La cosa che più mi preoccupa di questo Festival nazional-popolare che è Sanremo è il fatto che vada in Eurovisione.
Non che gli spettacoli di intrattenimento in altri paese europei siano migliori ,intendiamoci!
Grazie al satellite qualche volta faccio incursioni nelle tv d’oltralpe e non è che le cose siano più raffinate o più divertenti.
Ma la nostra immagine pubblica così sgramata e degradata , così simile al nostro livello culturale bassissimo mi dispiace che possa essere vista anche fuori delle mura di casa.
Dicono i fustigatori di costumi di professione che il Festival è lo spietato ritratto della nostra società e non posso che essere d’accordo.
Un paese vecchio nel quale si esibiscono ultra settantenni che fingono di cantare anche se non hanno più voce , un paese dove i giovani sono tutti allineati nella moda semi-rapper con testi furbescamete ammiccanti al sociale ignorando ogni plausibile e riconoscibile linea melodica , che poi è la base ineludibile di quella cosa misteriosa che si chiama “ canzone”.
Ogni sera via via che passano le ore , con quintali di pubblicità ogni due per tre , si assiste ad un rito sgrammaticato nei tempi cosiddetti teatrali e mi domando anche se li pagano quelli che scrivono dei testi così banali da essere modesti anche per una recita amatoriale.
Confesso che non sono mai riuscita ad arrivare alla fine e per mia crudele sorte non potrò assistere alla serata finale .
Altri diversissimi impegni mi attendono , parafrasando direi “ altri luoghi , altre stanze”.
Finirà anche questo festival del botulino e non ci resterà niente nel cuore .
Stamani , approfittando di un commento social su un errore forse banale di Baglioni , sono andata a risentire La canzone dell’amore perduto di Fabrizio De Andrè : la raffinatezza “del tempo quando fiorivano le viole e la tristezza di quando invece sfiorivano le rose” …..forse oggi non troverebbe più spazio negli attuali testi preconfezionati senza ispirazione.
L’unica sensazione che mi resterà di queste giornate è l’invidia nera per quella signora inglese , un po’ più grande di me , che volteggia sicura ballando col suo più giovane partner!
Mi ricordo di San Remo quando una canzone italiana era una canzone italiana, pur semplice che fosse. Infatti, leggendo il tuo pezzo su Macerata mi è venuto il mente “Piccola città, dove non succede niente”, che mi riporta indietro nel tempo. Al nostro primo incontro mi disse la cognata, Ti piace la Cinquetti? Avevo tutta una nuova cultura da imparare, ed ho fatto presto a farlo. Bisogna pure saper farsi comprendere in piazza… e poi era bello, e divertente. Ma nello stesso tempo, sempre divoratrice di musica, ho imparato gli stornelli romani e toscani, e poi anche Fabrizio de Andre, Marinella, la guerra di Piero.
A leggere i commenti su YouTube, pare che piacciono tanto ai giovani, quelle canzone degli anni sessanta, melodiche, con parole chiare che rispecchiavano il quotidiano, con sentimento, con allegria, con rammarico, con arguzia. I ragazzi andavano in giro col mangiadischi in mano, non come tanti sordi con l’auricolare attaccato.
Le pecore sono smarrite, ma potrebbero essere ricondotte nella la buona direzione. Ci vuole un buon pecoraio per invogliargli.
Qualche indizio viene dai giovani anche se ..rapper non è musica , ma le idee ci sono.
Vero. Peccato che ci si capisca cosi male.