Sono tornata a teatro . Il residuo di un piccolo abbonamento di prosa ante-Covid , la platea piena compatibilmente con le norme restrittive , uno spettacolo che non cito e di cui non voglio parlare perché non ne vale veramente la pena , farei cosa troppo gradita con una recensione.
Quello di cui voglio parlare è l’atteggiamento del pubblico : risate ad ogni intercalare pesante , descrizione di un mondo che avrebbe dovuto essere in disfacimento senza però tentare una precisa analisi freddamente obbiettiva .
No , si respirava una complicità da “fiction” dove tutto era scontato : nel linguaggio dei personaggi , nella metafora troppo facile , nelle situazioni da “sit-com” le più banali in puro stile TV commerciale , del racconto di una vita che sembrava subita dai personaggi ma che in realtà ne alimentava l’essenza.
Ebbene , mentre io tutto sommato mi annoiavo mortalmente fino alla voglia , repressa per educazione , di alzarmi a metà e andarmene via ,il pubblico rideva alle battute scontate fino ad applaudire l’improbabile finale tragico , messo lì proprio pour “épater” …i decelebrati spettatori.
Uscendo ho incontrato un uomo degnissimo che reputavo intelligente anche se mooolto di sinistra vecchio stile e gli ho detto che a me lo spettacolo non era piaciuto e lui serafico : io mi sono commosso!
Tornando verso la macchina mi sono messa a ragionare cercando di trovare un perché a tanta decadenza culturale . Troppo facile parlare solo del ventennio berlusconiano e ho cercato di spiegarmi il gradimento popolare rifacendomi alle farse aristofanesche , agli spettacoli sguaiati del Globe Theatre ( non c’era solo Shakespeare in scena! ), ma il paragone non reggeva.
C’è qualcosa di veramente marcio in questa “Danimarca contemporanea “, forse sono veramente una persona sopravvissuta che è arrivata a vivere decisamente oltre il proprio tempo.