Passano oggi in televisione servizi su servizi tutti incentrati sul ricordo della tragedia che settanta anni fa , esattamente il 4 maggio 1949 , annientò in un incidente aereo che si schiantò sulla collina di Superga la squadra del grande Torino , campione d’Italia e di tutti i suoi dirigenti.
Ero una ragazzina , non mi intendevo di calcio e non me ne sono mai interessata anche in seguito ma quella vicenda rimase nel cuore di tutti gli italiani, ricordo gli occhi lucidi del mio babbo quando la raccontava.
E siccome la memoria fa degli strani cerchi concentrici quelle foto in bianco e nero , non a fuoco ,che ci ricordano un’Italia molto povera mi hanno riportato alla memoria un’atmosfera lontana , il mio breve periodo di interessamento al calcio , nella Firenze degli anni cinquanta :
ero molto giovane e abitavo “ dalle parti di San Gervasio” come recita una deliziosa poesia di Ardengo Soffici , a pochi passi dallo Stadio e in una traversa della via Aurelio Saffi dove abitavo io ci stava la squadra della Fiorentina.
Non è come adesso , i giocatori uscivano per andare ad allenarsi e non c’erano le richieste di autografi , men che meno i selfie , ma io che avevo adocchiato un giocatore che aveva un po’ intrigato la mia fantasia , andavo a vedere gli allenamenti . tanto la porta dello stadio era aperta a tutti coloro che ne avevano la curiosità.
Il giocatore , per quel che mi ricordo , si chiamava Virgili ed era friulano , un qualcosa di esotico nella Firenze di quel tempo.
La memoria così mi ha riportato a quella zona residenziale di villini bassi , le cascate di glicine in fiore , la voce delle persone che camminavano lente , parlando.
Poche le macchine , il tram passava in fondo alla strada , in alto come una quinta la collina di Monte Ceceri , si diceva che Leonardo si fosse buttato da lassù con le ali , cercando di volare , chissà chi me lo aveva raccontato!
Tutto questo piano piano è riaffiorato nella mia memoria di oggi , lentamente partendo proprio dal ricordo della squadra campione che si portò via in un attimo solo tutta le gloria di una Italia dove anche i giovani portavano pesanti cappotti, in un tempo mitico , quasi da tragedia classica , là dove stanno gli eroi.
La poesia di Soffici finiva più o meno così: …
….a braccetto per quella via .
peccato ! la malinconia
s’era invitata da sé.