Con grande successo ha debuttato Aida all’Opera di Roma e le recensioni si soffermano soprattutto sulla mirabile direzione di Michele Mariotti , una preziosa scoperta del lato intimistico del “grand opera” verdiano .
Ebbene io quella straordinaria capacità dell’illustre maestro pesarese l’avevo scoperta già qualche anno prima ed esattamente quando a Parigi , in piena pandemia dirigendo col volto nascosto addirittura dalla mascherina mi aveva regalato , per la prima volta un’Aida tutta rivolta al dramma psicologico , al fuoco delle passioni , al triangolo fatale.
L’allestimento era quanto di più imbecille si potesse immaginare , Aida era una marionetta addirittura doppiata da una povera Rodsvanoski costretta a cantare praticamente quasi in playback, ma la sublime musica verdiana , nella elegante e intelligente versione di Mariotti riscattava quello che si vedeva in scena.
Dopo appena un anno , forse perchè la pandemia aveva dato una breve tregua , o almeno così credevamo , Sfephane Lissner ha avuto il coraggio di chiamare un prestigioso cast a Napoli e in Piazza Plebiscito , con una messinscena en espace , ho assistito di nuovo al miracolo Mariotti.
Il Vesuvio davanti , la luna alle spalle e la musica di Verdi , quella magica musica di sottili incanti è scaturita di nuovo dalla sua bacchetta.
Avevo già scritto che quella era stata la migliore Aida della mia vita e non è un caso che tutt’e due le volte Radames fosse Jonas Kaufmann.
In alto volavano i pochi aerei di quei giorni magri , scoppiettavano pure i mortaretti dei ragazzi napoletani irriverenti , ma la calda serata napoletana resterà nel mio cuore anche per tanti altri motivi affettivi..
Non ditemi però che solo adesso a Roma si è scoperto il lato intimo di Aida : Michele Mariotti ce l’aveva già regalata da un pezzo.