Diario viennese -3

Ultimo giorno a Vienna . La mattina c’è  la nebbia, poi la giornata si apre in un caldo abbastanza innaturale , anche qui.

Breve passeggiata , per me un classico viennese : la cripta dei Cappuccini. C’è tanta storia la dentro e ogni volta quando ci ritorno non penso soltanto al bellissimo libro di Roth letto tanti anni fa , ma anche a tutto quando c’è di effimero nella gloria terrena.

Per fortuna non ci sono folle di turisti , la visita è ancora relativamente ,elitaria.

Nel pomeriggio alla Staatsoper : qui le opere cominciano presto , ottima abitudine che in Italia non prenderemo mai.

Die Frau ohne Schatten, mai vista e sentita da me dal vivo ; Richard Strauss più Hugo von Hofmannsthal e un cast sulla carta veramente notevole. Rappresentata qui per la prima volta nel 1919 ha visto la ripresa del centenario proprio adesso , nel 2019.

Siamo alla ripresa  della ripresa, l’opera era stata data in marzo , parte del cast è cambiato . Non è cambiato il megadirettore galattico Thielemann , che non amo particolarmente , ma devo ammettere che con questo mostruoso organico orchestrale ( gli strumentisti sono stipati pure negli accesi laterali) la resa complessiva è stupenda.

Non altrettanto stupenda è la messinscena , addirittura così tradizionale da far sembrare qualche magico momento musicale ..una recita scolastica. ( vedi i bambini con le candeline in mano alla fine!)

Straordinaria Camilla Nylund, suo il meraviglioso melologo finale da brividi.

Mi manca la Herlitzius , comunque la Nutrice è sostituita bene da Mihoko Fujimura. Grande come sempre Nina Stemme , la sua voce sembra superare il tempo che passa.

Schager e Konieczny , le voci ci sono , la partecipazione ai personaggi ..così come vuole Thielemann, nella più semplice delle convenienze.

Mi resta da pensare e non poco al fatto che Strauss e Hofmannsthal si scrivessero per anni, durante la prima Guerra mondiale , per confrontarsi su un racconto fiabesco orientale, quasi allontanando il mondo reale che li circondava.

Vero è che la fiaba è piena di sottotesti, ci troviamo di fronte a qualcosa che rimanda continuamente ad altro, testo e musica sono così preziosamente complementari e così pieni di rimandi ad altre storie, altre sollecitazioni.

E’ stato bello chiudere a Vienna questa breve vacanza , ho ripreso a camminare , ho visto cari amici , come dice l’amico Delise : il mio mondo.

Diario viennese- due

Opera seria di Mozart, l’ultima ,tratta da un dramma di Metastasio. Fu rappresentata a Praga nel 1791 ed ebbe davvero alterne vicende.

Pare addirittura che prima fosse stata commissionata a Salieri e che comunque i recitativi secchi siano di Sussmyar , l’allievo prediletto dei grande Amadeus.

Stasera sarò per la prima volta Theater an der Wien, un altro spazio viennese da scoprire.

Intanto al mattino , per fare contento il mio caro amico “autista” la sua guida solerte ha individuato una meta campestre, kilometri e kilometri nella campagna piatta verso nord-est e finalmente arriviamo a Morbisch, sul lago Neuseldsee, pare sia il lago più grande del centro Europa . Nella ridente cittadina ci fanno anche un festival dell’operetta proprio in riva , un pò come a Bregenz .La stagione è finita , ma tutto ha un’atmosfera abbastanza affascinante e mangiamo pure bene ( beviamo meglio ) uno strano Traminer , fruttato e tanto diverso da quello che ci aspettavamo, buono però.

Eccoci dunque alla première della Clemenza di Tito che mi riserba la gioia rara di avere addirittura due controtenori nel cast,, tanto serve per questa complicatissima vicenda che una non garbata Maria Luisa di Borbone aveva definito. :”una porcheria tedesca in lingua italiana.”

Che sia cantata in italiano non ci giurerei , il cast è molto internazionale , ci sono dei momenti in cui leggo sui visori laterali ,..in tedesco, se mi era sfuggito qualcosa.

Teatro vecchio e polveroso di glorie , il pubblico molto eterogeneo: è la prima e probabilmente c’è anche attesa dell’evento che personalmente non mi pare eccezionale.

La storia dell’imperatore tormentato dal dubbio se punire l’amico traditore Sesto , con il contorno dei doppi tradimenti è abbastanza nota anche se complicata. La messinscena minimalista con scena rotante non è nuovissima e anche le retroproiezioni poco aggiungono alla chiave di lettura .

Non basta vestire Sesto da prigioniero di Guantanamo per dare un tono attuale alla vicenda , comunque i cantanti , sconosciuti per me , sono tutti di buon livello mozartiano, a Vienna credo sia quasi un minimo sindacale.

Resta la valutazione positiva di avere sentito un Mozart abbastanza poco rappresentato , quindi prezioso per le mie orecchie. Certo che per le alterne vicende del potere che anche allora funzionava così l’avere licenziato il Da Ponte per un più modesto Mazzolà lo si sente e Mozart aveva , pare , pochi giorni per portare a termine l’impresa che pure ha momenti mirabili e che ci spiegano anche la predilezione  del maestro  Muti per quest’opera.

Usciamo nella bella serata viennese , musica rara e preziosa nelle orecchie. Sarò contenta di leggere la critica “paludata” , io scrivo solo per la mia gioia e quella degli amici che mi seguono.

Diario viennese –

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Un giorno vuoto di spettacoli, aria tiepida di autunno. Andiamo in macchina a Grinzing , un mio vecchio desiderio realizzato dai miei cari amici.

In realtà volevo soltanto andare a salutare Gustav Mahler nel suo ultimo riposo. C’è anche la amatissima Alma a pochi passi da lui, con tanto di due cognomi e non sono tutti lì gli uomini della sua vita.

Un piccolo cimitero , mi ricorda le Porte Sante a Firenze, le stesse statue dolenti , più o meno tutte della stessa epoca.

Poi rientriamo verso la città, anche se Valeria ha un programma che si realizza a metà, siamo tutti stanchi e forse la serata emozionante del giorno prima ci ha un pò provato.

Ceniamo al Getreidenmarkt, enorme Cordon Bleu….pretendo troppo dalla mia disappetenza.

Mercoledì 16. Al Musikverein.

Se chiedo a cento persone se sanno cosa sia mi devo spiegare dicendo : è quella sala dorata dove fanno il concerto di Capodanno…e non sanno che quella serata è solo per i turisti e per le tv: in quella sala dall’acustica incredibile c’è un concerto al giorno e si tratta sempre di livelli straordinari.

Ci stanno di casa i Wiener Philarmoniker anche se stasera ci suoneranno i Wiener Synphoniker diretti da Philippe Jordan.

Un programma raffinato e forse un pò difficile per il gentile signore indiano che mi siede accanto, poi mi spiega che è il sogno di una vita essere riuscito ad ascoltare musica in questa magica sala.

La prima parte comincia con una breve corale di Bach, su testo di Martin Lutero. Segue Arvo Pàrt con Sette Antifone per coro a cappella e sono i grandissimi Wiener Singverein. La prima parte si chiude con il Magnificat di J.S.Bach per soli ,coro, orchestra e basso continuo. Tra i solisti Michael Volle ,lo avevo lasciato Hans Sachs a Bayereuth, lo ritrovo a Vienna una sera qualunque.

Per fortuna mi ero comprata il programma , anche se in tedesco , ma qualcosina comincio a capire e soprattutto a ricordare , infatti la seconda aria per soprano me la segno mentalmente : Et exsultavit spiritus meo in Deo salutari meo, dolcissima con oboe….

Seconda parte con la grande orchestra completa e la Quinta sinfonia di Mendelssohn , Reformations: mi è volata in un attimo , dal dotto programma dovrei trovarci tante cose : dall’Amen di Dresda fino a riprendere la prima corale di Bach , mentirei se dicessi di avere capito tutto , certo che l’ho trovata bellissima e Jordan questa volta mi ha davvero incantato.

Ogni tanto la vita mi ha regalato una serata in questa magica sala, fortunati i viennesi che ci possono venire tanto spesso e oltre a tutto non è neppure così cara come si potrebbe pensare .

AL KONZERTHAUS

Una sala strapiena , un pubblico festoso . Le colonne illuminate con tutti colori , gli ori che brillano nelle stupende decorazioni Deco.

Il pericolo di una operazione commerciale è forte , il lancio del nuovo CD Wien è concreto e la prima parte del concerto con l’ottimo Jochen Rieder alla bacchetta e l’orchestra di Praga lo confermano : esce Jonas in frack, sono lontani i tempi in cui era “un paggio” e la prima parte scorre con il mio fondato sospetto che questo concerto mi valga per “bonus capodanno”.

Sembra addirittura tutto un pò ingessato , anche se comunque molto piacevole.

Solo nel finale scoppiettante con la Sorensen e Wiener blut mostra quello che poi diventerà tutta la seconda parte.

Jonas si è tolto il frack, arriva elastico ed elegante in un abito abbastanza normale ed elegantemente attacca quella che sarà una serata memorabile per la gioia di chi c’era e per la speranza che comunque , dato il grande dispendio di telecamere ,  microfoni e amplificazioni credo diverrà un must televisivo.

Jonas comincia a raccontarci attraverso canzoni per lo più sconosciute ai non viennesi di giovani coppie che vanno a Grinzing, che passeggiano tra i fiori del Prater e parlano di giovani coppie innamorate, tutto ha il profumo di cose antiche e l’operazione commerciale diventa una operazione colta, niente affatto banale : comincio a pensare al Profumo di Vienna di Ernst Lothar ,ai film in bianco e nero tra le due guerre mondiali, ad un tempo comunque perduto.

Nelle canzoni si affacciano graziose fanciulle innamorate , coppiette che magari non hanno il sangue blu nelle vene e si arriva trionfalmente a raccontarci che quello può essere” il giorno più bello”,e   poi non poteva mancare   Lehar e la sua magica Lustige con il celeberrimo Lippen Schweigen , ballato quanto basta con la fantastica partner.

Jonas usa tutte le sue armi di crooner, fischietta in maniera mirabile , sembra che la sua voglia di cantare sia così tanta che i bis , addirittura cinque sono scanditi anche col gesto compiaciuto delle dita che li conta.

Ed alla fine , nascosto in mezzo all’orchestra in riposo , accompagnato al  piano dall’amico Jochen ci fa pure sapere che la morte non può essere che viennese , anche se l’amore è francese per cui , insomma , alla fine, non è poi quella cosa drammatica che pensiamo.

Credo che mai come in questa occasione la celeberrima Wien Wien nur du allain abbia avuto un interprete così teneramente innamorato da autorizzare chiunque a comprarsi il CD e ad ascoltarlo con la dovuta attenzione .

Senza ignorare la deliziosa “Servus” in viennese , nella quale si dice che per dirsi addio è molto più lieve  esprimersi così, in questo distacco, in questo modo sarà più dolce e meno drammatico e poi “ Servus” detto così è veramente dolcissimo.  

I miracoli della provincia italiana.

Al Teatro delle Muse di Ancona è andato in scena un capolavoro assoluto e impreziosito dal fatto che da un po’ di tempo , misteriosamente , non è opera di usuale repertorio .

Grazie alla grande cultura e conoscenza musicale del direttore artistico Vincenzo De Vivo questo titolo è tornato trionfalmente in scena regalando ad un pubblico addiritttura stupito di tanta bellezza l’incanto delle mirabili arie belliniane.

Un cast giovanissimo , poche prove e pochi soldi , con  un risultato straordinario , a dimostrazione che con la cultura e l’impegno si riesce laddove talvolta l’abbondanza di mezzi non è sempre garanzia di pregievole risultato .

Nella Svizzera incantata e favolistica si racconta la favola dolce della povera Amina che non sa di essere sonnambula e di tutti gli equivoci e le sofferenze che il suo segreto porta con sé.

La storia è tratta da un testo di Scribe e Delavigne  : “ La sonnambule ou l’Arrivè d’un nouveau Segneur su libretto  di Felice Romani ,questa opera semiseria , momento di transizione musicale importante del primo Ottocento , è stata musicata dal grande catanese in stato di grazia.

Se il suo titolo più conosciuto è sicuramente la Norma questo preziosissimo gioiello richiede grandi voci e un cast ricco di vocalità importanti.

La messa in scena di Ancona , produzione del teatro delle Muse si avvale della regia di Cristian Taraborrelli che si è avvalso della competente collaborazione di Fabio Massimo Iaquone al quale dobbiamo gli importanti video , una volta tanto estremamente funzionali e in grado di arricchire con la potenza dei primi piani il racconto a volte drammatico della seppur lieve storia.

Risolto brillantemente anche il passaggio nella camera del Conte , momento ad un tempo prezioso e ammiccante l’equivoco , forse mi è mancato solo il passaggio drammatico di Amina dormiente sulle assi del vecchio mulino , anche se con  un felice filo si è risolto l’effetto surreale.

I cantanti sono tutti giovanissimi e belli nei rispettivi ruoli : mi faceva notare un cantante nel breve incontro e brindisi alla fine della prova felice che in Italia abbiamo veramente un numero importante di giovani cantanti in grado di affrontare un largo spettro di repertorio con risultati che niente hanno da invidiare ai più blasonati teatri di area germanica.

Basta conoscerli e basta impegnarli nel loro entusiasmo giovaile e i risultati sono veramente molto al di sopra della media europea.

Devo citarli tutti : L’Amina di Veronica Granatiero alle prese con l’ardua vocalità belliniana si è data generosamente e il suo “ ah..non credea mirarti.. mi ha commosso fino alle lacrime.

Marco Ciaponi , Elvino , alle prese con una parte da brivido ha superato una prova dalla tessitura acrobatica.

Maria Sardayan , una deliziosa Lisa dalle lunghe chiome ha brillato in modo particolare nella sua felice aria del secondo atto , direi per lei è qualcosa di più di una promessa.

IL Conte Rodolfo di Alessandro Spina , ha oltre a tutto un mirabile fisique du role e una professionalità solida e ben formata.

Grande qualità artistica Isabel De Paoli , un madre sempre attenta e nel ruolo , merita di più per la sua grandissima voce piena , spero di sentirla ancora in ruoli importanti  e degni di lei.

L’orchestra diretta con sicurezza dal maestro Alessandro d’Agostini ha sicuramente contribuito alla omogeneità del risultato dove anche il coro lirico        marchigiano Vincenzo Bellini è stato condotto con attenzione e sicurezza dal maestro Davide Dellisanti.

Anche nei piccoli ruoli : Giuseppe Toia e Anzor Pilia hanno contribuito alla 

qualità alta e omogenea del risultato.

Un regalo , questo spettacolo prezioso nella sua semplice completezza a cui il pubblico ha tributato gli applausi più entusiasti a dimostrazione che si può osare di più anche laddove si esce dalla routine dei pochi titoli usati e abusati.

La favola incantata , raccontata con tanta grazia ambientata tra le nevi delle Alpi svizzere , con una neve leggera che incanta nel contrasto con l’allegria festosità dei costumi tradizionali . è l’esempio che non esistono spettacoli tradizionali e spettacoli innovativi . Solo spettacoli belli e spettacoli  brutti e questo è uno spettacolo bello davvero.

Don Milani e il crocifisso

Ogni tanto riemerge dal fiume carsico del bla-bla giornalistico il tema del crocifisso nelle aule scolastiche.

Ovviamente la più banale delle posizioni è quella relativa al fatto che la scuola italiana ha “benaltro” a cui pensare e quindi il cosiddetto caso viene respinto tra i problemi inutili.

Ebbbene stamani trovo un post che mi affretto a condividere e che riguarda una delle persone straordinarie che hanno attraversato il Novecento : don Lorenzo Milani.

Tra i miei rimpianti ho quello di non cercato di incontrare quello straordinario prete , morto giovanissimo , che con il suo magistero ha segnato e forse anche condizionato sicuramente più di una generazione durante il suo passaggio terreno.

Ho preziosamente letto e conservato tutti i suoi scritti , li ho condivisi tante volte che non me li ritrovo tutti nella mia libreria .

Era nato in una famiglia borghese di origine ebraica e dell’ebraismo aveva quella misticità che talvolta il cattolicesimo ha perduto , coraggioso e polemico fu anche processato per quel suo :l’obbedienza non è più una virtù e la sua Lettera a una professoressa , aldilà delle interpretazioni semplicistiche che ne alterarono la portata rivoluzionaria  resta un caposaldo della scuola intesa come formatrice di uomini prima che di sapienti inutulmente aridi.

Non l’avevo conosciuto da vivo però ero andata sulla sua tomba insieme ad un pulmann scolastico di scuola media di  un piccolo paese delle Marche : quel cimitero grande come un fazzoletto , quella tomba semplice all’ombra dei castagni me la porto nel cuore tra le immagini più emozionanti della mia vita .Ricordo anche che quando per un periodo fui consigliere provinciale venni a sapere che nelle file della DC c’era un rappresentante ,emerito professore ,cugino del mitico prete .

Mi avvicinai al cattedratico, tutta emozionata , e gli chiesi se era vero che fosse cugino del mio mito : mi rispose con un sorriso che assomigliava ad un  ghigno che si, erano cugini , ma le loro idee erano totalmente differenti.

Non ne avevo dubitato , il conservatorismo dell’emerito professore era anni luce diverso dalla provocazione continua del prete di Barbiana.

Per concludere , riprendo dal  post che oggi ho condiviso : don Milani per la prima cosa quando entrò nella scuola dove insegnava fece togliere il crocifisso perché spiegò che i segni della fede stavano altrove e che la scuola per sua natura doveva essere laica .

Ed erano ancora lontani i tempi in cui in una classe i ragazzi cattolici rischiano di essere addirittura una minoranza.

Petrenko e Smetana

Ci sono certi momenti in cui si sarebbe voluto essere altrove : nel mio caso essere a Monaco quando Kiril Petrenko  ha diretto Ma Vlast ( la Mia Terra ) di Bedrich Smetana.

Leggo una dotta elegante recensione dell’evento in francese che mi arriva condivisa chissà come.

Questo è il lato prezioso dei social , grata allo sconosciuto blogger che me l’ha raccontata da lontano occorre spiegare il perché questa musica mi sia così cara.

I casi della vita mi hanno fatto incontrare e diventarne amica una pronipote del celebre compositore che vive in Italia e la deliziosa creatura ha fatto sì che quando sono andata a Praga ( ovviamente con il libro di Repellino Praga magica sotto il braccio ) pensassi continuamente alla musica del suo famoso avo.

Di quel viaggio ho tanti ricordi “magici” , compreso quello con uno strano scienziato esperto di intelligenza artificiale con il quale parlammo a lungo sotto il Ponte Carlo ,nel quartiere di Malastrana.

Soprattutto vivissimo mi rimane il ricordo di un concerto alla Smetana Hall , una magnifica sala con affreschi di Mucha , una meraviglia Art Nouveau, perfetta per la musica del grande compositore.

Una catena di emozioni e ricordi , più la consapevolezza di quanto sia capace di fare Kiril Petrenko alle prese con una composizione così affascinante mi ha riempito di sensazioni che in qualche modo assomigliano al dispiacere di non avere potuto godere di un momento simile.

E non importa se la Vlatva  ( la Moldava) è anche la musica di sottofondo di una pubblicità che non ricordo : collegare Smetana , Praga , la Leila e Kiril Petrenko ha reso la mia giornata più luminosa. 

Certamente aveva ragione Nietzsche quando disse che la vita senza musica sarebbe un errore.

Gli entusiasti e i detrattori.

La grande manifestazione giovanile globale del Frydaysforfuture oggi viene letta con grande entusiasmo da tutti coloro che ne hanno visto la grande portata di impegno e di speranza che comunque le giovani generazioni mettono nel nuovo impegno che incredibilmente non ha bandiere di partito, non ha ideologie contrapposte ma solamente la grande forza utopica che attraverso la loro mobilitazione possano in qualche modo cambiare la parabola suicida del nostro pianeta.

Poi ci sono quelli che hanno voluto vedere nello sporco lasciato nelle piazze, nei sacchetti del McDonald, nelle lattine di CocaCola pericolosamente lasciate a testimonianza del “ predico bene ma razzolo male” la scusa allegra per farsi una passeggiata festosa invece di andare tristemente in classe.

Io sono ovviamente dalla parte dei primi, perché ho trovato straordinario che un allegro passaparola sia riuscito laddove ormai riesce difficile anche a grosse organizzazioni ( partiti o sindacati) radunare tanta gente pacificamente nelle nostre piazze e nelle nostre strade.

Coloro che mugugnano magari negli anni settanta del secolo scorso hanno sfilato dietro grosse utopie politiche , oggi non c’è più la maglietta con il Che, soltanto qualche foto di quella stralunata bambina con le freccine che riesce a lanciare occhiatacce pure a Trump quando le passa davanti.

Solo ho un vago senso di sgomento nel sentire le date ravvicinate entro le quali bisognerà fermare il mondo se vogliamo salvarlo : io non ci sarò di sicuro , il mio ormai è un orizzonte breve ma ho tanti nipoti per i quali penso sia giusto comunque prendere una posizione costruttiva : per il mio prossimo viaggio mi sono dotata di una borraccia da riempire , se mi mettessero le colonnine penserei anche seriamente di cambiare la mia vecchia Panda diesel.

Per quanto riguarda l’economizzare acqua e luce il fatto di essere cresciuta in tempi oscuri nei quali si stava attenti a tutto quello che era superfluo credo di non avere bisogno di cambiare le abitudini.

Ho sempre preferito il panino col prosciutto alle merendine e non amo le bibite gassate , a pensarci bene mi ritrovo ad essere una strana nonna ecologista con l’unica differenza rispetto ai ragazzi.

Questi non hanno idee politiche , anzi con una certa ragione rifiutano la politica che non ha saputo gestire l’ambiente tutelando la natura , ma è ora che dall’allegra marcia con gli slogan creativi passino a tradurre in politica la loro forza rigeneratrice.

Su questo io ho le idee più chiare di loro.

Un argomento difficile

La sentenza della Consulta in merito all’enorme e delicato problema del fine vita , mentre ha dimostrato la totale incapacità del legislatore di affrontare il problema ,ha dimostrato che comunque nel nostro paese abbiamo un organo capace di affrontare e superare un articolo del Codice Rocco risalente addirittura al 1930 , codice nato nel periodo fascista e che di quel periodo evidenziava la filosofia di fondo che non considerava l’ipotesi di suicidio assistito ma lo rimandava addirittura all’istigazione del medesimo.

Non auguro a nessuno di dovere vivere la terribile esperienza di chi assiste impotente alla fine di una persona cara che muore senza speranza tra molte inutili e grandi sofferenze.

Vero che adesso si è fortunatamente sviluppato il ricorso alla medicina paliativa , spesso però questo può anche non bastare e nel silenzio delle corsie si muore meno dolorososamente di un tempo.

Per questo mi irrita la presa di posizione del Presidente dell’Ordine dei medici di Roma il quale si dice contrariato dal verdetto della Consulta e fin qui ognuno può pensarla come vuole , ma fare rirerimento al giuramento di Ippocrate davanti a casi estremi come quello del DJ Fabo mi pare una sottile forma di iprocrisia.

Adesso comunque il legislatore dovrà tradurre le indicazioni della Consulta in legge , mi sembra che la traccia sia ben chiara ed equilibrata , ci vorrà comunque coraggio da parte della classe politica; come sempre quando si entra nella sfera del più difficile , estremo , intimo momento in cui si intreccia la pietà con la sacralità della vita.

Il senso del bancomat

Italia fanalino di coda nell’uso dei bancomat e delle carte di credito :i motivi sono tanti e vanno dall’atavico senso del considerare i soldi “ veri” quelli che si contano tra le mani fino al fatto che ancora il piccolo commerciate si rifugia dietro la considerazione che le commissioni bancarie su piccole transazioni sono troppo onerose per loro.

Oggi però leggo un post ripreso da una vecchia amica nel quale si sostiene che sia pericoloso dare la possibilità ai ragazzi di usare la moneta immateriale perché questo li porterebbe a non capire i senso del danaro e quindi ad esporli alla tentazione continua della spesa .

La tesi mi ha fatto un pò ridere perché oggi i ragazzi sono talmente più svelti di noi adulti e maggiormente abituati a  tutte le procedure veloci di pagamento da capire bene anche la portata delle loro azioni in questo campo.

Il tono paternalistico del post rivelava una formazione un pò vetero-sinistra , quella sinistra che proprio non esiste più se non nella testa di chi ragiona con la testa girata all’indietro .

Le nuove generazioni quando vanno a Londra non usano quasi più la carta moneta : metro , taxi , caffè , tutto si paga on-line e questo avviene un pò dovunque in Europa .

Guardando in filigrana il contenuto del post si capisce anche il divario politico che si è accentuato tra le generazioni .

Non esiste più il partito guida , il custode dei valori da trasmettere , anche la Chiesa ha perduto il ruolo educativo, se i giovani tornano ai valori che contano lo fanno attraverso le istanze ecologiche , infatti le nuove battaglie le fanno in difesa del clima : Chiesa e  partiti sono costretti a rincorrere il nuovo modo di pensare.

Tornando all’idea iniziale , quella del post serioso nel quale si pensa di proteggere i giovani non dando loro il Bancomat , forse bisognerebbe spiegare alla moraleggiante predicatrice che tra poco i ragazzi i pagamenti li faranno addirittura con lo smartphone, anzi io spero che in questo modo si potrà addirittura pagarsi il caffè, oltre ovviamente il biglietto del bus e le piccole spese quotidiane e forse questo sarà anche un modo indiretto per combattere anche la capillare evasione fiscale, perenne piaga del nostro felice paese.

Una Traviata in meno

Fioriscono molte Violette fuori stagione in questo settembre .

 A Parigi all’Opera Garnier , a Palermo e pure nella piccola striminzita pseudo stagione di Ancona al Teatro delle Muse ritorna la sfortunata protagonista della fortunatissima opera verdiana.

Questa volta non sarò a teatro , proseguo la mia lenta ripresa e allora non mi resta che ripensare le molte , moltissime volte che ho avuto il piacere e la fortuna di ascoltare le immortali note verdiane.

Comincio da quella che fu per me una fortuna sfacciata perché io la Traviata l’avevo sentita a Firenze addirittura dalla Divina Maria in persona .

Poi ne sono venute tante altre : ne ricordo una splendida della Devia diretta da un Mariotti giovane, giovane e poi Kaiwabanska, Georgiu ( senza l’Alfredo che che dal Metropolitan spiccò il volo ) e tante altre volte , anche una volta che nella messinscena idiota la povera Violetta se ne moriva in poltrona mentre la neve di Parigi le cadeva addosso.

Posso vantarmi da avere anche visto una Marguerite Gautier , uno dei suoi nomi  d’arte, interpretata da Edvige Feuliiére , classicissima con pamela di paglia nel secondo atto della Dame aux Camelias, in trasferta della Comedie Française a Firenze.

Tanto la conosco quella  Violetta  da averle dedicato anche un mio piccolo racconto , forse la cosa più “letteraria “ che ho scritto perché la storia di quella Marie Plessis, poi più elegantemente Du Plessis , ovvero Marguerite , ovvero Violetta Valery , veramente sepolta nel cimitero di Montparnasse , sulla cui tomba ancora qualche romantico parta dei fiori , è una di quelle storie eterne d’amore e di morte che hanno fatto piangere generazioni e generazioni di donne ormai da quasi due secoli.

Storia di donne , storia della cattiveria degli uomini e della stupidità dei medesimi.

Anche se la so praticamente a memoria , anche se il preludio del terzo atto mi fa venire ogni volta un nodo alla gola , è soprattutto nella sublime ribellione : gran Dio morir si giovane” che mi sento ogni volta sopraffare ed è la voce sublime della Callas che mi ritorna inesorabilmente nelle orecchie.