Può sembrare strano cominciare un post su un concerto di arie operistiche partendo da un ricordo cinematografico lontano nel tempo.
Era il 1971 e usciva un film bellissimo intitolato L’ultimo spettacolo . Raccontava una storia semplice : in una cittadina del Texas , nell’unico cinema del paese si proietta l’ultimo film prima della chiusura definitiva . Un gruppo di giovani destinati a partire soldati per la guerra di Corea sono i protagonisti e l’evento segna la fine della loro giovinezza.
Il film di Peter Bodganovich , rigorosamente in bianco e nero vinse molti premi e mi è tornato in mente ieri sera al PalaDozza di Bologna mentre assistevo al concerto di Jonas Kaufmann.
Eravamo tutti lì consapevoli di assistere a qualcosa di bellissimo ma che forse non avremmo potuto più sentire per molto tempo : quella musica dal vivo che incanta i cuori e riempie le nostre anime dei pensieri più belli che possiamo formulare.
“Se mi levi il superfuo allora che campo a fare ?” mi frullava nella testa nella consapevolezza che comunque i miei pensieri erano i pensieri di tutti noi , cantanti , orchestrali , spettatori , tutti accomunati da questo senso tragico del momento che stiamo vivendo in tutta Europa , ma è più corretto dire , in tutto il mondo.
Le cose a Bologna le avevano fatto veramente bene : l’accoglienza trionfale al grande cantante , ahimè privato della partner ideale che si era scelta , quell’Anita Raschvelisvli bloccata dal rigore di una quarantena che ahimè sarebbe finita proprio ieri e che avrebbe avuto un ben diverso impatto nell’alchimia empatica dei duetti in programma, l’orchestra del Comunale in gran spolvero , un ottimo direttore e quel Palazzo sportivo che era stato arrangiato veramente bene per l’occasione , ovviamente con tutti i limiti di un’acustica comunque imperfetta .
Un ottimo programma fatto per far capire ai bolognesi quanto grande sia la qualità del tenore oggi più famoso al mondo , qui presente con un repertorio classicamente popolare, il suo volto sui tanti manifesti occhieggiavano lungo i viali alberati della bella città emiliana , l’attesa che avrebbe giustificato un pienone ahimè comunque ridotto dalle norme anti-Covid.
Ma da ieri c’era qualcosa di più , si sapeva che era l’ultima sera in cui noi tutti avremmo potuto sentire quella musica , e che musica , dal vivo.
Fino a quando ? Tristi i popoli che chiudono i teatri , ultimo posto in cui si puù ancora sperare che esista qualcosa di irrinunciabile per il genere umano ,l’afflato spirituale.
Jonas Kaufmann se lo sentiva addosso questo peso e lo vedevi , quando tra un pezzo e l’altro correva nel sotterraneo rimettendosi frettolosamente la mascherina , il passo svelto , lo sguardo , lui sempre tanto compagnone , volutamente fisso in avanti e , devo dire , una volta tanto molto tedesco.
Ci ha dato dentro con l’anima , ha cantato i brani più impegnativi del suo repertorio con vigore , il cuore oltre l’ostacolo , verrebbe da dire .
A scorrere il programma viene da rabbrividire : dal duettone dell’Aida , alla grande aria di Alvaro, al bellissimo “Rachel , quand du Segneur “dalla Juive con quel “moi “terribile , fino al finale della Carmen , con la sua interpretazione perfetta.
Alla fine , generosi anche i bis , ci ha regalato l’ultima strofa del Du bist die welt für mich in italiano , non lo aveva mai fatto e lo ringrazio : Tu che mi hai preso il cuor è anche una canzone italiana delle nostre mamme , ma questo forse ancora poteva non saperlo.
Non deve essere un’addio , dobbiamo , vogliamo tutti riabbracciarci presto nel nome della musica , nel nome dell’Arte qualunque sacrificio ci sarà richiesto per ottenerlo.
Conmovedor .
Adriana capta lo trágico y desesperante del momento que vivimos y el ánimo particular de este singular artista en este concierto de despedida en el que con su mágica voz defiende la lyrica para todos nosotros
Grazie per le belle parole