BUONA PASQUA

all’amica di Riga , a quella australiana, ad Annamaria, al mio amico viennese , a quello triestino e a quello di Pavia ; ai wagneriani , mahleriani , pucciniani ,verdiani, al gattolico insigne , al professore dei mille teatri , all’amica bavarese che ama l’Italia , al milanese che poi tanto milanese non è , a quelli che ho perso per via , a quelli che ho ritrovato , a Paola , Carla e tutte quelle di Note in Viaggio con le quali ci ritroviamo accanto nei teatri , all’amica americana , alla canadese a Brita …a Luisa con la quale ci siamo divertite a programmare un bel viaggio virtuale,  a tutti quelli che non nomino e che siete tanti se nel mese di marzo il mio picccolo blog ha avuto 3311 visite , senza contare quelli che invece restano su Facebook , alle amiche russe , ai cantanti che mi leggono ,a Pavol , alle meravigliose Anita e Maria ,alle coltissime amiche francesi che mi onorano della loro attenzione…

al dedicatario al quale il blog è dedicato , al quale qualche volta mi permetto anche di non dare sempre ragione,

ai miei nipoti che mi onorano della loro attenzione , ai figli che mi commuovono, 

a tutti , proprio a tutti buona quarantena , sicuramente più bella se si vede il mare anche se da lontano o un giardino , un prato , un terrazzino , o almeno  una finestra al sole , felice giornata a tutti. 

La cultura cenerentola

Come avevo previsto cominciano ad arrivare gli annullamenti di tutti gli spettacoli che avevo prenotato per la stagione in arrivo.

Era una bella serie di eventi , ma già l’annullamento di Festival importanti e la chiusura dei teatri mi aveva fatto capire che la mia bella estate ( e non solo) se ne stava andando in fumo.

Niente in confronto alla tragedia che questo virus ha provocato nel mondo : migliaia di morti , crisi economica dai contorni in prospettiva ancora da comprendere nella sua terribile vastità .

Certo che i miei piccoli ( o grandi progetti di musica e di viaggi ) sono una cosa talmente modesta da non essere neppure minimamente paragonabile alla tragedia che l’intero pianeta sta vivendo.

Ma alla mia età ogni rinuncia , ogni viaggio che salta , ogni opera di meno che potrò andare a vedere rappresentano un accorciamento della mia vita , il Covid si sta mangiando anche il tempo che mi restava da vivere.

I vecchi , cioè noi che viaggiavamo , che spendevamo per la cultura , che sostenevamo con le nostre ultime passioni un intero settore culturale in tutta Europa e non solo , contiamo talmente poco che siamo messi in fondo ad ogni tipo di rinormalizzazione della vita futura.

Ma insieme a noi salta il lavoro a migliaia di persone , quelle sì ancora massimamente giovani : gli orchestrali , i cantanti , i coristi , gli scenografi , i macchinisti . cioè tutto l’intero settore dello spettacolo non solo musicale.

Come saltano gli organizzatori di mostre , i custodi dei musei , i lavoratori del turismo alberghiero , i ristoratori , le agenzie di viaggio , i treni e gli aerei.

Cioè insieme ai pensionati girovaghi salta una grandissima parte dell’economia basata sul tempo libero , che non era poca cosa in questo nostro mondo globalizzato dove era facile reincontrare le stesse persone in giro per il mondo a godere , dopo  gli anni della vita lavorativa quella fetta più lunga della medesima grazie all’allungamento in buona salute di molta parte dell’umanità  che rappresentava una bella fetta dell’economia non solo culturale.

E’ giusto ed essenziale pensare alla ripartenza dell’industria , dell’agricoltura ,della scuola , del commercio , cioè di tutto quello che significa vita intesa nel significato più ampio del termine.

Non bisogna però pensare che riaprire i teatri , i musei , le mostre sia una   fetta di attività da rinviare sine die. Dalla nostra ripartenza riprende  una parte non trascurabile dell’intera economia globale , non la si deve considerare cosa frivola.

Una leggenda giapponese

Tantissimi anni fa , ero praticamente una ragazzina , vidi al Festival del Cinema di Venezia un film bellissimo che mi rimase nel cuore e del quale forse non avrei ricordato il titolo senonché ieri sera guardando le strazianti immagini delle RSA ( Residenze Sanitarie Anziani ) girate in Lombardia ad un tratto , senza neppure riflettere ho detto : Nayarama Bushikò. 

Questo era il titolo del bellissimo film sul quale avevo pianto tanto e che raccontava di una antica leggenda , Nayarama credo che fosse il monte e il titolo credo volesse dire La leggenda di Nayarama.

La storia straziante e dolcissima raccontava che quando una volta i vecchi del villaggio diventavano inutili , un peso per le famiglie , volontariamente perché questo era il loro destino naturale, si allontanavano per salire sulla montagna a morire .

La storia del giovane che disperato porta sulle spalle la vecchia mamma verso la fine era dolcissimo , perché intriso di amore : amore del giovane disperato , amore della vecchia mamma che sapeva di aiutare il figlio allontanandosi con un ultimo atto di generosità.

Ricordo che il film finiva con la lunga fila di vecchi che andavano verso il monte , o perlomeno me lo ricordo così.

Ne hanno fatto anche un remake negli anni Ottanta e ha pure vinto la Palma d’oro a Cannes, ma io che in quel tempo ero lontana anni luce dal pensare ad un giorno in cui avrei potuto trovarmi come quei vecchietti del film , ne rimasi tanto colpita.

Il contrasto con quello che nei nostri anni  crediamo civili è abissale .

Quelle residenze “corridoi per la morte” spesso non sono scelti dai vecchi , ma diventano scelte obbligate in una società che ne prevede una fine che si presume sia protetta e assistita decentemente : i figli lavorano , i vecchi sono scomodi , gli Enti religiosi ci lucrano , la Regione ( nel caso visto  ieri ) addirittura pensa di approfittare di quelle strutture per risolvere i problemi giganteschi che questo terribile morbo l’ha colta impreparata.

Non voglio chiamare il Covid19 uno tsunami , quella è una bellissima parola giapponese , significa grande onda “  la sua immagine grafica ha una forma elegantissima.

Niente di elegante invece nella fine ingloriosa dei miei coetanei meno fortunati di me , file di bare anonime in attesa di cremazione , senza la gioia di un ultimo abbraccio , senza quella pietas che dovrebbe sempre accompagnare chi allontanandosi dalla vita avrebbe il diritto del conforto di chi ha vissuto della loro dedizione e del loro amore.

Molte cose sono da rivedere nel nostro modello di società  , quando sarà passato il momento più critico di questa pandemia sarà il caso di ripensare anche il modello sociale che ha portato tanti dei nostri vecchi a morire soli in questo modo inumano e straziante.

Regie operistiche : confronto

La lunga e interessantissima intervista di Vincenzo De Vivo a Opera Click mi ha dato l’occasione per trattare di un’esperienza relativamente recente di cui volevo parlare e non sapevo se avrebbe potuto interessare in tempi così lontani da ogni interesse che non sia quello tristissimo della nostra sopravvivenza al Covid19.

De Vivo fa un’acuta osservazione circa il teatro di regia e sul ruolo gerarchico che dovrebbero avere nell’ordine : il direttore d’orchestra e il regista , mettendo in rilievo il ruolo di straordinario coordinamento affidato alla figura del direttore artistico .

Ebbene , nonostante il periodo di grande magra nello scorso mese di marzo ho putoto assistere ad una attesissima messa in scena del Fidelio a Londra e , pochi giorni dopo , in streaming alla visione di un Fidelio dal Theater an der Wien di Vienna.

Mentre a Londra c’era un regista :Tobia Kratzer  molto considerato recentemente per le sue realizzazioni ( vedi ad es: il Tahannauser di Bayreuth)  a Vienna ci si è affidati ad un attore teatrale di cui non conoscevo le qualità registiche ( Christoph Waltz ) e devo dire che il risultato viennese è di gran lunga superiore nella fedeltà al pensiero beethoveniano di quanto lo sia stata la seppur complessa e stimolante ricerca interpretativa dell’illustre collega , anche lui di origine germanica ( a parte che Waltz è austriaco ..e questo può voler dire molte più cose di quanto si immagini).

All’An der Wien i mezzi erano sicuramente inferiori , il cast molto meno importante e non tutto lo spettacolo mi ha così emozionato fino alla fine come avevo sperato , ma nell’insieme mi sono trovata di fronte a qualcosa di veramente emblematico in relazione a quanto afferma De Vivo nella interessante intervista.

Quel vecchio teatro viennese ha sicuramente dalla sua la ricerca qualitativa senza notevoli mezzi ( ci ho ascoltato recentemente una Clemenza di Tito  impreziosita dalla presenza di ben due controtenori di notevole spessore) e i risultati , sicuramente meno clamorosi ,sono di altissimo interesse.


Per ritornare ai due Fidelio : a Vienna l’Ouverture era la Leonora tre  e già questo per me è un punto a favore , a Londra , chissà perché si è preferito la “prima stesura “ e la Leonora tre mi è mancata proprio .

A Londra un terribile stacco tra il primo atto e il secondo , a Vienna un unicum omogeneo , per quanto la musica ( e il testo ) possano permetterlo .

Semmai a Vienna mi è mancata la chiusa con il meraviglioso coro finale , ma ho capito che ad un attore di teatro non interessasse tanto quel finale staccato , con le complicazioni relative alla povera Marceline , ma la bellissima preghiera del Governatore , quella sì non me la doveva tagliare .

Ma come diceva un altro grande viennese: Billy Wilder “ Nobody is perfect”.

Lo dice una che rischiando ( più di quanto avessi capito ) letteralmente la vita ero andata a Londra perché oltre al mio amatissimo Jonas Kaufmann , il suo Florestan non ha attualmete rivali su tutti i palcoscenici del mondo   c’era anche un altro mio grande amore : sir Tony Pappano alla bacchetta.

In questo momento non ho la possibilità di scambiare due parole né con l’uno né con l’altro , ma mi piacerebbe capire quale ruolo importante di coordinamento abbia avuto alla ROH la figura del direttore artistico e quanto ne abbia condizionato le scelte diciamo così, commerciali, circa la resa di immagine dell’allestimento.

Purtoppo è finita male , anzi è finita prima di finire e non ne abbiamo neppure lo streaming che era programmato per la metà del mese scorso.

A proposito di..

Cercare un po’ di leggerezza , tanto siamo tutti un po’ fusi .

Allora un buon argomento è commentare non il discorso di Sua Maestà ma il suo abbigliamento , i suoi gioielli , il tesoretto sul tavolo , i fiori artisticamente disposti. 

In quanto al discorso , quattro minuti e mezzo in ottimo inglese (ah aha ah!) ha avuto un solo attimo di umanità , la foto con la sorella , quando a quattordici anni  fece un appello alla radio per fare coraggio ai suoi sudditi colpiti dai bombardamenti .

Quella foto valeva più di tutto il discorso : la forza della continuità di un popolo che ancora crede nella propria identità  , nella propria dignità , nello splendido isolamento perché dobbiamo sempre ricordare che quando c’è nebbia sulla Manica” il continente è isolato.”

Il vestito : sempre uguale ; cambia solo il colore ( pare che questo verde più che alla speranza si riferisse al colore dei camici dei medici , ma io ne dubito.

Forse l’unica variante veramente scherzosa se la concesse col cappello “europeo” tanto per far capire che lei la pensava diversamente sulla Brexit.

A questo proposito mi allargo a constatare che piace molto agli uomini questa mancanza di fantasia “ alla moda” , li mette in sicurezza , fa molto abito di mamma , niente svolazzi e capricci modaioli.

Del resto anche la grande Mutti tedesca non ha mai cambiato taglio e forma alle sue giacche senza  collo , anche in quel caso il messaggio era rassicurante , noi non siamo frivole.

Adesso ci prova la von der Leyen con quelle giacchettine stiminzite tutte uguali , con la camicettina da scolaretta sotto : una tristezza infinita .

Allora , io che in fondo alla moda ci ho sempre fatto attenzione avrei preferito che queste donne : dalla Regina in giù , più o meno icone del potere, si mettessero davvero una uniforme , ma di quelle belle ,come usava in antico .

Se si deve essere rassicuranti esserlo perlomeno con lo stile militaresco che in fondo i loro abiti sottintendono.

Il grande re Giorgio ( quello vero , Armani voglio dire ) ci aveva provato a vestire le donne con dei meravigliosi abiti pseudo maschili ma morbidi con quei colori ( il suo fantastico greige!) che avrebbero permesso ad ogni donna di potere di passare fantasticamente inosservata , ma si sa , non tutti i fisici se li potevano permettere e così anche lui li ha lasciati nelle splendide collezioni d’antan.

Di frivolezza in frivolezza : oggi il blog è finito così: mi mancheranno le vetrine pasquali con i colorini pastello , gli unici colori che abbbiamo negli occhi sono quei verdi e quegli azzurri degli operatori sanitari , li guardiamo con commozione e il cuore stretto stretto.

Domenica delle Palme

Mattino presto : accendo automaticamente la tv , è sintonizzata su Classica e per un bellissimo colpo di fortuna sta cominciando la Passione secondo Matteo di Bach dal Concertgebouw di Amsterdam.

Resto inchiodata per due ore e il pensiero corre anche alle altre volte in cui l’ho sentita dal vivo.

La prima volta fu nel Duomo di Jesi , in quegli anni lontani  venivano Italia , per pochi soldi, magnifiche corali dell’Est europeo e quella era una di quelle occasioni . Ricordo le dure panche della chiesa , il freddo , probabilmente era una Pasqua bassa , ma ricordo anche la grande emozione che provai, fu una lunga preghiera che mi portai dentro per tanti giorni dopo.

La seconda volta fu a Londra : di quella ho ritrovato anche il programma , era alla Royal Festival Hall  ,marzo 1997,  cominciava alle undici di mattina e nell’intervallo gli inglesi mangiavano su plaid per terra , come un picnic sui prati .

Noi invece eravamo riusciti , senza avere prenotato! ( gli sprovveduti) a mangiare addirirttura  al ristorante .

Di nuovo l’incanto , di nuovo la grande emozione che solo ascoltando dal vivo si ha di queste incredibili stupende Passioni bachiane.

Stamani purtroppo mi devo accontentare , ma mi pare comunque un bellissimo regalo e per completare la cerimonia vado in terrazzo dove il vento aveva portato tanti anni fa il seme di un ulivo che è crescuito in un vaso a dispetto della bora che che soffia regolarmente su casa mia.

Ho tagliato un rametto , la benedizione mi manca , ma so che come recita un verso della Passione ,vicino al Sepolcro di alzò in volo una colomba con in bocca un rametto di ulivo , questo è il mio segno pasquale, virtualmente.

C’è silenzio intorno a casa , il cielo è terribilmente azzurro e ogni tanto passa un papà con un bambino , l’ora d’aria che mi mette insieme gioia e tristezza.

I cani e i rispettivi padroni ormai sono intimi , ci salutiamo con affetto : loro scodinzolano e io faccio grandi gesti col braccio ,dalla finestra.

In testa ho ancora il bellissimo coro che chiude la Passione , in un momento di demagogia avevo detto a mio marito : mi piacerebbe che venisse cantato al mio funerale.

Lui mi aveva presa in giro : sempre modesta mi aveva detto ! quel suo affettuoso modo di prendermi in giro resta legato al suo sorriso che non c’è più da tanti anni , adesso che i funerali non si possono neppure fare mi sembra anche più ridicolo pensare a eventi un tempo , neanche tanto lontano , del tutto abituali.

Le case degli altri

Questo è uno strano periodo in cui si guarda molto nelle case altrui , anche senza volerlo perché ogni volta che in Tv si apre il collegamento con  qualcuno che sta a casa , anche se l’inquadratura mostra solo il volto dell’intervistato  di turno ,poi io finisco per guardare anche dietro le spalle dei personaggi collegati.

Il mio occhio curioso guarda dietro le facce incorniciate.

Ci si arrangia come si può , ogni collegamento si apre sull’intervistato e ci racconta senza volerlo in qualche modo molto di più di quello che le sue parole dicono.

Quasi tutti hanno alle spalle la libreria, come a mandare il messaggio : in casa mia si legge, mica siamo ignoranti.

Ma le librerie sono curiose : alcune , vere e senza artifizi ci rivelano quel piacevole disordine di chi i libri non sa più dove metterli e allora ce ne sono di incastrati sopra i libri allineati , messi male , in quel piacevole disordine che significa : prima o poi li metto a posto.

Qualche altra volta , alla ricerca di un effetto , (me lo immagino il futuro intervistato girare col pc intorno casa per trovare l’angolo giusto ) e allora si ricorre alla pianta , è molto gettonata la monstera o il filodendro , segue il ficus anche se più banale.

Poi ci sono quelli che tentano l’inquadratura scenografica ad effetto : mensola con candelabri e/o foto di lontane infanzie non meglio identificate .

Poco interessanti  sono quelli che dietro ci mettono le bandere , per solito sono collegamenti istituzionali e quelli che invece la buttano sulla foto di famiglia , meglio se con molti bambini . 

Finisce che io mica ascolto quello che dicono , mi diverto a curiosare : spio il non detto nelle case degli altri.

Ma quelli che mi fanno impressione sono quelli con la libreria in ordine e a meno che non si tratti di illustri filosofi le cui librerie scure sono la testimonianza di anni di studi molto profondi spesso rivelano un “ voglio e non posso” che è peggio di una sana dichiarazione di ignoranza.

Poi c’è quello che ha un tinello sgombro , spesso è giovane e sembra di passaggio anche a casa sua ,al massimo si può ammirare un quadretto casuale , molto ereditato dall’inquilino precedente , si capisce che lì non ci starà a  lungo.

Discorso a parte le case dei cantanti ,vere e proprie sale di incisione e penso con tenerezza al piccolo pianoforte verticale di Gustav Mahler , quello che adesso sta in un angolo di un salone al Wienerstaatsoper.

Ora la musica nasce da una serie di tastiere , microfoni , mixaggi e sofisticate diavolerie che neppure conosco , poi a definirla musica il passo è abbastanza lungo .

Insomma  , per farla breve , concludo che la mia curiosità nei confronti degli altri si nutre anche di questo involontario voyerismo.

Lo sappiano quelli che stanno per collegarsi , io mi diverto molto a scoprire quello che molto spesso si preferisce lasciare alla fantasia .

Generalmente però devo dire che comunque il livello medio dei collegamenti ci racconta  il notevole benessere degli intervistati , l’Italia non  è un paese povero , a giudicare dalle case degli italiani che contano.

Storia da un altro mondo

Oggi , un mese fa: 2 marzo 2020.

Partenza dall’aeroporto di Ancona –Falconara , sosta a Monaco di Baviera , il mio solito percorso per andare ovunque.

Arrivo a Londra  Heathrow, Blu Line , scendo contenta a Covent Garden , un saluto alla Ballerina in fondo a Floral Street , il solito albergone sullo Strand con portiere gallonato in tuba :poca fila al ricevimento: bella cameretta rinnovata , sono contenta , nonostante le minacce che riguardano uno strano virus , nonostante che in Italia si parli di zona rossa in una parte della Lombardia io non ho rinunciato al mio Fidelio londinese , già mi considero fortunata per aver trovato un biglietto stante il sold out di tutte le repliche.

Unico dubbio , non è che Jonas mi darà la sòla ? a Londra non sarebbe la prima , ma è nel calcolo delle probabilità. Poi vedo che lui e sir Tony sono andati a prendersi un premio dalle mani del principe Carlo e questo mi tranquillizza non poco.

Ho già raccontato la serata , è andato tutto bene , anzi meglio del previsto perché ho fatto anche due chiacchiere con il mio amato-amico tenore che mi ha anche detto : poverini , che cose brutte succedono in Italia ! 

Poi il tranquillo rientro il giorno dopo , con la stessa strada fino a che all’aeroporto di casa sono stata accolta dall’Esercito in tenuta anti-virus.

Il mondo si è sospeso in quel momento , oggi , a distanza di un mese da reclusa in casa ripenso come un sogno la mia strana esperienza di un mese fa. Forse l’ultima volta in cui ho viaggiato libera in un mondo tutto ad un tratto cancellato dalla Storia.

Guardando indietro sono contenta di avere fatto quest’ultima follia di persona libera in un mondo libero e credo per sempre scomparso nella sua banalità.

Più ci ripenso e più mi sembra talmente irreale tutto quello che da quel 4 marzo , quando ho riaperto la porta di casa e ho chiuso i miei progetti futuri , tutti ben catalogati e ordinati nelle cartelline di plastica , nell’attesa sempre più probabile di stare consumando l’ultima porzione di vita prima della mia fine naturale.

Nel  probabile scadenziario della ripresa  quelli come me  sono gli ultimi della fila , noi poveri pensionati della vita che riempivamo i teatri , noi che in quei teatri sparsi per il mondo cercavamo quelle emozioni che nessun streaming ci potrà mai rendere.

Mi sono accorta con orrore che anche i concerti in tv mi addormentano , non parliamo delle opere , tutto mi crea un sottile disagio : noi vivevamo in simbiosi con i musicisti , con i cantanti, con la cerimonia delle luci che si abbassano , con l’attimo di silenzio prima dell’applauso finale.

Oggi 2 aprile 2020 , non mi accontento dell’appiattimento della curva   del Covid19 , stiamo su una specie di pianoro di cui non vediamo la fine , nel frattempo il bollettino del Male che ha falciato amici e conoscenti mi ha fatto perdere il ritmo delle giornate , mi ha regalato tanti giorni lunghissimi e tante notti bianche a pensare  uno ad uno i rischi che correvano tutti i miei cari , a scrivere testamenti che poi la mattina dopo riponevo in un angolo remoto della mente.

Meno male che avevo fatto la follia di essere andata a Londra un mese fa!

PS: per strani motivi scaramantici non pubblico la foto preziosa dell’incontro informale , non vorrei fosse davvero l’ultima.

Fantascienza

Al ventunesimo giorno di lockdown ho capito tutto : da qualche parte nella Galassia hanno deciso di risolvere qualche problema di mercato .

E’ tutto finto . C’era bisogno di svecchiare la popolazione mondiale , i vecchi non comprano , risparmiano e permettono i giovani di sopravvivere senza consumare smodatamente .

C’è voluto pochissimo : chi ha controllato che dentro le tute spaziali bianche ci siano davvero medici e infermieri ?

Il terrorismo mediatico si spande con poche immagini : le file di bare nei camion militari ( ma cosa c’è davvero dentro le bare?) , poche immagini confuse nei reparti di terapia intensiva , per pudore si dice.. 

Mappe su mappe , diagrammi su diagrammi , il terrore corre sul filo e a cominciare dalla Cina si è pensato alla chiusura totale di intere regioni , lì col regime comunista è stato addirittura più facile .

Secondo step: l’Italia . Paese credulone e disorganizzato , gonfio di vecchi inutili, era necessario fare  pulizia, il drone che gira sulle città desertificate ,

le camionette che giraro con l’altoparlante : restate a casa ….

Tocco di sentimentalismo : qualche bandiera alle finestre , slogan con hastag , logo con arcobaleno disegnato da bambini robot.

Nei corridoi lucidi e silenziosi dei palazzi dell’alta finanza si fanno già i programmi e i diagrammi del dopo Covid, nelle segrete interspaziali hanno già programmato con l’interesse quanto entrerà nelle tasche di chi detiene davvero il potere interstellare.

Stamani guardavo stancamente la solita immagine dell’espandersi del virus : è una fascia esatta che taglia a metà la Terra : di sopra e di sotto solo qualche pallino , tanto per non destare sospetti . Invece la fascia rossa taglia a metà il globo .

Possibile non averci pensato prima ? Non si ammalano gli africani , gli aborigeni dell’Amazonia , i Lapponi. 

In mezzo la carneficina ,o perlomeno quello che ci hanno fatto credere che sia :  tutti a casa , tutti terrorizzati a cercare le mascherine , tutti ordinati in fila al supermercato . 

Ci faccio un romanzo , lo script per una serie Netflix? E se gli uomini in tuta avendo capito che ho capito mi venissero a prendere per farmi sparire prima che la mia idea avesse il tempo di diffondersi pericolosamente ?, meglio tacere e tenermi per me la  folgorante intuizione .

Per ogni paragone riguardare un film intitolato 2022 I sopravvissuti , in originale Solent green. Interpreti Charlston Heston nel ruolo dell’eroe e un grande Edward G. Robinson. Potrebbe anche essere così.

Il paese delle aquile

Il bellissimo discorso che il Presidente dell’Albania ha pronunciato dell’inviare in Italia la piccola squadra di medici e infermieri mi ha riportato alla mente un breve viaggio che feci qualche anno fa nel paese delle aquile.

Avevo scoperto un grande scrittore albanese che scriveva in francese  e che viveva in esilio ai tempi della dittatura comunista : Jsmail Kadarè e ne  avevo letto , direi meglio divorati , tutti i suoi libri che avevo cercato e trovato nelle librerie italiane.

Avevo grazie  a lui scoperto che quella che noi chiamiamo Albania è per loro il paese degli Skipetari ( il paese delle aquile) , un paese dalla lunga storia tormentata , un paese piccolo  ,la cui gente dura e tenace aveva sopportanto nel tempo tante vicissitudini , compresa anche l’invasione italiana.

Le storie , le leggende di un popolo fiero sono nei bellissimi libri di Kadarè il ritratto di una piccola nazione tanto vicina a noi e contemporaneamente tanto sconosciuta.

C’è un libro in particolare  La città di pietra che racconta di Argirokastro , paese nel quale sono nati per  ironia della sorte sia il grande scrittore che il dittatore comunista che ha dominato il paese :Enver Hoxha.

Ho visitato Argirokastro , ho fotografato i suoi tetti grigi di ardesia , sono salita alla sua rocca , raramente si sente quanta storia sia passata in un paese quanta se ne respira tra quelle montagne.

C’erano , quando ci sono stata io , ancora tanti problemi in questa piccola repubblica ( nella quale non esisteva ancora un Catasto degno di questo nome) , un paese ancora tormentato da antiche faide familiari , un paese nel quale la democrazia faticava a a trovare una coscienza popolare.

IL discorso di Edi Rama ,oltretutto una mossa politica molto intelligente per un paese che spera di entrare nell’Europa, mi ha fatto capire quanta strada democraticamente i nostri vicini albanesi abbiano fatto dal tempo abbastanza recente del mio viaggio. 

Mi appassionano moltissimo tutte le storie dei Balcani , tutte le realtà della ex Jugoslavia , la Romania che ho visitato , tutti quei paesi che come aveva detto Churchill generano più storia di quanta poi riescano a gestire.

L’Albania ne è un’appendice peiferica , ma anche lì pesò nei secoli la dominazione turca , anche lì le leggende sembrano ricalcare quelle dei paesi vicini e spesso narrano terribili storie legate ai ponti , quei ponti che adesso in questo tempo di virus planetari non servono più per avvicinare le genti , il virus vola nell’aria e non sappiamo come e quando usciremo da questa lunga clausura .Nel frattempo ho ripreso in mano i libri di Kadarè, la rilettura è uno degli sport  che pratico in questa lunghe giornate solitarie.

Pensieri di vecchi

Dall’alto della mia veneranda età mi permetto di parlare del destino dei miei coetanei lombardi delle valli Seriana e Brembana  ed oltre.

Qualche anno fa andando con la mia macchina da quelle parti (fui invitata ad un convegno sul teatro classico nella scuola )  mi trovai veramente sconvolta alla vista di un cartello stradale che indicava : Padania , e non era un cartello abusivo!

Padania : una regione inesistente e inventata dalla fervida mente di chi voleva dividere questa nostra Italietta , già faticosamente riunita appena da poco più di un secolo .

Ero irritata che nessuno andasse a levare quello scherzo , ma evidentemente da quelle parti andava bene così e ci tutti ci si riconoscevano .

Votavano compatti i buoni lombardi delle vallate bergamasche e intanto finivano nei loro ordinati e religiosamente custoditi ospizi  perché ai figli faceva più comodo così , loro dovevano lavorare e si sa che i vecchi in casa sono una bella rottura di scatole.

Io sono più fortunata : vivo da sola nella mia casa ormai vuota , mi faccio compagnia con il computer , grazie ad una nipote in gamba vengo anche rifornita di cibo ,non mi mancano le telefonate degli amici , le lettere dei lettori del blog e le giornate non mi bastano per vedere tutto quello che ci viene offerto dai teatro attraverso gli streaming.

Per tornare invece ai miei meno fortunati coetanei rinchiusi nelle case di riposo nella indaffarata terra lombarda penso che molti dei nostri guai , delle statistiche allucinanti circa la mortalità da Covid 19 venga proprio da quegli ameni luoghi , vere bombe di contagio all’origine delle statistiche fuori controllo della regione Lombardia .

Da quelle parti hanno privilegiato il privato , tagliato forsennatamente la sanità pubblica e i risultati li abbiamo sotto il naso nella loro apocalittica conseguenza.

Si muore dappertutto , anche nella mia regione non si scherza , ma più si scende e meno le cifre sono così alte , forse anche perché il vecchio nonno in casa al Sud ancora ce lo tengono , antica pietà di terre classiche nelle quali esiste un sacro rispetto per la vecchiaia.

C’è un proverbio marchigiano che io toscana ho molto amato e fatto mio : Nun se sà dove dorme lu lepre ….tradotto vuol dire semplicemente che non si sa come le cose vanno a finire . Io una cosa la so e non mollo , vorrei riuscire a morire a casa mia.

Il discepolo di Pietro

Il Vangelo di Marco è quello più corto , sicuramente ispirato da Pietro , quello decisamente più rivoluzionario , tanto che mi spiegava un caro amico frate , in alcuni paesi era sottoposto a censure , in anni neanche tanto lontani .

All’interno c’è quella sconvolgente parabola del Cristo dormiente a poppa mentre infuria la tempesta e i discepoli terrorizzati sentono la fine vicina.

Sarà perché io in barca ci sono andata tanti anni davvero , sarà perché quando salgono le onde e viene buio ci assale la paura ancestrale , certo che quell’immagine del Maestro che dorme sereno ha in sé qualcosa di sconvolgente.

Non è un caso che Francesco , questo Papa straordinario che riesce a comunicare anche a coloro che si dichiarano non credenti  un forte messaggio attraverso l’immagine epocale che tutti abbiamo visto ieri in televisione , ma soprattutto che abbia trovato nella parabola della barca la perfetta risposta alle nostre angosce quotidiane.

Ci dovrebbe essere una Bibbia in ogni casa , cercate il Vangelo secondo Marco : sono appena una cinquantina di versetti , l’evangelista scrive ai fedeli di origine pagana , dovrebbe essere stato scritto e pubblicato nell’anno 65 , e fu ampliamente utilizzato da Luca :

capitolo 4 – La tempesta sedata : di queste poche parole ci ha parlato il Pontefice , di questo messaggio si è servito quello straordinario comunicatore capace anche di parlare con la forza della sua immagine bianca nella piazza vuota ,sferzata dalla pioggia , nella quale oltre la sua voce si sentivano le grida dei gabbiani.

Mi è sempre sembrato di vederli quegli uomini terrorizzati che scuotono Gesù per svegliarlo  e quasi lo rimproverano : Maestro non ti importa se moriamo?

Il racconto evangelico è breve , la risposta miracolosa non è quella della lettura superficiale della lieta fine 

La risposta è nelle parole di Papa Francesco : tutti insieme dovremmo superare la prova , tutti insieme dovremmo recuperare il senso vero dei valori dispersi in questa nostra vita che assomiglia tanto al tempestoso mare di Galilea.

Non sarebbe male andare a cercare nascosta in qualche libreria di casa la Sacra scrittura , aprendola a caso in ogni pagina ciascuno di noi può trovare un valore perduto , un cenno di speranza per quella forza che si dimostra solo nei casi della vita in cui ci si deve sentire veramente tutti sulla stessa barca.