Non credo che rimpiangeremo niente di questo tragico intermezzo della vita che ha fermato tutte le nostre azioni , le nostre prospettive future , solo forse una cosa impalpabile che ho avvertito fortemente oggi mentre nel primo pomeriggio stavo seduta in terrazza.
Ho sentito il silenzio , quello vero duro e compatto , rotto appena dal verso di un gabbiano nel cielo e poi , dal nulla , una risata giovanile da un terrazzo lontano.
Non lo conoscevamo più il silenzio , c’era sempre un sottofondo che tutto sommato si poteva anche chiamare vita : le macchine che passavano , gli aerei nel cielo , qualche volta anche le voci dei pescatori giù in basso in mare , vicino alla costa .
Quello lo chiamavamo silenzio ,anche la musica lontana della discoteca estiva presso la Piscina comunale .
Ricordo che quando mezzo secolo fa venni ad abitare in questa casa mi stupirono il canto degli uccelli al mattino e la piccola insistente civetta la notte.
Poi mi abituai ai suoni della vita scandita dal rumore dei pescherecci all’alba e dalle sirene nei traghetti in partenza la sera quando luminosi e imbandierati partivano uno dietro l’altro nelle sere d’estate per la Grecia.
Era tutto un sottofondo vitale: adesso invece siamo in un vuoto cosmico , spettrale.
Così senza rendermene conto mi sono trovata a canticchiare “The sound of silence “ e da quel mio canticchiare soprappensiero sono arrivata ad un ricordo di una frase che mi aveva tanto colpito tanti anni fa leggendo un piccolo prezioso libro.
Una frase che Marguerite Yourcenard nel suo bellissimo racconto mette in bocca al suo protagonista Alexis: ho sempre pensato che la musica dovrebbe essere soltanto silenzio , il mistero del silenzio che cerca di esprimersi.
La musica non dovebbe essere che l’eccedenza di un grande silenzio.
A questo punto non ho potuto fare altro che alzarmi per andare a cercare quell’eccedenza dal silenzio che amo e goderne l’ascolto: Das Lied von der Erde di Gustav Mahler.