Come avevo previsto cominciano ad arrivare gli annullamenti di tutti gli spettacoli che avevo prenotato per la stagione in arrivo.
Era una bella serie di eventi , ma già l’annullamento di Festival importanti e la chiusura dei teatri mi aveva fatto capire che la mia bella estate ( e non solo) se ne stava andando in fumo.
Niente in confronto alla tragedia che questo virus ha provocato nel mondo : migliaia di morti , crisi economica dai contorni in prospettiva ancora da comprendere nella sua terribile vastità .
Certo che i miei piccoli ( o grandi progetti di musica e di viaggi ) sono una cosa talmente modesta da non essere neppure minimamente paragonabile alla tragedia che l’intero pianeta sta vivendo.
Ma alla mia età ogni rinuncia , ogni viaggio che salta , ogni opera di meno che potrò andare a vedere rappresentano un accorciamento della mia vita , il Covid si sta mangiando anche il tempo che mi restava da vivere.
I vecchi , cioè noi che viaggiavamo , che spendevamo per la cultura , che sostenevamo con le nostre ultime passioni un intero settore culturale in tutta Europa e non solo , contiamo talmente poco che siamo messi in fondo ad ogni tipo di rinormalizzazione della vita futura.
Ma insieme a noi salta il lavoro a migliaia di persone , quelle sì ancora massimamente giovani : gli orchestrali , i cantanti , i coristi , gli scenografi , i macchinisti . cioè tutto l’intero settore dello spettacolo non solo musicale.
Come saltano gli organizzatori di mostre , i custodi dei musei , i lavoratori del turismo alberghiero , i ristoratori , le agenzie di viaggio , i treni e gli aerei.
Cioè insieme ai pensionati girovaghi salta una grandissima parte dell’economia basata sul tempo libero , che non era poca cosa in questo nostro mondo globalizzato dove era facile reincontrare le stesse persone in giro per il mondo a godere , dopo gli anni della vita lavorativa quella fetta più lunga della medesima grazie all’allungamento in buona salute di molta parte dell’umanità che rappresentava una bella fetta dell’economia non solo culturale.
E’ giusto ed essenziale pensare alla ripartenza dell’industria , dell’agricoltura ,della scuola , del commercio , cioè di tutto quello che significa vita intesa nel significato più ampio del termine.
Non bisogna però pensare che riaprire i teatri , i musei , le mostre sia una fetta di attività da rinviare sine die. Dalla nostra ripartenza riprende una parte non trascurabile dell’intera economia globale , non la si deve considerare cosa frivola.
Non è certo una cosa frivola, anzi è una cosa indispensabile, forse molto più di quanto si crede. E’ questa scintilla inestinguibile che ci distingue dalle bestie. Guardo le reazioni fra gli artisti, e sono tranquilla : ci penseranno loro. A proposito, Adriana : tuo cugino ormai centenario ?