A proposito di Kovançina

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Leggo della bella edizione di Kovançina alla Scala e so che per tanti motivi non troverò il tempo di andarla a sentire .

Per fortuna un amico gentile mi ha regalato il video di una bellissima edizione con un Giergiev giovanissimo e abbastanza integrale , cosa rara e preziosa .

Lo dico perché fin da quando  ero giovinetta e cominciavo a conoscere anche le opere più rare che si davano al Maggio Musicale Fiorentino associo sempre le grandi opere russe al grande amore ed  entusiasmo che provocavano nella mia mamma , la quale mi spiegava che queste opere erano spesso date in forme più o meno complete e che ne esistevano delle revisioni importanti addirittura fino a Shostakovic.

 

Ricordo in modo particolare , e le associo nella memoria , sia la Kovançina che il Boris Gudonov :mamma era entusiasta quando queste due opere erano in cartellone e mi raccontava le cupe storie di congiure , di delitti e di monaci ascetici , nonche dell’Innocente , la figura che non mancava mai in queste lunghissime opere in cui poi in reltà oltre ai prestigiosi bassi di quegli anni il protagonista vera era il popolo russo , anzi come mi spiegava la mamma , la grande anima russa.
Boris Kristov, bulgaro e Nicola Rossi Lemeni , italiano a metà erano i grandi amori della mamma , anche a casa risuonavano le arie suggestive ed esotiche di queste immense e lunghissme opere .

Personalmente non ero ancora nella fase delle opere corali , amavo di più le storie del melodramma italiano ,ma queste due opere , forse proprio perché legate ad un insegnamento che aveva del didattico le amo ancora di un amore direi filiale.

Allestimenti cupi , con pesanti costumi , storie che potevano essere date anche in ordine sparso , da qui i tagli spessi ingenerosi che subivano spesso sono comunque restate nel mio cuore .

Qualche anno fa , a Monaco di Baviera un Boris strepitoso in abiti moderni mi era volato in un attimo , poi un amico colto mi aveva fatto notare che mancava addirittura un intero atto , ma la congiura finale c’era tutta e soprattutto c’erano le grandi voci che ancora oggi servono per cantare queste opere bellissime e sono ovviamente di cantanti di origine slava.

Sempre a Monaco anche una Kovançina che  passa con una certa frequenza su Classica , ovviamente non ci sono mai i pesanti costumi d’antan , le musiche però hanno la stessa grande suggestione e se non si rappresentano più le cupe corti degli Tzar ci sono lo stesso le grandi tragedie  di un popolo che aveva trovato in Mussorsgki e nei suoi amici della preziosa cinquina ottocentesca i cantori per ricordarne la triste e secolare storia.

 

 

 

 

Sliding doors

 

Stamani sulla stampa un trafiletto . Un ignoto signore greco ha messo in rete il suo biglietto aereo di un volo che ha perso per pochi minuti : il volo Ethiopian arlines che si è infranto a terra dopo sei minuti di volo.

I giornali hanno parlato e anche molto ,in maniera giustificata , di chi era su quel volo : un ritratto di un mondo bello , preparato , di persone che si impegnavano per il futuro di tutti noi .

Ma di quel’anonimo signore che il volo lo ha perso non sappiamo nulla .

Io però una cosa la so e avrei paura per lui . in certi casi quello che è certo è che con quella casuale mancanza di incontro con il destino si è giocato il Jolly, difficile che gli ricapiti ancora.

 

Lo dico un po’ per esperienza personale , un tempo una persona a me carissima e vicina fu fortunata : cadendo da cavallo e rompendosi letteralmente l’osso del collo fu operato con grande perizia da un chirurgo che praticamanete passava per caso e per breve tempo in un ospedale periferico .

Il chirurgo poi volò per lidi più importanti , il traumatizzato fu rimesso miracolosamente in piedi , fine della prima parte del racconto.

Qualche anno dopo il quasi miracolato si ammalò misteriosamente : non riuscivano a trovargli niente di vistoso nei suoi disturbi , lo stesso ospedale periferico ci perse  molto tempo e studiare e quando fu troppo tardi l’ex fortunato , per una sorta di incidente di percorso , passò a miglior vita e non era ancora tanto vecchio da non essere ancora , come si usa dire , ben presente nella società .

Ma il suo Jolly se lo era giocato qualche anno prima …

 

C’è una corrente di pensiero illustrata da uno psichiatra che si chiamava Georg Groddeck e nel suo libro intitolato “ il libro dell’Es” cerca di dimostrare che un certo signore non  aveva preso un certo treno poi deragliato perché un realtà non voleva morire .

Tesi curiosa e affascinante perché allora vorrebbe dire che in destino non è un capriccio del caso ma nasconde una nostra inconscia precisa volontà.

 

Io non ho risposte sicure anche se un convincimento  ce l’ho e mi rifaccio a Lorenzo de’ Medici : “chi vuol esser lieto sia , del doman non v’è certezza.

 

Otto marzo

 

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domani è l’ottomarzo , solito rituale stanco , meno male che il tempo colpevolemente clementissimo ha fatto fiorire tante mimose che sfacciatamente trionfano da dietro i  muri dei giardini , nei vasi alle finestre.

inutile riassumente tutte le cretinate che vengono dette in un giorno esattamente come tutti gli altri in cui le donne in età lavorativa si alzeranno come tutti gli altri giorni e andranno a lavorare con stipendi e salari mediamente molto inferiori a quelli dei compagni maschi .

Oppure cominceranno il loro lavoro casalingo , oscuro e non retribuito e porteranno i bambini piccoli in scuole per l’infanzia non ancora sufficenti per tutte le richieste o pagheranno moltissimo per parcheggiare i bambini in asili privati dalle poche garanzie educative e morali.

Costudiranno gli anziani , da brave figlie oppure affideranno  i suddetti alle brave badanti filippine e dell’Est europeo , anche loro sono donne che spesso per questo ingrato lavoro lasciano a casa a loro volta bambini e anziani affidate ad altre donne più anziane.

Qualche volta questa splendida catena si interrompe violentemente perché il maschio signore ha pure un sistema tutto suo di interrompere la catena : le donne si possono ammazzare , in fondo adesso hanno pure scoperto la “tempesta emotiva”…

 

Sono passati tanti anni da quando ho fatto le mie battaglie politiche per migliorare la condizione femminile :

cartelloni e sfilate , canti e bandiere.

Le giovanissime hanno abbassato la guardia convinte di avercela fatta, ma basta guardare un qualunque Cda per capire quanto la parità sia ancora tanto lontana ,le riunioni politiche ad alti livelli vedono schierati tanti uomini soddisfatti e in mezzo qua e là , come un mazzo di fiori , la donna colorata fra tanto grigio.

E quelle donne spesso ce l’hanno fatta perché hanno corso alleggerite dalle incombenze familiari , a guardare bene spesso sono delle single che hanno lasciato una fetta della femminilità completamente realizzata per strada.

 

Questo testo lo archivio , mi servirà da copia e incolla per il  prossimo anno.

 

 

Carnevale a Dusseldorf

 

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Non parlo mai di politica sul mio blog , me lo sono imposto tanto tempo fa , qui si parla di musica , di libri , di cantanti e anche di costume, ma sempre in modo generico , perlomeno lo spero.

Per questo ho i miei pochi , carissimi lettori sparsi davvero per il mondo e mi piace così.

Di politica poi in realtà parlo sui social e in parte la faccio ancora , con un certo distacco dalla partecipazione attiva , mi sento abbastanza pensionata anche su questo.

 

Ma un carro di carnevale a Dusseldorf   mi consente di entrare un po’ nel merito dalla disastrata situazione attuale in Italia .

Il carro , neanche di quelli belli e raffinati tipo Carnevale di Viareggio ritrae un orribile leader italiano . sovranista e xenofobo.

In teoria avrei dovuto offendermi per questa ingerenza nelle cose italiane , non è poi che “se Atene piange Sparta non ride”…

Però ho apprezzato la lucidità germanica di vedere le cose realmente come stanno , un aspetto quello tedesco riguardo alla capacità di critica e di analisi che oltre a tutto dimostra la capacità di rivolgere innanzitutto a se stessi una profonda analisi delle colpe  che è mancata in Italia , paese del “vogliamoci bene “ e degli “italiani brava gente” e che a guardarci davvero dentro non so come facciamo a raccontare.

Il carro è volgare quanto basta , decisamente brutto , ma racconta con ferocia il pericolo della nostra democrazia .

 

Peccato quel post alla base con la scritta Mafia che riporta a un generico motivo di condanna verso il mio paese .

Anche a me è successo all’estero di sentirmi cucita addosso una parola molto pesante : la Mafia .anche se si può dire che abbia un marchio di fabbrica italiano non è solo un male del nostro paese : si conoscono pericole mafie russe e cinesi che hanno anche loro il bravo nome e soprattutto direi che la mafia più potente sia ancora Cosa Nostra ,il vero brand che abbiamo esportato con successo negli Stati Uniti.

 

Nessuna offesa per il carro di Dusseldorf , a Carnevale i potenti rischiano tutti il grottesco , solo quel “marchio di fabbrica “ generico alla base è una scivolata di analisi che avrei preferito non vedere.

 

 

Questa volta parlo di me.

 

 

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Ho tra le mani il mio piccolo quarto libro e questo mi fa sorridere .

Sono talmente poche le cose che rallegrano che l’uscita di un libro piccolo piccolo che mi sono molto divertita a scrivere , anche abbastanza velocemente ,è di per sé una conquista.

Ho preso un impegno : te lo porto a Londra …

Poi per un mese , a testa bassa , ho buttato giù queste poche pagine , in parte già raccontate nei miei precedenti libri di memorie musicali , ricercando attraverso le foto la progressione temporale , non sempre esattissima.

 

Infine la rilettura per cercare di correggere i refusi  ( ne faccio sempre tanti!) e la cosa curiosa è che leggo e rileggo e poi mi accorgo che ce ne sono ancora.

Controllare la grafia esatta dei nomi stranieri , ricordo che al tempo del mio primo librino il caro amico Alberto Mattioli , da me ignomignosamente ridotto a correttore di bozze, mi mandò un elenco di una cinquantina di errori ..in cento pagine scarse.

Il complimento più bello che mi fece dopo l’uscita del terzo fu : brava , errori pochissimi!

 

Anche la scelta delle foto non è stata semplicissima , ne ho molte di più con

lo stesso soggetto : quali le più significative , quali le migliori?

Poi la paura di sembrare troppo vanitosa , il rischio di essere troppo spiritosa , la voglia di riscrivere tutto da capo , la voglia di buttare via tutto.

Questa mi è venuta dopo la ..centesima rilettura del testo .

A quel punto ho scritto alla mia cara “editrice” : visto , si stampi!

E mi sono sentita quasi una scrittrice vera.

 

Già però mi ha fatto sorridere la richiesta di una deliziosa signora francese con la quale scambio spesso pensieri sul blog se è prevista la traduzione …in inglese e in francese !

Mi viene da dire : troppa grazia, signora! per ora resto nel mio piccolo anche perché il dedicatario l’italiano lo legge benissimo.

 

 

Aggiungo il link della casa editrice .http:/www.edizioniae.it/catalogo/ incontri-ravvicinati-di-un-certo-tipo/

 

Instagram versus Facebook

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Un mio nipote , poco più che ventenne mi spiega , dati alla mano ,che i giovani si sono allontanati da Facebook e sono emigrati tutti su Instagram:

me lo dice con la soddisfazione di avere fatto una conquista , come se fosse un avanzamento.

Poi aggiunge , da sociologo : mi fa ridere quando si dice che i giovani si siano persi sui social , sui social ci siete voi vecchi , noi ormai siamo oltre …

Io che Instagram ce l’ho pure e che ci vado per vedere i video dei miei amici cantanti , le stupidaggini dei nipoti e poco più , confesso di non avere ancora capito bene come funzioni questa cosa fatta di sovrascritte idiote , di immagini tutto sommato abbastaza pop ma che non hanno nessun intento , per me, informativo.

Si apre il dibattito : io sostengo di non essere affatto offesa da questa ripartizione , ho capito da tempo che anche Fb, oltre a essere un terribile sfogatoio di deliranti posizioni pseudo-politiche da bar , di analisi inutili su questioni a dir poco marginali per la conoscenza umana , sono anche lo strumento per  condividere con persone colte , preparate e qualche volta anche un tantino snob , esperienze culturali alle quali pur essendo una che ha occhi aperti e valigia pronta , non potrei comunque partecipare .

Cerco di spiegarlo al nipote gentile , che mi ascolta senza condividere un’acca di quello che dico , a lui non interessano opere , concerti , mostre e forse neppure lo stesso concetto di condivisione aperta , aldilà delle frontiere, tipo il sapere che in Provenza sono fiorite alcune piante o che in Germania dalla neve sbocciano i crochi.

 

Chiudiamo la conversazione , lui convinto di avere fatto un passo avanti nella convivenza sociale , io invece tenacemente attaccata al mio piccolo mondo di amicizie  ( non amo i grandi numeri ) e se ai ragazzi serve avere degli “influencer” e tanti “like” a me invece basta la condivisione di una recensione colta di un concerto raffinato in un teatro lontano , un tramonto condiviso con amiche francesi , il bel commento su un film che magari non avrà neppure un distributore nel mio paese.

 

Se questo è sentirsi vecchi , ringrazio comunque uno strumento  infernale , detto social , che mi consente di partecipare del mondo in maniera allargata.

 

L’unica cosa che non sopporto è il verificare continuo se sono davvero IO , se mi arrivano solo pubblicità adatte al mio target , una volta persino sulla possibilità di farmi interventi al ginocchio in paesi lontani e  molto low-cost.

Per dentista e ortopedico ancora mi rivolgo alle mie conoscenze personali , non sono totalmente rincoglionita.

 

 

 

 

 

Per Maria Agresta

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Il mio primo incontro con Maria Agresta risale a Salisburgo : era il 2015 e Maria era al debutto nel ruolo di Nedda nei Pagliacci .

MI colpì la grazia e la sicurezza di questa giovanissima cantante italiana e quando , alla fine dello spettacolo andai a salutarla per portarle il saluto di una comune amica mi trovai davanti ad una ragazzina con le trecce ,il volto bellissimo nascosto da un gran mazzo di fiori.

Così , quella sera ho cominciato ad amarla come una figlia.

L’ho ritrovata poi al Mozarteum in un recital di arie francesi e anche in quella occasione , nel backstage mi accorsi della sua grazia quando un direttore d’orchestra importante : Gianandrea Noseda la volle abbracciare con affetto .

Maria è una donna squisitamente dolce ed ha la grazia per farsi amare.

Ho seguito la sua dolce Liù, un ruolo perfetto per lei e poi l’ho ritrovata perfetta Desdemona con Gregory Kunde.

Poi , piano piano mi sono avvicinata a questa donna forte , determinata , passionale e rigorosa ma sempre dolcissima nei confronti del mondo , di un mondo , quello della lirica , dove è molto più facile trovare rivalità e forse anche cattiverie.

Maria passa lievemente tra le vicende terrene con grazia e serietà.Lei stessa si definisce passionale , ma la sua passionalità è tutta contenuta nel garbo che la distingue.

Ho avuto il piacere di viverle un po’ più accanto durante le repliche dell’Otello verdiano al ROH , mi è sembrato di capire che anche i partners la amino tutti allo stesso modo , addirittura con affetto e tenerezza.

Maria poi è andata lontana a riproporre la sua meravigliosa Mimì , già dalle foto si capisce la grazie e l’aderenza al personaggio.

Poi in autunno è stata ancora Maria nel Boccanegra a Parigi , mio rimpianto per non avere avuto la forza di andarla a sentire  , poi basta ascoltarla con totale understatement raccontare alla Barcaccia , senza nessuna enfasi, questa sua ennesima prova internazionale.

Adesso ho assistito al suo trionfo nel difficile ruolo di Anna Bolena . Credo che Maria abbia fatto con questo ruolo un ulteriore passo avanti nella sua strepitosa carriera.

Arrivata alla felice età della maturita artistica e vocale grandi cose dobbiamo aspettarci da questa straordinaria cantante , per lei credo che ormai non esistano limiti per  una carriera strepitosa a livello mondiale.

Questa mia piccola testimonianza è praticamente una lettera d’amore.

 

 

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Una grande Bolena

 

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Grande evento all’Opera di Roma , è andata in scena un capolavoro assoluto di Donizetti : l’Anna Bolena.

Quello che rende particolarmente preziosa questa messinscena è l’averla proposta integrale ,cioè senza i tagli cui ricorrono i teatri e le motivazioni sono tante .

Certamente la più importante è quella di avere a disposizione una protagonista straordinaria , di grande vocalità e con una voce di luminosissimo spessore oltre ad un cast omogeneo di alta qualità.

L’Opera di Roma ha avuto tutto questo e il risultato è particolarmente brillante:

Maria Agresta è in un momento di grazia vocale assoluta , le quasi quattro ore di canto le regge divinamente , non sono da meno gli altri interpreti a cominciare da Carmela Remigio (Seymur ), Alex Esposito (Enrico) e la deliziosa Martina Belli ( Smeton).

Validissimi  Renè Barbera (Percy e Nicola Pamio ( sir Hervey).

Il capolavoro donizettiano è la prima opera veramente importante del grande bergamasco , coadiuvato da un ottimo librettista quale Felice Romani e con una vicenda storica di grande impatto storicamente emotivo e in cui  l’autore ha avuto anche la collaborazione di Giuditta Pasta che ne fu la protagonista al debutto nel ruolo.

Certo che ci vuole un grande soprano per affrontare le impervie vertiginose arie , ci vuole tecnica , ci vuole temperamente e tutto questo la grande Maria ce l’ha e ce l’ha felicemente dimostrato.

Non sono , ahimè devo confessare ,una grande esperta di belcanto ma per quanto ne capisco mi pare di potere affermare che anche il podio affidato a Riccardo Frizza sia stato all’altezza come i cori romani affidati al maestro Riccardo Gabbiani .

Dove invece posso esprimermi meglio è il discorso sull’allestimento e la regia Mi diceva sconsolatamente un caro amico che capisce e che in qualità di responsabile del festival Donizetti di Bergamo era presente ,che dalle parti nostre è molto difficile uscire , per così dire dal seminato: sono per mia frequentazione abituata a regie più innovative , ma forse a Roma va bene così.

Un impianto molto semplice scenicamente , le masse che si muovono sempre simmetriche , come da libretto , poi tutti al proscenio a chiudere le arie come belle statuine .

La seconda parte ( l’opera è stata saggiamente divisa in due sole parti) si svolge tutta con una specie di “ascensore per il patibolo “ al centro .

Entrate e uscite come si facevano un tempo , bei costumi d’epoca , personalmente spero sempre qualcosa di più , ma i tempi di allestimento in Italia sono quelli che sono e solo di rado ( ma a Roma ogni tanto questo avviene) ho visto anche qualche importante allestimento coraggioso.

Questa Bolena è comunque preziosa sul piano vocale , questa prima nota a caldo mi viene richiesta dai miei soliti affezionati.. meno di 25 lettori , ci tornerò ancora , smaltita la stanchezza del viaggio lampo e anche su questo si fa per dire : da Ancona a Roma si viaggia su interregionali borbonici e ci vogliono sempre quattro ore!

 

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La memoria delle immagini

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Prima dell’avvento degli Iphone le foto stampate le tenevo ordinatamente in piccoli album a soggetto.

Nel cercare una foto per documentare un ricordo di un viaggio in Libia  non rieco a trovare la foto degli splendidi mosaici di una villa in Tripolitania sul mare.

 

Non  mi do pace finchè non mi ricordo un particolare : fotografando precedentemente la bellissima città di Leptis Magna mi era entrata della sabbia nella macchina fotografica che purtroppo era andata per sempre fuori uso.

Eppure il ricordo di quegli affreschi era vivissimo nella mia mente .

Questo mi ha fatto ricordare un analogo meccanismo mentale capitato  durante un viaggio in Giordania di qualche anno prima.

Stavo per arrivare a Petra , una delle mete di sogno della mia vita e purtroppo nell’ultimo piccolo negozio utile per comprare un rotolino foto adatto alla mia macchina li  avevano finiti e non è stato possibile trovarne uno .

Eravamo negli anni novanta , mi dovetti adattare a guardare e cercare di ricordare senza fare fotografie.

Ebbene , le immagini di Petra sono ancora vivissime nella mia mente , la memoria ha svolto egregiamente il suo ruolo ,  la documentazione visiva non era poi così necessaria.

Oggi ho nel mio I phone  più di ottomila foto , poi le riverso in una memoria esterna per non perderle ma in realtà ne potrei cancellare perlomeno una metà inutili a ricordare viaggi , momenti familiari importanti , eventi teatrali.

Il vizio , ormai universale di fotografare tutto e tutti , contiene un pericoloso difetto .

In realtà non ci ricordiamo niente senza supporto documentato , guardiamo nel telefono e ci scordiamo il brivido dello sguardo puro.

 

Si guarda attraverso l’obbiettivo , ma si vede veramente quello che ci colpisce al cuore ?

Cosa vedranno i giapponesi in vaporetto a Venezia quando saranno tornati a casa?

 

Io che sono stata sempre un’appassionata di fotografia e mi gratifica mollto se mi riesce catturare una bella immagine , una luce particolare in un panorama ho però capito che bisogna ritornare a guardare “ a occhio nudo” e poi , molto poi, tradurre la nostra emozione in un ricordo duraturo .

In effetti è lo sguardo umano quello che conta , quello che poi ci portiamo  nel cuore come un brivido caldo che nessuna fotografia riuscirà mai a compensare.

 

L’orchestra Rossa

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ho avuto l’onore di ricevere dall’autore un suo nuovo libro , l’ho messo sulla pila di libri da leggere , in attesa del suo turno poi l’ho aperto per sfogliarlo e non l’ho lasciato più.

L’autore è Nicola Montenz  di lui avevo già letto  e ammirato due libri e il giovane scrittore mi aveva onorato della sua amicizia.

Il libro si intitola L’eterna primavera e ha per sottotitolo Libertas Schulze-Boysen e l’”Orchestra rossa”.

Non sapevo niente di questa oscura , orribile pagina del nazismo , di questi giovani intellettuali belli ed ariani che non solo furono selvaggiamente uccisi ma anche infangati nella memoria in quanto fatti passare per spie comuniste.

Il  libro è apparentemente una fredda ricerca blibliografica , un documento severo di una vicenda emblematica e rimossa del periodo nazista .

In realtà è un’agghiacciante testimonianza dell’atmosfera di quel tragico periodo storico della Germania.

Corredato di foto bellissime in quanto autentiche immagini di un tempo assurdamente lontano porta il lettore nell’angosciosa realtà in cui questi giovani belli , ricchi , colti e poliglotti cercarono , ahimè senza riuscirci di contrastare la follia hitleriana addirittura dall’interno del sistema.

L’atmosfera ricorda in parte “la rosa bianca” ed anche l’attentato a Hitler del 20 luglio ma è qualcosa di più perché oltre al fatto di avere ucciso orribilmente tutti i “presunti” traditori ne fu anche pervicacemente infangata la memoria.

Spicca la figura della bellissima Libertas , di nobilissime origini , contoversa protagonista di una storia che è già la sceneggiatura di un film , semmai ne vorranno fare uno su di lei.

 

Leggere queste pagine ci riporta all’orrore di chi senza speranza lottò per riportare alla ragione un popolo che cieco e obbediente si avviò ad uno dei più atroci delitti di massa che mai erano avvenuti in questa nostra Europa.

Furono tutti uccisi , quasi sempre dopo brevi processi farsa : strangolati , decapitati con preciso ordine del Führer : uomini e donne , tutti giovanissimi.

 

Il giovane autore di questo importante libro mi ha scritto sperando che questo libro , proprio in questi nostri tempi pericolosamente tendenti a rigurgiti destrorsi , abbia buona diffusione e lettura.

Nel mio piccolo blog riprendo il suo appello : leggere queste storie oggi può essere anche un richiamo ed essere  un monito : vigiliamo tutti perché il passo può anche essere breve , la storia purtroppo vive di pericolosi ritorni.

Sta a tutti noi impedirlo.

 

 

 

 

I costumi di Kaufmann

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E’ giusto che i grandi teatri ( e non solo quelli ) ricavino utili dalla messa in scena di opere il cui costo iniziale dell’ allestimento e dei costumi deve essere ammortizzato con riprese succesive che in alcuni casi di successo superano addirittura  i venti anni.

Si tratta di una sana politica gestionale e sono la prima ad essere convinta che sia una pratica virtuosa .

Ma ci sono certi allestimenti belli , talvolta bellissimi che nella riproposizione contengono una trappola , un momento di straniamento e non per colpa dei cantanti che si trovano ad indossare costumi già fortemente legati a chi li ha indossati prima di loro.

Faccio due esempi per farmi capire meglio : la ripresa dell’Adriana Lecouvrier al Met e più recentemente la ormai vetusta Tosca a Vienna.

L’Adriana del Met ,che peraltro ha avuto un enorme successo e i cui costumi erano veramente bellissimi provocava in molti melomani il ricordo di quel Maurizio di Sassonia immortalato in un vendutissimo DVD con Kaufamm.

Non era asolutamente colpa del bravissimo Beczawa  musicalmente all’altezza del ruolo , ma se di critiche si parlava era per ricordare chi quei panni , circa dieci anni prima li aveva vestiti prima di lui .

Peggio è toccato sempre allo stesso bravissimo tenore quando si è rimesso i panni del Cavaradossi famoso per il “ah non abbiam soprano ! “ di due anni fa.

Nel  caso poi neppure Kaufmann vestiva quei panni per primo , la messa in scena ormai cadente a pezzi era stata interpretata da altri importanti tenori , ma tant’è , orami quel Cavaradossi era lui per tantissimi spettatori.

 

Si tratta evidentemente di carisma di chi questi panni li mette per primo o ne fa un must della sua carriera e allora vorrei fare una proposta ai teatri : usate pure gli allestimeni , rivestite i / le cantanti con gli stessi abiti ma in certi casi la ripresa trarrebbe sicuramente vantaggio da qualche cambio d’abito.

Ci sono personalità talmente forti da fare propri i personaggi e qualunque sostituzione , e qui non faccio nessuna questione di qualità dell’interpretazione , che lasciano una sorta di profumo personale in quei panni di scena da impregnarne addirittura l’immaginario collettivo.

Fare qualche costume nuovo costa meno che leggere sui social…rimpianti e sospiri di nostalgia.

In fondo non ci sarebbe niente di nuovo : mi risulta che Del Monaco si portasse appresso il suo costume di Otello anche se non ci vedo proprio Kaufmann che gira con i suoi costumi : lui di ruoli ne ha talmente tanti che gli ci vorrebbe un Tir per contenerli tutti.

 

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L’utopia di Josè Antonio Abreu

 

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Come tutti in Europa seguo con apprensione le vicende venezuelane e come tutti spero in un cambio nella politica di quel paese .

Come tutti ( meno il governo italiano , sorta di Giano bifronte ,che non riesce a prendere posizione unitaria praticamete su niente ) penso che sia necessario un rinnovamento , un nuovo indirizzo per quella che fu una esperienza politica importante a che poi è degenerata in una sorta di dittatura purtroppo come succede , la storia ce lo insegna , ogni volta che il potere finisce ad  essere strumento fine a se stesso e a distruggere la parte positva che lo ha generato.

 

Ma io ho in testa un nome e uno straordinario percorso culturale che è stato pensato e realizzato in quel paese da un piccolo uomo visionario.

il nome è quello di Josè Antonio Abreu e il percorso straordinario si è chiamato El Sistema.

Nel 1975 questo economista ascetico , fine musicista con un nonno italiano , ebbe una idea meravigliosa :

per fare uscire dalla povertà assoluta fisica e morale in cui versavano pensò di portare i bambini delle periferie più povere e dei villaggi più lontani verso un percorso incredibilmente affascinante  : quello della musica.

Il Sistema Abreu fu possibile forse , solo in un paese in cui il presidente si chiamava Chavez e dette a questo visionario la base per intraprendere  un cammino meraviglioso.

In ogni villiaggio sperduto i bambini venivano accolti e si insegnava loro la musica , non la musica facile delle canzonette , ma la grande musica vera .

Centinaia di insegnanti accolsero  migliaia di bambini che si costruirono strumenti con materiali di fortuna , si insegnò cominciando dai più piccoli a tenere in mano uno strumento , si crearono centinaia di orchestre .

Esiste uno straordinario film in cui Claudio Abbado ascolta commosso le esibizioni di questi ragazzi , insieme a lui musicisti affermati in Europa andarano in Venezuela a portare un po’ della loro arte trasmettendola ai giovani venezuelani.

Da questo incredibile vivaio naque la Simon Bolivar Orchestra sinfonica del Venezuela , molti grandi Festivel europei accolsero questa orchestra miracolosa , composta perlopiù da giovanissimi .

Li ricordo a Salisburgo , con le loro facce scure , i capelli nerissimi questi ragazzi che indossavano orgogliosamente una fascia con i colori della loro bandiera nazionale.

Nel loro interno sono nati Gustavo Dudamel e Diego Matheus , due direttori ormai alla ribalta della grande scena concertistica internazionale.

 

Non so se Maduro avesse lo stesso senso visionario di Chavez , non so se prima di morire Josè Antonio Abreu abbia pensato di rinnegare la scelta politica che lo aveva portare a creare una esperienza unica , e forse irripetibile, di educazione musicale di così grande portata come quello che lui aveva inventato.

Non credo che si sia pentito di niente , il risultato della sua idea pazzesca è ormai sotto gli occhi di tutti quelli che amano la cultura e soprattutto pensano che la musica sia ancora un grande strumento di crescita e di civiltà.

Per tutto questo vorrei che se ci sarà un cambio politico in Venezuela non ci sia la logica del profitto che sicuramente annullerebbe  decenni di educazione musicale diffusa.

Se per un po’ di tempo la grande Utopia ha abitato in Venezuela spero che qualsiasi cambamento ci sarà non ne cancelli la grande portata rivoluzionaria.