Il giorno della Memoria è passato , le manifestazioni , i filmati , gli attestati e
insieme anche le orribili tracce persistenti di un antisemitismo che riaffiora sempre negli animi incolti e ignoranti
Non la vivo bene questa giornata e quest’anno in particolare una struggente trasmissione televisiva mi ha fatto ricordare una lettura particolare di tanti anni fa.
Anche se ho rinunciato a catalogare i miei libri so ancora abbastanza bene dove ritrovarne uno in particolare e sono andata a colpo sicuro a riprendere un piccolo libro dalle pagine giustamente ingiallite dal tempo che sta un uno scaffale abbastanza abbordabile accanto alle mia libreria dello studio:
l’ho ripreso in mano e l’ho riletto , credo con la stessa emozione di tanti anni fa.
Due stanze vuote di Edith Bruck , edizione Marsilio , anno 1974.
L’ho ripreso in mano perché ho visto il volto quasi immobile di Edith Bruck in televisione mentre raccontava con precisione quasi astratta , con voce ferma , in buon italiano ( del resto è la lingua in cui a scelto di scrivere ) la sua straziante odissea di bambina ungherese strappata al villaggio natio insieme a tutta la sua famiglia e passata da Birkenau ad Auchwitz e in altri campi di sterminio per finire a Bergen Belsen dove poi venne liberata dagli americani.
L’uditorio è composto da 130 bambini seduti per terra che la ascoltano in silenzio e sono stati scelti proprio perché hanno l’età in cui Edith visse la sua tragica esperienza ; lei parla calma , gli occhi leggermente allungati che ne rivelano l’origine slava, il ricordo di una bellezza ancora palpabile , l’eleganza del gesto con cui si raccoglie una ciocca uscita dai capelli legati mi affascinano .
Ricordo l’emozione che mi fece la lettura del suo libro : sono tre racconti con una donna per protagonista , una donna che scrive di sé attraverso le storie del “dopo”, sono tre racconti che riletti oggi hanno in più il valore di una lontana profezia.
La presentazione di Primo Levi è la conferma del valore di quelle pagine , ma quello che di sconvolgente filtra da un libro scritto tanto tempo fa è il senso profetico di cose che avremmo vissuto tanto tempo dopo.
Allora c’era ancora il comunismo , non esisteva il pericolo di un terrorismo islamico , non c’erano i barconi di mignanti disperati , non c’era la rotta balcanica .
Lei scrivera di un altro mondo eppure nelle sue pagine , così lontane dalla realtà odierna si respira tanta tensione nascosta , tanta difficoltà a condividere il suo disagio di sopravvissuta.
Nel rileggerlo ho pensato con tristezza che in fondo anche io sono una sopravvissuta , nel senso che se un lontano giorno mi colpirono tanto quelle pagine sono tra quelle persone che “avevano visto” praticamente fra i primi i filmati sconvolgenti che gli americani vollero affidare a grandi registi inviati in Europa per testimoniare il vero.
Tra di loro firme illustri di Hollywood , in realtà europei ebrei fuggiti con l’avvento del nazismo come William Wyler .
Ho un ricordo vivo dell’orrore tanto che qualche anno fa , quando serenamente alla Hauptbahnoff di Monaco aspettavo il mio treno per l’Italia ad un tratto ho sentito un brivido , un disagio impercettibile : avevo letto l’innocente avviso che stava partendo un treno per Dachau.