Il senso del tempo.

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Ho un nipote di cinque anni che ieri mi ha detto :

quando ero piccolo a Natale faceva meno freddo.

In effetti nei giorni passati sono state giornate gelide , in relazione al tiepido dicembre precedente e la sua sensazione era vera , soprattutto perché era stato costretto a mettere un piumino nuovo , per il freddo , che almeno inizialmente non era stato bene accettato in sostituzione del suo piumino piccolissimo e striminzito al quale si era evidentemente molto affezionato.

Ho sorriso e poi mi è venuta in mente una frase , non so quanto storicamente attribuita a Cicerone : non si è mai abbastanza vecchi da non pensare di avere ancora un anno per fare progetti .

Quello che ho scritto prima non c’entra niente con la frase ciceroniana , ma solo apparentemente.

In realtà se mio nipote misura il suo tempo con la breve memoria della sua vita allo stesso modo invece faccio della prospettiva della mia  e il discorso diventa  speculare e contrario : progetto breve è quanto mi viene da concedermi.

Il senso del tempo è qualcosa di misterioso e bellissimo , mi giro indietro e mi confondo addirittura i decenni , poi mi annoio ad aspettare il turno in banca con il foglietto della precedenza in mano.

Credo che a noi umani questa mancanza di prospettiva reale sia stata donata come una grazia.

Non avere assolutamente un metro solo per misurare la vita funziona comunque come un dolce anestetico.

Ti trovi decrepito e magari ti viene solo da dire che l’anno scorso le begonie in dicembre erano ancora fiorite.

Destini incrociatii

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Sono speculari le foto dell’uccisore e dell’ucciso .

Hanno più o meno la stessa età :i volti giovani di un ragazzo sorridente dell’Italla del Sud e la foto segnaletica di un cittadino francese di origini magrebine.

I loro destini si sono incrociati un attimo , durante i mercatini di Natale a Strasburgo , le loro vite spezzate a poca distanza l’uno dall’altro. Il carnefice e la vittima.

Si può nascere in un contesto familare tranquillo in questa Europa dalle molte migrazioni anche interne .Dalla lontana Calabria al tranquillo Veneto di provincia : una vita in cui i valori contano , si cresce e si studia , ci si prepara al domani con idee importanti nella testa . Si crede all’’Europa e si fanno gli studi per starci sempre più dentro , anche con il proprio lavoro.

Si nasce in questa culla dell’Europa sradicato dai tuoi valori lontani , la famiglia si sfascia , non è difficile immaginare la perdita di valori lontani e la non capacità di averne dei nuovi.

Fin da subito la ribellione al sistema , molte condanne , molte galere e probabilmente lo strisciante verme dell’Islamismo radicale che fa presa su questa mente fuorviata.

Il ragazzo felice del suo stage al Parlamento Europeo che esce dal locale insieme agli amici , sereno come si può e si deve essere sereni a neanche trent’anni ,con la compagna vicina e tutta la vita davanti.

Il povero reietto già braccato , folle di odio per tutto quello che vede intorno a sé, una rabbia assassina e irrazionale per la realtà che lo circonda .

L’arma letale in mano , l’urlo belluino di morte unico pensiero nella testa .

Pare addirittura che fosse convinto di averne abbattuti di più , di quei suoi nemici colpevoli di vivere da quella che lui considerava la parte malata del mondo  mentre  il vero malato era lui.

Non riesco a levarmi dalla testa che le foto di quei due ragazzi il cui destino si è drammaticamente incrociato una sera di festa a Strasburgo si assomiglino in un modo assurdo portando in sé una somiglianza tragica a conferma  del ruolo che gioca il destino nella vita degli umani.

Rileggere Stefan Sweig

Unknown

 

 

Ci sono scrittori dl grande successo  , le cui opere poi cadono in una specie di oblio frutto soprattutto del passare delle mode e uno di questi è sicuramente Stefan Sweig, autore molto amato , forse anche troppo verso la metà del Novecento e poi direi quasi snobbato dai lettori in tempi più recenti.

Pensavo a lui e al suo bellissimo diario- testamento “ Il mondo di ieri” (Die welt von gestren) e soprattutto al suo sottotitolo “memorie di un europeo “ quando in questi giorni ho dovuto fare lunghissime code , noiosissimi controlli aeroportuali a cui tutti soggiacciamo con infinita pazienza e consapevole necessità in un grande aeroporto come Monaco e addirittura in un aeroporto un tempo dal carattere appena familiare come quello di Bologna.

 

Mentre aspettavo in fila , rigorosamente ricordandomi di levare dal trolley  anche lo smalto per unghie e il dentifricio quasi finito per metterlo nel sacchettino a parte, nel levarmi piumino e giacca , nel sottostare anche al faticoso levarmi le scarpe , mi sono ricordata di quello che scriveva Zweig a proposito del suo girare per il mondo all’inizio del Novecento addirittura senza passaporto.

Era curioso del mondo questo europeo convinto pacifista : lui austriaco di lingua tedesca , ma che comunque conosceva bene le differenze storiche e culturali tra i  suoi compatrioti e i vicini amici tedeschi , aveva amicizie francesi ,italiane, belghe , svizzere e in ogni paese si sentiva a casa .

Abituato dalle sane abitudini di una buona famiglia ebrea di Vienna parlava molte lingue , leggeva e traduceva libri e poesie , sempre con la convinzione che noi europei fossimo una cosa sola , un solo popolo diviso da storie diverse ma con un destino comune.

 

La sua curiosità lo aveva portato a girare anche fuori dall’amata Europa  senza la necessità di uno strano oggetto di cui non sentiva la mancanza e che che si chiamava passaporto.

Quando alla fine della vita che chiuse tragicamente nel lontanissimo Brasile ,era già avvenuta la grande tragedia di cui non vide neppure la più orribile fine ,aveva imparato fin troppo bene la necessità di quel documento a lui negato.

Viveva da apolide e quel  documento necessario ormai per varcare le frontiere non lo possedeva più, quel prezioso oggetto inutile della sua gioventù era diventanto in poco tempo l’unico strumento per sentirsi accettato in ogni paese del mondo.

 

Questo pensavo mentre facevo le pazientemente le mie file aeroportuali. Anche io in anni lontani ho passato molto più velocemente tante frontiere e fui molto orgogliosa  quando ebbi in mano un passaporto rosso con su scritto semplicemente Comunità Europea.

Ne ero molto fiera e oggi rabbrividisco al pensiero che tanto sangue versato, tante guerre e stermini che ci hanno portato a questo bellissimo e incredibile risultato possa essere vanificato da pericolosi e risorgenti egoismi nazionalistici o  peggio , come si usa dire oggi ,  da sovranismi demenziali.

Rileggersi Stefan  Sweig  farebbe bene a molti politici deficenti , capaci di pensare solo al loro piccolo successo storicamente di breve respiro.

La nostra vecchia Europa merita ancora molto di più.

 

 

Otello a Monaco

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Ho sempre sostenuto che gli spettacoli si valutano solo dal vivo e non c’è streaming che renda l’emozione del teatro e questo Otello non fa eccezione .

Ma contemporaneamente le incongruenze della regia si esaltano e allora conviene abbandonarsi all’onda magica della musica verdiana , alla incredibile direzione di Petrenko che sembra addirittura guidare con il gesto anche le voci e lo spettacolo si fa bellissimo , si segue praticamente in apnea perché con interpreti di questo livello di accuratezza si dimenticano le esasperate geometrie del fazzoletto , la gestualità precisa e reiterata , l’impostazione sicuramente discutibile della regia .

Dal  potente coro iniziale fino allo chiudersi della tragedia non c’è  un attimo di caduta , spettacoli di così tanta perfezione credo si possano vedere poche volte nella vita .

Certo che partendo dalla novella italiana del Cinthio a cui si è ispirato Shakespeare e proseguendo fino al capolavoro di Verdi si potrebbero obbiettare molte cose, , ma la regista ha scelto una sua strada centrando la vicenda sulla figura di Desdemona e questo è sicuramente corretto , solo che la fanciulla veneziana , incauta e innamorata dell’amore non si rende conto di scivolare nella sua fine mentre la Desdemona di Anja Harteros é una donna matura , forse anche abbastanza stanca del matrimonio e parimenti lo è il suo spento marito , onusto di glorie ma disilluso della vita .Devo dire che comunque ci ha fatto ascoltare una” canzone del salice” di rara bellezza.

Ci voleva un grandissimo Jonas Kaufmann per trovare il registro giusto per regalarci questo Otello stanco , rendere credibile la sua caduta nella follia , darci un’interpretazione forse irripetibile del ruolo. Sicuramente lui aveva già fatto suo il personaggio lo scorso anno sotto la mano esperta di un amico , ora ce lo rende rovesciato , diverso  , anche se altrettanto memorabile

Tutto più facile per lo Jago di Gerald Finley , abituato ai classici ruoli italiani mozartiani e forse per me anche un po’ troppo accentuato nella mimica . Personalmente il suo ruolo , ineccepibile sul piano musicale , mi è sembrato un po’ troppo marcato scenicamente , ma forse è un po’ colpa della regia .

Lo sconvolgente duetto con Otello sul letto traballante è una di quelle immagini forti che difficilmnte si dimenticano.

Accettata comunque l’impostazione si può  solo dire che uno spettacolo di questa perfezione difficilmente lo si vedrebbe in Italia . Qua si capiscono le settimane di prove , gli equilibri perfetti nei piani di scena , gli impercettibili e fantastici movimenti corali.

Inutile quindi soffermarsi sui tanti perché inspiegabili. Chiaro il gioco del doppio spazio , la solitudine finale di Otello davanti al letto vuoto è , se possibile , un ulteriore accentuarsi della tragedia , meno però si capiscono particolari quali la povera Emilia che sembra Cucciolo nella veste nuziale di Desdemona, i i calzini mefistofelici di Jago , la veste fiorata del medesimo con spoliazione dell’unico suonatore nero.

Sono solo piccole notazioni inutili di un risultato alla fine mirabile sotto tutti gli aspetti.

Domanda finale : se qualcuno mi chiedesse quale DVD di Otello comprare , se quello bellissimo di Londra o questo più spelacchiato di Monaco direi di comprarli tutt’e due , nella loro diversità sono egualmente bellissimi.

La Prima della Scala

 

 

 

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Il sette dicembre , Sant’Ambrogio , il melomane medio si sintonizza sulla rete ammiraglia della RAI , per celebrare un rito collettivo : la visione dell’evento per eccellenza cioè la prima della stagione scaligera.

Guai però a farlo una mezz’ora prima quando si è ormai abituati ad un tipo di televisione più efficiente ancorchè privata.

Ci si accorge allora quanto poco professionale sia il livello medio degli inviati , quanta improvvisazione e dilettantismo ci sia nelle riprese pasticciate dove tutti parlano un po’ prima o un po’ dopo della sintonizzazione video/audio.

La qualità media è imbarazzante e ci scappano refusi tra cui la perla è indicare nel Maestro Gavazzini (sic!) il protagonista di una lontana Prima.

Nomi di cantanti sbagliati , pronunce improbabili , e via discorrendo.

Poi parte il collegamento vero e proprio e non è che le cose vadano molto meglio :le interviste nel foyer sembrano degne di Scherzi a parte , si salvano nel palchetto i due conduttori ,leggermente più preparati con gran spreco di “cigno di Busseto” , “anni di galera” e per quanto riguarda Attila ovviamente “flagello di Dio”  che comunque per l’occasione è quel gran figo di Ildar Abdrazakov.

Penso con invidia alle cronache della tv franco/tedesca ARTE che avrebbe a suo tempo potuta essere anche nostra se i nostri spazi nell’etere non fossero già stati tutti occupati dalle tv commerciali del Cavaliere .

Mi domando anche perché ci dobbiamo sempre citare addosso dicendo che noi siamo il teatro più importante del mondo , che i nostri spettacoli ovviamente non hanno eguali sull’orbe terrestre quando tranquillamente magari  facendo un salto a Zurigo o a Monaco ci si potrebbe accorgere di quanto provincialismo ci sia nelle nostre affermazioni.

Comunque quest’anno è andata bene , l’opera è piaciuta a tutti , i loggionisti contenti , nessuno ha buato nessuno , tutti hanno applaudito il Presidente della Repubblica , sicuramente l’ultimo baluardo a cui aggrapparsi in questo momento di terribile sfascio pubblico.

Però sarebbe anche carino spiegare che alla Prima i paganti sono davvero pochini , i signori milanesi non ci vanno , è piuttosto una serata da vetrina, a metà tra l’aziendale e lo spettacolo.

Non mi dilungo a parlare dell’opera , ci saranno molte repliche ed è li che si capirà se l’operazione Verdi giovanile ripaga in termini di cassetta ,che poi è quello che interessa davvero al Sovrintendente Pereira.

 

 

 

Ce l’ho fatta .

 

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Anche quest’anno ho fatto l’albero e il presepe ,ma sempre con più fatica e soprattutto con un filo di tristezza perché la reiterazione dei gesti , la collocazione delle statuine sempre più reincollate , le palle dell’albero addirittura imbiancate dalla muffa ,  tutto mi scandisce un tempo in cui la ritualità suona come memento.

 

Eppure mi piace far trovare il presepio in ingresso quando arrivano i nipoti a casa di nonna , mi piace l’albero illuminato e soprattutto mi piace godermi questa scenografia casalinga nel silenzio della notte .

Per un gioco di luci ed ombre le statuine del presepe si stagliano nette sulle pareti e la notte anche l’albero con le palle sempre uguali e sempre più pezzi di antiquariato si riflette sul vetro della vetrata in salotto con la città sullo sfondo.

 

Allora sono contenta di avere realizzato ancora una volta questa effimera scenografia natalizia , per un mese la casa brilla ancora dei ricordi di una vita quando ai piedi dell’albero c’erano tanti , forse troppi pacchi  in anni di consumismi sfrenati e quando le famiglie erano molto più facilmente riunite senza le diplomazie necessarie con le delicate situazioni di crisi che le attraversano .

 

Anche i pacchi non ci sono quasi più : pratiche buste per i ragazzi , con i soldi ci comprano quello che vogliono , un pensiero simbolico per i figli , sempre lo stesso calendario di barche a vela e so che se lo aspettano di anno in anno , retaggio della comune passione trasmessa dal papà che non c’è più.

 

Il regalo più grande allora diventa il sapere quanti saremo intorno al tavolo il giorno di Natale , senza impegno per carita! , liberi tutti , che lo stare insieme non diventi una noia rituale.

 

Poi per Capodanno ed Epifania liberi tutti, io mi godo in silenzio le mie luci effimere , semmai sono ancora gradite le telefonate di auguri , quando se ne ricordano.

 

Poi sono anche veloce a disfare tutto , con la stessa metodica precisione di quando ho sempre più faticosamente cominciato ad apparecchiare la festa.

Inshalla …se riuscirò a farcela anche l’anno prossimo.

 

 

 

 

 

Macbettho veneziano

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Grazie ad una bella iniziativa di un importante quotidiano italiano ho potuto vedere in streaming il Macbeth della Fenice di Venezia.

L’avviso era apparso sul quotidiano on line e pensavo fosse in contemporanea con l’evento ma che coincideva conl’Otello di Monaco , quindi non l’ho preso in condiderazione.

Due giorni dopo il fotogramma con la freccetta era ancora lì e allora ho provato a vedere se funzionava :
perfetto ! non era stato cancellato e così ho potuto vedere uno spettacolo veramente interessante e di grande qualità , complimenti al giornale che ha preso questa bella iniziativa.

Avevo già letto della regia di Damiano Michieletto ,dellle eleganti scene di Paolo Fantin e sapevo anche della ottima direzione di Myung Whun Chung nonchè conoscendo inoltre  la qualità di interprete di Luca Salsi non mi è rimasto che staccare i contatti col mondo e mettermi davanti al computer.

Devo dire che nonostante lo schermo piccolo lo spettacolo mi si è rivelato bellissimi esteticamente e di ottima qualità anche sul piano dell’ascolto.

Ne hanno già scritto in tanti e soprattutto non mi resta che condividere la bella recensione di Alberto Mattioli , ma non è solo per questo che ne scrivo. Per l’occasione avrei potuto davvero fare un taglia e incolla.

Però proprio la contemporanea visione monacense mi ha fatto capire ancora una volta , se ce ne fosse bisogno , che non è la pedissequa fedeltà al testo che ci restituisce Il melodramma nella sua intima bellezza .

E’ il rispetto che si deve ai contenuti musicali e si può anche non condividere in toto l’idea di fondo di Michieletto ma il farci apprezzare un Macbeth fedele senza esserlo , elegante nella forma oltre ogni dire e perfetto musicalmente è quello che veramente conta , anche in una regia assolutamente non tradizionale.

 

Desdemona versus Otello

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Alla fine dello streaming sono andata a riprendere un libro : Se tu avessi parlato, Desdemona ( titolo originale Wenn du geredet hättest , Desdemona)

un classico del femminismo scritto da Christine Brückner , stampato in Italia nel 1985, oggi quasi introvabile.

Quel libro per me ha anche una storia : ne avevo una copia che regalai a Maria Agresta che lo aveva cercato invano e poi mi fu regalato di nuovo da una giovane amica che lo aveva trovato in antiquaria a Roma.

Tutto questo per dire che se la regista dell’Otello di Monaco voleva dargli un taglio femminile aveva anche materiale casalingo per farlo.

Ieri sera , guardando lo streaming dello spettacolo di Monaco ho provato una continua irritazione , io che amo la cosiddetta “inszenierung “ non sono riuscita ad entrare in questa rivisitazione pseudo minimalista della tragica vicenda .

Imbruttire Kaufmann ( credo che abbia divertito anche lui ) è gioco facile per uno che sa recitare  ,e bene , ogni ruolo , ma quel povero Finley in snackers sdrucite mi dava davvero fastidio .

La signora leggermente isterica che non rivuole il fazzoletto e poi lo butta nel caminetto non l’ho proprio capita.

C’è come uno slittamento tra il testo , la grande musica verdiana e quello che si vede in scena.

Due cose che non diventano mai una cosa sola. Infatti avevo apprezzato l’ascolto alla radio , tre ottimi cantanti alle prese con una grande opera e il godimento c’era tutto.

Ovviamente con il biglietto in tasca per Monaco mi riservo di parlarne meglio quando lo avrò visto dal vivo , certi spettacoli non si possono giudicare soltanto con la ripresa video , ma almeno le inquadrature potevano essere meno  illogiche come per esempio il “Dio , mi potevi scagliar “inquadrando Desdemona perplessa!

Questa regista per me ha qualche problema personale non risolto , già mi aveva irritato la sua Favorita , per quello che ho visto finora c’è riuscita anche questa volta.

Se ,come la pseudo-educanda Niermeyer ha dichiarato ,voleva fare un Otello incentrato su Desdemona perlomeno si doveva rileggere il libro citato in esergo , almeno la provocazione avrebbe avuto un senso.

 

 

Fine novembre

 

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Non avrei voluto chiudere questo mese di novembre con un altro necrologio ,ma la notizia della morte di Bruno Cagli mi costringe a farlo.

Non lo conoscevo personalmente  ma ogni volta che andavo a Santa Cecilia notavo la sua presenza , riconoscevo il suo volto intelligente , il suo essere colloquiale e gentile con gli spettatori abituali.

Un’altra personalità importante del nostro mondo musicale che se ne va.

Ovviamente , data la mia età , vivo questa sorta di tragico gioco di birilli della vita che mi circonda , ma per carattere non amo abbandonarmi alla tristezza e quindi per chiudere scrivo  di una cosa stupida , una nota di costume che mi ha fatto ricordare il famoso detto gattopardesco  sul cambiamento che in realtà non cambia niente.

 

Ieri mattina sono tornata al mio supermercato , mio nel senso che ci vado da quando fu aperto più o meno venticinque anni fa .

Lo ricordo bene perché seduto sul carrello ci mettevo piccolissimo il mio primo nipote , che adesso ha quasi vent’otto anni.

Ebbene , ieri l’ennesima trasformazione di facciata . Nel tempo ha cambiato nome due o tre volte , cambiata l’insegna e poco altro .

Ieri invece in pompa magna ha cambiato anche tutti i colori .

Questa volta hanno fatto le cose in grande, ora è tutto rosso, il personale per la più parte è sempre lo stesso con sgradevoli immissioni di giovinetti che ,non si capisce bene perché ,mi si rivolgono molto confidenzialmente.

Comunque è francese e lo scontrino lo rivela , basta farci caso che non è uno scontrino fiscale , il che la mette giù dura sulla nostra italica presenza nel settore della grande distribuzione .

Sono europeista convinta , ma in questo settore siamo una colonia , grandi catene francesi e tedesche si dividono il nostro mercato alimentare ,  il vantaggio è che trovo i brezel e i formaggi  francesi senza andare troppo lontano.

 

Chiudo ritornado alla notizia della scomparsa di Bruno Cagli e al poco spazio che comunque ho trovato sulla stampa per  questa triste notizia.

Mi irrita sempre trovare nella sezione Spettacoli degli importanti quotidiani grandi articoli su eventi di quella che una volta si chiamava musica leggera e che adesso dilaga lasciando alle poche vere notizie culturali trafiletti microscopici e redazionali di routine.

 

 

 

 

In memoria di un Maestro

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Sembra impossibile ma anche in morte di un regista del livello di Bernardo Bertolucci ci sia ancora qualcuno che ricorda solo la “scena del burro” e ci fa sopra un maniifesto di femminismo retorico.

Ricordo di avere visto il film all’uscita , mi era piaciuto , soprattutto la scoperta della Barcellona di Gaudi e la straordinaria presenza carismatica di Marlon Brando , all’epoca decisamente ancora bellissimo.

Ricordo con fastidio la famosa scena e soprattutto ricordo il ridicolo processo , il rogo della pellicola e mi parve del tutto ingiustificato montare una campagna contro un regista che ci aveva dato dei film bellissimi ,i suoi primi film in bianco e nero erano veramente testimonianza di un importante talento cinematografico.

Abbiamo saputo molti anni dopo che la povera Maria Schneider fu vittima inconsapevole di quella scena violenta , Bertolucci stesso si rese conto di avere sbagliato e ne fece piubblica ammenda.

Non credo che questo sia bastato , o che abbia inciso più di tanto in una vita difficile precocemente finita di quella imbronicata ragazza , figlia d’arte e come spesso accade nel mondo effimero della celluloide , poco gratificata in seguito.

Mi piace invece ricordare di Bertolucci il grande e violento affresco che fu Novecento , la magia dell’Ultimo imperatore a anche alcune scene ( quelle indiane) del Piccolo Budda.

Non mi sono piaciute le sue ultime cose , ma se dovessi scegliere un ricordo fra tanti della sua importante filmografia sceglierei Il conformista e del Conformista la scena elegantissima del ballo di Stefania Sandrelli con Dominique Sanda .

Fotogrammi di una erotica eleganza e di raffinata morbosità, opera di un grande maestro che sapeva davvero raccontare per immagini.

Nel nostro odierno orizzonte cinermatografico italiano di film tinello-cucina-terrazza romana stanno scomparendo i grandi maestri che avevano fatto grande il cinema italiano nel mondo .

Leggo  oggi che forse rivedremo Novecento restaurato dalla Cineteca di Bologna nelle sale . Potrebbe essere importante che le nuove generazioni lo vedessero  , non è mai tardi per imparare a rileggere la Storia.

 

 

 

l’uso del social media

Unknown

Orwell non poteva saperlo .

Nel suo  profetico libro  i social non erano ancora entrati nella nostra vita.

Questo pensavo guardando la massa dilagante dei Gilet jaunes  per le strade di Francia e sui Campi Elisi parigini .

Chi non ha un giubbotto di quel tipo in macchina ?

L’idea deve essere stata di un genio del marketing , chapeau!

Ma l’orda populista che invade in modalità diverse il nostro mondo impazzito non sarebbe stata così violenta e omogenea se non ci fossero stati gli strumenti diabolici che per sdrammatizzare chiamiamo social media.

Fossimo nel Medioevo si chiamerebbero Demonio , in fondo sarebbe la stessa cosa .

Muovono le folle , scatenano gli istinti di ribellione dellle masse e confondono destra , sinistra , centro . Rispondono solo alla volontà di condannare quello che benevolmente chiamiamo il potere costituito.

 

Mi viene da dire “ se Atene piange Sparta non ride” , se negli Stati Uniti governa Trump, se in Brasile hanno Bolsorano qui in Europa non è che andiamo tanto meglio.

La povera Merkel costretta ad un ritiro decoroso quanto improvviso , Macron esaltato appena due anni fa è in caduta libera , Teresa May è aggrappata ad una pericolosa zattera di residui conservatori e non parliamo del governo da operetta del nostro paese , ma quello ce lo meritiamo ampliamente , ce lo siamo votato in massa e i cretini del PD stanno ancora a disputarsi la futura segreteria mentre il Titanic affonda.

Gli ex sovranisti dell’Est si scoprono tutti europeisti , vedi l’effetto che fa toccarli sulla tasca?

 

Però se i social sono lo strumento diabolico di cui si serve il Grande Fratello è anche vero che come congiurati , come carbonari e massoni di un tempo,  cominciano a manifestarsi piccoli gruppi di rivolta consapevole .

Lo strumento può essere usato anche per questo , bisogna capire se anche noi abbiamo un esperto di marketing che ci aiuti .

Quando avevo scritto di getto questo post avevo fatto dei nomi , poi ho cancellato il  paragrafo , qualsiasi presa di posizione oggi può essere interpretata come partigianeria “contro”.

Non è per il blog , certe cose le metto sul mio diario , è meglio.

 

 

dalla stampa tedesca

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Gli impietosi critici tedeschi non perdonano il successo blockbuster di Kaufmann e stanno lì pronti come gufi per poterlo massacrare .

Questa volta ci sono riusciti bene , anche grazie alla colpevole collaborazione di Amelie Niermeyers che non capisce nulla di Verdi , Boito e forse neanche di Shakespeare.

A lei piace Ibsen , Strindberg e via nordicamente cantando.

Bastava vedere Jonas ascoltare a braccia conserte , chi conosce il linguaggio del corpo vede in quelle braccia conserte una chiusura totale a quello che gli viene proposto .

Ma lui è un serio cittadino tedesco , alla faccia del suo fisico latino ed è obbediente al comando.

Ma lo fa a modo suo , ci mette tutta la recitazione possibile , si può pemettere di tutto e il suo “commesso viaggiatore “ alla Miller funziona , eccome.

Poco importa che la sua vocalità non sia quella di Vickers , lo dice chiaramente : la mia è la Kaufmann – versione . Vi piaccia o no e ottiene un risultato recitativo da brivido , anche solo all’ascolto via radio.

Finley non ha la vocalità necessaria per fare Jago , la Harteros ha una voce troppo drammatica per essere una Desdemona credibile .

I versi del libretto parlano chiaro , è una giovinetta testarda veneziana , non una matura signora in cerca di sesso.

Mi è capitato di vedere ieri , non so quanto per caso , un Otello del 2013 da Valencia su Classica :  dirige Metha , i colori sono caldi , non ci sono le stilettate di Petrenko ,sicuramente vincente in questa edizione monacense , ma perchè cava da Verdi tutto il Wagner possibile e non sono sicura che questo sarebbe poi tanto piaciuto al grande maestro di Busseto.

Gli interpreti della versione spagnola sono tutti e tre centrati vocalmente : Gregory Kunde canta splendidamente senza sforzo una parte che fu sua anche nell’Otello di Rossini grazie alla sua incredibile carriera , Maria Agresta sembra nata per fare sua ”la fedele sposa di Otello” e Alvarez è un grandioso Jago , una parte cucita sulla sua grande professionalità.

Ovviamente la messa in scena non è così intellettualmente raffinata come quella di Monaco, la vedremo meglio il 2 in streaming e poi in teatro che sappiamo essere l’unica vera visione per esprimere un giudizio.

Per ora sono solo riflessioni sulla stampa del giorno dopo, tanto per scrivere qualcosa in un domenica di pioggia.