Siamo disabituati ad un cinema che fa pensare , i nostri schermi ( perlopiù televisivi) sono inondati di immagini veloci , effettti speciali , qualche volta una risata ,ma difficilmente provocano un pensiero che non finisce con la visione : però per la prima volta dopo tanto tempo mi è capitato di vedere un film difficile e problematico .
Come un bel libro pieno di occasioni di pensiero : ho visto il film del regista del Parsifal viennese, come al solito uno stimolo culturale ne provoca altri , a catena .
Ho già detto quanto la regia cinematografica di Serebrennikov mi avesse incuriosito e allora grazie ad una amica bravissima che sa muoversi con sapienza nel web ho potuto vedere un suo film.
Questo Parola di Dio , ma il titolo russo contiene in se anche un ulteriore messaggio , la parola intraducibile e composta tra studente che con la M diventa martire è un pugno nello stomaco ad una prima visione , poi si capisce che il regista ci voleva dire che ogni estremismo , ogni forma fanatica di religione più provocare solo orrore : illuminante la frase del protagonista al Pope quando gli rinfaccia che i cristiani non muoiono più per la fede e cita come esempio glorioso i ribelli ceceni o i fondamentalisti islamici.
Il suo Vangelo , la sua Bibbia usata a uso e consumo di una fede esasperata possono solo causare l’orrore ed è quello che inevitabilmente succede.
Unica speranza è la logica ferrea della fiducia nel razionale e nella scienza dell’insegnante di biologia che comunque paga la sua posizione aperta e che infine si ribella e si inchioda al luogo di lavoro con il suo sfidare l’illogico e il testardo credere nella cultura e nella conoscenza pagato con l’incompresione dei “ benpensanti” ed è l’unica via indicata dal regista.
La vittima sacrificale , agnello predestinato nella pochezza mentale resta a monito di quello che può accadere se non ci ancoriamo , letteralmenente , al pensiero positivo dell’evoluzione scientifica.
E’ strano che una volta tanto dalla lirica mi venga uno stimolo diverso , comunque devo confessare che in questi giorni “mi faccio” di Parsifal quasi ogni notte e ogni volta scopro qualcosa di nuovo .
Per esempio quel ripetere del Parsifal “vecchio” le parole che precedono il suo canto , come se averle interiorizzate confermasse la sua ineluttabile conoscenza del domani di sé.
Un maturo e di nuovo bellissimo Kaufmann e uno straordinario e inquietante giovane ( ma che ha già 29 anni) sono due faccie indimenticabili di un destino che credevamo di conoscere e che ogni volta ci racconta una storia nuova.