Adesso che tutti hanno scritto un ricordo di Carla Fracci , adesso che tutte le televisioni ci hanno ricordato la sua grazia e il suo gesto unico di danzatrice mi permetto anch’io un piccolo ricordo personale , che non riguarda la danza piuttosto un dato del suo carattere così particolare che me la faceva amare anche per quel suo essere una persona vera e concreta , bene immersa nel mondo reale , nel quale ha vissuto il suo impegno civile.
Come tanti della mia generazione l’ho conosciuta in palcoscenico , ha ballato talmente tanto e con partner così prodigiosi che sicuramente potrei inanellare ricordi, molti dei quali ormai si perdono nel tempo lontano della memoria ma la sua ultima apparizione trionfante credo che l’abbia fatta nel Ballo Excelsior quando ormai , vera icona della danza , appariva alla fine a siglare il Progresso.
Quel progresso al quale la figlia del tranviere che scampanellava quando con il tram numero 1 passava davanti alla Scala dove la sua piccolina imparava la dura arte che l’avrebbe portata sulle punte a calcare i palcoscenici di tutto il mondo credeva , quel progresso al quale credeva anche con la militanza politica di solida ragazza lombarda.
Milanese era la Fracci in quel modo concreto che si può ancora trovare nella milanesità vera ( perché ci sono ancora i milanesi a Milano ), quella particolare generosità senza enfasi che ho riscontrato per esempio frequentando Casa Verdi , la casa dei musicisti e i volontari che ci vanno per testimoniare l’amore per l’arte che è una componebte dell’impegno civile della città.
La Milano della Scala , non intesa come tempio della lirica ( ormai da tempo il suo cartellone non è più quella somma massima di eventi che era un tempo ) ma la Scala di chi la frequenta con la tranquilla abitudine del ritrovarsi per ascoltare insieme , magari polemizzando perché così si è più concretamente vicini alla istituzione.
La Scala che non ha onorato abbastanza la sua figlia prestigiosa ma che non mancava mai comunque di essere presente , leggera e biancovestita agli appuntamenti importanti , con il suo garbato sorriso e la sua ferrea volontà , anche nei tempi più recenti della sua malattia.
Faceva tenerezza quel suo marito , ormai vecchissimo accompagnato da quel gigante buono del figlio tanto voluto , quando ripeteva durante l’ultimo omaggio alla moglie teneramente amata come un mantra :la danza non deve morire .
La danza non morirà , come non morirà quel senso della partecipazione democratica che Carla Fracci ha sempre dimostrato nella sua vita e che ne fa un esempio , anche più necessario in questi tempi difficili.
Che bella testimonianza. Io la vidi, in Giselle,a Melbourne – sarà cinquant’anni fa.
che piacere ogni tanto rileggerti!