Quando non si hanno da recensire spettacoli (e non ne avremo ahimè per tanto tempo ) si può cercare di riempire il proprio spazio parlando di alcuni regali che comunque la rete ci offre.
Sir Tony Pappano ha iniziato una serie di lezioni “chiacchierata” seduto al piano , con il suo delizioso inglese che miracolosamente capisco benissimo, la prima volta analizzando il duetto del secondo atto della Traviata , quello tra la povera fanciulla e il cattivissimo padre Germont.
Sarà che quel duetto lo conosco come le mie tasche , ma soprattutto che è il momento dell’opera che mi fa più rabbia anche ascoltare per la centesima volta , non avevo ritenuto di soffermarmi troppo sull’argomento.
Diverso è stato la seconda volta : mi sono bastate le prime tre note dell’accordo e ho sorriso subito :il Parsifal! neanche fossi nella cabina di un vecchio quiz anni ’60.
Infatti durante questo periodo di grande magra musicale ho ascoltato talmente tante volte il Parsifal , quello di Gatti del Met , poi quello di Petrenko del BSO tanto da coglierne le diverse sfumature ed apprezzare le differenze e le sottigliezze interpretative.
Devo dire che dal punto di vista visivo mi era talmente piaciuto quel Parsifal americano con lo sprepitoso allestimento francese di François Girard che quello bavarese , nonostante i disegni di Baselitz , non è stato di uguale resa visiva. Sul piano musicale sono due direttori che amo , non voglio fare classifiche.
Non ho voluto invece sentire quello di Saltzburg perché Thielemann proprio non mi piace e l’allestimento era pure troppo pasticciato.
Qui vengo a Pappano e alla sua piccola chiacchierata al pianoforte : ovviamente non possiamo parlare di interpretazione musicale , ma per la prima volta attraverso la sua esposizione , la definirei quasi una garbata lezione , ho capito il valore dei silenzi così importanti del preludio e finalmente ho capito qualcosa di più del famoso Amen di Dresda , di cui potrei parlare per ore , tanto ne sappiamo tutti , ma Pappano ha fatto riferimento ad un particolare importante : quell’accordo Wagner ce l’aveva in testa per la sua formazione religiosa , faceva parte del suo io più recondito.
Il Maestro al pianoforte ha dato una interpretazione molto “cristologica” dell’opera , anche se sappiamo che le fonti ,magari complicate e complesse dell’ultimo Wagner forse arrivavano davvero ad una spiritualità più cristiana di quanto il grande affabulatore musicale avesse professato nella sua più giovane età.
Comunque sull’argomento il dibattito è aperto anche senza scomodare Nietzsche.