Due bei documentari sulla figura di Antonio Pappano si vedono contemporaneamente in rete in questi giorni : uno della tv austriaca Servus ripercorre , durante una intervista fatta a Salisburgo in occasione della tourné con l’Orchestra di Santa Cecilia .la ormai lunga carriera del direttore caro alle folle su tutti i palcoscenici d’Europa e l’altro invece celebra i suoi lunghi anni londinesi alla RHO in attesa di passare alla direzione della London .
In tutt’e due occhieggia Jonas Kaufmann , hanno lavorato insieme per anni e sappiamo la reciproca stima che lega il direttore al grande cantante .
Nel primo si vedono , per fortuna non molti, stralci nella Gioconda salisburghese e si capisce bene che per i due conta la musica , la messinscena rientra in quella frase buttata la : “è un lavoro” , come dire che il lato interessante è la qualità musicale , molto meno quella non sempre all’altezza che riguarda la parte visiva.
Tenero il Pappano giovanissimo che minimizza il fatto di essere diventato Sir , me lo ricordo ad Ancona quando in casa di amici in un italiano ancora stentato raccontava con molto understatement il momento dell’investitura.
Nel secondo si vedono molte prove del Werther londinese che ebbe non molte repliche per l’indisponibilità di Kaufmann.
Io non ci andai e , col senno di poi , ho avuto la conferma che rivedere l’opera a distanza di dieci anni con lo stesso interprete che indossa lo stesso cappotto e lo stesso famoso gilet giallo descritto da Goethe e morire nella stessa scenografia della Bastille mi fa ritenere che sia meglio vedere un allestimento nuovo così magari non si misura più di tanto il passare degli anni ( sia nostri che degli interpreti).
Questo per dire che preferisco sempre un allestimento nuovo a quelli datati , con tutti i rischi che una nuova intzenierung comporta.