la vendetta della storia

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un po’ mi dispiace che in Gran Bretagna abbia vinto l’uscita dall’Unione europea . io sono una europeista convinta e un paese importante che se ne va mi mette tristezza ,

Ma , c’è bisogno di dirlo? gli inglesi sono sempre stati in Europa a metà e ogni volta che vado a Londra a sentire un’opera mi devo sempre arrabbiare per un certo numero di cose che non mi vanno giù. Guidano alla rovescia , hanno quella moneta complicata che mi fa sudare se devo pagare un taxi  (quello per fortuna non avviene più perché pago tutto col Bancomat) e persino quell’ora di differenza ( ma è colpa di Grenwich non loro , questo obbiettivamente lo devo ammettere ) mi fa allungare le giornate in maniera innaturale e non faccio in tempo ad abituarmi perché poi riparto subito.

Per non parlare della presa elettrica e per Internet che poi mi dimentico sempre di portarmela dietro e così adesso ne ho un’intera collezione a casa.

 

Ma quello che oggi fa riflettere in maniera più seria è la serie di ostacoli  che devono affrontare in casa :

i due più grossi ostacoli della May sono l’Ulster e Gibilterra , complicate questioni interne , retaggio delle loro antiche glorie e del loro storico dominio .

Non è l’Unione europea a presentargli questo conto , con grande larghezza da parte di Bruxelles e anche con la soddisfazione di dire che se vogliono andarsene nel loro splendido isolamento ( vi ricordate la famosa frase di quando c’è nebbia sulla Manica : il continente è isolato?) l’Europa presenta un conto abbastanza benevolo , ma anche in famiglia quando si vuole andare via qualche cosa si deve sempre pagare , è ovvio.

 

Vedo molto lontana , per ora , l’ipotesi di un nuovo referendum per rientrare ,

anche se sono sicura che prima o poi  ritorneranno nella casa comune.

Piuttosto non so come sarà l’Europa in futuro , ma questo lo tratto in un altro capitolo del blog musicale che sconfina in politica , anche per trattenermi  dal parlare dell’ Otello di Monaco perlomeno fino al prossimo streaming.

 

 

 

 

 

Eimuntas Nekrosius

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Un autentico colpo al cuore : il mondo del teatro ha perso uno dei suoi figli più grandi , a livello mondiale .

Ho avuto la straordinaria fortuna di assistere a quasi tutti i famosissimi spettacoli del genio Eimuntas Nekrosius che

sono stati rappresentati in Italia. Credo che il primo sia stato il suo sconvolgente Amleto.

Difficile raccontare quella che è stata la visione di quel giovane attore pallido ed emaciato che declamava i suoi famosissimi versi in lituano :in piedi e scalzo , su un grande masso di ghiaccio .

Ci entrava nelle ossa quel freddo , quel disagio esistenziale dello straordinario principe di Danimarca .

Nekrosius giocava con le materie naturali : l‘acqua , il fuoco , le pietre.

Nei suoi spettacoli i suoni erano molto importanti : suoni precisi e senza effetti speciali .  La compagnia che aveva fondato a Vilnus si chiama Meno Fortas e la sua trilogia : Ambletha , Macbetha e Othela è ormai un classico assoluto di inimitabile tensione con quei suoi attori ascetici che venivano indicati in ordine alfaberico in locandina e ai quali veniva chiesto di non attardarsi troppo a prendere gli applausi.

Nel suo Faust , cinque ore in lituano ..ma chi se ne accorgeva? Il tempo era scandito da un’oscillante tronco di legno che veniva fatto muovere dai suoi meravigliosi attori  i quali completavano anche la colonna sonora degli spettacoli.

Il fuoco :spesso  utile ad illuminare con effetti spiazzanti il racconto , le pietre sbattute a ritmare i versi ,l‘acqua  , altro elemento naturale , base e sonoro di molti suoi spettacoli.

Mi è molto difficile raccontare queste emozioni forti , questo teatro unico e ricco di incredibili stimoli sensoriali non è stato però un teatro difficile , anzi ha spesso rappresentato il recupero del nocciolo vero del testo .images-1

Devo dire di avere  molto attinto e copiato nel mio piccolissimo teatro classico fatto dai ragazzi del liceo .

Rubare idee a Nekrosius mi è servito non poche volte , anche se il suo linguaggio era ad un tempo semplice e preziosissimo.

Mi piace ricordare anche il suo Cantico dei Cantici , ma soprattutto la sua Anna Karenina che si andava a buttare sotto un treno i cui fari potenti ci venivano incontro nascosti sotto il grande cappotto di Vronski

E soprattutto il pattinare sul ghiaccio di Kitty ottenuto con i gesti eleganti e lenti scanditi dal frusciare del soffio del respiro degli attori .

Un teatro globale , eccitante , elementare  e sofisticato . Veramente il teatro europeo e non solo è molto più povero senza questo grande maestro .

 

 

 

Leda e le ecoballe

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Manca più di un mese a Natale e già si sono accese le luci per le strade , già si innalzano gli alberi di Natale sulle piazze e intanto ci incombe un Black friday martellante , una specie di svendita prima dei Saldi post natalizi.

Una rincorsa del tempo sul tempo , una vita alla ricerca dei beni materiali nel vuoto totale di un attimo di riflessione.

Colonna sonora piena di musichette allegre , mai che neanche per errore suoni nelle nostre piazze un canto antico , una corale degna di questo nome.

Mi sento molto nordica dentro , non mi piace niente di questo nostro paese falsamente giocoso e festante.

In Italia non c’è proprio niente da ridere se non fosse che poi la bellezza , l’arte , i nostri tesori ci sono ancora ..nonostante.

 

Una scoperta bellissima . l’affresco di Leda e il cigno a Pompei ci ricorda il sommerso di questo inimitabile tesoro che è il nostrro paese , il nostro essere stati un tempo al centro delle bellezze di un mondo lontano.

Emblematico che cotanto tesoro si trovi così tanto vicino a quella Terra dei fuochi , delle montagne di spazzatura fumante che sembra essere l’unica immagine di una terra incantata come un tempo fu la Campania.

 

Non mi piaccioni le parole ecoballe , inceneritori , termovalorizzatori strumentalizzate a casaccio….

non mi piace che gente incolta ,presuntuosa e ignorante nel profondo sia oggi alla giuda del nostro un tempo bellissimo paese, vorrei ritornare ad  un tempo normale : col Natale al posto giusto , le campane che suonano quando davvero chiamavano a raccolta le genti.

 

Da un po’ di tempo evito la visione dei notiziari , mi mettono tristezza se non addirittura irritazione ,possibile che senza quasi accorgercene si sia caduti così in basso?

Ho la strana sensazione , che assomiglia al senso di sgomento che prende quando trema la terra sotto i piedi : l’ho provata spesso in una terra abbastanza avvezza ai terremoti, solo che il terremoto attuale è vastissimo , praticamente dondola tutta la vecchia Europa.

 

Sono partita dalle luminarie natalizie anticipate e sono arrivata alla crisi politica generale , non male per un pezzo di metà novembre!

Forse perché anche le immagini dell’ormai prossimo Otello di Monaco non mi promettono visioni rassicuranti.

 

Su Verdi e l’Italia

Più verdi meno grigi

 

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Erano passati cinque anni da quando Alberto Mattioli era venuto ad Ancona a presentare il suo primo libro musicale : “Anche stasera, quando l’opera ti cambia la vita .”

Una specie di sorridente vangelo per melomani .

Questa volta , garbato e gentile , è tornato da noi con il suo secondo libro dal titolo scherzoso , ma in realtà profondamente più profondo del primo.

Il suo “più Verdi meno grigi “non è solo un excursus colto sulla figura e le opere di Giuseppe Verdi ma anche uno spietato sguardo sul nostro povero paese raccontato già a suo tempo dal grande genio italiano e poco cambiato nel fondo della propria indole.

Non c’era tanta gente ad ascoltarlo , la nostra povera provincia orfana musicalmente  avrebbe bisogno di ricostruirsi una base di conoscenza più approfondita sull’affascinante tema del melodramma, questa straordinaria forma d’arte che proprio in Italia è nata e che resta l’unico tramite perché la nostra lingua sia ancora conosciuta nel mondo.

Della piacevole conversazione quello che  a mio avviso emerge in modo estremamente importante ed attuale è  lo sguardo sul Verdi politico,  non solo sulla figura del politico uomo , che fu deputato e senatore del regno , ma del  Verdi politico attraverso le opere .

Il suo sguardo lucido ci ha raccontato le storture dei peggiori  comportamenti della nostra società , il perbenismo di facciata della nostra società di ieri come di oggi , il falso moralismo , l’essere sempre noi svelti al voltare gabbana . il nostro basso profilo morale.

Del resto , già in Shakespeare , un grande amore di Verdi ,ci imbattiamo spesso in truffatori e briganti italiani….

Ed anche Giannina e Valsacchi nel Rosenkavalier di Strauss altro non sono che una crudele rappresentazione delle nostre peggiori forme di servilismo da lacchè.

Mentre Mattioli , col solito calmo atteggiamento leggero , ma profondamente colto , parlava io pensavo a quanto di drammaticamengte attuale ci sia nel  suo libro .

Mi fa piacere che nel suo giro marchigiano sia stato chiamato anche a parlare ai giovani delle scuole .

Complimenti a chi ci ha pensato , queste sue preziose lezioni andrebbero diffuse in quella materia scomparsa che una volta avevamo e che si chiamava “educazione civica”.

In questo nostro paese follemente governato da una banda di cialtroni  le parole di Mattioli su Giuseppe Verdi potrebbero davvero diventare una bella lezione , non solo di musica ma soprattutto di storia patria.

Comunque , quello che scherziosamente l’autore chiama librino , è in vendita nelle librerie e spero che ancora molti lo comprino e non solo per sapere qualcosa di più sulle opere di Giuseppe Verdi.

Quando i gatti ritornano

 

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ci sono sempre stati molti gatti nella mia vita fino a quando con estrema tristezza ho raccolto nella siepe del mio giardinetto l’ultimo gatto nero della lunga storia gattesca familiare.

Quel giorno decisi che non avrei più avuto animali , già nel frattempo avevo abbandonato  anche l’idea di avere un cane , il mio adorato Simba sarebbe necessariamente stato  l’ultimo , troppo ingombrante lui , troppo vecchia io.

I gatti no , i miei bellissimi certosini resistevano , indifferenti agli anni che passavano , loro si gestivano da soli e tutto sommato mi appagavano con la loro bellezza.

Da qualche anno però lentamente la progenie (e i parenti spuri )si è spenta e quindi sono rimasta sola .

 

Ma  ecco che è arrivato il gatto fantasma, quello che appare ogni tanti qua e là :dal muro del giardino , nella siepe davanti casa , sul tetto del garage.

Un persiano bianco : qualche volta mi sembra sperduto e macilento , qualche volta bellissimo nel suo splendore di gatto ben custodito .

Mi guarda con sfida , non riesco assolutamente a capire da dove venga , non da molto vicino , conosco abbastanza la strada e i pochi abitanti che ci vivono e questo gatto fantasma , ormai molto più che un’apparizione è diventato una costante a scandire il variare delle mie vicende personali.

 

Quando lo vedo , lui mi guarda sempre più da vicino e nella sua sublime indifferenza gattesca ,credo pensi di me ben poco.

Ci parlo e cerco pure di trarre auspici dal suo permanere nei miei paraggi , una specie di Pizia bianchissima e immobile.

Ieri è stato qualche ora a crogiolarsi al sole novembrino ben nascosto dalla strada nella mia siepe davanti casa, ho fatto in tempo a fargli il solito servizio fotografico , l’elegante ospite non si è negato all’obbiettivo.

Poi con nonchalance si è allontanato lasciandomi una terribile voglia di gatto ,  io ho scosso la testa e rimosso ogni tentazione .

L’egoismo di non avere un essere da custodire prevale , ancora ho troppi programmi in calendario , mi accontento della muta presenza di un amico indifferente e molto saltuario nelle sue apparizioni .

E’ quello che mi merito.

 

 

Dal blog dell’Opera di Monaco

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Ovviamente si ricomincia a parlare di Otello , di che altro sennò?

La cronaca mi offrirebbe tanti spunti , non tutti allegri , ma certe volte rifugiarsi nel proprio hobby serve per alleggerire la vita.

Allora leggo pazientemente la lunga intervista , in inglese perché mi è meno faticoso, sul blog.staatsoper.dein forma di dialogo tra la regista e l’interprete principale.

Bla bla bla : Otello moro non vuol dire negro , difficoltà di uscire dal ruolo , differenze tra Verdi e Shakespeare , niente di nuovo e di originale.

Unica speranza per me è di leggere che la regista non ci metta troppe sedie , ancora ho in mente la versione bruttina . ed è dire poco , della Favorite tutta sedie…

Poi il colpo d’ala :un rigo appena .il giornalista nomina Jago e la lapidaria risposta di Kaufmann merita tutta l’intervista.

Riporto testualmente “ a terrifically stage role. As an actor Jago would interest me more than the title role” .

Ecco finalmente ciò che mi mancava : la conferma che Kaufmann non è solo un grande cantante , ma anche un uomo colto e un grande attore.

Sicuramente lui saprà della tentazione di Verdi di intitolare l’opera Jago , il fatto che grandi artisti in passato abbiano interpretato alternativamente i due ruoli ( in Italia Salvo Randone e Vittorio Gasmann) , l’interfaccia , direi la complementarietà dei due destini.

Serve un traditore per fare una vittima.

Non avevo bisogno di conferme , so bene perché io lo amo tanto e lo amo ancora , con la voce diversa , col fisico appesantito , con le borse sotto gli occhi.

Quello che mi affascina di questo cantante è la sua intelligenza musicale e non solo.

Fine della prima ,per i non addetti ai lavori pure noiosa, incursione sul nuovo allestimento dell’Otello a Monaco.

 

 

 

Una Giselle afro

 

 

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Questa volta ho fatto una cosa strana : grazie ad un gradito invito sono andata a vedere uno spettacolo di danza.

La danza , anzi inizialmente il balletto, era stato il mio primo amore da ragazzina .

I ballerini erano belli , i cantanti no , esclusa la mitica Maria che poi fu la cagione del mio innamoramento per la lirica.

Ho poi frequentenato anche la danza cosiddetta “moderna “ e anche lì il colpevole fu un certo Bejart…

Gli anni passano e ormai agli spettacoli di danza non vado quasi più, spesso mi annoio ma questo non è successo sabato scorso.

Al Teatro delle Muse di Ancona in esclusiva regionale si esibiva la compagnia di danza The dance Factory di Dada Masilo.

Una compagnia sudafricana e lo spettacolo era intitolato Giselle.

Una Giselle afro , con musiche originali , ballata in modo egregio da una compagnia molto affiatata e di grande qualità.

Questa Giselle dal finale niente affatto scontato mi ha molto emozionato , specalmente nella seconda parte , per me decisamente perfetta nella sua concisione.

Ho cercato di più nel web e ho visto che hanno anche in repertorio una Carmen: l’amica vicina di posto responsabile di una ottima Accademia di danza mi ha confermato che anche la Carmen sarebbe da vedere , anzi sarebbe anche superiore alla Giselle per stringatezza e risultato .

La piccola deviazione in un campo teatrale che avevo un po’ abbandonato mi ha regalato una bellissima serata piena di emozioni.

Teatro pienissimo , pubblico molto giovane ed entusiasta , soprattutto un pubblico che non fugge allo spengersi delle luci!

 

 

Volteggia una foglia

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Ho visto volteggiare una belilssima foglia rossa caduta dal platano , mi ha ricordato un poster di Snoopy che una cara amica aveva portato in regalo ad una bambina malata tanti anni fa.

Grazie per il ballo c’era scritto e rappresentava uno Snuppy galante che così ringraziava la foglia in volo.

Poi la bambina se ne era volata via anche lei e un caro amico , che fosse anche un frate era del tutto ininfluente , nel chiedere un ricordo di quella piccola amica che aveva seguito nella sua crudele malattia chiese in ricordo quel manifesto che ovviamente gli fu dato .

Nel resto della sua vita quel frate che sistematicamente si spogliava anche delle cose più preziose che aveva ed  erano i libri ,  si tenne sempre vicino quel manifesto e anche quando diventò priore in un grande seminario vuoto ,  ormai scomparse le vocazioni  ed era praticamente solo fra le tante stanze del convento sulle colline bolognesi me lo mostrò ,teneramente appeso nella sua vuota cella.

Poi anche quel frate strano , una delle persone particolari che si incontrano di rado nella vita , se ne è andato . Abbbastanza presto rispetto alla lunghezza media della vita attuale.

 

Oggi quella foglia rossa , bellissima e allegra sotto la pioggia sottile di questi primi giorni di novembre mi ha riportato indietro di tanti anni.

Niente finisce davvero , non si deve essere tristi in certe rituali ricorrenze del calendario .

A coloro che solo un giorno all’anno ricordano i defunti e riempiono di fiori i cimiteri mi piace mandare un messaggio di vita .

La foglia che volteggia segna la  fine di un ciclo : in primavera le foglie rinasceranno , la vita continua per tutti coloro che restano e serbano la memoria dolce di un ballo lontano.

 

 

Kaufmann versus Kaufmann

 

 

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Dopo avere letto centinaia di rendiconti entusiasti della Fanciulla del Met , specialmente da parte di fedeli ammiratrici dello stratenor Kaufmann  ,tutte inneggianti alla splendida forma fisica e vocale del Nostro ho pensato bene di studiare un po’ di più il raffronto con l’opera di Vienna del 2013.

Innanzitutto devo dire che quella  l’avevo vista in teatro, il che è comunque un gran vantaggio , sempre.

Purtroppo non posso dire lo stesso di NewYork , anche se alla luce di quello che ho visto al cinema mi sono rafforzata nella convinzione che proprio non valeva la pena di traversare l’Atlantico per una ripresa vecchia in tutti i sensi e senza interessi particolari .

Non avevo neanche bisogno di vedere confermata la forma vocale di JK , l’avevo appena sentito nel mirabile concerto di Milano e prima a Gstad e prima ancora a Caserta e Monaco .

Tutto questo entusiasmo per il feeling con la Westbroeck poi non mi pareva determinante : sono colleghi , ogni tanto si incontrano sui palcoscenici del mondo e lei  ultimamente ha pure la voce un po’ usurata e svuotata nei toni centrali.

Lucic recita tutto allo stesso modo , ad un certo punto ho pure pensato : che ci fa Gerard nella Fanciulla?

Il migliore in assoluto , l’ho già scritto nel precedente blog sull’argomento è lo strepitoso Nick di Carlo Bosi , una vera perla italiana.

 

Ho letto e riletto uno spartito vecchio di anni e di memorie casalinghe e mi sono ancora una volta stupita della precisione con cui Puccini  ( perchè sappiamo che in ultima stesura era lui che decideva anche le battute) sviluppa la psicologia dei personaggi.

 

Basta seguire le indicazioni , c’è già tutto lì. Cominciamo dalla  Girl ( non giovanissima , lo dice nella perorazione finale ricordando di avere dedicato  la sua gioventù a vivere con i minatori ) e quindi la Stemme era giusta anche come differenza di età con il bandito ragazzo, il quale era veramente perfetto , dieci chili fa , nel ruolo di bel tenebroso.

A Vienna la elegante direzione era portata a sottolineare le ascendenze musicali mitteleuropee, sorvolava sugli effetti plateali caricando invece di sfumature  (vedi il primo duetto) il coté innovativo dell’opera .

A NewYork i cantanti hanno buttato via , si dice così a teatro , alcune battute splendide .Per esempio “Non so neanche io chi sono” tanto per citarne una, oppure la smorfia di Minnie nel mettersi le scarpe strette e il suo ironico  “quante volte voi siete morto? “dopo la sparata spavalda dell’uomo sul desiderare una donna per un’ora sola e poi morire..

A teatro funzionava anche la mongolfiera finale, scendeva quel cesto con il pallone e ironicamente , letteralmente  faceva volare via la coppia mentre con un effetto straordinario scendevano i minatori verso il basso , una trovata bellissima.

Me la sono voluta riguardare proprio per confrontare le diverse emozioni che non ho provato al cinema.

Comunque Kaufmann è sempre Kaufmann e senza grandi sforzi il suo Ramerrez esce lo stesso dallo stereotipo del tenore che canta solo per arrivare alla grande aria finale , quella che conoscono tutti .

Il suo bandito un po’ cialtrone e un po’ vecchio playboy è sempre anni luce superiore alla media dei cantanti che ahimè, nella mia lunga vita ,ho visto nello stesso ruolo , compreso un Mario Del Monaco con cravattino alla Turiddu che mi aveva fatto molto ridere quando da ragazzina i western li andavo a vedere al cinema.

Forse quella volta avrei anche apprezzato il realistico West del Metropolitan .

 

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Una Fanciulla americana

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 Dimentichiamo Vienna e la raffinata direzione di Weltzer Möst piena di accenni che si rifanno alla grande musica dell’inizio del secolo : Puccini era un attento ascoltatore e accontentiamoci dell’onesta e un po’ semplice  direzione di Armilliato , un  buon professionista.

Dimentichiamo Vienna e la stupenda  interpretazione di Kaufmann nel pieno del fascino e della straordinaria capacità del suo recitar-cantando immedesimato nel ruolo di bandito gentiluomo .

Siamo a Broadway, ragazzi , e in ultima analisi La fanciulla è stata pensata per questo pubblico che la vuole così , realistica e ingenua che più non si può.

Allora tiriamo un filo su tutto il sottinteso di un’opera apparentemente allegra,  scordiamoci la tristezza degli emigranti della Lucchesia, il saluto amaro finale dei minatori ,” quell’addio mia California “che non significa , forse , neppure un happy end forse solo un segno di nostalgia per un sogno non realizzato.

Siamo in un western classico che non ha ancora recepito la rilettura degli spaghetti western tanto cara a Tarantino .

 Ci sono andata al cinema grazie a due amici gentilissimi fino a Pisa ,uno straordinario cinema con una programmazione incredibilmente vasta e sono contenta di avere visto questa Fanciulla americana un pò deludente sul piano artistico .

Eva Maria Westbroeck ha dalla sua solo il fisico giusto , la sua emissione di voce potente e addirittura con tendenze pericolose di intonazione non sa proprio dove stia di casa quell’intermittenza del cuore di Minnie , Zelico Lucic canta tutto uguale , il personaggio non conta e anche il mio amato superdivo infagottato nel cappottone nero da cattivo non suo inizialmente non mi è  sembrato neppure al massimo della forma.

Come sempre via via che  l’opera avanza nella sua trama migliora sia il suo canto che il suo immedesimarsi nel personaggio , il secondo e il terzo atto sono un ottimo crescendo, la sua aria di punta “quel ch’ella mi  creda” ( l’aria aggiunta per accontentare Caruso), in realtà un cavallo di battaglia per tenore lirico spinto è resa come da manuale , non serve impegno particolare per un tenore della vocalità incredibile quale quella di cui dispone Kaufmann attualmente.

 Purtroppo la massa di  comprimari di cui è formato il cast ha dizione non sempre perfetta e fra tutti brilla per la qualità e la professionalità il mio amato Carlo Bosi , una garanzia di qualità italiana e di musicalità perfetta.

Cori abbondanti e sovraccarichi , ma potrebbe essere stato un cattivo bilanciamento acustico della sala , coprono spesso le voci dei singoli , in Europa siamo spesso abituati a masse corali di ben diverso livello.

 

Leggo commenti entusiasti , kaufmanane in delirio , commosse fino alle lacrime . Un po’ le invidio , troppe Fancuille ho visto e sentito per partecipare così intensamente di una storîa che  conosco dalla mia infanzia  da  quando la mia mamma me la raccontava facendomi notare alcune stupende intuizioni cinematografiche di Puccini come la macchina del vento o il clamoroso battito del cuore durante la partita di poker.

Magari , con più misura , il cuore avrebbe potuto battere con meno vistosità , non c’è bisogno di farlo sentire  come un effetto bandistico!

Armilliato si vanta di dirigere senza spartito , magari gli desse un‘occhiata ogni tanto non sarebbe poi tanto male , ma ripeto “ questa è l’America miei cari”, il prodotto finale è finalizzato a quel pubblico e va bene così.

Persone come me fanno meglio a restare nella vecchia  Europa , magari anche senza paraocchi e paraorecchi.

 

 

 

 

Un ragazzo gentile

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Negli anni passati in estate passava sulla spiaggia di Portonovo , tra gli altri “vu cumprà” un ragazzo senegalese , alto e sottile , gravato da decine e decine di borse contraffatte .

Non era invadente , chiedeva con un sorriso se mi interessava qualche cosa e siccome io parlo volentieri in francese ci facevamo anche qualche piccola conversazione .

In generale non compravo niente , però  gli dicevo che la sua mercanzia era bella e lui era contento.

Poi verso la fine della stagione finivo per comprargli qualcosa e ne facevo anche regali a persone a me vicine .

Questo mio gesto aveva anche provocato una reazione di rimprovero nei miei confronti da parte di una signora tedesca di Amburgo , proprietaria di una casa all’interno della baia .

Mi aveva detto che il mio complice comportamento provocava un danno all’economia delle fabbriche di borse che venivano illegalmente copiate e che con il mio atteggiamento ne rovinavo reputazione e guadagni .

Mi aveva fatto sorridere e forse anche riflettere sulla integrità prussiana della mia amica tedesca .

In effetti ero colpevole anch’io anche se mi pareva esagerata  l’idea di avere danneggiato case famose anche perché forse non avrei comprato quelle borse a prezzo pieno .

Una volta poi , scandalizzando le vicine d’ombrellone ,avevo dato anche un passaggio in macchina al mio amico nero: in realtà lui era stato felice di fare poche centinaia di metri con me , si era sentito gratificato dal mio gesto , poi era sceso alla fermata dell’autobus : gli era bastato il gesto.

Quest’anno non è arrivato , le nuove norme restrittive nei confronti dei venditori sulle spiaggie , la paura di vedere sequestrata la merce che non era totalmente povera come quella dei venditori di collanine e pareo, probabilmente gli aveva fatto cambiare strada.

Dove è andato a finire il mio amico delle borse ? Da una strada modestamente illegale sarà passato a qualche cosa di legalmente più grave e pericoloso?

Non sempre una buona noma genera buoni effetti , ci sto pensando da un po’ di tempo .Se positivo era il combattere l’abusivismo sulle spiaggie ( ma il fastidio e la petulanza di tanti venditori di stracci è rimasta tale e quale) forse non tutta questa caccia all’ambulante ha sortito gli effetti sperati .

C’è la forte probabilità che molti di questi ragazzi svelti siano stati spinti a cercare in commerci diversamente illegali e più pericolosi una via di guadagno .

Siamo sicuri che le buone norme producano sempre buoni risultati?

Mi piacerebbe sapere che il mio amico gentile non sia diventato un puscher , lo preferivo illegale venditore di false Vuitton.

Una regia straordinaria

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Qualche volta può capitare che anche la visione di un DVD possa emozionare e regalare una straordinaria lettura di un grande capolavoro come è il  Tristan und Isolde.

Il filmato passa su Sky segnalato male , la banda ci dice che si tratta di una edizione di Bayreuth del 1995 con interpreti con non riconosco , invece poi leggendo alla fine i titoli in coda scopro che è un’edizione del 1983 con la regia di Jean Pierre Ponnelle : Tristan Renè Kollo , Matti Salminen Marke , direttore Barenboim ( quello era giusto anche nel sottopancia!), non faccio in tempo a memorizzare tutti i nomi , soprattutto Isolde , unico neo che indica il trascorrere degli anni e dei costumi , essendo la povera gravata da una improbabile parrucca dorata.

Se ne scrivo è perchè la visione dell’opera mi ha decisamente emozionato , ma ho dovuto vederla due volte ( grato sacrificio per chi ama così tanto Wagner) per riuscire a capire la meraviglia del finale.

 

La trovata registica di Pannelle consiste in realtà in una sola inquadratura , dopo un buio e il silenzio della musica .

Tristan si era praticamente accasciato tra le braccia di Kurnevald quando si ode la voce di Isolde che arriva , arrivano poi Il re Marke , Melot e Brangäne e c’è tutta la spiegazione del filtro , il perdono del re , il duello , la morte dei contendenti e infine la sublime pagina della morte di Isolde con Tristan vivo che le sta praticamente seduto alle ginocchia.

Tutto è intercalato da stupendi primi piani di Tristan ,magistralmente resi da Renè Kollo : i suoi grandi occhi chiari che guardano verso un lontano orizzonte perduto .

Sulle ultime note del quadro in cui si stagliano illuminati Isotta bianca di luce e Tristan ai suoi piedi si spengono le luci.

Pausa , buio totale e poi , solo per un attimo le luci si riaccendono sull’inquadratura di Tristan morto tra le braccia di Kurnevald , di nuovo buio.

 

Allora capisco tutto : quello che ho visto nell’ultimo quarto d’ora è il sogno di Tristan morente , forse a Ponnelle non piaceva quel finale didascalico pensato da Wagner che  si è permesso un lusso blasfemo e dalla resa bellissima.

Quando una regia colta e intelligente nel cambiare aggiunge emozione a emozione ! Bellissimo: lo si può recuperare su YouTube , ho controllato ed è facilmente rintracciabile , ne vale la pena.