio sulla scala dei valori individuali , è stato facile obbedire alle semplici regole di difesa dal virus anche in un paese fantasioso come il nostro : semmai adesso ci differenziamo sui colori delle mascherine , in Germania prevale in nero istituzionale , da noi pare non bastare e ci mettiamo sempre pure un piccolo particolare a evidenziare , forse , il pensiero di chi la indossa. Ricordo il mio senso di colpa quando il 4 marzo a Londra , tornando verso l’aeroporto mi sentivo come un untore con licenza di contagiare fra tanti ignari londinesi.

Sembrava non interessasse questa scema italiana con la faccia coperta , mi avranno pensato mussulmana  eppure oggi il mondo è informato in tempo reale su quello che accade anche miglia e miglia lontano da noi.

La bella libertà inglese di andare a infettarsi al pub non ha però impedito alla ROH di chiudere a metà marzo e non mi pare che abbiano intenzione di riaprire a breve.

Avevamo dato al mondo in regalo un margine di tre settimane in anticipo di avviso e non ne hanno fatto tesoro neanche altri paesi a noi vicini come la Spagna e la Francia .

Solo i pragmatici svedesi hanno optanto per l’immunità di gregge , fatti i conti pare che si sia rivelato un pari doloroso in quanto a mortalità.

La verità è che non esiste una formula sicura diversa , la seconda ondata è arrivata quasi ovunque , paghiamo la disinvolta gestione estiva e adesso facciamo i conti con il rallentamento dei controlli.

Ho la sensazione che tra un paio di settimane faremo conti più pesanti con la riapertura delle scuole e  la ripresa quasi totale di tutte le attività economiche.

Ho iniziato pensando a Gaber , chiudo citando un grande italiano e quello che disse Eduardo De Filippo  : ha da passà a nuttata.

Una rinuncia

Ho rinunciato ad andare a Vienna per il Don Carlos , avevo il biglietto , un 

buon biglietto , infatto è stato facile rivenderlo subito.

Per la prima volta non seguirò il mio cantante preferito in uno dei suoi ruoli che ho più amato nella mia opera preferita di Verdi.

Ha prevalso la prudenza , il ragionare del rischio concreto di una qualsiasi complicazione viste le molteplici regole che stanno restringendo un’altra volta addirittura i confini all’interno dell’Europa .

Forse questa volta sono stata troppo prudente , ma la notizia che potrò comunque vedere l’opera in streaming ha prevalso sulla gioia di tornare in una città che amo e che mi manca moltissimo.

Ricordo solo un anno fa una splendida quattro giorni viennese , ma  mi sembra di ricordare un avvenimento tanto lontano.

So benissimo che questa pandemia finirà come sono sempre finite tutte le pestilenze che hanno funestato il nostro passato , ma quello che nessuno mi renderà sono questi ultimi anni della mia vita in cui mi sentivo ancora in forze e avevo la prospettiva di godere ancora della gioia di ascoltare musica nelle città e nei teatri che ho tanto amato.

Sono tenacemente stata sempre una persona che ha voluto guardare il bicchiere mezzo pieno ma questa ragionevole decisione da vecchia signora saggia è l’ennesima riprova che il Coronavirus ha colpito anche nell’animo di chi magari ha cercato di resistere all’isolamento duro della scorsa primavera quando mi veniva portato il pane e il latte al cancello di casa , quando alla prima timida ripresa facevo pazentemente la fila ben distanziata per andare al supermercato .

Mi sono abituata ad uscire con la mascherina , anzi ne ho anche una di riserva in borsa , mi sono abituata a pensare diversamente tutti i tempi necessari per entrare in ogni locale pubblico , accetto sorridendo che ogni volta mi sparino in fronte il termoscanner , ma mentre mi aggiro per la città tra persone mascherate ho la sensazione di vivere in un film di fantascienza , di quelli che non mi sono mai piaciuti , di tipo avveniristico profetico da fine del mondo.

La fine del mondo non ci sarà , finirà tutto , forse anche prima di quanto lo si immagini .

Intanto però io avrò perso il mio Don Carlos a Vienna e lo aggiungo a tutte le altre perdite di questo malefico 2020 bisestile che ancora non è finito ! 

Ancora “tempi beati”

Da una settimana mi è arrivato il CD , da una settimana l’ho ascoltato quasi ogni giorno e in alcuni giorni anche più di una volta.

L’ho scaricato sul telefono e il CD l’ho messo in macchina .

Come aveva già scritto una carissima signora milanese dopo il primo ascolto : credo che questa musica mi farà molta compagnia in futuro.

Così è anche per me e l’avere affinato  l’ascolto , l’avere fatto miei anche quei Lieder che non conoscevo , l’avere arricchito la mia personale conoscenza liederistica ha fatto sì che possa tranquillamente affermare che questa musica , questa voce , questo pianoforte siano diventati una specie di dolce accompagnamento delle mie giornate.

Leggo le recensioni delle riviste specializzate ma soprattutto leggo quello che ne scrivono alcune persone che attraverso la rete ho imparato a conoscere.

In modo particolare una signora francese che stimo da tempo e che non appartiene al nutrito gruppo delle ammiratrici acritiche del bel tenore che si  entusiasmano anche se ricanta per la centesima volta Pourquoi me rèveiller e che invece si è adddirittura interessata a dividere il CD in tre parti ben distinte anche come tematica .

Io non ero arrivata a tanto , ma la sottile osservazione che solo attraverso la conoscenza così totale del Fidelio si arrivi alla grazia e alla leggerezza di quell’Adelaide che tanto mi aveva già entusiasmato è un’osservazione preziosa in più che mi ha regalato.

Mi sono anche trovata a canticchiare a memoria il Lied di Dvorak , una dolcissima breve aria che è riuscita davvero a entrarmi in testa come la antica Annchen von Tahrau che riporta tanto lontano nel tempo.

Chissà se in quei giorni di lockdown , nella pace del tempo senza scadenze il duo Kaufmann/Deutch abbiano inciso più delle ventisette arie contenute nel Cd?

Nel caso benedetto spero che possa uscire ancora buona musica da ascoltare nel silenzio della sera e magari al risveglio la mattina che in  questo modo  diventa più dolce con l’ascolto del romanticismo più puro contenuto nella raccolta.

Qualche maliziosa firma ha sottolineato che con l’arrivo del Natale puntualmente arriva il nuovo disco di Kaufmann , ma questa per me non è stata una operazione commerciale e se lo diventasse una volta tanto direi che forse l’intenzione era molto più intima e più dolce .

Anche perché siamo ancora in credito di un’altra meraviglia che non è più uscita : il DVD della incredibimente sconvolgente Die Tote Stadt . 

Prima o poi anche quel regalo ce lo meritiamo , anche se dispero in una ripresa teatrale per quella replica saltata nel Festival cancellato di quest’estate.