Vado a teatro nella mia città : da qualche tempo abbiamo una nuova occasione di incontro : le opere in streaming e visto che qui di opere se ne fanno davvero due di numero all’anno sono contenta dell’iniziativa .
Questa volta si tratta di qualcosa di veramente importante anche se dire streaming è un falso : Cavalleria e Pagliacci è un evento di Salisburgo che risale alla Pasqua 2015, ma il pubblico poco edotto non se ne accorge o quasi.
Solo io , che quella sera di quasi tre anni fa ero al Festpielhaus ho uno strano senso di spaesamento.
Ho rivisto tante volte lo spettacolo e lo so veramente a memoria ,ma l’emozione di quella Siciliana di spalle che apre la Cavalleria come la spiego a questo pubblico ?
Come spiego la ripartizione in sei scene con i primi piani scoloriti come un film neorealista anni cinquanta , come spiego quella mamma anaffettiva che sconcerta le vecchie signore abituate a una mamma Lucia tutta scialli e tregenda?
Come spiego il gioco della due comparse per l’urlo finale : una dentro e una fuori la chiesa ?
Come spiego la meravigliosa performance di Jonas Kaufmann , ai vecchi melomani presenti manca l’urlo becero dei cantanti “ veristi” , poi dicono anche che l’audio è troppo alto , insomma nell’intervallo vedo faccie perlopiù stanche e deluse.
Va meglio con i Pagliacci , tanto colore e una sottile psicologa (!) si accorge che il vestito di Nedda ricorda quello di Lola ( sono due adultere , sentenzia).
La lunga sequenza del trucco di Canio , anche se Jonas non canta , è da brividi , ma qui piace e non piace , mi sento lontana mille miglia dal resto del pubblico.
Lo sanno che sono una fanatica , una che gira il mondo per seguire questo tenore e sono guardata quasi con sospetto.
Generazioni di melomani abituati al tenore al proscenio a gambe larghe , alle scenette folcloristiche di un’Italietta di maniera hanno lasciato un segno indelebile .
Esco pensando che ormai la mia strada si è allontanata per sempre da queste degne persone che non sanno quanto diversamente si può mettere in scena anche un classico verista come Cav&Pag , secondo la dizione americana.
Resta comunque il problema di fondo della riproduzione video , anche se la regia di Philp Stöltz è raffinata e la regia di Brian Large non è da meno.
La prossima occasione d’incontro sarà un Giulietta e Romeo di Gounod. Mi domandano perplessi : ma sarà in francese ?
Mi limito a rispondere che probabilmente sarà uno streaming vero , credo dalla Spagna.
Certo che il solco tra chi ha fatto un pò di strada nel gusto operistico e chi invece è rimasto ai modo antico di mettere in scena le opere lo si misura tutto nel gradimento che è stato dimostrato allo Chénier della Scala.
Forse in Italia si fanno cose molto più interessanti in provincia , senza arrivare alla cretinata fiorentina della Carmen che non commento neppure.
Il dibattito resta comunque aperto.
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Bellissima evocazione. Ricordandomi la “siciliana di spalle” mi vengono i brividi. L’intelligenza acuta di quella prima scena straziante che ci preannunciava l’intera tragedia. Una grande serata teatrale, e tu c’eri ! Certo, sulle cime c’è meno gente, ma la veduta è stupenda.
Un particolare , aveva imparato anche la „t“ siciliana …di manco ce trasu….
Seguito dal melisma in un solo fiato – mai sentito cosi – lo fa sembrare facile, non lo canta, lo pensa. E poi subito lo scoppio dell’orchestra, come il sorgere di quel sole siciliano spietato. Brrr. Per un Livornese, non c’è male…
Risentirlo al cinema ….mi ha ricordato la emozione fortissima della volta che l‘ho sentita dal vivo …