Studio e lavoro a distanza

Durante il periodo più duro del lockdown si è laureata una mia nipote da remoto e vedere con quanta disinvoltura si destreggiasse davanti al pc. con i volti inquadrati dei professori che la stavano interrogando ho pensato che veramente i giovani oggi vivono una diversa era geologica dalla nostra.

Contemporaneamente un mio nipote  lavorava a Milano , proprio nell’epicentro della pandemia davanti al suo computer a controllare bilanci di una multinazionale e i miei figli  lavoravano più o meno tutti davanti ai loro schermi.

Data l’abbondanza di nipoti ho potuto fare una specie di mini inchiesta sul modo di recuperare le lezioni scolastiche da parte di quasi tutti : il  più grande, universitario, ha seguitato a studiare ma ha ammesso con nostalgia di avere perso il contatto fisico con un professore che faceva lezioni avvincenti se ascoltate dalle vivo.

Lo smart working ha avuto la sua consacrazione.

Tre nipoti : due liceali e uno di scuola media hannno probabilmente studiato di più di quanto facessero normalmente e uno addirittura , nel felice e complesso periodo adolescenziale ha forse recuperato qualcosa di più del suo rendimento ante-virus.

Però ho anche un nipotino piccolo : prima elementare e qui , anche perché coinvolta personalmente mi sono accorta quanto inutile e ridicolo sia tentare di fare lezione a bambini così piccoli, specialmente se sono i docenti non all’altezza del ruolo.

Infatti il maestro di matematica i suoi risultati li ottiene e il bambino si diverte , forse perché è un docente abbastanza giovane e bravo del suo.

Le dolenti note le ho viste altrove : i bambini distratti scompaiono calandosi sulle sedie e scompaiono dallo schermo   sbadigliando , si torcono ,forse alcuni mangiano pure e il culmine del ridicolo lo si ha quando urlano : maestra posso andare il bagno?  le voci dei nonni fuori campo fanno da supporto abbondante e l’interesse medio è bassissimo.

Della stessa maestra vediamo inquadrata solo mezza testa e anche se i gruppi di ascolto sono ridotti non è che se ne ricava molto in termini di apprendimento .

Le materie sarebbero italiano , storia , inglese : il ragazzino si siede diligentemente davanti al pc, cosa molto naturale per lui e l ‘orario di ingresso all’ascolto è semplice , ma cosa ricaverà da questa insalata mista di nozioni banali non mi è dato sapere .

Spero nella grazia divina che il prossimo anno possa ritornare sui banchi veri , già è tanto difficile mantenere l’attenzione a quell’età , non so proprio cosa potrà restargli di questa esperienza inutile e dal mio punto di vista addirittura comica.

Fare lezioni a distanza in prima elementare mi pare francamente una sfida al buon senso , comunque se mi sarà dato di seguirlo ancora qualche volta non farò critiche , ci annoieremo insieme guardando i minuti che scorrono , penso che se le cose dovessero andare così anche in un futuro non saranno  i ragazzini che dovranno essere  preparati piuttosto sono i programmi da rivedere e i docenti da ri-formare.

Quanto a me è grazie al mio blog che ho superato la solitudine più dura , non sono stata mai sola veramente .

Quindi concludendo mi ritengo soddisfatta di questo mondo virtuale che ha cambiato le nostre vite magari però risparmiando la scuola dell’infanzia , a loro lascerei ancora i cartoon da vedere .

Carmen d’antan

Eravamo in tanti ieri sera sintonizzati sulla RAI 5 dove ripassava la Carmen inaugurale della Scala dell’ormai lontano 2009.

Gestione Lissner , Baremboim e gran begli spettacoli , ce ne eravamo quasi dimenticati come potesse essere un Sant ‘Ambreus degno di questo nome.

Un Kaufmann inedito ancora in Italia , una stella nascente direttamente dall’Accademia scaligera  Anita Rashvelisvilhi e un torero col fisique du rol: Erwin Schott ancora valido musicalmente.

La stupenda regia ( ovviamente fischiata dai loggionisti  “retro”  che comunque fanno colore locale ) di Emma Dante che poi nel proseguo della sua carriera artistica avrebbe  imparato anche meglio a gestire gli spazi immensi dei teatri d’opera ed è ancora molto interessante da rivedere.

Una messinscena altamente erotica , con quel quasi stupro finale che non era stato facile per Kaufmann e lo dice la Dante in un fuori scena nel quale si lamenta con Baremboim : quando al tenore non gli  piace qualcosa si ferma ! è Baremboim paziente  : è tedesco …

Di questi piccoli problemi non c’è traccia nello spettacolo , il suo Don Josè perfetto nella Fleur  e nel finale sconvolgente . In tempi recenti Anita postò una foto nostalgica con scritto “il mio più bel don Josè.”

Ci andai apposta a Londra per rivederli insieme , ma come ogni tanto succede , lui non c’era e neppure Pappano che in quei giorni era in Italia lo sapeva ;da me intervistato sulla presenza di Kaufmann mi rispose : speriamo.

Oggi ho ricercato nella mia videoteca altre sue intepretazioni del ruolo .

In assoluto la mia preferita è quella di Londra del 2007 quando ha avuto una Carmen splendida e sensuale in Anna Caterina Antonacci .Favolosa la sua chioma lisciata e trattenuta da mille forcine all’inizio , quando il soldatino diligente tenta di ignorare le provocazioni della zingara provocante con quel roteare finale della coppia nel momento dell’assassinio. 

Divertente anche la scenograficamente scarna Carmen di Zurigo : carabiniere imbranato e occhialuto la sua trasformazione nel disperato amante segna già quella che sarebbe stata la sua caratteristica più rilevante , il calansi nel personaggio con totale aderenza e coerenza dall’inizio alla fine.

Poi la Carmen di un già disilluso Josè della Corégie di  Orange , qui è già diventato un uomo deluso e stanco , come dire parafrasando Paganini “ Kaufmann non si ripete, se la voce si fa più scura , l’ìnterpretazione è sempre molto interessante. 

FIERRABRAS

Archivi di memorie , in mancanza di meglio riapro un gioiello che fu rappresentato nel 2002 all’Opernhaus di Zurigo ripreso con successo anche nel 2006.

L’opera di Schubert ha pagine bellissime e un libretto improbabile con storie che  si rifanno alla tradizione dei paladini di Francia .

La messa in scena zurighese affidata alla mente fervida di Claus Guth e con le scene e i costumi di Christian Schmdt  diventa un divertissement in cui tutti  gli interpreti giovani sono vestiti come dei replicanti di Schubert il quale , presente in scena e creatore della storia ci porta in un racconto fiabesco tutto in una stanza con un gigantesco pianoforte in mezzo e trovatine  geniali a raccontare la storia nella quale il povero protagonista Fierrabras ha l’aspetto di un giovanissimo e divertente  Jonas Kaufmann che alla fine resta lo sconfitto in amore a favore di un rivale che poi  per quanto mi risulta non ripeterà le sue glorie teatrali.

Nel ruolo del Re c’è il compianto Laszlo Polgar e il Re dei Saladini è il giovane Gunther Groissböck , alla bacchetta un Franz Welzer Möst con tutti i ricciolini neri e il faccino , anche lui giovane giovane.

Ogni tanto riprendo l’ascolto della bellissima  opera , un ininterrotto fiume di melodie stupende.

Ne è stata fatta recentemente una ripresa salisburghese , poi ripresa anche alla Scala , ma credo che quella di Zurigo fosse talmente carina da non giustificare per il Sovrintendente Pereira l’averla accantonata in favore di quella molto meno bella di Salisburgo come aveva anche sperato e auspicato il mio amico Alberto Mattioli  in un suo articolo.

Ma si sa , spesso le motivazioni sono meno nobili di quanto si pensi.

Io l’ho salvata nella mia videoteca tantissimi anni fa e la tengo ben custodita tra le preziosità di un tempo però penso che forse la si può trovare anche su YouTube , smanettando si trova di tutto .

Io ne consiglio la ricerca.

Un libro di guerra

E’ opinione diffusa asserire che contrariamente a quanto è successo in Germania il nostro paese non ha avuto il coraggio di analizzare il passato fascista attraverso una rimozione assolutoria delle colpe storiche mentre invece i tedeschi questo coraggio lo hanno avuto.

Non ho strumenti di storico per fare mia questa affermazione anche se devo ammettere che sia gli scrittori i che  il teatro e il cinema tedeschi ci hanno raccontato con coraggio crudele le loro colpe e il loro passato senza rimozioni.

Pensavo invece al nostro paese , ai nostri scrittori qualche giorno fa quando ri-leggevo , la mia è un’età di riletture , un piccolo libro di Beppe Fenoglio , un autore che fu molto amato in famiglia e del quale a suo tempo lessi quasi tutti i suoi libri .

Morì molto giovane e forse le sue fortune letterarie rimasero ristrette ad un pubblico , per lo più maschile , intorno a lui sicuramente si è creata una sorta di culto da addettti al lavori , relegandolo fra i cosiddetti scrittori di guerra.

E scrittore di guerra Fenoglio lo fu ,ma crudele testimone di quella guerra partigiana che vide nei suoi luoghi piemontesi non solo una guerra contro l’invasore tedesco ma piuttosto una guerra fratricida tra quei ragazzi italiani che restando fedeli alla Repubblica di Salò furono anche più crudeli dei loro alleati tedeschi nei confronti dei partigiani badogliani .

Ragazzi saliti in montagna per difendere la terra dal nemico comune che però rispecchiarono in qualche modo una lotta di classe  , i ragazzi del popolo contro i figli della borghesia colta che ugualmente presero la strada della montagna e finirono addirittura a ucccidersi fra di loro.

Pagine potentissime che potrebbero servire anche oggi a interpretare meglio quello che fu lo spirito della Resistenza in tutte le sue sfaccettature .

A guerra finita da noi si preferì stendere un velo sopra le colpe , i peccati , le viltà , la ferocia attraverso un prevalere del “volemose bene” che perdonava senza passare dal’analizzare i perchè tante vicende che erano accadute.

Il piccolo libro di Fenoglio : Una questione privata non è la sua opera più celebrata che resta Il partigiano Johnny ,probabilmente non è neanche una stesura definitiva , l’ho ripreso in mano proprio nei giorni intorno alla celebrazione della Resistenza e mi ha fatto pensare quanto sarebbe utile per i ragazzi di oggi leggere anche un po’ di storia italiana senza fermarsi alle letture imposte scolasticamente che quando va bene arrivano alla Prima guerra mondiale . 

Diffficilmente i docenti azzardano la lettura che praticamente attraverso il ventennio fascista fa da ponte alla Seconda guerra mondiale che si può anche leggere come un  proseguimento della Prima.

La costruzione dell’Europa unita nasce dai grandi errori del secolo breve , ma non mi pare che in questo avvio del nuovo millennio ci sia stata la capacità di trarre insegnamento da tutto il sangue che ci siamo lasciati dietro.

Meno abbondante della letteratura tedesca , abbiamo però lo splendido cinema di Roberto Rossellini , opere di Montaldo , di Lizzani e tra i libri merita un capitolo rilevante la produzione intensa illuminante di Beppe Fenoglio.

La morte di un artista

E’ strano come questo morbo che ha sconvolto le nostre vite possa avere in qualche modo influito anche in una storia privata  a me tanto cara.

Lo scorso mese di marzo , in pieno lockdown mio cugino amatissimo , il tenore Angelo Loforese aveva compiuto la bella età di cento anni e non ero potuta andare a Milano a festeggiarlo.

Viveva ormai da qualche anno a Casa Verdi ed era per me un vanto e un onore entrare nella straordinaria Casa di riposo per artisti e dire : mi aspetta il professore.

Salivo quella scala sempre con commozione sotto lo sguardo del monumento al suo fondatore che amava dire essere quella Casa la sua opera più bella.

Anche negli ultimi anni mio cugino che mi aspettava con garbo sorridente in cima alla scala poi mi portava nel salone  o a volte nella sua camera e incominciva a raccontare , sempre qualcosa di nuovo , sempre racconti pacati, con sottile humor e un guizzo allegro negli occhi anche quando mi diceva parlando della triade gloriosa di tenori che ebbe davanti negli anni luminosi della carriera : ma io li ho sostituiti tutti! 

Corelli , Del Monaco , Di Stefano e lui sempre dietro amatissimo dai direttori di teatro che erano sicuri di lui , della sua possente voce , del suo recitar cantando che era la chiave del suo essere un grande interprete .

Una volta mi ha detto sorridendo che mentre preparava il curriculum per entrare in Casa Verdi si era accorto quasi con stupore di avere  cantato più di 70 opere e non solo quelle di grande repertorio . Lui spaziava anche in percorsi meno frequentati , al leggere quell’elenco si capisce la sua grande versatilità .

Aveva cominciato cantando da baritono , poi l’estensione della sua voce lo aveva portato ad essere tenore e che tenore!

Il divertente racconto dell’incontro con Von Karayan e della corsa in macchina con lui per arrivare a teatro contento di arrivare perché il grande maestro  guidava come un matto e poi Angelo aggiungeva sempre con grande signorilità : purtroppo ero antipatico al suo segretario , la mia collaborazione con lui finì troppo presto.

Mi spiegava che dal suo grande maestro Gherardini aveva avuto un importante insegnamento : pensa che la voce non deve uscire da qui e indicava il petto ,ma da quassù e indicava la fronte poi però mi raccontava che una volta dopo l’aria “pazzo son “ dalla Manon di Puccini uscendo dal palcoscenico la sarta del teatro piangente gli disse : lei maestro mi fa morire cantando cosi!

E mi raccontava anche che dopo la morte di sua moglie non riusciva più a cantare “ testa adorata “ dalla Bohème di Leoncavallo , l’aria lo emozionava troppo.

In qualche modo la mia parentela con lui c’entra pure con la mia frequentazione di Jonas . Una volta a NewYork nel backstage della Carnegie Hall bastò fare il nome Loforese per farmi diventare subito interessante agli occhi di uno dei suoi agenti :Alan Green il quale corse da Bruce Ziemsky indicandomi  – sai chi è questa ? la cugina di Angelo Loforese . Lontana gloria riflessa.

Tanti anni fa ad Ancona c’era un teatro d’opera all’aperto dentro la Fiera della Pesca , ormai non se lo ricorda più nessuno e mio cugino ci venne a cantare il Trovatore . Dopo lo spettacolo lo andai a salutare , fuori uscivano i barchetti per la pesca notturna e il rumore dei loro motori si era intrecciato con il tintinnare delle alabarde degli armigeri in scena.

Invece avevo un vago ricordo del suo  mitico Don Carlo , del quale Alan Green recitava il cast come una formazione calcistica , ero una ragazzina e a teatro ci andavo sempre con la mamma, mi pare solo di ricordare che una scenografia scema mi impedisse la vista completa dalla Prima gradinata del vecchio teatro.

Gliene parlavo nei nostri incontri quando ci siamo reincontrati , prima nella sua casa di via Melchiorre Gioia , poi nella sua ultima sistemazione che aveva accettato con lo stesso garbo signorile con il quale parlava sempre di sé , della sua vita di girovago , della sua famiglia  e dei figli amatissimi. 

L’ho ritrovato da vecchia  e per mia fortuna ho piena la memoria dei nostri incontri che mi hanno anche consentito di incontrare sua figlia Savina che per uno strano caso ho sentito subito tanto vicina , la linea di parentela sembra complicata nei nomi , essendo di linea femminile ma in fondo Angelo era semplicemente un cugino primo della mia mamma inoltre anche omonimo di mio nonno Angelo , quello che ha suonato nell’orchestra del Maggio  ed era stato pure invitato da Toscanini ad andare con lui in America.

Oggi sono molto triste , non posso partire per Milano per andare al suo funerale , questa Lombardia chiusa per Covid mi sembra una sorta di maledizione : non ce l’abbiamo fatta a reincontrarci per festeggiare il centenaio .

Quando nei primi incontri a Casa Verdi lo salutavo per venire via mi accompagnava fino al portone e aspettava l’arrivo del taxi , io mi giravo indietro e lo vedevo galantemente salutarmi con capppello in mano , l’immagine elegante di un vecchio gentiluomo 

L’ultima volta invece , orami molto piccolo e tremante sorridendo mi aveva detto “ ci rivedremo alla stagion dei fiori”…..con il solito guizzo ironico negli occhi vivacissimi.

Resta la sua potente e limpidissima voce nelle rare incisioni e i filmati su YouTube , inutile dire che la sua splendida voce di tenore assomiglia ad un’altra voce che amo tantissimo.

Depositi

Una persona gentilissima che vive tanto lontana da me e che gentilmente mi legge ha scritto ieri sul blog che si possono trovare miei vecchi scritti in rete. La frase mi ha incuriosito e allora anche io sono andata a ricercarmi nei depositi della mia memoria e della stratificazione dei miei passaggi da un blog ad un altro .

Ci ho trovato una quantità incredibile di articoli , foto di Kaufmann  non solo e poi soprattutto , nonostante credessi di avere tutto nella memoria del mio pc mi sono accorta con dispiacere di non risalire fino al mio primissimo pezzo che mi aveva aperto la porta di questo mondo parallelo .

E’ stato così che invece , scavando e risalendo più indietro alla fine ho trovato addirittura il mio primissimo articolo che trattava di due Don Carlo visti in sequenza da Monaco a Salisburgo .

Con un certo strano effetto ho ritrovato  alcuni mei pezzi e li ho letti in traduzione , evidentemente si sono salvati così e mi hanno procurato una certa ilarità. Buffo leggersi tradottti con i traduttori automatici , sembrano spesso pensieri molto più stupidi e banali.

Alla fine di tutta la ricerca ieri sera avevo pensato di stamparmi tutto su carta , la benedetta memoria cartacea che evidentemente ad una persona della mia generazione sembra ancora essere l’unico mezzo palpabile per mantenere la memoria.

Poi ho pensato alle biblioteche medioevali , al Nome della Rosa, mi sono mentalmente rivestita del saio di un amanuense e mi sono sentirta ridicola. Non credo che stamperò niente , in fondo se si perde la mia memoria del pc anche le biblioteche bruciavano e le memorie si perdevano .

Manuale o digitale questa è in sintesi la ineluttabilità della memoria umana.

Mia sorella mi ha mandato , tanto per cambiare , per What’s up , un pensiero ritrovato negli archivi arruffati della memoria familiare uno scritto della mia mamma: Serve all’anima serbare per ricordare.

Rivedere Werther

Ieri sul sito del Met tornava il Werther del 2014 , non avevo messo in programma di rivederlo ,ma il link messo generosamente sul web da un caro amico ha fatto si che ci abbia cliccato sopra , quasi meccanicamente.

Così sono rientrata dell’atmosfera straziante e fascinosa della storia del giovane infelice così mirabilmente raccontata da Goethe e poi per uno strano connubbio perfettamente musicata dal francese Massenet .

Tanti nomi gloriosi della lirica hanno impersonato l’infelice romantico , inizialmente addirittura scritto per la vocalità baritonale , passato poi attraverso la voce di Alfredo Kraus addirittura al tenore leggero.

Ma è con Jonas Kaufmann che Wether trova la personificazione ideale , soprattutto grazie alla stupenda e bergmaniana edizione parigina di Benoit Jacquot del 2010 che tanti cuori femminili fece palpitare .

Il mio tra quelli e quando dopo tre anni l’0pera fu ripresa al Met presi letteralmente il volo per andare a sentirla dal vivo.

La versione americana non aveva la raffinata eleganza di quella francese , in parte ne restai delusa anche se nel crescendo dell’opera la potente interpretazione di Kaufmann trovava accenti drammatici anche più forti e più tragici.

Ricordo un paio di momenti durante la rappresentazione : il suo apparire come uno spetttro alla porta della casa di Charlotte nel quarto atto , questo momento si perde nella ripresa streaming e quel disperato urlo silenzioso davanti alla porta chiusa della su amata fuggita dopo il momento di follia amorosa che segue la lettura dei versi di Ossian.

Il finale poi , mutuato chiaramente dalla versione parigina , fortissimo e crudele con quella piccola stanza che si avvvicina al proscenio, inquadra il gesto suicida con feroce realismo.

Così ho ricordato nella visione in ottima qualità HD trasmessa ieri tanti momenti che avevo forse un po’ scordato e mi sono di nuovo trovata a soffrire e a commuovermi come tanti anni fa.

Alcune osservazioni sull’ascolto rinnovato : intanto la bellissima direzione di Antinoglu, possente e senza le dolcezze di Planchon perchè spesso i direttori francesi non sono i migliori con il loro repertorio e soprattutto la mirabile rappresentazione in crescendo di Kaufmann , in un momento particolare della sua vita di artista e di uomo.

Non era al massimo della gioia e della serenità in quel periodo , la sua magrezza e il suo humor nascondevano un vero travaglio personale e questo , col senno di poi , lo si coglie appieno durante la sua esibizione.

In questo momento in cui non abbiamo tanto da raccontare di nuovo , solo sperare che piano piano questo virus che ci chiude nelle case e nei nostri confini ci consenta di evadere e di potere tornare a godere della grande musica nel resto di Europa , mi accontento di ri-guardare e di  ri-commentare le passate emozioni vissute.

Mascherine

Adesso scappa fuori che addirittura uno la mascherina se la può fare anche da solo e allora crolla tutta una specie di mito intorno a questo feticistica super mega protezione contro il Covid19.

Mi diverte vedere le varie interpretazioni del suddetto oggetto così desiderato e così difficile da trovare quando serviva drammaticamente di più.

Dato per scontato che agli italiani piace mascherarsi si nota la voluttà con la quale alcune sottospecie umane hanno reagito all  mascherina- libera- tutti.

Quella per me più cretina è quella tricolore del ministro Di Maio perchè se ancora era tollerabile sulla faccia della fascista Meloni lo è molto meno sul viso di quello che dovrebbe essere un serio e decoroso ministro della repubblica tanto è vero che il Presidente della Repubblica , il Presidente del Consiglio e in generale tutti quelli che fanno seriamente il loro mestiere usano la mascherina chirurgica , anche se è stata ed è tuttora fonte di polemiche per la sua introvabilità a prezzo calmierato dal governo.

L’ineffabile capo della Lega ne ha trovata non so dove una nera non senza una citazione tricolore laterale, il patriottismo da fiera di paese.

Ci sarebbe anche da osservare poi come la tengono quelli che credono sia una specie di para-collo  sottomento , come dire io ce l’ho in caso di controllo e la tiro su se proprio me lo chiedete , altrimenti mi protegge la gola , notoriamente non attaccata dalle dannate goccioline epidemiche.

La mascherina libera ha sviluppato tutta una serie di varianti secondo l’uso : ho già visto le mascherine abbinate agli abiti da sposa , tutte di pizzo , quelle fantasia floreale , molto primaverili , quelle con la frase ( ovviamente in inglese) augurante tutti i superamenti virali, quelle con la cifra padronale , quelle aziendali , quelle da bambino con i disegnini allegri e tutto sommato queste sono le più utili nel caso il bambino fosse restio a indossarle quando ancora è necessario.

Io ne avevo comprata una in farmacia, ce ne era un cesto pieno  in mostra e a mia domanda mi è stato chiesto un prezzo elevato , però la farmacista mi ha spiegato che era rilavabile e utilizzabile fino a quaranta volte .

L’ho comprata e l’ho trovata comodissima , ma uno dei miei figli quando mi ci ha visto con quel cencio sulla faccia mi ha detto : perché ti sei messa un paio di mutandine riciclate in faccia ?

Ho capito che sulla mascherina devo ancora cercare quella giusta , ma sopattutto spero che alla fine dei quaranta lavaggi non mi serva proprio fare una ricerca per trovarne una nuova  giusta per me , anche per risolvere il problema delle orecchie a sventola che non era una dei difetti che avevo e che invece implacabilmente questi oggetti di uso quotidiano procurano drammaticamente proprio a tutti.

L’asociale

In questo periodo particolare ho scoperto qualcosa di nuovo su di me.

Ho scoperto di essere un essere asociale ,asintomatico e minoritario.

Non riesco a partecipare al dibattito sulla ripresa di bar e ristoranti : nei primi entravo solo se invitata e secondo persone che mi conoscono se fosse stato per me non sarebbero stati inventati ,nei secondi ci andavo di rado , solo per necessità , più o meno quando ero in viaggio : la teoria che nessun posto per mangiare è migliore di casa propria era una specie di mantra , quindi nessuna caccia al “ristorantino” nuovo da scoprire , nessuna curiosità in merito.

In compenso mi mancano enormemente i teatri , gli auditorium , ogni tipo di spettacolo , i treni , i voli , gli alberghi abituali di cui conoscevo anche le diverse offerte di prima colazione , i misteri dei rubinetti dei bagni e delle luci.
Orfana di spettacoli non riesco neanche a drogarmi di streaming : vado in overdose troppo presto per goderne davvero.

Mi rendo conto che al mondo mancano tante cose che a me non sono mancate affatto : ho passato questo tempo di solitudine godendone la preziosa rarità : un tempo quando passavo in tram da una strada di Firenze leggevo sempre una scritta sul muro esterno di una villa “ o beata solitudo o sola beatitudo”, non mi ricordo bene dov’era quel muro di cinta , oserei in Via degli artisti , ma non ne sono più certa.

Il mondo della musica si è inventato quel modo a francobollo di cantare ognuno a casa sua , ogni musicista si è preso in mano il proprio strumento e con gli  auricolari ha suonato in questa nuova dimensione di solitudine con gli auricolari che mi ha curiosamente ricordato il musiksuzamenn tanto raccomandato  da  Claudio Abbado.

In questo caso per suonare si devono per forza ascoltare davvero!

Comunicazione di servizio: il mio blog ha taciuto per giorni e ancora non è a posto : senza nulla cambiare finalmente sarò su un piccolo dominio tutto mio  e sarà più facile contattarmi , almeno spero .In settimana i miei lettori avranno l’annuncio ufficiale. Per ora mi si può leggere ancora solo attraverso le mie pagine Facebook.

San Ciriaco

Per un curioso caso del calendario la fine della quarantena nella città in cui vivo ha coinciso con la festa del Santo Patrono : il 4 maggio  è San Ciriaco e vuol dire anche la fiera di maggio ( per intenderci quella che raccontò mirabilmente Luchino Visconti nel film Ossessione).

Fiera molto amata e da me aborrita , anche perché ormai non esistono più le fiere d’antan e le bancarelle vendono tutte le stesse schifezze cinesi o sono diventate paninerie. 

Quest’anno la fiera non c’è stata e forse  per me che in fondo all’anima sono “foresta” ne ho goduto , anche le pandemie portano qualcosa di buono.

Mentre la gente sciamava allegramente e tutto sommato ben distanziata e mascherata io finalmente ho rivolto la macchina verso il monte e per prima cosa sono andata al cimitero finalmente riaperto , non c’era folla , è un piccolo cimitero un tempo di una frazione abitata solo da contadini e pescatori.

La mia destinazione finale non era lontana , pochi chilometri che non avevo più percorso negli ultimi due mesi ,sono andata a casa di mio figlio maggiore.

Due mesi esatti , da quel quattro marzo quando scesi dall’aereo che mi riportava a csa reduce da Londra : il Fidelio , l’incontro con Jonas in palcoscenico alla fine dell’opera , l’incontro casuale con l’ex primo violino di Santa Cecila , l’aria festosa di una serata finita allegramente, mentre guidavo sulla strada del monte mi sembravano piuttosto una réverie che una cosa avvenuta realmente.

Due mesi esatti di strana prigionia , di vuoto , di noia e forse anche un po’ di paura , quella solo di notte quando nell’insonnia si allungano i fantasmi.

So bene che non è finito tutto , anzi c’è da temere una recrudescenza del virus quando tra quindici giorni misureremo l’effetto di questa prima riapertura ma una cosa tristissima la so : in questo periodo e qui nonostante che la pandemia non abbia picchiato forte non ho potuto porgere l’estremo saluto a due persone che conoscevo bene, ho misurato il tempo che scorre in modo implacabile , il mondo si è riempito di storie strazianti che hanno come cancellato  le guerre che nel frattempo seguitavano a mietere vittime , l’atmosfera si è fatta più pulita , gli animali hanno ripreso gli spazii urbani , la natura indifferente ha seguitato a percorrere il ciclo delle stagioni .

Guardavo con tristezza le siepi fiorite ai bordi della strada : non ho più programmi di viaggio , i miei progetti cancellati , i teatri chiusi , è calato il sipario su quello che restava di prezioso nella mia vita.

Questa parziale apertura cambia poco nella vita di milioni di persone , molto resta ancora chiuso , molti ancora dovranno riaffrontare la voragine economica che seguirà.

Questo fermo immagine da “day after” lascia molti segni indelebili , viene da pensare che uno strano disegno superiore si diverta a richiamare  il mondo intero alla sua condizione di precarietà . 

Siamo come i dinosauri che corsero tutti insieme verso il baratro dove si estinsero o siamo esseri pensanti capaci di trovare un nesso in questo segno

nel quale trovare un avvertimento per un cambio di rotta?

Le tagliatelle al ragù di mio nipote Tommaso che in prigionia si è scoperto una vena di chef e il vino francese di meditazione che ha chiuso il piccolo pranzo familiare mi hanno riconciliato col mondo , i pensieri cupi li ho lasciati al domani.

Calendimaggio

Questo strano momento ha risvolti impensabili.

Quando i veccch leoni della llirica Lissner , Pereira e Meyer sono approdati in Italia , nei teatri più poveri del panorama della lirica europea molti hanno pensato che fosse una specie di cimitero degli elefanti .

In effetti , anche prima di precipitare nel baratro Covid non è che la Scala , il SanCarlo e il Teatro del Maggio fiorentino brillassero di prospettive di rinnovamento aldilà dei nomi prestigiosi che sono arrivati a guidarne le sorti .

Poi lo stop gigantesco ha fatto il resto : tutti a casa , difficile pensare davvero come e quando si potranno sul serio riaprire le stagioni liriche nei massimi teatri non solo in Italia.

I cantanti , salvo forse quelli che si contano sulle dita di una mano , non stanno dormendo sonni tranquilli e certamente non li salverà quella specie di catena di Sant’Antonio dei concertoni in streaming , ciascuno a casa sua.

Ma ieri sera ho pensato che la zampata di leone del vecchio Pereira ha battuto tutti d’anticipo : lo sgangherato happening del Maggio , anche se gli ascolti non erano certo quelli del Met ha dimostrato che la sua catena di conoscenze , la sua pratica antica , la sua infinita rete di rapporti interpersonali ha prodotto il primo evento italiano in grado di stare all’altezza di un futuro mercato internazionale.

I commenti impietosi sul suo più che zoppicante italiano , la connessione artigianale , la disuguaglianza degli interventi ha comunque ottenuto più di un milione e mezzo di ascolti e di partecipazione attiva .

La sublime gag della barzelletta meritava di diventare virale dui social , anche se dire virale oggi non è più di moda.

Certo , ci sono stati esempi ben più alti di partecipazione ad un evento in streaming visti recentemente , ma non tutti sono il Bayerichestaatsoper e soprattutto non tutti hanno un pezzo da novanta come Kaufmann in casa .

Sicuramente Pereira gli avrà telefonato , ma forse non era il momento per lui di pensare a Firenze . La Germania ripartirà sicuramente con più organizzazione , hanno dato un taglio netto e programmano a distanza superiore , penso che possano permetterselo.

Come giocheranno il loro futuro i tanti teatri d’Europa che avevano prestigiose stagioni ? Molti hanno tagliato l’intera attività 2020, tutti sono alla ricerca di formule più o meno allettanti per cercare di non morire e insieme con loro le tante professionalità che di lirica vivevano.

Il vecchio Pereira si è giocato la sua carta promozionale , mi divertirà vedere gli sviluppi di questo strano gioco a distanza che i teatri stanno tentando di progettare per sopravvivere.

L’importante che insieme a loro sopravviva tutta una generazione di artisti oggi letteralmente sbattuta sul lastrico e insieme a loro gettare nella  crisi di astinenza più nera tutti gli appassionati di lirica che li amavano e li seguivano con affetto.

Firenze

Chiudo questo mese di aprile , strano come tutto quello che abbiamo vissuto con un ricordo che mi è tornato alla mente quando ho letto che forse le future visite ai musei avverranno  con modalità distanziata , con ingressi contingentati e con prenotazioni ristrette.

Potrei cominciare così : c’era una volta una ragazzina che viveva nel centro di Firenze , sfollata per caso con la famiglia nel centro storico e che viveva una estate di  libertà andando a giocare in Piazza Signoria , salendo a cavallo del leoni della Loggia dei Lanzi.

Quella ragazzina entrava e usciva dagli Uffizi come fossero casa sua , sostava con calma davanti alla Venere del Botticelli , poi correva nei corridoi 

dove riposava nel mezzo una statua di Ermafrodito che la incuriosiva sempre.

Quella ragazzina andava a giocare a Boboli , la sua mamma intraprendente aveva ottenuto dal Comando alleato il permesso di portarci le bambine a prendere aria  .

Quella ragazzina girava in una città piccola e bellissima e che non c’era più ormai da tanti anni infatti  la ragazzina  divenuta adulta finiva per non avere tanta voglia di tornarci se non per andare a trovare la famiglia.

Quella perduta era la sua Firenze , quella di Pratolini, di un perimetro stetto tra la sua scuola elementare Dante Alighieri , la casa di Dante , la bottega del babbo , piazza Santa Croce fino a via del Corno , dove c’era la bottega del legatore di libri  nonché pittore dove conversavano altri pittori che si chiamavano Miniati e  Annigoni in caldi pomeriggi assonnati.

Poi era andata ad abitare in San Gervasio : quello della poesia di Soffici che comincia così “Palazzeschi eravamo in tre…” e finisce con la malinconia.

Anche quella periferia dolce e profumata dei glicini che cadevano dai villini era stata inghiottita da nuovi palazzoni anonimi , difficile ritrovare l’atmosfera dannunziana della Cappuccina sulla via per Settignano.

Chissà se nel prossimo fututo questa battuta di arresto che lo strano piccolo elemento infernale che chiamiamo Covid19 ha provocato nel mondo intero non possa riportare la calma nei musei , il vuoto nelle strade di Firenze non più intasate da torme di cinesi irreggimentate dietro guide turistiche inalberanti vessilli fantasiosiosi e improbabili..

Chissà se la vita , con tutte le dovute cautele non possa ritrovare un suo ritmo meno frenetico .Forse non saremo noi vecchi a goderne , può darsi però che potrà essere dato alle nuove generazioni la possibilità di ritrovare un mondo più a misura d’uomo di quello che incoscentemente avevamo consegnato loro.